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Autore: Serpentina    03/06/2022    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ben trovati! Non so se scusarmi anche stavolta per le ere geologiche tra un capitolo e l’altro, tanto ormai dovreste esservi abituati alla mia lentezza da bradipo nell’aggiornare. * china il capo e si inginocchia sui ceci secchi *
Fosse per me passerei il tempo a scrivere, ma non posso. Spero, comunque, che quanto leggerete sia valso l’attesa.
 
Nostalgia canaglia
 
“E poco importa se il tempo non ci ha lasciato sperimentare. Da qualche parte siamo invecchiati insieme, da qualche parte continuiamo a rotolarci e a ridere.”
Margaret Mazzantini
 
A prescindere dal come e dal perché si sia deciso di prendere strade diverse, incontrare un ex partner risulta sempre imbarazzante, specie se il motivo della rottura è stato una sfuriata carica di accuse infamanti su un presunto tradimento, a una settimana dal matrimonio. In casi del genere, all’imbarazzo è naturale si aggiunga una certa dose di risentimento, da una o ambo le parti.
In realtà, sulle prime Cyril non aveva provato nulla di tutto ciò; semplicemente, si rifiutava di credere che la donna che aveva quasi sposato fosse davvero lì, davanti a lui, e nemmeno un ceffone era riuscito a convincerlo di non stare vivendo un’allucinazione.
Lo stupore aveva ridotto al minimo le sue facoltà mentali, al punto che, in risposta allo schiaffo, non gli sovvennero idee migliori che massaggiarsi la guancia dolorante e ripetere, in una prova d’idiozia che rasentava il ridicolo –Non è possibile. Sei davvero tu, Irving?
–Ne vuoi un altro, per fugare ogni dubbio?
La pungente replica di lei fu la prova definitiva che no, non stava allucinando e sì, il karma esisteva, ed era uno stronzo.
–Sei decisamente tu- ridacchiò. –Non sei cambiata di una virgola.
Nel momento esatto in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca, si pentì di averle pronunciate. Se il suo intento era di lusingarla, aveva fallito miseramente, e Faith non mancò di rinfacciarglielo.
–Nel mio caso non è un complimento, lo sai bene. Sono migliorata tantissimo, da quando mi hai lasciata.
Colpito dalla franchezza e verità di quelle parole, incapace di formulare una frase di senso compiuto, preferì limitarsi ad annuire; in effetti, sebbene la Faith che gli aveva rifilato una rispostaccia e lo stava fissando con astio era effettivamente mutata poco nel fisico - il tempo era stato clemente con lei, donandole solamente un accenno di rughe di espressione ai lati degli occhi - e nel carattere, la sicurezza che traspariva dallo sguardo e dalla postura era un’assoluta novità. La donna che ricordava era sì intelligente e grintosa, ma la grinta palesemente autoimposta non bastava a nascondere un’insicurezza di fondo, della quale era (solo in parte, secondo lui) l’autore.
Gli sovvenne un pensiero, penetrante e doloroso come una stilettata: per sbocciare, Faith aveva dovuto liberarsi di lui. Lui che, invece, si era bruciato nella corsa per agguantare tutta la felicità possibile; aveva avuto successo - riusciva sempre in ciò che si prefiggeva - ma il genere di felicità di cui si era abbuffato era troppo ardente per durare, e alla fine era avvizzito nel pieno della fioritura, come un girasole sotto il solleone.
Chissà cosa ne sarebbe stato di loro, se si fossero sposati.
Non ebbe modo di darsi una risposta, perché Hans li riportò alla realtà informandoli che erano liberi di andare, per poi aggiungere, rivolgendosi a Frida con severità quasi paterna –Du bist ein großes Risiko eingegangen, Cousinchen. Wenn du denkst, dass du immer damit durchkommst, weil du klüger bist als alle anderen, dann liegst du falsch1: non sei davanti a un giudice solo perché l’auto è di Onkel Franz, che dubito ti denuncerebbe per furto. La prossima volta non sarò altrettanto indulgente, ist es klar?
–Perché questo tizio parla tedesco?- bisbigliò Cyril, ricevendo in risposta uno sprezzante –Perché è la reincarnazione di Hitler- da Faith, la quale aggiunse subito dopo –Si chiama Hans Weil. Nome tipicamente inglese, no? Fai due più due, Cyril, so che puoi farcela!
–Idiota!- sibilò lui a denti stretti, constatando che la lingua biforcuta della Irving - una delle caratteristiche di lei che più lo aveva intrigato, ai tempi - era rimasta immutata.
“Pazzesco come una persona tanto dolce e genuinamente di buon cuore riesca ad avere dei picchi di acidità che in confronto l’acido cloridrico diventa bicarbonato!”
La ragazza bofonchiò, arricciando il naso con fare sprezzante –Se non sono davanti a un giudice è perché sai di averci trattenuti illegittimamente, du Arschloch. Speravi di farmi cagare sotto? Di mettermi in riga? Beh, caschi male. Du wirst dafür bezahlen, Zwerg!2
William fu il solo a sentirla, ed, esterrefatto da tale immaturità, non potè fare a meno di pensare “Non ho idea di cosa cazzo abbia detto, ma suonava fottutamente minaccioso. Possibile debba essere sempre sul piede di guerra? Ha ragione il cuginetto: datti una regolata, Weil!”
Incapace di trattenersi, decise di redarguirla; la afferrò per un braccio e, incurante della sua espressione men che lieta, le sussurrò all’orecchio –Ti sembra saggio incazzarti con chi ha appena accetta­to di aiutarci nelle indagini?
–Chiudi il becco. Io con te non parlo.
–L’hai appena fatto, genio!
Dimostrando di essere, nonostante le pretese di inamovibile razionalità, una teenager permalosa, Frida si liberò con veemenza dalla presa (debole), emise uno sbuffo sprezzante e chiese di restare sola con il suo “cuginetto adorato”.
Una volta a porte chiuse, Hans si rilassò visibilmente, al punto da scherzare –Also, Cousinchen, worüber willst du mit mir reden3? Non i tuoi piccoli problemi di cuore, spero! Perché, nach meiner bescheidenen Meinung4, non sono affatto piccoli.
L’ilarità non contagiò Frida, che rimase impassibile, in attesa che l’altro smettesse di ridacchiare come la piccola canaglia che era stato prima di diventare uno sbirro.
Ich vertraue dir, Hans- disse infine, con una serietà a tratti minacciosa, prima di piazzargli davanti la chiavetta USB con fare teatrale. –Enttäusch mich nicht.5
Sag, habe ich dich jemals enttäuscht?6
Niemals. Deshalb vertraue ich dir, obwohl du ein Cop bist7. Trattala coi guanti: potrebbe essere l’unica prova in mio possesso che la morte di Aisling Carter non è stata accidentale.
Hans sospirò stancamente, aggrottando la fronte, mentre rigirava la chiavetta tra le dita, incerto sul da farsi. Frida aveva mostrato un precoce talento investigativo, e finora non si era mai sbagliata; perciò, se era convinta ci fosse qualcosa di losco nella morte di Aisling Carter, doveva esserci un fondo di verità. Tuttavia, se fosse effettivamente saltato fuori che qualcuno era implicato nella morte di Aisling Carter, Tante Faith e sua madre avrebbero passato dei guai per aver liquidato il caso come suicidio (in misura maggiore sua madre, dato che Faith nelle sue relazioni si esprimeva sempre in termini di compatibilità, mai di certezza, in modo da poter rigirare la frittata a suo piacimento); d’altro canto, si disse, se fosse stato lui l’agente modello a scoperchiare il vaso di Pandora, anche a costo di mettere in cattiva luce la sua stessa madre, pur di fare giustizia… ne avrebbe certamente guadagnato in termini di popolarità, e a quel punto la tanto ambita promozione sarebbe stata garantita. Decise quindi di assecondare ancora una volta le apparentemente strampalate idee della geniale cugina.
–La darò ad Ernst, vediamo cosa riuscirà a cavarne. Hai già un’idea di cosa potrebbe contenere?
Dopo un’attenta riflessione, Frida rispose –Se l’intuito non mi inganna… un diario, o qualcosa del genere.
–Un diario?
–Sì. Ho assistito ad una scenetta interessante, alla commemorazione in onore di Aisling…
–Sei andata là? Su quella che ritieni la scena del crimine? Bist du verrückt geworden?8
Natürlich! Era l’unico modo per ottenere informazioni preziose. Comunque, dicevo: ho beccato l’apparentemente a lutto nonno di Aisling intento a rovistare nella camera della nipote. “Dove l’ha messo, quella maledetta”, ripeteva. Lo. Maschile singolare. Si stava dunque riferendo a un singolo oggetto, abbastanza piccolo da poter essere nascosto con facilità in un cassetto o qualunque anfratto della stanza. Inoltre, questo oggetto deve contenere roba che scotta; altrimenti perché darsi tanta pena per occultarlo?
–Ok, ma perché proprio un diario?
–Di certo non può trattarsi di un testamento; Aisling era maggiorenne, sì, ma troppo giovane per anche solo pensare di aver bisogno di redigerne uno. A meno di sapere di essere condannati, alla nostra età non si pensa alla morte. Aggiungici che era stata in cura da una psicoterapeuta per liberarsi degli “incubi” che erano tornati a tormentarla, et voilà: viene da pensare che la psicologa possa averle consigliato di mettere nero su bianco i suoi demoni. Ho vagliato anche la possibilità di una lettera d’amore, scritta di suo pugno per Nita, o da Alex per lei - i vecchi Conworthy non mi sono sembrati granché aperti di mente, nei panni di Aisling anch’io avrei cercato a qualunque costo di nascondere la mia omosessualità - ma ormai non le scrive più nessuno; via di emoticon e tanti saluti al romanticismo! Beh, meglio che vada, prima che Mutti mi abbandoni.
Keine Sorge, ti darei asilo a casa mia- le assicurò Hans.
–Sonja avrebbe da ridire: il vostro bugigattolo è grande a malapena per due persone!
Alla menzione della sua fidanzata, Hans si illuminò, regalando a Frida uno dei suoi piuttosto rari sorrisi.
–Infatti stiamo cercando una spelonca dotata di stanza per gli ospiti. Ah, quasi dimenticavo: tieniti libera il dieci giugno.
Colta da un misto di incredulità ed eccitazione, Frida batté le mani e iniziò a saltellare sul posto. Normalmente, Hans le avrebbe intimato di smetterla (seine Kriegerprinzessin non poteva comportarsi come la protagonista scema di un anime per ragazzine), ma la felicità condivisa lo fece soprassedere.
Mein Gott: ti sposi!
Il sorriso di Hans si fece, se possibile, più largo e radioso; l’aveva vista nascere e crescere, eppure la capacità di Frida di passare in un nanosecondo dalla freddezza più assoluta ad un vulcanico entusiasmo continuava a sorprenderlo.
–Secondo Sonja non ha senso rimandare oltre. Io, invece, ne avrei fatto volentieri a meno; sai quanto detesto le cerimonie ed essere al centro dell’attenzione. Avevo proposto di sposarci in segreto alle Bahamas, ma no, la futura Frau Weil pretende che diamo il tradizionale spettacolo a beneficio di parenti e amici. Cosa non si fa per amore!
–Suvvia, non essere cinico! È una bella cosa. Meravigliosa, anzi. Potrei scoppiare di gioia!
–Non in senso letterale, spero, o finirò di pulire l’ufficio in tempo per la pensione… e Sonja si troverà a corto di una damigella.
“Bomba sganciata. Adesso, se la conosco bene, strepiterà e correrà ad abbracciarmi: per qualche strana ragione, pure lei va pazza per queste stronzate!”
Frida non si smentì: eruppe in una serie di urletti estatici e si precipitò a stritolare il cugino in una morsa affettuosa.
–Io… una damigella? Danke, danke, danke!
Irritato dal divario in altezza, reso più evidente dalla distanza ravvicinata, Hans si divincolò e sbottò –Come ti sei permessa di diventare più alta di me?
–Non sono io alta, sei tu ad essere rimasto formato tascabile, Zwerg!
–Vuoi che ti mandi a sbattere contro qualche altra superficie, Cousinchen? Potrai superarmi in altezza, ma non nel corpo a corpo- ignorò la linguaccia di Frida e aggiunse, in tono malizioso –Che dici, dein Traumprinz9 caccerà fuori le palle in tempo per farti da cavaliere al mio matrimonio? Si accettano scommesse!
–Liam non è il principe di nessuna storia, men che meno della mia. Ci ha tenuto a metterlo in chiaro- replicò mestamente lei. –Bis bald10, Hans. Aggiornami appena hai notizie degne della mia attenzione.

 
***
 
–Alla buon’ora!- abbaiò Cyril. –Tua madre stava per fare irruzione!
–Non l’avrebbe mai fatto- obiettò Frida scrollando le spalle. –Stravede per Hans, probabilmente perché la lusinga che da piccolo avesse una mezza cottarella per lei.
–Frida!
–Che c’è? È vero! Me l’ha detto Oma Gertrud!
–Un giorno taglierò la lingua a tua nonna- ringhiò Faith a denti stretti.
–Impossibile: non sei violenta per natura- asserì sua figlia. –Piuttosto: cosa ci fanno loro qui?
Faith non riuscì a nascondere un certo imbarazzo.
–Oh, ehm.. ecco… William ha insistito per… sì, insomma… vorrebbe cenassimo insieme.
In un impeto di sadismo manipolatorio, infatti, William aveva formulato quella che a parere di tutti era una vera e propria proposta indecente: mangiare tutti insieme, in modo da prendere i due proverbiali piccioni con una fava; in altre parole, punire adeguatamente suo padre per avergli nascosto dello zio morto, e la Weil per il modo meschino in cui lo stava trattando. Faith sarebbe stata un danno collaterale, non aveva niente contro di lei.
“Ben le sta! Così impara ad ignorarmi! È lei dalla parte del torto. Io ho soltanto detto la verità: non stiamo insieme. È colpa mia se lei si è fatta i film in testa per un bacetto?”
Da egregio conoscitore della psicologia umana, aveva previsto che nessuno dei due adulti avrebbe avuto il fegato di rifiutare, per non dare all’altro la soddisfazione di palesare quanto lo infastidisse respirare la stessa aria. Idem per la Weil: sarebbe crepata di rabbia, piuttosto che ammettere la delusione nello scoprire che non bastava scambiarsi un po’ di saliva per essere “incollati”, come usavano dire gli inglesi. Amava atteggiarsi a donna matura e forte, quando in verità era ancora una ragazzina troppo furba e intraprendente (e permalosa) per il suo stesso bene.
Come previsto, nonostante le espressioni tradissero tutt’altro, Cyril aveva acconsentito quasi subito, al contrario di Faith, la quale tentò una flebile resistenza.
Frida, invece, non si fece remore a rifiutare categoricamente.
–Gentile, da parte tua, però, ecco… non credo sia il caso. Ma grazie dell’invito!
Sollevato che qualcun altro si fosse caricato dell’onere di rifiutare, Cyril manifestò la propria approvazione.
–Sono d’accordo, non è assolutamente il caso: tua figlia ha combinato abbastanza guai per una sera!
Faith, che nel frattempo si era mossa di tre passi verso l’uscita, si bloccò di colpo, voltandosi verso di lui con l’aria belligerante dell’orsa privata dei cuccioli.
–Come, prego?
Per sua sfortuna, Cyril era affetto dalla nascita da “impertinenza a intermittenza” (come la chiamava Vyvyan): in breve, era il classico tipo che scappava dopo aver lanciato il sasso, e aveva bisogno di ricaricare le pile del coraggio, prima di rifarlo.
Nel timore di un altro ceffone - le “pizze” della Irving, a quanto pareva, negli anni erano diventate dannatamente poderose - iniziò a balbettare –N-no, n-nel senso…
–Il senso era abbastanza chiaro, grazie tante!- sbottò Faith. –Avanti, ripeti cosa hai detto, se ne hai il coraggio. Conoscendoti, scommetto di no.
Alle sue spalle Frida, al settimo cielo, mimò con mani e labbra un trionfale “Boom, bitch!” da vera diva. William per poco non soffocò nel tentativo di camuffare le risate in colpi di tosse.
Sentitosi messo all’angolo, Cyril recuperò in fretta sufficiente audacia da replicare – Ho detto, Irving, che tua figlia ha combinato abbastanza guai per una sera. Vuoi forse darmi torto? È colpa sua se siamo qui.
–Mia figlia ha indubbiamente la sua dose di colpa- convenne Faith, ignorando le esternazioni di disappunto della figlia. –Sì, Frida, checché ne strilli: se ti comportassi bene, non finiresti così spesso nei guai, oltretutto trascinando con te chi non c’entra niente. Però - sì, Cyril, c’è un però, checché ne strilli - neanche tuo figlio è un angioletto: non mi pare che Frida lo abbia costretto con la forza a seguirla nelle sue scorribande- si girò verso Frida e le chiese, memore della sua abilità nel combattimento e della sua noncuranza per le regole –Non l’hai costretto, vero?
Mutti! Ma ti pare?
Faith le rivolse un cenno di approvazione, prima di riportare l’attenzione su Cyril.
–Bene, direi che la questione è chiusa. Andiamo, cucciola, abbiamo entrambe bisogno di riposo. Tuo padre torna domani, e vorrà la mia testa.
–Se può consolarti, Mutti, credo che Papi vorrà anche la mia, di testa.
–Non mi consola affatto: ho impiegato nove mesi a fartela, quella testa, e diciassette anni per riempirla di neuroni funzionanti!
Mentre le osservava allontanarsi, a Cyril sovvenne un dubbio, troppo impellente per lasciarlo insoluto.
–Aspetta, Irving: tu sapevi… che William è mio figlio?
La risposta fu devastante, nella sua semplicità.
–Basta guardarlo.
–Già- esalò lui, grattandosi la nuca nervosamente. –Quindi, lo hai saputo per tutto questo tempo. Eppure…
–Non è mia abitudine interferire più del necessario con la vita di mia figlia. Inoltre, malgrado abbia in dotazione i tuoi geni, William mi pare un ragazzo decente. Perciò, a meno che non scarichi Frida in malo modo, accusandola di qualcosa che non ha fatto, rovinandole così la vita…- sibilò Faith, scoccandogli un’occhiata penetrante; vederlo sussultare alla menzione del suo comportamento barbaro la fece godere come non mai. –Rimanendo in argomento: non mi sorprende invece che tu non abbia pensato Frida potesse essere mia figlia; nel suo caso, il collegamento non è altrettanto intuitivo.
“Effettivamente…”
–Col senno di poi, avrei comunque potuto sospettarlo: avete lo stesso sorriso e la stessa struttura fisica.
–Intendi che Frida ha il fisico che avrei potuto avere, se mi fossi degnata di schiodare il culo dal divano per andare in palestra cinque giorni a settimana?
“Beh, ecco… sì! Tuttavia, riflettendoci, la morbidezza aveva dei lati positivi: innanzitutto, era parecchio piacevole al tatto; inoltre, con una muscolatura del genere, quando l’ho lasciata avrebbe seriamente potuto cambiarmi i connotati!”
–L’hai detto tu, non io- ridacchiò Cyril, poi, sorprendendo tutti (ad eccezione di suo figlio), aggiunse –Sai, ripensandoci… sarebbe molto più pratico mangiare un boccone qui vicino, senza la noia di dover cucinare, lavare piatti, eccetera. Che ne dici?
Faith curvò le labbra in una smorfia indecifrabile. Da un lato, voleva tornare a casa e fingere che tutto ciò non fosse mai avvenuto; dall’altro, voleva concedersi una breve parentesi nostalgica, per chiudere in bellezza un capitolo importante della sua vita.
–È un’offerta di pace, la tua?
Regredendo di quattro decadi, Cyril reagì incrociando le braccia e girandosi dall’altra parte con il suo tipico broncio da primadonna.
–Accettala, prima che me ne penta.
–Va bene.
***
 
–Non capisco perché Sherlock Weil abbia insistito nel volerci tutti qui- sbuffò Kimberly, accigliandosi, mentre faceva roteare distrattamente l’ombrellino nel cocktail. Contrariamente al fratello, fanatico adoratore del vintage, lei era immune dalla nostalgia degli anni ’80 e ’90 tipica della sua epoca; purtroppo per lei, il Vaporwave andava di moda, e lei, da buona vittima della moda, si era rassegnata a ingurgitare quel liquido bluastro più simile a un medicinale che a una bevanda dissetante. –Specialmente se non ha intenzione di farsi viva. Dove diavolo si sarà cacciata?
Al solito, Kevin comprese immediatamente il suo stato d’animo.
–Cosa ti dà più fastidio, sorellina: essere alla mercé di Frida, o dover tollerare la presenza di Nate?- la osservò scoccargli un’occhiata trasudante rimpianto, e sospirò –Ok, la seconda. Sai che ancora non capisco per quale assurdo motivo lo abbia mollato? Si vede lontano un miglio che ti piace ancora! Un Sex on the beach, per favore, con poca beach e tanto sex!
Rossa più di un pomodoro maturo, Kimberly sbraitò –Sei un coglione. E io un’idiota per essermi lasciata scappare Natie. È questo che volevi sentire?
–Non proprio. Mi interessava di più il contorto processo mentale che ti ha portata a credere che lasciare un ragazzo d’oro come Nate fosse una buona idea.
Kimberly, un attimo prima gonfia di rabbia, si afflosciò sullo sgabello. Non aveva senso tenersi tutto dentro, avrebbe ottenuto soltanto una bella gastrite, e chi meglio di suo fratello, per di più gemello, poteva ricoprire il ruolo di confidente? Dopo la partenza di quella mina vagante di Kaori, Kevin - il buono, affidabile Kevin - era stato il suo porto sicuro. Nonostante liti e prese in giro - fisiologiche, tra fratelli - si volevano un gran bene, e non avevano mai avuto segreti l’uno per l’altra. Sarebbe morta di dolore, se avesse scoperto che Kevin le teneva nascosto qualcosa.
–Prometti di non ridere?
–Ho mai riso? A me puoi dire tutto. Tendo a farti delle prediche che l’arcivescovo di Canterbury può solo accompagnare, è vero, ma non ti ho mai giudicato e mai lo farò- “Anche perché sono l’ultima persona al mondo che può permettersi di farlo. Ah, Kimmy! Se solo sapessi quanto c’è di sbagliato in me… mi rinnegheresti, come mamma e papà con Kaori?” –Avanti, su, sputa ‘sto benedetto rospo!
–Ho lasciato Natie per paura che mi tradisse… con Frida.
Kevin sputò il cocktail che stava sorseggiando.
–Merda! Perché ho promesso di non ridere? Questa è l’assurdità più ridicola che abbia mai sentito!- fece due respiri profondi per riprendersi dallo shock e analizzare la questione con un minimo di raziocinio. –Ok, adesso mi calmo. Sono calmo. Calmissimo. Super zen! Puoi ripetere quello che hai appena detto? Una parte di me si rifiuta di credere alle mie orecchie!
–Ho lasciato Natie per paura che mi tradisse con Frida.
–Ok, prova a ripeterlo ancora una volta… no, è inutile, sembra sempre più una cazzata ogni volta che lo ripeti- sospirò Kevin. –Hai la segatura nel cervello?
–Adesso che l’ho confessato ad alta voce, pare anche a me la cazzata del secolo- annuì l’altra. –Insomma, Nate che tradisce me… ridicolo!
–Non è tanto quello- replicò Kevin tra una sorsata e l’altra di Sex on the beach. –La monogamia - tralasciando tutti i risvolti etici e filosofici, che sono più il campo di Will - è una questione di volontà: c’è chi l’ha più salda e chi più debole, tutto qui; tutti siamo potenzialmente dei traditori. Voglio pensare che Nate abbia la decenza di non cornificare la sorella del suo migliore amico, ma se l’avesse fatto non mi stupirei. Mi incazzerei, quello sì. No, la ridicolezza sta nell’altra metà della coppia di traditori: cioè, tra tutte, proprio Frida? Frida, che per Nate è come una sorella? Non siamo in GOT!
–È che… stanno sempre appiccicati. Un po’ meno dall’arrivo di Will, però…
–Che ragionamento è? Anche io e Nate stiamo appiccicati, eppure non pensi voglia scoparmelo!- sbottò Kevin allargando le braccia per palesare il suo sconvolgimento.
–Dio, Kev, non mettermi certe immagini in testa! Che schifo!
“Schifo, eh? Forse hai ragione, sorellina. Sono difettoso, ma cosa posso farci se sono così?”
Fortunatamente, Kimberly parve non accorgersi del fugace mutamento di umore del fratello, che riuscì a tornare il solito, affabile se stesso in tempo record.
–Si scherza, Kimmy! Allora, ti sei resa conto dell’assurdità di questa tua paranoia?
–Non è una paranoia! Frida è una bella ragazza. Non al mio livello, ma decisamente scopabile- rise dell’imbarazzo di Kevin, e decise di stuzzicarlo un po’. –Tu non la trovi scopabile?
“No, ha troppa roba sopra e troppo poca sotto per essere appetibile”. 
–Ma che domande fai? No! Santo cielo, è... è... sbagliato! Mi sento un maniaco solo a pensarci!
–Lo so, stupido, stavo scherzando! Rilassati, respira...
–E tu piantala di fare discorsi idioti.
–Sei stato tu a cominciare! E mi ascolterai fino alla fine. Dicevo: Frida è indubbiamente una bella ragazza; in più è molto intelligente, sicura di sé… ha quell’aria altera da “io sono io e voi non siete un cazzo” che manda ai pazzi voi pene-dotati… spiegami il perché, ti prego, che io ancora non l’ho capito…
“Lo stai chiedendo alla persona sbagliata, sorella!”
–Non saprei. Io, personalmente, non le posso vedere le persone del genere. Infatti, Frida non è come la dipingi: la sua non è freddezza, è razionalità allo stato puro; non è altera come dici tu, semplicemente vive nel suo mondo. È proprio… oltre. Non so come spiegarmi.
–Non farlo, è meglio.
–Ad ogni modo, e non perché sei mia sorella, ti assicuro che non sei da meno. Sei stupenda, l’hai detto tu stessa; sei solare, simpatica, una talentuosa stilista. Frida non sa tenere in mano una matita!
–Però, magari, Nate…
–Stava con te, o sbaglio? Basta complessi d’inferiorità, basta paranoie! Se lo rivuoi, riprenditelo. Conoscendolo - e lo conosco bene - non aspetta altro.
–Vorrei, ma non posso. A volte mi prende una tale nostalgia - dopotutto, tre anni nel complesso felici non si cancellano con un colpo di spugna - ma no- asserì Kimberly, scuotendo il capo.
–Preferisci vivere nel rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere?
–Tra pochi mesi andrò a New York; non sarebbe giusto imporgli una relazione a distanza. Meglio lasciare le cose come stanno. Resisterò fino alla fine della scuola, dopodiché prenderemo strade diverse. Ma grazie del supporto, è bello sapere che potrò sempre contare su di te.
Un messaggio di William troncò sul nascere la melensa dichiarazione di affetto fraterno di Kevin. Tacitò sua sorella, che stava per chiedergli cosa ci fosse da ridere, quindi esclamò –No, vabbé. Non ci posso credere. Su col morale, Kimmy, ti faccio ridere: sai perché Frida e Will sono latitanti? Perché sono stati pizzicati! Si trovano in una stazione di polizia, e a giudicare dalla quantità di GIF coi lacrimoni, si mette male per loro.
–Quindi sua signoria non viene. Fantastico! Ho sopportato la presenza di Nate per niente!
Come evocato, Nathaniel si avvicinò al bancone, lamentando una sete ai limiti dell’umana sopportazione, al che San Kevin, patrono delle sbronze del weekend, gli offrì da bere. Cinque cocktail dopo (al sesto partiva la segnalazione al servizio sanitario locale, con conseguente obbligo di visita alcologica), aiutato dall’infusione di coraggio liquido, si decise a smettere di ignorare la sua ex ragazza. Peccato scelse il modo più sbagliato possibile.
–Dove l’hai lasciato il tuo nuovo amichetto?
Incattivita dall’acrimonia nella sua voce, Kimberly mandò al diavolo i buoni propositi di mantenere un minimo livello di civiltà nelle loro conversazioni e ululò –In ospedale a salvare vite. Non come te. Cos’è? Sei geloso?
–Di te? Manco morto! Quanto alla tua scimmia ammaestrata, se lui salva vite io sono Laurence Olivier! Considerato che è agli inizi della formazione da chirurgo, probabilmente il massimo che gli concedono è di togliere la colecisti a qualche vecchia!
Punta sul vivo, Kimberly lo spintonò sbraitando –Sempre meglio di pavoneggiarsi su un palcoscenico!
–Senti chi parla, la Coco Chanel dei poveri!
Stranito dalla rapidità di quella escalation di rancore represso, Kevin uscì in strada a fumare. Se proprio doveva intossicarsi, meglio la nicotina dei battibecchi di quei due testoni.
Chiuse gli occhi, per risparmiarsi lo spettacolo delle luci cittadine e del deprimente cielo senza stelle sopra di lui, affogando noia e frustrazione nell’aroma dolciastro del fumo di cigarillo. Naufragato nel mare dei propri pensieri, perse la cognizione del tempo; quando riaprì gli occhi, però, vide che erano rimaste soltanto tre sigarette nel pacchetto, segno che si trovava lì da un po’.
“Ad aspettare il nulla”, disse una voce malevola nella sua testa.
Una parte di lui, quella romantica e sognatrice (che gli era valsa anni di prese in giro da Kim e Nate), sperava di veder comparire Andrew da un momento all’altro: andando contro ogni fibra razionale del proprio corpo gli aveva scritto, spinto da un’insana voglia di rivederlo.
“Insana è un eufemismo. Si chiama sindrome della crocerossina: vuoi dominare la bestia oscura e salvarla con la forza dell’amore”, osservò la voce di prima. “Beh, non funzionerà, e sai perché? Innanzitutto, perché tu stesso sei una bestia oscura; secondo: perché non tutti possono essere salvati, anzi, molti neppure lo desiderano. Questa storia finirà male, tanto vale stroncarla sul nascere”.
–È vero, quasi sicuramente mi ritroverò a piangere sul mio cuore spezzato, ma chissene: meglio aver amato e perso, che non aver amato affatto.
–Ben detto!- esclamò una voce femminile, facendolo sobbalzare. –Hai da accendere?
A parlare era stata una brunetta esile dal look androgino. Kevin la riconobbe immediatamente, e dallo stupore lasciò cadere l’accendino, limitandosi a fissarla a bocca aperta.
Dopo un po’, seccata, la ragazza sbottò –Allora, mi accendi una stecca o no?
–T-Tu… tu sei…
–In astinenza da nicotina, gioia. Allora, vuoi accendermi ‘sta benedetta stecca o no?
–Tu sei Sledge, la chitarrista dei W.O.F! Sei... wow! Oddio! Non posso credere di stare a mezzo metro da te!
–Colpevole di tutte le accuse- celiò lei, squadrandolo dalla testa ai piedi mentre attendeva pazientemente l’agognata sigaretta. –Ecco spiegato perché hai un’aria familiare: sei un fan. Strano, però: di solito non ricordo le facce. Per caso sei quello che si è spogliato nudo come il verme che è e ci ha provato con Coco al nostro ultimo evento?
Prima che Kevin potesse replicare, squillò il telefono; dopo essersi scusato profusamente, rispose con un sentito –Finalmente! Ancora un giorno, e avrei chiamato la polizia!
La ragazza lo osservò con crescente curiosità gesticolare animatamente mentre parlava in una lingua a lei sconosciuta. Storse il naso: non raggiungeva i livelli di pettegolume di sua sorella, ma le sarebbe piaciuto ascoltare la conversazione; a giudicare dai toni, con ogni probabilità sarebbe stato uno spasso.
“Questo tizio è decisamente più interessante di come appare. E dire che lo stavo per bollare come buono soltanto per scroccare stecche di felicità! Kenny ha ragione: sono una pippa nel giudicare le persone.”
Al termine della videochiamata Kevin ridacchiò –Che idiota! Ma quanto mi manca!- poi, voltandosi verso Sledge, si schiarì la voce e disse –Ah, riguardo a prima: non sono il pazzo che si è avventato su Coco come mamma l’ha fatto. A dire il vero, anche se sono un vostro fan, noi due ci conosciamo da parecchio; capisco, però, se non ti ricordi di me: tendo a passare inosservato.
“Inosservato? Questo qui? Mi prende per il culo!”
–Dubito fortemente che un così bel faccino passi inosservato. Sono io che faccio pena a ricordare le facce della gente- assicurò la ragazza. –Aiutino dal pubblico? Dove dovrei averti incontrato? Non ho passioni, all’infuori della music… Ah! Ci siamo visti in conservatorio!
–Bingo! Pollici in su per te!- esclamò Kevin, tendendole una mano. –Io sono Kevin, comunque.
Superata l’iniziale diffidenza, la ragazza gli strinse la mano e rispose –Alexis, ma puoi chiamarmi Alex- per poi aggiungere, divertita dallo sgomento dell’altro –Che c’è? Non avrai mica creduto che Sledge fosse il mio vero nome!
Kevin scrollò le spalle, e replicò con semplicità  –Sempre meglio di X Æ A-12 Musk.
–Vero, vero. Mi stupisce non abbia ancora chiesto di cambiarlo legalmente in… che so… Bob.
I due ridacchiarono, finché la comparsa di Andrew Carter non spense le risate di Kevin, che gli corse incontro, fregandosene della vocina che lo invitava a mantenere un minimo di contegno.
–Drew! Cosa ci fai qui?
–Avevo voglia di vederti, a dirla tutta, ma non trovavo il coraggio di scriverti. Grazie di averlo fatto tu. In più, unisco l’utile al dilettevole: la signora in giallo tua amica mi ha gentilmente invitato a raggiungerla qui per “discutere di alcune scottanti novità riguardanti la morte di mia sorella” e… darti questo. 
Kevin arrossì come una scolaretta: scoprire che Andrew aveva pensato a lui lo rendeva immensamente felice.
–Il bracciale dell’amicizia! Allora era davvero a casa tua!
–Non so come, era finito dietro il letto.
“Lo so io come!”, pensò Alex, lasciandosi sfuggire una risatina di scherno alla vista dei due intenti a rivolgersi occhiate di fuoco, col risultato di far scoppiare la bolla idilliaca che li aveva avvolti.
–Alex!- esalò Andrew, palesemente in imbarazzo, allontanandosi con uno scatto fulmineo da Kevin. –Scusami, non ti avevo vista!
–E quando mai?- bofonchiò lei, imbronciandosi - era stufa di passare sempre in secondo piano, l’etichetta di “sorellina di Nita” cominciava a starle stretta - salvo poi stiracchiare le labbra in un mezzo sorriso e replicare –Tranquillo, ci sono abituata. Eri distratto.
Represse istantaneamente la voce della coscienza e godette come non mai al pensiero che Nita, la perfetta sorella a cui era stata paragonata, uscendone perdente, fin dal primo vagito, colei che le aveva portato via il suo primo vero amore, fosse senza speranza: solo un cieco, infatti, avrebbe potuto ignorare l’attrazione quasi palpabile tra quei due. Era un pensiero confortante.
–Cosa ci fai qui? Detesti il Tipsy Crow!
–Il compare della signora in giallo ha richiesto la mia presenza. Cristo santo, quanto è insistente! Di questo passo, nessuna ragazza sana di mente lo vorrà mai!- sbuffò Alex incrociando le braccia, prima di assestare a Kevin una poderosa pacca sulla schiena. – Comunque, sai che non avrei mai detto fossi amico della Sherlock in gonnella? La miseria! Peggio di Beautiful: tutti conoscono tutti, in un modo o nell’altro! Mi diventi ogni secondo più interessante, Kev! Posso chiamarti Kev, vero?
Sconcertato, Kevin riuscì a boccheggiare –Ehm, ragazzi… credo mi dobbiate qualche spiegazione.
 
 
Note dell’autrice
Forse non saranno i fuochi d’artificio che vi aspettavate, ma dovete ammettere che, anche a distanza di anni, Faith&Cyril fanno scintille (non ditelo a Franz, mi raccomando)!
Mi scuso per non aver inserito la cenetta a quattro in questo capitolo. Ho preferito dare spazio ai personaggi secondari, ma non per questo meno importanti, e alla trama “gialla”. Cosa ci sarà sulla chiavetta usb? Il suo contenuto fornirà elementi utili alle indagini? Ma soprattutto: riuscirà Frida a convincere William ad accompagnarla al matrimonio? Per citare Hans: si accettano scommesse!
L’Alcohol Pass e il suo funzionamento sono di mia invenzione, anche se mi sorprende che nell’era digitale nessuno abbia pensato di monitorare il consumo di alcolici obbligando la popolazione ad esibire una tessera elettronica (anche in caso di acquisto nei negozi, sì), consegnata dallo Stato al compimento della maggiore età; faciliterebbe enormemente la raccolta di dati per fini sanitari, epidemiologici e statistici.
Alla prossima (era geologica)!
Serpentina
PS: traspariva la nostalgia canaglia del titolo? Se avete concluso la lettura con un po’ di magone, saprò di aver raggiunto il mio scopo. Let me know.
1Hai rischiato grosso, cuginetta. Se credi di potertela sempre cavare perché sei la più furba di tutti, ti sbagli.
2Me la pagherai, nanerottolo!
3Allora, cuginetta, di cosa vuoi parlarmi?
4A mio modesto parere
5Mi sto fidando di te, Hans. Vedi di non deludermi.
6Ehi, ti ho mai deluso finora?
7Mai. Per questo ti sto dando fiducia, malgrado tu sia uno sbirro
8Sei diventata matta?
9Il tuo principe azzurro
10A presto
   
 
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