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Autore: Europa91    03/06/2022    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Una volta tornato nel proprio mondo Dazai notò Ango e Murray ancora lì, esattamente dove li aveva lasciati. Non c’era bisogno di sprecare parole, già il fatto che l’ex dirigente fosse comparso davanti a loro era un segnale abbastanza eloquente dell’ennesimo fallimento. Ango fu il primo a notare come lo sguardo di Dazai fosse diverso quella volta. Doveva essere successo qualcosa ma come sempre, l’impiegato governativo non riusciva a scavare oltre la superficie, vedere al di là di quella maschera fredda e inespressiva che l’ormai ex più giovane dirigente della storia della Port Mafia aveva scelto di indossare. Ango aveva conosciuto solo una persona in grado di farlo, vedere oltre quel muro che il moro aveva eretto tra lui e il resto del mondo. Ed era stata proprio la sua scomparsa a condurli fino a quel punto.

«Dazai-kun» tentò quasi impacciato, allungando un braccio verso il ragazzo quasi volesse sfiorarlo ma avesse allo stesso tempo paura di restarne ustionato. Non poteva evitare di preoccuparsi per Dazai, era più forte di lui, si sentiva in qualche modo responsabile per quello che gli stava accadendo. Non importava che lo avesse perdonato o meno, Sakaguchi Ango voleva espiare i propri peccati.

Dazai aveva bisogno d’aiuto anche se era troppo orgoglioso o testardo per chiederlo o ammetterlo. Ango non sarebbe rimasto impassibile di fronte a quell’assurda quanto insensata auto distruzione. Non avrebbe mai permesso che accadesse, non sotto i suoi occhi.

Dazai era un masochista, quella non era certo una novità. Lui stesso aveva assistito ad un paio di tentativi di suicidio, ma questa volta la situazione era completamente diversa. Chiunque avesse mai avuto a che fare con il giovane dirigente avrebbe potuto notare una luce diversa nel suo sguardo. Mai come allora Dazai gli era parso tanto umano e per questo vulnerabile.

Ango conosceva quel ragazzo ormai da un paio d’anni. Sapeva di cosa potesse essere capace il Demone Prodigio della Port Mafia. Come aveva assistito da mero spettatore all’evoluzione del suo rapporto con Odasaku. Ricordava il giorno in cui era stato invitato ad unirsi a loro. Quando quei due bizzarri individui se ne erano usciti con l’assurda proposta di andare a bere qualcosa insieme arrivando praticamente ad obbligarlo, distogliendolo dal proprio lavoro. Con un sorriso ripensò a quanto si fosse lamentato per una cosa stupida come la puzza dei loro vestiti. In realtà non era l’odore a turbarlo, quella non era stata altro che una scusa, piuttosto l’aura che entrambi sembravano emanare intorno a loro.

Dazai Osamu. Quel nome, soprattutto dopo il Conflitto della Testa di Drago era sulla bocca di tutti all’interno della Port Mafia. Non era solo il pupillo del Boss ma una pedina spietata e senza cuore, che era stata in grado, con l’aiuto del proprio partner di distruggere in una sola notte un’intera Organizzazione criminale ponendo fine ad uno degli scontri più sanguinosi che la storia della città di Yokohama avesse mai visto.

Di Oda Sakunosuke al tempo non sapeva nulla. Ango aveva avuto accesso a molte informazioni su quel misterioso tuttofare solo dopo la sua morte. Era stato allora che aveva iniziato finalmente a comprendere Oda e a stimarlo.

Un mafioso che non uccideva ma si accompagnava ad un giovane e spietato dirigente, raccontata in questo modo quella storia sembrava quasi una barzelletta.

Eppure, ripensandoci in quel momento, Ango riusciva a vedere oltre la semplice apparenza. Odasaku aveva sempre esercitato una sorta di effetto calmante su quella mina vagante che era Dazai. Bastava una parola o un gesto di quell’uomo perché il ragazzino si placasse di colpo, come se Oda sapesse quale interruttore premere per calmare il moro.

All’inizio, Ango ricordava di essersi interrogato sulla natura di quel rapporto. Aveva sempre avvertito come la mancanza di un qualcosa, un tassello fondamentale per arrivare a comprendere meglio quelle figure che ormai aveva iniziato a considerare amici.

Una sera, spinto da un moto di curiosità, aveva domandato al rosso come fosse finito nella Mafia e della vaga, ma allo stesso tempo assurda risposta che aveva ricevuto;

«Ho trovato Dazai sul portico di casa mia. Era ferito. Ti confesso che il mio primo pensiero era stato di andarmene per non farmi coinvolgere, ovviamente non ne sono stato in grado quindi eccoci qui. Si può dire che sia entrato nella Port Mafia dopo aver raccolto un gatto randagio»

Ango ricordava di averlo guardato con curiosità, aspettandosi forse una battuta. Oda però era rimasto serio ed enigmatico come sempre.

Solo qualche giorno prima, quando gli era stato accordato il permesso dai propri superiori, Sakaguchi Ango aveva avuto modo di leggere tutti i file riguardanti Oda Sakunosuke.

Aveva così ricostruito il suo passato, scoprendo una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto. Eppure, nonostante tutto, aveva avvertito ancora la mancanza di qualcosa, c’era un tassello di quel puzzle che non ne voleva sapere di andare al proprio posto. Odasaku aveva deciso di cambiare vita ma ovviamente nessuno conosceva il motivo dietro a tale decisione. Un sicario tra i migliori al mondo che entrava a far parte della Port Mafia come semplice tuttofare. La scelta di non uccidere. Sembravano cose completamente senza senso o logica.

Per questo aveva cercato l’aiuto di Dazai, forse l’ex dirigente conosceva la causa dietro quel cambiamento o ne era stato in parte l’artefice. In realtà c’era un’altra ragione ad aver spinto Ango in quella direzione e a contattare il pupillo del Boss. Voleva aiutarlo, se non addirittura salvarlo dalla spirale di auto distruzione in cui Dazai sembrava essere piombato dopo la morte di Odasaku. Il quattrocchi sapeva chi avrebbe potuto compiere quel miracolo, riportare Dazai Osamu ad essere quello di un tempo ma si sarebbe riservato quella carta solo alla fine. Era il suo asso nella manica. Contattare Murray era stato un disperato tentativo di fare ammenda ad un errore. Come aveva temuto, Dazai aveva continuato a fallire nel proprio intento, e forse era giunto il momento di mettere la parola anche quella storia, soprattutto dopo aver visto il volto dell’amico. Il moro stava crollando a pezzi davanti ai suoi occhi e Ango non poteva permetterlo. Oramai Dazai era solo un riflesso del ragazzo che aveva conosciuto, temuto e per che no, pure ammirato.

C’era stato un solo, breve istante in cui Ango aveva pensato di essere arrivato troppo tardi. Ed era stato qualche giorno prima, quando dopo essersi accordato con i propri superiori aveva ottenuto il permesso di contattare Dazai.

Ad ogni secondo d’attesa con il telefono appoggiato all’orecchio, il suo cuore mancava di un battito. Non avrebbe potuto reggere un altro lutto. C’era un limite per i suoi poveri nervi, come alle avventure e ai rischi che era disposto a correre.

Dazai aveva risposto al cellulare e di colpo l’ansia era scemata facendo tornare l’impiegato a respirare. Pensava di essere pronto a tutto Ango, ma nulla lo avrebbe mai preparato a quella versione di Dazai. Del diciottenne il cui nome incuteva paura e rispetto, restava solo un ragazzino distrutto dalla morte di un caro amico. Anche se non era del tutto certo che quella definizione fosse corretta.

Odasaku era qualcosa di più per Dazai. Ango si sentiva in colpa per aver voltato lo sguardo e finto di non accorgersi di quel legame che li aveva uniti.

D’altro canto lui non aveva mai condiviso nulla di simile con nessuno. Dazai e Oda erano stati i suoi primi veri amici, e li aveva traditi. Era stato sincero durante il loro ultimo incontro al Lupin, se fosse stato possibile avrebbe tanto voluto bere qualcosa insieme, tornare a quei giorni spensierati. Il destino però aveva agito diversamente, decidendo per un altro finale.

Ango sapeva di non essere responsabile per ciò che era capitato Oda ma sentiva il suo sangue sulle proprie mani. Dopo aver condotto Dazai al sicuro ed essersi sincerato delle sue condizioni, in seguito al suo ritorno dalla prima realtà, l’impiegato si era fatto coraggio e recato al cimitero dove sapeva avevano traslato il corpo dell’amico. Avrebbe voluto ricevere prima il perdono di Dazai, ma vederlo in quello stato lo aveva toccato più di quanto avesse mai potuto pensare. Mai come in quel momento sentiva il bisogno di parlare con Oda, chiedergli un consiglio.

Non era mai stato in quel posto. In lontananza si vedeva il mare, era perfetto come ultima dimora terrena. Trovò subito ciò che stava cercando.

Era una lapide semplice con inciso un nome e poche parole.

«Oda-kun scusa per il ritardo» fece una piccola pausa posando il mazzo di fiori che aveva portato. Le nuvole sopra la sua testa lo avvisarono dell’imminente temporale ma in quel momento non gli importava.

«Mi dispiace per ciò che è successo. La verità è che sono un uomo del Governo. Non volevo mentirvi. Era il mio lavoro ma voi eravate miei amici» prese nuovamente un lungo respiro;

«Sto cercando di badare a Dazai-kun la tua perdita l’ha distrutto. Dovresti vederlo è quasi irriconoscibile. Ha lasciato la Port Mafia e qui penso ci sia di mezzo il tuo zampino, dopotutto eri il solo che ascoltava. Vuole salvarti, sta lottando disperatamente per non arrendersi» appoggiò una mano sulla fredda e umida pietra.

«Vorrei tanto dirgli di fermarsi. Che i suoi sforzi sono inutili. Non si può cambiare il destino. Eppure non ci riesco. Vedo quello sguardo, riconosco la sua determinazione. Ma la verità è che tu non tornerai mai da lui Oda-kun. Dazai è forte, intelligente ma sta soffrendo e io non so davvero come aiutarlo»

Sei qui per lui o te stesso?

Gli sembrò quasi di udire la voce di Odasaku.

«Sono qui per espiare una colpa e chiedere il tuo perdono. Egoisticamente speravo di salvare Dazai da se stesso. Ancora una volta sono stato troppo ingenuo. Non ha bisogno del mio aiuto. Per certi versi è ancora un ragazzino, non riesce ad elaborare un lutto. Vorrei tanto sapere cosa era per te Dazai? Chi eri Oda-kun? Sono queste le domande a cui mi piacerebbe trovare delle risposte» in quel momento la pioggia iniziò a cadere sopra la sua testa. Aprì l’ombrello che previdentemente si era portato appresso.

«Mi dispiace. Farò il possibile per aiutare Dazai ti do la mia parola. Lo proteggerò al meglio delle mie capacità» gli venne un’idea, avrebbe iniziato con l’insabbiare il passato del ex mafioso. Se Dazai era intenzionato a cambiare la propria vita quello lo avrebbe di sicuro aiutato. Era un buon punto di partenza.

«Oda-kun» disse dopo essersi allontanato di un paio di passi «eri davvero una brava persona. Mi dispiace».


 

***


 

Dopo quel giorno Ango si era impegnato anima e corpo nel proprio lavoro continuando a monitorare Dazai e le sue intenzioni. Così erano arrivati alla situazione attuale con l’ex dirigente di ritorno dal terzo fallimento.

«Dazai-kun» tentò afferrando il moro per un braccio obbligandolo così a fermarsi. Murray a qualche metro da loro osservò quella scena trattennendo il fiato. Era terrorizzato dal Demone Prodigio della Port Mafia e tremava come una foglia.

«Cosa vuoi Ango?» il tono di voce con cui Dazai pronunciò il suo nome era lo stesso di quel giorno al Lupin. Quando aveva confessato di aver sempre saputo la verità dietro al suo doppio gioco. A quel punto l’impiegato lasciò la presa, andando a sistemarsi meglio gli occhiali sul naso;

«Voglio solo parlare» l’occhiata che Dazai gli rivolse avrebbe fatto desistere chiunque ma non lui,

«Ti stai auto distruggendo e io non posso permetterlo»

«Ho fallito. La prossima volta andrà meglio. Non è vero Murray-san?» l’uomo chiamato in causa annuì;

«Vieni con me. Subito» Dazai storse il naso;

«Io non prendo ordini da un traditore»

«Tu stesso hai tradito la Port Mafia siamo colleghi di tradimento ora» l’ex mafioso sbuffò.

Provocare Ango non avrebbe portato a nulla lo sapeva bene ma era ancora frustrato e arrabbiato con se stesso. Aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo.

Tuttavia decise di seguirlo in silenzio tra i corridoi di quell’edificio tutti uguali, piatti, monotoni come l’individuo che aveva davanti agli occhi. Dal canto suo Ango stava cercando di trovare le parole giuste ma con Dazai era impossibile preparare delle strategie, doveva solo sperare nella buona sorte.

Arrivarono a quello che l’ex dirigente dedusse essere l’ufficio del quattrocchi. Era piccolo e abbastanza spoglio. Gli ricordò molto il nascondiglio dove si erano incontrati la prima volta, almeno questo aveva una finestra dalla quale entrava una fioca luce. Dazai si rese conto di non sapere nemmeno che giorno fosse. Stava perdendo il senso della realtà. Ango lo fece accomodare.

«Non mi dirai vero che è successo?» tentò. Il moro abbassò il capo;

«Dammi carta e penna, ti scriverò un rapporto dettagliato» lo sfidò.

«Dazai-kun voglio solo aiutarti»

«Ora vuoi aiutarmi? Riporta indietro il tempo, ridammi Odasaku» L’impiegato si lasciò cadere sulla poltrona alle proprie spalle. Aveva sbagliato approccio. Non sarebbe riuscito a risolvere nulla in quel modo. L’ex dirigente sapeva essere testardo e capriccioso come un bambino. Colpa di Oda che lo aveva sempre viziato. Aprì un cassetto della propria scrivania prendendo l’istantanea che avevano scattato in quella sera al Lupin. La sua copia. Se la rigirò fra le mani per poi porgerla a Dazai.

«Era stata una buona idea quella di scattare delle fotografie. Abbiamo immortalato quel qualcosa che condividevamo» il ragazzo annuì.

«Avevo come il presentimento che non sarebbe durata. A volte odio avere sempre ragione» Ango scosse il capo;

«Nessuno avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe successo» Dazai scattò in piedi;

«Io si avrei potuto. Non ho saputo guardare oltre le bugie di Mori, sono caduto nella sua trappola. È colpa mia se Odasaku è morto»

Allora era questo. Dazai si stava incolpando per quanto successo a Oda. No, doveva esserci dell’altro, non poteva essere così semplice.

«Cosa è successo nell’ultimo mondo?» Dazai attese qualche istante prima di parlare e tornare a sedersi sulla propria poltrona.

«L’ho ucciso»

«Prego?» Ango fu certo di aver capito male;

«Ero il Boss della Port Mafia. Ho dato io l’ordine. Questa volta Odasaku è morto per causa mia» l’impiegato stentava a crederlo;

«Sono un mostro. L’oscurità dentro di me non sparirà mai. Odasaku mi ha chiesto di diventare un essere umano migliore, ma io non ci riesco. L’ho deluso»

«Dazai-kun»

«Sai perché ho lasciato la Port Mafia? Per esaudire il suo ultimo desiderio. Mi ha chiesto di diventare una persona buona, qualcuno che salva gli orfani e non uccide. Mi disse che il vuoto che sentivo non sarebbe mai scomparso ma sarei comunque migliorato un pochino. Era certo di questo perché era mio amico» Ango rimase in silenzio per poi aggiungere;

«Se vuoi fermarti Dazai ti capisco. Deve essere terribile continuare a rivivere la morte di Odasaku» lo sguardo che ricevette in risposta fu abbastanza eloquente;

«Non posso. Io devo salvarlo. Sono il solo che possa farlo»

E se Oda non dovesse essere salvato?

Ango avrebbe tanto voluto rispondere in quel modo ma non ce la fece. Dazai stava già soffrendo abbastanza, non avrebbe avuto senso.

«Cosa provavi per lui?» Era una domanda che aveva rimandato fin troppo. Una parte dell’impiegato era certa di conoscere già risposta, eppure in quel momento desiderava ricevere una conferma anche da Dazai;

«Era mio amico» Ango sorrise. Lui c’era sempre stato. Aveva visto quegli sguardi, i comportamenti che assumevano l’uno dei confronti dell’altro. Oda era l’unico in grado di calmare Dazai ma anche il giovane dirigente aveva un particolare ascendente sul rosso. Potevano definirsi amici ma Ango sapeva che era una parola che non avrebbe mai potuto descrivere quel tipo di legame. Chiamarlo amore forse era eccessivo. Soprattutto accostare quella parola a Dazai, eppure non gli veniva in mente altro.

«Oda-kun non vorrebbe vederti in questo stato» fu la sola cosa che riuscì a dire.

«Lo so. Ogni tanto sento la sua voce nella mia testa, è come se fosse diventato la mia coscienza» Ango abbozzò un sorriso, era capitato anche a lui.

«Dazai-kun. Hai pensato seriamente a cosa fare del tuo futuro?» il ragazzo scosse la testa confuso;

«Hai lasciato la Port Mafia. Sei un traditore» gli fece notare.

«Se volessero uccidermi mi farebbero solo un favore. Mori lo sa per questo non manderà nessuno. Sa come vivere per me sia una condanna peggiore della morte» sorrise facendo una piccola pausa e abbassando il capo;

«Per il momento voglio solo salvare Odasaku. Perché non hai fiducia che il mio piano possa funzionare? Mi nascondi forse qualcosa Ango?»

«Mettiamo il caso che tu riesca nel tuo intento. Tu e Oda cosa fareste?» anche se pure di quella domanda l’impiegato conosceva già la risposta;

«Non tornerei indietro» e per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata si guardarono negli occhi. Ango prese l’ennesimo respiro, togliendosi gli occhiali per poi massaggiarsi le tempie;

«Lo so. Era un’eventualità che fin dall’inizio avevo preso in considerazione. In fondo se trovassi un mondo in cui vivere felice con Oda perché dovresti tornare?»

«Se lo sapevi allora perché me l’hai chiesto?» indagò,

«Perché dovresti avere comunque un piano B»

«Salverò Odasaku. Troverò il modo. Sai che posso farcela. Non ho bisogno di un piano di riserva»

«Già sei l’unico che potrebbe, sei sempre stato il più intelligente e pericoloso fra noi. Per questo dovresti sapere anche meglio del sottoscritto che bisogna sempre avere un piano B» Dazai incrociò le braccia al petto, come un bambino capriccioso;

«Mi stai offrendo un posto nella Divisione? Vuoi forse che lavori per il Governo?» Ango aveva preso in considerazione anche quella possibilità. In fondo l’Abilità di Dazai avrebbe potuto essere utile e sarebbe stato un buon modo per riabilitare il suo nome. Una sorta di amnistia per i propri crimini. L’ex dirigente però scoppiò a ridere di gusto rischiando di cadere dalla poltrona;

«Devo rifiutare. Non mi sono mai piaciuti i posti con troppe regole mi sentirei soffocare. Per non parlare delle scartoffie»

«Ero serio Dazai»

«Anche io. Non puoi chiedere a uno come me di entrare nella divisione del Governo. Inoltre penso che questa sia stata una tua iniziativa, sarei curioso di sapere cosa ne penserebbero i tuoi superiori al riguardo. Non credo che mi accoglierebbero a braccia aperte»

«Porterei la tua candidatura direttamente all’attenzione del direttore Taneda, sono certo che non potrà rifiutarsi»

«Ango, forse non sono stato abbastanza chiaro. Sono io che mi rifiuto»

«Mi sto solo preparando in caso di tuo fallimento. Se, come sostieni, riuscirai a salvare Oda-kun quest’eventualità non dovrebbe preoccuparti. Posso organizzarti con incontro con Taneda quando vuoi. A dispetto di quanto tu creda è un brav’uomo»

«È lo stesso che ha consegnato a Mori-san la licenza per l’utilizzo delle Abilità Speciali»

«Sai meglio di me che il Governo non ha colpe, le azioni di Gide sono state quelle di un folle»

«Vallo a dire a quei bambini o a Odasaku» Ango strinse i pugni. La morte di quei cinque orfani era stata un duro colpo, anche il suo superiore ne era rimasto affranto. Stavano combattendo una guerra, per un bene superiore non bisognava fermarsi ai sacrifici del singolo. Erano parole che sulla carta funzionavano benissimo ma la realtà dei fatti era ben diversa.

Ango non aveva mai visto quei bambini. Ma aveva imparato a conoscerli attraverso le parole di Dazai e Odasaku. Aveva pure aiutato il rosso ad incartare i loro regali il Natale precedente. Non aveva minimamente riflettuto su questo. Si era concentrato sulla perdita di Oda dimenticandosi delle altre vittime del caso Mimic.

«Hai ragione. Perdonami»

«Sai che non posso farlo» era serio Dazai, aveva assunto lo stesso tono che utilizzava quando impartiva un ordine. Anche se in fondo Ango se l’era aspettato, sentirsi dire quelle parole ad alta voce faceva male.

«Un giorno verrò ancora a domandare il tuo perdono e spero che potrai concedermelo»

«Non è stato il tradimento in sé Ango. Non ce l’ho con te per questo, te l’ho detto, l’ho sempre saputo e mi sono pure divertito a reggere il tuo gioco. Volevo vedere fin dove ti saresti spinto. Non posso perdonarti per la morte di Odasaku. Era anche tuo amico»

«Mi sono recato sulla sua tomba» Dazai lo fissò sorpreso; ma prima che potesse dire qualsiasi cosa l’impiegato riprese;

«È stato il giorno in cui sei tornato dal primo mondo. Mi ero ripromesso di andare da lui dopo aver ottenuto il tuo perdono ma non ce l’ho fatta. Avevo bisogno di chiedergli scusa. Di dirgli cosa stavamo facendo»

«I morti non possono risponderci» Ango non si lasciò scoraggiare

«Dovresti andare da lui»

«E parlare con una tomba?»

«Prendilo come il consiglio di un amico, puoi seguirlo o meno. Ho lasciato a Murray il giorno libero, se vorrai potrai partire per una nuova realtà dovrai aspettare domani. Oggi prenditi un po’ di tempo per te. Fatti una doccia datti una sistemata, hai un aspetto orrendo» Dazai sorrise, piegando leggermente la bocca facendo più una smorfia;

«Ora parli esattamente come Chuuya» e Ango non si lasciò sfuggire l’occasione. C’era un altro discorso che avrebbe voluto intavolare con l’ex dirigente e che aveva rimandato il più possibile. Proprio sul vessillo di Arahabaki.

«Hai abbandonato la Port Mafia, te ne sei andato in punta di piedi. Non hai detto una parola, non hai lasciato un messaggio. Che mi dici di Nakahara-san?» Dazai cercò di dissimulare il fastidio che quella domanda gli aveva provocato.

Le parole del Chuuya dell’ultima realtà erano ancora troppo vivide e gli tornarono alla mente. Sapeva che la colpa era solo sua, era stato lui a nominare il proprio ex partner e Ango ne aveva approfittato.

«Quella Lumaca non ha niente a che fare con questa storia. Non so nemmeno dove sia»

Ango aprì l’ennesimo cassetto della scrivania ed estrasse una pila di documenti; si mise a leggere, dopo essersi schiarito la voce;

«Soggetto numero A5158. Una settimana fa è rientrato da...»

«Aspetta» lo interruppe Dazai «Cosa hai appena detto, una settimana? Che giorno è?»

Ango sbloccò lo schermo del proprio cellulare per mostraglierlo.

«Sono passati undici giorni dalla morte di Oda-kun»

Dazai aprì e richiuse le labbra. Undici giorni. Solo undici giorni.

«Va tutto bene?» il moro annuì col capo;

«Mi stavi parlando di Chuuya. Avrà trovato il mio regalo d’addio» abbozzò ad un sorriso,

«Non scherzare. Sai meglio di me quanto Nakahara-san possa diventare un soggetto pericoloso»

«È un cane fedele. Non farà nulla senza avere prima l’approvazione di Mori-san e la sola cosa di cui al momento ho l’assoluta certezza è che il Boss non mi vuole morto» l’impiegato gli rivolse un’occhiata perplessa;

«Avrebbe potuto uccidermi quel pomeriggio. Nel suo ufficio» iniziò a spiegare. «Invece mi ha lasciato andare. Così ho potuto assistere agli ultimi istanti di Odasaku. Forse anche quello faceva parte di una qualche strategia. Non voglio saperlo. Non mi interessa. Nell’ultima realtà che ho visitato credevo di averlo ucciso. Insomma sedevo sul trono della Port Mafia. Invece era stato tutto parte di un piano. In quel mondo ero finito con il diventare come Mori. Non voglio che succeda, non lo permetterò mai»

«Quando hai detto che hai ucciso Oda, cosa intendi?» non era riuscito a frenare la propria curiosità,

«Ho ricevuto una telefonata e dato un ordine. Non potevo sapere che fosse una condanna a morte. Se non si fosse trattato di Odasaku avrei ucciso comunque un’altra persona. Chi è marcio non può cambiare, forse io non posso cambiare. D’altra parte ho sempre pensato che la rettitudine mi odiasse»

«Non potevi saperlo. Non era il tuo mondo.»

«Questa volta l’ordine è partito da me. Non ho fisicamente premuto il grilletto ma sono stato lo stesso responsabile della sua morte. Il destino ha uno strano senso dell’ironia. Ho pensato di rinunciare ma non posso ancora farlo Ango. Devo salvarlo. Solo quando avrò la certezza di aver fatto tutto il possibile potrò gettare la spugna. Ma non chiedermelo ora, non dopo quello che ho appena fatto.» Ango annuì riconoscendo la propria sconfitta,

«Il Chuuya di quel mondo ha detto che Odasaku mi amava» l’impiegato rimase in silenzio;

«Mori era solito ripetere che in me rivedeva se stesso. Sono davvero così Ango?»

«Sei Osamu Dazai. E questo Oda lo sapeva. Ha sempre saputo chi sei, cosa sei. Ha visto tutta la tua oscurità e l’ha accettata» Dazai annuì fissando ancora la fotografia che non aveva mai smesso di rigirarsi tra le mani. Si fermò sul volto serio di Oda, accarezzandolo.

«Va da lui» Era il consiglio migliore che l’impiegato potesse offrirgli. Ci sarebbe voluto del tempo per ottenere il perdono del moro ma non si sarebbe arreso. Anche lui aveva fatto una promessa a Oda, avrebbe vegliato sul loro comune amico, a qualunque costo.


 

***
 

 

Dazai giunse in quel cimitero scortato da una delle auto che Ango aveva messo a sua disposizione. Aveva avuto il tempo di farsi una doccia prima di decidersi ad andare. Il sole stava tramontando e in lontananza si poteva vedere l’oceano. L’ex dirigente prese un profondo respiro inalando l’aria salmastra. Quel luogo trasmetteva uno strano senso di quiete, pensò che a Odasaku sarebbe piaciuto. La lapide dell’amico non fu difficile da trovare, era una delle più recenti e il terreno ai suoi piedi era ancora smosso.

«Scusa il ritardo Odasaku» Fu tutto ciò che disse appoggiando la propria schiena contro la lapide. Sentiva improvvisamente il bisogno di azzerare qualsiasi distanza ci fosse tra di loro.

«Non ho intenzione di arrendermi. So che tu saresti contrario a tutto questo, mi diresti di lasciar perdere, di accettarlo ma non posso. Te ne sei andato troppo presto. Ero io quello che sarebbe dovuto morire. Come hai potuto andartene prima di me? Ti odio davvero tanto»

Accarezzò la fredda pietra.

«Se tu non mi avessi detto nulla, quel giorno avrei preso una delle tue pistole e ti avrei seguito. Ma l’hai fatto anche per quello vero? Perché sapevi che eri tu la ragione che mi teneva ancorato alla vita. Così ora devo diventare un uomo migliore. Dannazione Odasaku.»

Diede un leggero pugno contro la lapide. «Hai sempre cercato di proteggermi. Ma io non sono uno dei tuoi orfani. Non lo sono mai stato. Non avevo bisogno della salvezza, mi bastava camminare al tuo fianco. Sei stato un vero idiota Odasaku»

Solo allora notò i fiori ormai appassiti che doveva aver lasciato Ango. Si asciugò il volto con la manica del cappotto. Non si era accorto di essere scoppiato a piangere.

«Ango sta provando ad aiutarmi. Un giorno lo perdonerò ma ora è ancora troppo presto. Mi mancano le nostre serate, i nostri discorsi. Ora devo andare, se il mio piano funzionerà troverò una realtà in cui possiamo vivere felici, in caso contrario tornerò a trovarti»

 

 

***

 

 

«Dazai-kun sei sicuro di ciò che stai facendo?» domandò Ango sistemandosi gli occhiali;

«Se me lo domandi ancora potrei non rispondere delle mie azioni. Murray-san io sono pronto» e detto questo si mise ad urlare e gesticolare per attirare l’attenzione dell’altro impiegato governativo presente nella stanza.

«Dazai» ritentò cercando di mantenere la calma e il sangue freddo che da sempre lo contraddistinguevano;

«Se tutto va bene questi potrebbero essere i nostri ultimi momenti insieme potresti trattarmi meglio»

«Scusa, allora ti auguro buon viaggio» rispose dandogli una leggera pacca sulla spalla;

«Ora non sei sincero»

«Ho sempre avuto fiducia nelle tue capacità e lo sai» ma nemmeno tu puoi vincere questa battaglia contro il destino.

Sakaguchi Ango era stato messo in guardia dal proprio superiore. Nonostante l’Abilità di Murray sarebbe stato impossibile per Dazai salvare Oda Sakunosuke. L’ex dirigente era destinato a perderlo in ogni realtà. Ango aveva accettato quel compromesso, con la speranza, una volta concluso il tutto, di accogliere l’ex amico tra le proprie fila. Sapeva di aver giocato sporco e in un certo senso tradito nuovamente la sua fiducia.

Dazai doveva rassegnarsi alla perdita di Oda. Se non fosse intervenuto sarebbe stato capace di togliersi la vita. Ango lo sapeva, chiunque avesse avuto modo di conoscere il Demone Oscuro sarebbe arrivato alla sua stessa conclusione.

Lanciò un’ultima occhiata al moro intento a gesticolare a un terrorizzato Murray.

Quella sarebbe stata l’ultima volta si ripromise, in un modo o nell’altro Dazai avrebbe finito con il rinunciare. Avrebbe accettato il posto offerto da Taneda o comunque sarebbe riuscito a trovare un accordo soddisfacente per tutti.

Ango si sentì profondamente in colpa. Dazai si era affidato a lui non sapendo che avrebbe ricevuto l’ennesimo pugnale alla schiena. Poteva ripetersi quanto voleva che lo stava facendo per il bene del moro ma in realtà era solo l’egoismo a muovere i suoi passi.

Vedere Dazai sorridere in quel modo non fece altro che ricordargli chi in realtà fosse il proprio amico. Ango si era lasciato abbindolare dal suo dolore, che era certo fosse reale, nemmeno Dazai avrebbe potuto fingere così bene. Quel demone però possedeva molte facce, se il solo modo per proteggerlo sarebbe stato quello di mentigli non si sarebbe certo tirato indietro. Ango aveva scoperto di avere un particolare talento, avendo fatto il triplo gioco tra pericolose Organizzazioni criminali, gestire Dazai non sarebbe stato meno complicato.

«Noi siamo pronti Ango-san» lo avvisò la voce di Murray strappandolo dai propri pensieri. Vide Dazai salutarlo con la mano, era chiaro che lo stesse solo prendendo in giro. Fece il possibile per ignorarlo;

«Procedete» un secondo dopo Dazai sparì dalla sua vista.

 

 

***


 

Ormai si era abituato alla sensazione che l’Abilità di Murray gli provocava. Eppure ogni salto in una nuova realtà aveva un qualche cosa di diverso dal precedente.

Quando riaprì gli occhi l’ex mafioso non si stupì di trovarsi in un posto sconosciuto. Anzi, aveva già dormito su un divano simile, ma al momento non riusciva a collegare nulla. Si sentiva stranamente stanco nonostante avesse goduto di una notte intera di riposo, che per lui equivaleva a poco più di cinque ore. Si stiracchiò come un gatto pronto ad affrontare qualsiasi imprevisto quando il suo stomaco prese a brontolare. Si era completamente dimenticato di fare colazione.

Adocchiò un frigorifero ed una macchina per il caffè. Si versò un tazza fumante ma fece solo in tempo a prenderne un sorso che la bevanda finì con l’andargli di traverso. Dazai aveva distrattamente notato il calendario attaccato al mobile della piccola cucina.

Doveva esserci un errore.

Recuperò dalla tasca dei propri pantaloni il cellulare, almeno quello non era cambiato, era lo stesso modello che ricordava. Lesse la data sullo schermo.

Ora non aveva alcun dubbio.

Si trovava quattro anni nel futuro.

Cosa voleva dire? Ma soprattutto Odasaku sarebbe stato ancora vivo da lì a quattro anni?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice: non sono morta, sono solo lentissima ad aggiornare. Mi scuso per i miei tempi biblici, con l’estate cercherò di postare con più frequenza (ho altri due capitoli pronti da rivedere e non manca molto alla fine della storia). Devo imparare a non lasciarmi distrarre da cose varie ed eventuali. Ringrazio chi continua a leggere/seguire/recensire mi date la forza di andare avanti <3

  
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