Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: LondonRiver16    05/06/2022    0 recensioni
“Ho solo cercato di proteggere delle vite innocenti, quel giorno” fremetti, ancora nudo dalla cintola in su, ancora scosso per una punizione che ormai mi era entrata sottopelle e sarebbe sempre stata parte di me. “Un amore.”
La sua esitazione durò solo un battito di ciglia.
“Erano le vite sbagliate. Un amore sbagliato” decretò lapidario. “Tu fai parte di una famiglia privilegiata, Arlen. Questo comporta sacrifici. Comporta non poter scegliere chi amare. Ti rendi conto di quanto sia grave ciò che è successo? Questo tipo di scosse politiche può risolversi in un’onda come in un maremoto. Se vogliamo che l’Accademia e assieme a lei l’intero Continente rimanga stabile, questi errori da principianti non possono e non devono essere commessi. Un abbaglio può costarci ogni cosa.”
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

VI. L’eco di una melodia senza significato



Sia io che i miei fratelli conoscevamo Martha dalla più tenera età, ma Devin le era più vicino, lo era da sempre.

Dato che lei era nata solo qualche mese dopo di noi, avevamo iniziato a caracollare e a giocare tutti e quattro assieme nel prato retrostante il maniero ad appena due anni, due anni e mezzo. Grata di poter approfittare della sorveglianza di qualche altro adulto, in quel periodo la madre di Martha ne approfittava per svolgere le mansioni domestiche che le competevano a mente leggera, sapendo che occhi attenti controllavano anche sua figlia.

Ma solo Devin, tra noi fratelli, si era sempre curato di aspettare pazientemente i passetti incerti di Martha e di aiutarla a rialzarsi quando le capitava di fare un capitombolo. A quei tempi nostra madre e le nostre balie avevano riso beatamente di quell’abitudine così bizzarra per il carattere di Devin, definendolo un piccolo gentiluomo. Ma allora la ruota degli eventi aveva appena cominciato a girare e ognuno si permise di ignorarla.

Negli anni seguenti, mentre noi tre eredi crescevamo ai ritmi di un addestramento che definiva con sempre maggiore accuratezza i contorni della nostra esistenza privilegiata, Martha assunse colori e comportamenti sempre più simili a quelli di qualsiasi altro membro del personale di servizio, col risultato che io e Kenneth presto capimmo l’antifona e ci allontanammo da lei, ponendo fra di noi il doveroso distacco che giace tra ogni nobile e la servitù. Devin, al contrario, ignorò ogni cambiamento e rimase fedele al suo ruolo di bastian contrario.

Ogni volta che poteva, trascorreva del tempo con Martha. Se la svignava dalle lezioni che considerava più noiose non appena l’insegnante girava le spalle, per portarle un fiore, farla ridere e osservarla portarsi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio al suono delle sue lusinghe – prima di venire trascinato nuovamente tra noi dal maestro di turno, che ne approfittava per tirargli le orecchie a dovere. Se al momento della fuga lei era impegnata in uno dei compiti che i genitori le delegavano fin dalla prima infanzia, lui mollava tutto e la sostituiva per risparmiarle tutta la fatica che poteva.

Una volta, la primavera successiva al compimento dei nostri sei anni, Devin si volatilizzò prima di colazione. Quando nostra madre entrò nella nostra stanza per svegliarci, quel mattino, trovò soltanto me e Kenneth. Con il cuore in gola, corse a comunicare la scomparsa di Devin alle guardie e a suo marito, cosicché per un po’ un trambusto allarmato riecheggiò tra le camere e nei corridoi, per poi espandersi oltre le mura del maniero. Quasi metà cittadella era già stata mobilitata per le ricerche quando l’uomo che si occupava dei nostri animali da cortile e della pulizia delle stalle si presentò sulla porta della sala dove consumavamo i pasti con un’espressione imbarazzata in volto e per mano mio fratello, tutto imbronciato, che lo seguiva di malavoglia.

“Devin, dove eri finito?” pretese di sapere lord Morven, accigliato, dopo che nostra madre fu corsa a stringere a sé il figlio.

“Dalle galline” rispose il bambino senza esitare, come se fosse ovvio.

Nostro padre si portò una mano alla fronte per massaggiarsela e incitarsi alla pazienza. Lo spavento che si era preso, unito alla prospettiva delle urla con cui avrebbe freddato la guardia dell’ingresso che si era lasciata sgusciare sotto il naso suo figlio, minacciavano di condurre rapidamente a un’emicrania.

E perché, se è dato saperlo, sei andato nell’ovile? Quando fuori faceva ancora buio, peraltro. Sai che non ti è permesso uscire da solo, men che meno di notte.”

“Ma Martha aveva bisogno di aiuto!”

Lord Morven si accigliò e cercò gli occhi della moglie.

“Chi è Martha?”

“È mia figlia, mio signore” intervenne a quel punto il servitore che aveva riportato Devin a casa, torcendosi il cappello di feltro tra le mani. “Chiedo perdono per il disagio che abbiamo creato a voi e alla vostra famiglia. Martha è solo una bambina, ma è sincera e mi ha assicurato di non aver chiesto nulla al signorino...”

“Tu e la bambina non avete nessuna colpa” lo rassicurò lord Morven, prima di spostare l’attenzione su Devin e lanciargli un’occhiataccia severa. “Mi sembra evidente che sia stato mio figlio a infilarsi in questa situazione e a farci stare in ansia.”

Devin diventò rosso in faccia e prese un gran respiro prima di dare aria a tutta la sua indignazione.

Li ho visti dalla finestra. Suo fratello l’ha lasciata sola con le uova e se è da sola le uova sono troppe e le cadono tutte per terra! Dovete dire a quel tipo di fare meno il pigro e aiutarla tutti i giorni, sempre, perché io a volte non posso!”

Dopo una tale risposta, nessuno se la sentì di rimproverarlo granché. Nostro padre si fece promettere che non si sarebbe allontanato mai più in quel modo, facendo angustiare tutti quanti, e la storia fu messa via da entrambe le famiglie come un aneddoto che in futuro sarebbe stato divertente da raccontare. Allora, Devin e Martha erano ancora troppo giovani perché il loro legame destasse preoccupazione. Senza dubbio i nostri genitori pensarono che Devin avrebbe messo la giusta distanza tra se stesso e quella ragazzina nel momento in cui avesse capito il concetto di status sociale.

Ma non accadde. Altri anni passarono e Devin non accennò neppure a prendere quella via, malgrado le differenze tra il suo ceto e quello di Martha gli risultassero più chiare di giorno in giorno. Se capitava di chiedersi dove fosse finito Devin, otto volte su dieci lo si trovava dovunque fosse Martha. Se aveva del tempo, lo dedicava a lei. Se glielo si chiedeva, lei era la sua migliore amica. La sua persona. Il fatto che spinse al culmine l’inquietudine delle nostre famiglie a riguardo e che li costrinse a cominciare a vedersi in segreto accadde quando avevamo tredici anni.

Tredici anni non fu solo un’età difficile di per sé, ma fu anche l’età che avevamo quando nostro padre siglò definitivamente gli accordi relativi ai futuri matrimoni politici di tutti e tre e, di conseguenza, anche l’età in cui cominciò a prestare maggiore attenzione a come percepivamo il nostro ruolo e agivamo, più o meno coscienti delle conseguenze. Fu anche l’età che aveva Devin quando, un mattino di inizio estate, scelse di dimenticare i suoi doveri e saltare gli allenamenti per sottrarre il proprio cavallo dalle stalle, convincere Martha a salire in sella con lui e cavalcare lungo i sentieri che conducevano ai pascoli in quota.

In base a c che venni a sapere più avanti, trascorsero la giornata all’aria aperta, nei prati ancora al limite massimo della fioritura, raccontandosi storie e sogni, ridendo, mangiando il pane che Devin aveva sottratto dalle cucine e i frutti di bosco che Martha raccolse. Godettero della natura, della compagnia l’uno dell’altra e di quello squarcio vertiginoso di libertà di cui non avevano mai vissuto l’ebbrezza. Forse vi fu un primo bacio, forse no. Forse era già capitato, in passato, e quel giorno fu soltanto una dolce conferma. Oppure perfino allora si limitarono a guardarsi negli occhi più a lungo di quanto fosse considerato accettabile e a chiedersi che cosa fosse esattamente, quel pizzicore che li spingeva l’uno verso l’altra in una maniera così diversa rispetto a quando erano piccoli.

Comunque andò, il sole calò anche su quel giorno speciale e i due dovettero farsi forza e tornare a casa. Ad attenderli c’erano lord Morven, livido in volto, e Tomas, il padre di Martha, terrorizzato all’idea di cosa sarebbe potuto accadere alla figlia a causa dell’infausta decisione di seguire uno dei giovani signori, quel mattino.

Non appena scese da cavallo, Devin si buscò un manrovescio tale da mandarlo a sbattere contro il fianco dell’animale. Lo so perché ero presente allo scoppio d’ira di nostro padre. Dopo essere stato il primo ad avvistare la cavalcatura che scendeva dalla cima delle colline, ero rimasto impietrito nel cortile a osservare il ritorno di mio fratello e, subito dopo l’intervento di nostro padre, ne udii il gemito di dolore. Lord Morven non aveva alcun dubbio riguardo alle colpe di suo figlio. Se Tomas se ne fosse reso conto, avrebbe smesso di preoccuparsi per Martha, almeno per quel giorno.

Senza una parola, nostro padre aiutò Martha a scendere da cavallo. Quando la sentì tremare sotto il suo tocco, cercò di tranquillizzare la ragazzina con una carezza sulla testa e serio, a voce bassa, invitò sia lei che suo padre a raggiungerlo nella Sala delle Decisioni il prima possibile, una volta che la bambina avesse mangiato, si fosse scaldata e avesse indossato degli abiti puliti. Quando Tomas e Martha si allontanarono per fare quanto concesso, Devin venne trascinato dal comandante dell’Accademia in persona fino alla cella d’isolamento che lo avrebbe ospitato per un paio d’ore. Quando finalmente una delle guardie andò a prelevarlo e da lì e lo condusse fino alla Sala delle Decisioni, io e Kenneth li seguimmo senza farci notare. Una volta allontanatasi la guardia, ci accucciammo con circospezione davanti alla porta chiusa, vi accostammo un orecchio e rimanemmo in ascolto come due pettegole incallite.

Dov’è Martha?” domandò Devin all’istante, febbrile.

Non doveva aver fatto più di due passi oltre l’entrata prima di tornare a gettare nella mischia la propria insolenza, ma suo padre si sforzò di aspettare a prenderla in considerazione e, seduto com’era in fondo alla stanza, offrì al figlio una sedia, spingendola con il piede da sotto il tavolo.

Siediti.”

Lo sguardo di Devin indugiò per un momento sulla sedia, ma un attimo dopo i suoi occhi corsero di nuovo a quelli di suo padre, il corpo immobile se non fosse stato per i pugni chiusi che fremevano, abbandonati lungo i fianchi.

Che cosa le avete fatto?”

Non le ho fatto niente, ragazzino. Lei e suo padre sono venuti ad ascoltare ciò che avevo da dire riguardo a quanto accaduto oggi, i miei consigli spassionati per il futuro, e poi se ne sono tornati nei loro alloggi. Dopo una giornata simile, mi auguro che quella bambina sia andata a dormire. Ora siediti” ripeté infine lord Morven, calcando sulle ultime tre sillabe per rendere palese che la sua pazienza in merito era al limite.

Se Devin finalmente obbedì, fu più che altro perché aveva bisogno di più dettagli. Marciò rapidamente fino alla sedia e ci si piantò sopra con l’espressione di chi avrebbe preferito tagliarsi via un dito.

Non l’avete punita?” incalzò poi, ansioso di ricevere smentite più precise.

No.”

Punirete suo padre?”

No.”

Di fronte all’imperturbabilità del comandante supremo dell’Accademia in merito a un argomento che credeva lo avrebbe mandato in bestia, Devin aggrottò le sopracciglia.

Perché?” domandò ancora, più cauto, come se temesse che ogni approfondimento avrebbe potuto accendere la miccia.

Suo padre abbandonò lo schienale della sedia assieme all’impeccabile compostezza mantenuta fino ad allora per portarsi in avanti col busto, appoggiare gli avambracci sul legno levigato della tavola e intrecciare le dita delle mani per unirle.

“Perché so che la scampagnata di oggi è stata una tua idea. Lei non me l’ha detto, ovviamente. Ti ha protetto, come pensavo avrebbe fatto, ma non importa. Io ti conosco abbastanza da poterne essere sicuro. So chi punire e provvederò, stanne certo. Da domani ti aspetta una settimana di allenamenti notturni supplementari con il sottoscritto. Non sei più un bambino, Devin, non intendo lasciare che tu ti convinca di poter…”

Non mi importa di venire punito” lo interruppe il figlio a denti stretti.

Probabilmente è perché non ho finito di esporti i provvedimenti che intendo prendere” replicò suo padre, indurendo lo sguardo. Tu e quella ragazzina… da questo momento in poi vi è proibito frequentarvi.”

Suo malgrado, la morte del disinteresse di Devin fu evidente. Pur non spiccicando parola per non svendere il proprio panico, il ragazzino impallidì, ma suo padre rincarò la dose per non lasciare alcun dubbio.

Non potrete più vedervi né rivolgervi la parola. D’ora in poi rispetterete le regole nella maniera più rigida. Lei si comporterà da domestica anche con te, come fa con tutti noi, e tu ti comporterai in modo consono alla tua posizione sociale, come dovrebbe fare ognuno dei miei figli. O gli Dei mi siano testimoni, ci saranno conseguenze severe per entrambi.”

L’uomo aveva parlato abbastanza a lungo perché Devin ritrovasse le fila dell’ostinazione che lo fece adombrare di nuovo di colpo, spazzando via ogni rimasuglio di terrore.

Non mi importa quello che direte o farete. Io Martha me la sposo.”

Per lord Morven, che pur si era lasciato convincere dalla moglie a fare del suo meglio per mantenersi pacato e ragionevole nel districare tutti gli inutili e dispendiosi nodi con cui Devin aveva reso insormontabile quella giornata, quella fu l’ultima goccia. Batté un pugno sul legno della tavola e si erse in piedi con uno scatto, riuscendo a intimorire Devin quel tanto da farlo arretrare con la schiena fino a imitare un soldato sull’attenti.

Sai che cosa le stai facendo rischiare? Sai a quale destino la stai condannando, col tuo interesse nei suoi confronti? Sai cosa succederebbe se una domestica come lei dovesse rimanere incinta a causa tua? Conosci le leggi che ci governano, in materia?” lo interrogò a bruciapelo, col volto accaldato dalla collera. Forse, se lo sapessi e se davvero ti importasse di lei, faresti del tuo meglio per allontanarla da te e smettere di illuderla, il prima possibile. Ci sarà l’esilio per lei, nel caso in cui accadesse di nuovo quello che è successo oggi. Esilio che si estenderà a tutta la sua famiglia, se si opporranno. E se dovesse rimanere incinta, allora, lo sai cosa le accadrebbe? È prevista la pena di morte, senza attendere la data del parto. Dimmi, la vuoi vedere morire a causa tua? Mi vuoi davvero sfidare fino a quel limite? Sei davvero egoista a tal punto?”

Investito da quel fiume di minacce, il tredicenne tacque solo per qualche secondo – sembrò quasi prendersi il tempo di studiare gli effetti dell’ira sul volto tirato di suo padre – prima di deglutire a fatica.

“Abbiamo delle leggi barbariche” commentò poi a mezza voce, con la gola secca e le energie per ribellarsi che andavano esaurendosi.

Le spalle gli si incurvarono, il suo sguardo scivolò a terra e il suo atteggiamento sconsolato, pur non smuovendo suo padre dalle proprie posizioni, lo indusse a concedergli del tempo e qualche spiegazione in più. Sospirando, lord Morven tornò a prendere posto a capotavola e per calmarsi richiamò alla mente le parole che Esyld gli aveva rivolto solo poche ore prima, quando uno degli istruttori dei ragazzi era venuto a comunicargli dell’assenza di Devin e lo stalliere aveva cominciato a cercare sua figlia in ogni dove.

Ha tredici anni, Morven. È un ragazzino invaghito di una coetanea. Chiarisci le cose, perché è vero che ha l’età giusta per comprenderle. Ma senza mangiartelo vivo, o rischierai di ottenere il risultato opposto.

“Che cosa credi tenga in piedi lAccademia?”

Lo stupore di Devin a quella domanda posta con tono tranquillo venne riassorbito quasi subito dal suo tentativo di fornire una risposta sensata.

“La forza e il coraggio di cavalieri e soldatiaffermò il ragazzino dopo pochi istanti. Stava cercando di vendere bene la propria teoria, aveva di nuovo la schiena dritta e gli occhi vigili.I loro sacrifici.”

Suo padre fece una smorfia che stava a significare sia sì che no.

“Questi aspetti sono fondamentali, non c’è dubbio. Ma solo una volta che uno li ha, i soldati” gli fece notare. “Chi ci affida le persone che noi trasformiamo in guerrieri?”

Questa volta Devin non ebbe alcuna perplessità.

I Regni.”

“Esatto. E perché lo fanno?”

C’è l’Accordo dell’Alleanza. Quello firmato dagli antenati di tutti.”

Tutto qui?” lo spronò lord Morven. “Un pezzo di carta con le firme di gente morta da secoli?”

No” lo accontentò Devin, udendo nella propria mente l’eco di lezioni ripetute decine e decine di volte, dato che quelle nozioni stavano alla base della società in cui era cresciuto e viveva. In cambio del loro appoggio…”

“Appoggio economico.”

Sì. In cambio del loro appoggio economico, l’Accademia si impegna a proteggere i Regni. Fornisce loro soldati regolari ed eserciti in caso di attacchi esterni.”

“Corretto. Saresti d’accordo se dicessi che questo patto conviene a entrambi, Regni e Accademia?”

Certo” ribatté Devin, quasi offeso da una tale domanda, chiaramente retorica. “Senza, i Regni rimarrebbero indifesi e l’Accademia resterebbe a secco di risorse. Andrebbe tutto a catafascio.”

Morven storse la bocca quando sentì quell’interpretazione, ma proseguì senza correggere il figlio pur di arrivare rapidamente al punto.

Di nuovo corretto, almeno nei contenuti. E noi come coltiviamo la fiducia dei Regni? La sola esistenza dell’Accordo non è sufficiente. Nessun governante si fiderà mai di un comandante dell’Accademia che non sia pronto a rinnovare le promesse scritte in quel patto mettendo in campo quanto ha di più prezioso. E ciò vale anche per noi nei loro confronti, com’è ovvio” si dilungò, consapevole che ci sarebbe voluto più di una semplice domanda diretta per cavare di bocca a suo figlio qualcosa che il ragazzino non aveva la minima voglia di considerare e riconoscere. “So che sai di che cosa parlo. Dillo.”

Il tredicenne si morse con forza la lingua finché poté, ma lo sguardo fisso di suo padre lo costrinse a capitolare dopo qualche altro secondo.

I figli” borbottò, a dir poco scontento. “Ognuno offre i propri figli per rinnovare la promessa.”

“I matrimoni non si limitano a rinforzare l’Alleanza, Devin: sono l’elemento principe che la tiene in vita” chiarì lord Morven, categorico. “È per questo che abbiamo le leggi che tu definisci barbariche. Io, come i miei predecessori prima di me, non posso lasciare che uno dei miei figli, oltre a condannarsi a una vita miserabile, attenti alle fondamenta di una struttura che sta in piedi e prospera da secoli solo per rincorrere le gonne di una contadinella. Per questo, se insisterai su questa strada, non potrò farmi scrupoli riguardo a quella ragazzina. Acconsentire a che vi frequentiate e correre il rischio che questa faccenda arrivi alle sue inevitabili conseguenze è un lusso che, in quanto persona a capo di questa Accademia, non posso permettermi.”

Devin lo ascoltò con attenzione, ma poi incrociò le braccia sul petto, resistendo.

“Avete altri due figli da accasare e una figlia da maritare, oltre a me. Le loro nozze non sarebbero sufficienti, per voi e i Regni, come prove di fedeltà?”

Devin, ti avviso” sibilò suo padre a quel suo ennesimo tentativo di svincolarsi dalle proprie responsabilità. “Non riceverai altri avvertimenti dopo quello di oggi.”

Devin lasciò sedimentare quella minaccia rimasta sospesa nell’aria, quindi esalò in un colpo tutta l’aria che aveva trattenuto nei polmoni dopo la sua ultima provocazione e si affossò nuovamente, un poco più di prima, accartocciandosi come un rametto bruciacchiato sullo schienale della sedia.

“Martha sa… sa di tutto questo? Sa che cosa le accadrebbe…?”

“Ne ho parlato a lei e a suo padre nei termini più chiari possibili, pur cercando di non spaventarla. Ora è informata, così come lo sei tu.”

Morven continuò a osservare il giovane figlio, lui e i suoi occhi improvvisamente bassi, intenti a rifugiarsi sul pavimento. Quando udì le parole successive uscire dalla bocca di Devin, unite a uno scoramento assoluto, quasi non volle crederci.

Sia fatto il vostro volere, padre. Non la sfiorerò più neanche con uno sguardo.”

Evidentemente, non era durata.



Morsi alle caviglie da un silenzio insostenibile, io e Devin lasciammo le stalle e il loro tanfo per avviarci a passo lento attraverso i campi illuminati dal chiarore etereo della luna e sferzati dall’impietoso vento serale che annunciava una bufera. Nessuno dei due aveva fretta di varcare la soglia di casa per dover spiegare a nostro padre perché non ci eravamo presentati a cena.

Con le orecchie che mi fischiavano, osservavo Devin mentre annegava nelle sue ansie senza emettere un singolo verso di protesta, troppo impegnato a intrattenermi con la falsa immagine che voleva dare di se stesso, assorta ma tranquilla, per rendersi conto di quanto io fossi preoccupato.

Devin?”

Hm.”

Per quanto riguarda la tua fuga di oggi, non serve che affronti nostro padre da solo un’altra volta. So bene che non avevi la minima intenzione di farmi del male.”

Ti ho già detto che non voglio parlare di nostro padre” decretò però mio fratello, secco.

Il coraggio di riprendere la conversazione risorse in me solo quando scorsi in lontananza le luci alle finestre del nostro maniero e l’andatura rallentò ulteriormente.

“La ami? Martha.”

Un fruscio di stoffa.

Ho bisogno di lei. E lei ha bisogno di me, come hai potuto vedere.”

Non mi hai risposto, ti pare?”

Amore è una parola troppo difficile per me, Arlen, anche solo da pensare” sospirò allora mio fratello, pigiandosi le mani nelle tasche. “Non conosco l’amore di mio padre e ho avuto pochi, preziosi assaggi di quello di nostra madre, molte volte spinta dalla pietà più che da un sentimento reale.”

Non hai il diritto di dire certe cose.”

Cosa? Io non avrei il diritto?” proruppe, arrestandosi di colpo per gettarmi un’occhiata di disprezzo. “Forse tu non te ne sei mai reso conto, ma è così che funzionano le cose sin da quando eravamo bambini. Anche allora io e Kenneth lottavamo e ci ferivamo, qualche volta, e la stessa cosa vale per te, che ai tempi intervenivi di gran carriera per fermarci. E come si completava, puntualmente, il quadro della giornata? Nostra madre medicava tutti quanti, ma poi teneva in braccio Kenneth per tutta la sera. Tu correvi difilato da nostro padre, dove sapevi di poter trovare approvazione e conforto. Ma io restavo solo, Arlen” Riprese a camminare. “Sono solo da quando serbo memoria.”

Gli corsi dietro, ma non trovai le parole adatte a fermare quello che mi pareva uno sproloquio senza capo né coda.

Non so cosa sia l’amore in nessuna sua forma, quindi come credi che possa risponderti? Martha è bella, gentile, più dolce del miele, ma l’amore… mi pare una parola così effimera, senza definizione alcuna. So che con lei sto bene da sempre e questo mi basta, per ora.”

“E come farai con lei in futuro? Ciò che intendo è… per quello che ne sappiamo, potrebbero mancare anche solo pochi mesi alle nozze di tutti noi. Dipende soltanto da nostro padre e dalle questioni politiche che governano le sue decisioni in materia. Come farai con Martha quando quel momento arriverà?”

Mi stupii nel vederlo sorridere nella penombra.

“Mesi. Arlen, non sai quanto quel futuro mi appaia lontano.”

Ma non lo è, Devin, e quella ragazza…”

Che ti piaccia o no, fratello, io continuerò a vederla finché vorrò, finché smetterò di sentirmi bene quando sto assieme a lei. Per il momento nostro padre non ha ancora annunciato nulla di preciso, malgrado si sia permesso di fare accordi per i matrimoni di tutti noi non appena abbiamo superato l’infanzia, quindi non vedo il motivo di preoccuparsi ora per un problema che ancora non esiste.”

“Permesso?” fu il mio turno di esclamare, sbigottito. “Devin, è la tradizione, è così che funziona! Anche nostra madre venne scelta da nostro nonno e non da nostro padre, lo hai dimenticato?”

I Primogeniti nascono per rispettare le tradizioni, Arlen, mentre i figli minori altro non sono che l’inutile eco di una melodia senza significato. Farò i miei conti con i rituali barbari della nostra famiglia quando non potrò più evitarlo.”

Se non ribattei ancora fu solo perché ormai eravamo molto vicini a casa e non volevo rischiare che qualcuno udisse quei discorsi, fosse stato anche l’ultimo dei servitori. Credevo che Devin fosse già abbastanza nei guai così com’era. Per questo fui il primo a sorprendermi quando sia io che mio fratello riuscimmo ad attraversare il portone e il corridoio d’ingresso del maniero senza che nessuna delle guardie ci fermasse per condurre almeno lui da nostro padre.

Una volta che avemmo salito le scale a chiocciola e raggiunto la nostra stanza, fui certo che ci fosse qualcosa che non tornava. In circostanze normali, dopo una scenata simile a quella di cui Devin era stato il protagonista quel mattino, nostro padre non lo avrebbe lasciato andare a letto prima di una discussione faccia a faccia che ristabilisse l’ordine e chiudesse il discorso. E invece niente. Dei nostri genitori non pareva esserci traccia in tutta l’estensione dei nostri appartamenti, mentre scoprimmo che la nostra stanza ospitava sia Kenneth che Cora. Dato che era ancora presto per andare a letto, erano seduti sul pavimento uno di fronte all’altro, con una scacchiera pieghevole e portatile aperta tra loro, impegnati in una partita a scacchi.

Al nostro arrivo, Cora s’illuminò in viso e saltò in piedi per correre ad abbracciare Devin all’altezza della vita. Era già avvolta da una morbida camicia da notte di velluto color porpora che le sfiorava le caviglie, pronta per andare a dormire.

“Temevo non sareste riusciti a tornare prima che cominciasse a piovere” ci confessò, preoccupata, mentre Devin le carezzava il capo con affetto malgrado la durezza dei discorsi che avevamo appena abbandonato sulla soglia.

Kenneth, invece, non mancò di notare il nostro stupore, anche se di sottecchi. Era il suo turno di muovere e stava studiando la posizione delle pedine bianche di Cora per decidere da che lato sbilanciarsi.

“Non c’erano nemmeno a cena” ci informò, neutro. Con pollice e indice si decise a muovere una delle sue torri in avanti, poi, solo allora, si fece cadere le mani in grembo e alzò lo sguardo su di noi. I nostri genitori, intendo. Non so dove siano, io e Cora abbiamo mangiato da soli. Mi sa tanto che stasera la scampi, Dev. Tirata d’orecchi rimandata a domani.”

Devin fu sul punto di rispondere a tono al suo sorriso canzonatorio, ma proprio in quel momento Cora gli tirò la manica con evidente entusiasmo.

Dato che nostro padre non c’era, Kenneth ne ha approfittato per sgraffignare qualcosa per voi. Sarete affamati.”

Sul tavolo di legno grezzo accanto all’armadio erano appoggiate una ciotola contenente cinque o sei uova sode private del guscio, delle carote cotte e una grossa pagnotta dall’aspetto fragrante. Di fronte a quel dono, perfino Devin dovette rassegnarsi a chiudere la bocca, se non per ringraziare Kenneth a mezza voce. Mangiammo avidamente, osservando lo svolgimento dello scontro tra le pedine bianche di Cora e quelle nere di Kenneth e dando occasionali consigli ai due giocatori. Una volta che nostra sorella ebbe inflitto un impietoso scacco matto a Kenneth, diede un bacio sulla guancia di ognuno di noi per augurarci la buonanotte prima di ritirarsi nella sua stanza accompagnata dallo scalpiccio dei suoi piedi nudi sulla pietra fredda. Se qualcuno la avesse vista, il giorno dopo Devin non sarebbe stato l’unico a beccarsi una lavata di capo.

Mi distesi sul mio giaciglio e non ebbi nemmeno il tempo di ripensare a tutto ciò che aveva reso quella giornata memorabile. La stanchezza ebbe la meglio in meno di un minuto, col risultato che caddi addormentato con l’assurda convinzione che l’indomani non avrebbe mai potuto essere foriero di notizie altrettanto impegnative.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: LondonRiver16