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Autore: Pol1709    06/06/2022    2 recensioni
Ben ritrovati! Con questa storia si conclude il ciclo iniziato con "Il Cavaliere e la Strega" e proseguito con "La pietra della collana". Gli avvenimento sono ambientati ai giorni nostri (per ragioni di scorrevolezza della trama non ho considerato la pandemia Covid-19): Oscar verrà chiamata ad essere di nuovo un cavaliere e, con André al suo fianco, affronterà un'ultima battaglia per se stessa e per un mondo antico e dimenticato. Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Erano di fronte a lei. Ma non la vedevano. Non li vedevano. Eppure quegli esseri dalle lunghe chiome bionde, dal volto dipinto a strisce nere, montati su cavalli che portavano teschi umani sulle selle; erano proprio si fronte a loro e non li vedevano. La figura nera inginocchiata di fronte se ne stava immobile, con la testa leggermente inclinata in avanti. Uno degli esseri a cavallo si piegò in avanti e fiutò l’aria come un animale. Brandì la sua ascia, alzò il braccio e, a quel segnale, lui e gli altri se ne andarono.
Non li avevano visti e se ne erano andati, erano salvi. La figura nera ondeggiò e poi cadde di lato. Andò subito accanto a lei e la prese tra le braccia, poi guardò il suo compagno chiedendosi cosa fare.
 
Oscar si svegliò e vide un punto bianco di fronte a sé. Sbatté le palpebre, il punto sparì improvvisamente e vide un soffitto in legno intarsiato. Aggrottò la fronte e si accorse di essere stesa, ma non a terra. Si sollevò sui gomiti e sentì un morbido materasso sotto il suo corpo. Si guardò attorno e vide la stanza: una bella stanza, si disse, in cui anche le pareti erano rivestite in legname che, almeno ad occhio, era sicuramente pregiato. Si alzò lentamente e rimase in piedi. Mosse piano il collo sentendo scricchiolare paurosamente le vertebre e cercò di ricordare. Aveva cercato di lasciare furiosa lo studio di Fersen ed era stata letteralmente rapita, come Andrew. Si chiese dove fosse: lo aveva visto solo di sfuggita dopo l’incidente. Ma, alla luce di dove si trovava, era stato per davvero un incidente? Un’automobile che colpiva quella davanti alla loro nel traffico caotico di Londra era possibile, ma due era poco probabile. Diede una rapida occhiata alla finestra, si avvicinò e vide solo una coltre bianca: “Maledetta nebbia inglese!” pensò. Ripercorse la stanza, appoggiò la mano sulla maniglia della porta e, sorprendentemente, la trovò aperta.
Uscì guardinga su un soppalco e si avvicinò ad una scala che scendeva. Trasalì vedendo in fondo un uomo in livrea blu che alzò la testa a guardarla e sorrise amabilmente – Miss de Jarjayes! E’ un piacere vedere che state bene! Ma prego, siete attesa – disse facendosi da parte e aprendo un braccio.
Oscar deglutì e lentamente scese. Quando fu di fronte all’uomo lo guardò negli occhi – Andrew…Il dottor Great…Dove…Dove si trova? E’ qui con noi? Sta bene? –
L’altro strinse le labbra in un sorriso benevolo – Sta bene, non vi dovete preoccupare. Abbiamo provveduto a liberare tutti e due, ma ora vi prego di entrare – disse indicando una grande porta ad arco a due battenti. Lei deglutì di nuovo – Da chi sono attesa! Pretendo di sapere da chi siamo stati liberati e perché –
L’uomo sospirò – Non posso rispondervi, Miss de Jarjayes, non è compito mio – disse e indicò di nuovo la porta. Lei serrò le mascelle e spinse le ante. Si trovò dentro una grande sala, con il soffitto alto e con travi e capriate in legno a vista. Rispetto al resto dell’edificio sembrava una zona più grezza e, in effetti, le pareti non erano perlinate, ma rivestite in pietra, o finta pietra, si disse e spoglie, come quelle di un antico castello. Ma in fondo, al posto di un trono, c’era una grande e moderna scrivania con dietro uno scranno in legno. Di lato osservò una teca in vetro contenente un mezzo busto la cui faccia era priva di occhi, bocca e naso. Si avvicinò e notò sul capo del manichino un cerchio di metallo, sembrava una  sorta di corona che, sulla fronte si allargava a formare il simbolo della croce celtica racchiuso in un cerchio. Aggrottò la fronte e guardò la scrivania. Rimase senza fiato nel vedere la valigetta che conteneva il libretto della sua antenata adagiata semplicemente sul tavolo. Corse verso di lei e l’aprì concitatamente. Sospirò di sollievo nel vedere il piccolo volume ancora appoggiato sul velluto color porpora e allungò una mano per accarezzarlo. Pensò ancora ad Andrew: dove si trovava in quel momento lui? E, proprio in quell’istante, sentì un rumore dietro di lei. Si girò e lo vide. Lui sorrise – Oscar…Finalmente! Quando mi sono svegliato in questo posto e non c’eri…Mi sono sentito…Stai bene? – disse piano avvicinandosi a lei.
Oscar strinse le labbra, gli andò incontro a passo veloce e lo abbracciò d’istinto. Lui rimase per un attimo interdetto e poi gli accarezzò le spalle: – Va tutto bene – sussurrò.
Lei si strinse in quell’abbraccio e poi, improvvisamente, come colta da un pensiero improvviso, aggrottò la fronte. Si divincolò velocemente dall’abbraccio e indietreggiò verso la scrivania. Chiuse la valigetta con uno scatto, la prese e la strinse al petto – Dove sono! Dove mi avete portata! –
Lui aggrottò la fronte – Ma…Cosa stai dicendo… -
Oscar strinse ancora di più a sé la valigetta – Tu mi hai fatto venire a Londra! Tu mi hai fatto entrare nel palazzo sede della società di quel…Quel pazzo maniaco parente di una SS…E adesso pretendo di parlare con il mio avvocato e con la polizia! –
Andrew fece un passo avanti verso di lei e alzò le mani – Oscar…Credimi…Anch’io sono sorpreso e arrabbiato quanto te! E non so dove ci troviamo…C’è solo quel maggiordomo fin troppo servizievole che mi ha mandato qui…In questa…Sala…Che sembra quella di un vecchio castello medioevale… -
Lei digrignò i denti – Non avvicinarti! –
 
I battenti della porta si aprirono di nuovo ed entrò una figura in abiti neri. Il maggiordomo chinò la testa e chiuse la porta lasciandoli da soli. Oscar socchiuse gli occhi: la persona che era appena entrata indossava abiti maschili neri, pantaloni e giacca, come i suoi lunghi e lisci capelli ed aveva una pelle bianca, candida, di un pallore innaturale.
La figura face qualche passo verso di loro e sorrise mostrando dei canini stranamente appuntiti – Perdonatemi di avervi fatto attendere. Purtroppo c’è la nebbia là fuori e la nebbia, come potete immaginare, fa brutti scherzi. Fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio. Tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire. Benvenuti nel mio castello! Io sono…Beh! Il mio nome è Morgan…Morgan Drakehead –
Andrew sbatté le palpebre – La Fata Morgana –
Morgan inarcò le sopracciglia – Strano accostamento…Vi ricordo qualcuno? –
Lui tentennò – Ecco…Un mio collega…Quando abbiamo udito il vostro nome, lo ha accostato all’antica lingua: Drakehead si pronuncia come Pendragon…Testa di drago…Morgan Pendragon e quindi…Morgana Pendragon…Il nome della Fata Morgana –
L’altra strinse le labbra e aggrottò la fronte, come se fosse rimasta delusa e poi guardò Oscar che ancora stringeva a sé la valigetta. Sorrise – E tu come stai mia cara amica? –
Oscar strinse le labbra – Amica? Voglio sapere immediatamente cosa sta succedendo e…Cosa…Ci facevi a Tintagel…E Adesso… Perché…La nebbia… -
Tutto intorno a lei iniziò a girare e a sbiadire. Le emozioni, fino a quel momento, erano state troppe. Si abbassò fino a mettere un ginocchio a terra e ansimò. Guardò Morgan e vide solo un’ombra nera offuscata. E perché mai sembrava che portasse qualcosa di lungo e stretto legato al fianco? Come se fosse una spada? E la sua giacca sembrava essersi allungata, come uno scuro mantello che la faceva somigliare ad una sorta di uccello: un grande e maestoso corvo nero. Sentì delle mani appoggiarsi delicatamente alle sue braccia. Alzò il viso e guardò gli occhi di Andrew. Lui sospirò – Fidati di me…Va tutto bene –
Lei singhiozzò e cercò di stringere la valigetta al petto, ma lui le mise una mano sulla spalla – Tienila pure tu – disse e si girò verso Morgan – E voi…Miss…Drakehead…Come…Come siamo finiti in questo posto? E che posto è questo? Ricordo solo che eravamo stati costretti dagli uomini di Fersen a salire nelle automobili e poi… –
La donna sorrise e si avvicinò a loro, andò dietro la scrivania e si sedette sullo scranno. Li guardò entrambi e poi sospirò – Siete stati liberati dai miei uomini. Come avete potuto vedere sono molto efficienti –
Andrew aggrottò la fronte – E come facevate a sapere che saremmo passati proprio in quel momento? –
Morgan incrociò le dita sul tavolo – Informazioni…Mister Great! Informazioni! Sono l’anima e il propulsore di ogni affare. Avere informazioni di prima mano è essenziale a certi livelli. Moltissime aziende investono ingenti capitali per avere informazioni, anche dalla concorrenza –
Oscar strinse le labbra e serrò le dita sui bordi della valigia fino a farsi diventare bianche le nocche – Dì piuttosto che avete qualcuno all’interno della Historical Research! –
L’altra sospirò – Lo posso anche dire…Ma ritengo che per voi sia stata una fortuna –
Andrew sbatté le palpebre e guardò prima Oscar e poi Morgan: - Con tutto il rispetto, Miss Drakehead, sembra invece che siamo finiti, come si usa dire, dalla padella nella classica brace, visto che anche qui siamo prigionieri, se non sbaglio –
La donna aggrottò la fronte – Voi non siete dei prigionieri! A me interessa che il volume in quella valigetta non finisca nelle mani delle persone sbagliate…A proposito: c’erano due rilevatori di posizione all’interno, uno l’abbiamo trovato facilmente, ma l’altro era nascosto molto meglio. Probabilmente il primo serviva come depistaggio. Un’azione intelligente, devo dire. Chi si occupa della sicurezza alla Historical Research ha sicuramente una preparazione militare –
Andrew sospirò – Quella Martine! E pensare che tutti la credevamo solo una zitella inacidita! –
Morgan annuì – Martine de Poligny! In effetti è un ex sottufficiale delle forze speciali dell’esercito canadese, ma negli ultimi tempi sono molti gli ex militari che sono stati assunti come mercenari in quella società. Un po' troppi per occuparsi solo di sicurezza interna. E so per certo che anche i servizi segreti inglesi sono interessati alle attività di Fersen e non solo per l’imminente inaugurazione della mostra su Boudicca –
Oscar rilassò per un attimo le braccia – E tu non ne sapevi nulla! – disse rivolta ad Andrew.
Lui aggrottò la fronte – Io mi occupo di ricerca storica, non di assoldare mercenari –
Lei si piegò in avanti – Certo! Quando sai che il tuo capo ha nel suo studio il quadro di un alto ufficiale delle SS non sia mai che ti venga alcun sospetto! –
Andrew tentennò per un momento e poi si piegò verso di lei – E che vuol dire? Non ci faceva mica fare il saluto nazista al quadro! E poi tu…Parli tu che te ne eri quasi innamorata! Come se non me ne fossi accorto! –
Oscar avvampò – Io…Io…Io non sapevo che razza di persona era in realtà! E tu…Per quanto ti sei venduto? –
Lui aprì la bocca per ribattere, ma una voce alterata li zittì: - Smettetela! – disse Morgan e li guardò entrambi – Per gli dei dell’Annwn! Sembrate proprio una vecchia coppia! –
Oscar aggrottò la fronte – Se qui non siamo prigionieri…Immagino che potremo andarcene di qui quando vogliamo e magari chiamare le autorità per far sapere a tutti che razza di farabutto è quell’uomo! –
L’altra annuì – Immagini giusto! Tuttavia…Vorrei ricordarvi che Alexander Fersen è diventato un personaggio molto in vista e molto importante in quest’ultimo periodo, oltre ad avere notevoli disponibilità economiche, a prescindere dai suoi antenati. Di sicuro avrà mobilitato tutti i suoi mercenari per controllare ogni possibile via per lasciare il Paese e anche tutti i consolati e le ambasciate francesi della zona. E di sicuro ha messo sotto controllo le chiamate verso un noto avvocato parigino, una certa Jeanne Valadier, se non erro, che è diventata celebre per una battaglia legale fatta per cambiare il nome della sua amica con quello di una famosa eroina francese –
Oscar socchiuse gli occhi – Tu…Tu chi sei…In realtà… -
Morgan la fissò il modo enigmatico e per un attimo, per una frazione di secondo, a Oscar parve di riconoscere quegli occhi chiari e freddi. La donna sorrise debolmente – Sono…Sono stata molte cose nella mia vita. Perché vi ho salvato? Perché lo volevo! In quel libretto, scritto dalla tua antenata, c’è la chiave per qualcosa di molto prezioso…Ed è per questo che vi chiedo di portarlo a Glastonbury da mia sorella Vivian –
Andrew aggrottò di nuovo la fronte – A…A Glastonbury? E perché proprio a Glastonbury? –
Morgan lo fissò – E’ lì che l’antenata di Miss de Jarjayes si è recata ed è lì che, probabilmente, tutto è iniziato. Lo so perché la nostra comune amica Oscar, quando era ospite al Camelot Castle Hotel si è confidata con me e, da come voi, Mister Great, avete riconosciuto le caratteristiche peculiari del mio aspetto, immagino che lei vi abbia parlato di me –
Oscar rimase a bocca aperta – Io non ti ho mai parlato di questo diario, anche perché ne sono venuta a conoscenza da poco tempo. Tu come fai a conoscerne il contenuto? E questa…Questa Vivian…Come potrebbe aiutarci? –
Morgan si alzò lentamente e li guardò entrambi – Come faccio a sapere cosa c’è scritto lì non importa. E’ importante che lo sappia! In quanto a Vivian vi troverete prima con l’altra mia sorella, Margaery che vi aspetterà al complesso del Chalice Well, proprio di fronte alla White Springs, l’acqua bianca e alla collina del Tor. Lei vi accompagnerà da Vivian che è…Diciamo un’esperta di…Di quello che parla il libro –
Oscar sospirò – Cos’è!? Uno scherzo? Credi veramente che io mi metterò in viaggio per questa località insieme ad un servo della Historical Research? E tu…Tu non ci hai ancora detto cosa ci guadagni in tutto questo –
Morgan si piegò in avanti verso di lei – Questa conversazione sta diventando noiosa! Ti ho detto che non voglio che il contenuto di quel volume sia usato da persone come Fersen. Non ho alcun diritto di chiedervi di fidarvi di me, ma dopotutto, considerato il contesto che stiamo vivendo, che altre opzioni avete? –
Andrew e Oscar si guardarono, poi lei guardò di nuovo Morgan: - Tutti hanno un obiettivo e il non sapere il tuo non mi predispone di certo a tuo favore…Ma hai ragione! Considerato il contesto, fidarci di te è l’unica soluzione accettabile. E poi…Poi come ci arriveremo a Glastonbury? –
L’altra sorrise – Oh! Si viaggia con classe: vi metto a disposizione il mio suv privato, un magnifico Range Rover Sentinel – disse e aprì un cassetto della scrivania, prese un mazzo di chiavi e le porse a Oscar – L’indirizzo è già memorizzato nel navigatore, ma non credo che vi perderete. Ci troviamo a nord ovest di Watford, a nord di Londra, vicino alla strada M25 che potrà portarvi ancora più a ovest, verso la vostra destinazione –
Oscar strinse le chiavi – Come sei sicura che faremo quello che chiedi e che non scapperemo per conto nostro con il libretto? –
Morgan sospirò – Di certo ci hai pensato! Ma il fatto è, mia cara Lady Oscar, che sono certa di conoscerti! Il quel volume c’è un mistero legato alla tua antenata e tu, come il nostro caro sir Andrew, non vedi l’ora di scoprirlo, non è forse vero? O non sei la brillante e curiosa studiosa che ho conosciuto a Tintagel e che ha tenuto testa a una torma di giornalisti dicendogli di avere in mano una pistola del XVIII secolo persa nel Medioevo? –
Oscar strinse ancora di più le dita sulle chiavi e fece una smorfia. Trovava frustrante quando gli altri mostravano di conoscerla più di sé stessa e si, lei desiderava più di ogni cosa capire come e perché la sua antenata si era trovata in Inghilterra alla ricerca di Re Artù e di sa solo Dio cos’altro. Si alzò tenendo la valigetta saldamente per la maniglia e guardò Andrew – Andiamo! –
Lui la fissò sbattendo le palpebre – Cosa!? Andiamo…A Glastonbury? Solo perché ce lo dice questa donna? –
Oscar sorrise e si piegò verso di lui – Là troveremo le risposte al mistero di Oscar, Andrew. Dopotutto sei stato tu che mi hai contattato per mostrarmi dove e come aveva viaggiato la mia antenata…Coraggio! Fidati di me! –
Lui sospirò, guardò di nuovo Morgan e poi si alzò – E allora…Andiamo! –
 
All’esterno dell’imponente palazzo d’epoca vittoriana in cui si erano svegliati, si trovava il gigantesco suv della Rover già pronto per partire e la nebbia si stava velocemente diradando. Oscar sorrise contenta, guardò ancora Morgan e poi si portò sul lato sinistro del veicolo. Andrew socchiuse gli occhi – Ne sei certa? –
Lei aggrottò la fronte e sorrise divertita – Beh!? Credi che non sappia guidare? Se non hai mai guidato per Parigi allora, mio caro, non sai cosa sia il vero pericolo! Oppure ritieni che non ci riesca nell’allegra e nebbiosa campagna inglese? –
Lui aggrottò la fronte – Non intendo questo! Credo che tu possa guidare molto bene qui! Ma… -
Oscar scrollò le spalle – E allora muoviti! – disse aprendo la portiera dei sedili posteriori e appoggiando la valigetta. Poi aprì la portiera anteriore a si sedette sul morbido sedile in pelle marrone allungando le mani e rimanendo sorpresa dal fatto che il volante non si trovava dove avrebbe dovuto essere. Abbassò le braccia stancamente e si ricordò quello che le aveva detto Jeanne prima di partire: “Ricorda che là guidano sul lato sbagliato della strada” e che quindi le automobili non avevano la guida a sinistra. Andrew entrò lentamente sull’altro sedile, accarezzò il volante e si mise la cintura di sicurezza. Regolò lo specchietto retrovisore e poi la guardò sorridendo: - Lo sai? Qui si guida tenendo la sinistra perché, anticamente, i cavalieri, quando dovevano duellare, tenendo la mano o la lancia nella mano destra, si tenevano a proprio sulla sinistra per scontrarsi…Il che mi ha fatto sempre pensare: ma come facevano i duelli nel resto d’Europa? –
Lei sbuffò e si mise la cintura di sicurezza – Sta zitto e guida! –
Andrew schiacciò il pulsante con la scritta “start” ed il motore iniziò a rombare, poi lasciarono il cortile del palazzo di Morgan. Quest’ultima li vide andare via e sparire nella nebbia sempre più rada. Sospirò e rientrò nell’edificio. Tornò nella grande sala in pietra e si fermò per un attimo davanti alla teca contenente la corona in metallo. Sospirò e poi si girò infastidita dal rumore della vibrazione del telefono cellulare appoggiato sulla scrivania.
Prese l’oggetto, schiacciò lo schermo e subito dopo comparve un bel volto di donna contornato di capelli biondi raccolti in una lunga treccia poggiata sul lato destro del collo. Morgan sorrise – Sorella! Giusto in tempo! Sono appena partiti! –
La donna strinse le labbra – Ne sono felice! Sorella…Non sappiamo quanto tempo ci resta! Sono tornata nella camera e…La luce si sta affievolendo lentamente ed inesorabilmente…Io…Te lo chiedo sinceramente: sono loro? –
L’altra annuì – Sono loro, Viviana. Ma cos’altro c’è che ti preoccupa? –
Viviana strinse le labbra – Con la fine della nostra missione…Anche l’Antica Terra sta esaurendo il suo compito…E così anche la coppa! E quello che resterà dopo…Quello mi spaventa! –
Morgan tentennò lentamente – Quello che resterà dopo sarà un nuovo futuro per tutti noi! Che cosa sta facendo nostra sorella? –
Viviana sospirò – Da quando tutto è iniziato è venuta da me e non ha abbandonato la camera per un istante, ma vado a dirle di prepararsi ad accogliere…Di nuovo…Il nostro cavaliere e il suo scudiero –
 
Alexander Fersen entrò a grandi passi nel suo studio personale. Come era potuto succedere? Si disse stancamente. Si era trattato di un attacco in piena regola portato da professionisti, come, del resto, lo erano quelli che lavoravano per lui; perlomeno a sentire Martine. Vide la sua segretaria in piedi e, dietro di lei, delle persone, uomini e donne, circa una quindicina che riempiva la pur grande sala.
Martine sorrise – La squadra è pronta, signore: sono gli elementi migliori che abbiamo a disposizione: ex membri delle forze speciali francesi GIGN, inglesi della SAS, russi Spetsnaz, tedeschi delle KSK e GIS italiani –
Fersen inarcò le sopracciglia – Notevole! E li comanderai tu? –
Lei annuì – Come ex sottufficiale del ROSC canadese (n. d. a.: Régiment d’Operations Spéciales du Canada in lingua francese) ne ho il titolo! Per il momento sappiamo che i rilevatori nella valigetta non mandano più il segnale, ma il secondo, quello che, teoricamente, era nascosto meglio, lo abbiamo perso nella zona a nord di Londra –
Fersen strinse le labbra contrariato – Il nord di Londra è immenso! E quindi non sappiamo dove sono! La loro liberazione è stata organizzata in modo molto…Efficiente! E ti ricordo che, oltre ad essere il mio braccio destro, sei anche il responsabile della sicurezza di questa azienda! –
Lei rimase impassibile – Lo so, signor Fersen! Ma non potevamo prevedere l’intervento di simili professionisti. Non sono nelle mani del MI6 e nemmeno della polizia. Abbiamo inserito un algoritmo di ricerca con i loro volti nella rete di telecamere di buona parte della città e, se andranno anche solo in una banca, li potremo facilmente individuare e raggiungere, è solo una questione di tempo –
Lui sbuffò – Il tempo non lo abbiamo! Siamo sotto la lente d’osservazione dei servizi britannici per la mostra a cui io dovrò presenziare tra qualche giorno! Ma non importa! E non serve che sorvegliate tutta Londra, fate in modo da avere informazioni da Glastonbury –
Martine aggrottò la fronte – E perché mai da quel posto remoto? –
Fersen la guardò e sorrise – Un’intuizione! Stiamo facendo controllare gli aeroporti, le stazioni e persino le fermate dei bus…Non possono lasciare il Paese e quindi…Se conosco quella Oscar e credo di conoscerla…So che cercherà la soluzione del mistero della sua antenata, del resto la conosce più di chiunque altro e ha a disposizione quel libro pieno di sproloqui, ma da cui si può chiaramente capire alcune cose: Tintagel, Glastonbury e Stonehenge! Tintagel non c’entra assolutamente nulla se non che là hanno trovato quella pistola fuori dal tempo…Stonehenge è pieno di turisti, ancora di più da quando c’è da visitare anche la tomba di Boudicca, ma al di là di quelle pietre sbilenche in quel luogo non si trova altro…Ma Glastonbury…Secondo la tradizione è là che riposa non solo Artù, ma la Sacra Coppa. E’ là che Oscar è andata nel XVIII secolo ed è là che probabilmente sono diretti –
Martine incrociò le mani dietro la schiena – E’ un’illazione! E sarebbe più semplice se li denunciassimo alla polizia come possibili attentatori della famiglia reale e che avrebbero approfittato dell’inaugurazione della mostra per mettere in atto i loro piani. Loro li troverebbero per noi e poi… –
Lui sbuffò di nuovo – Certo! Ma anche se dubito che ci avrebbero creduto, resta sempre il fatto che ci saremmo trovati tra i piedi la polizia inglese e i sempiterni servizi segreti…No Martine, questa volta ce la vediamo da soli! –
Martine annuì – Come volete! E…Per il fatto che di sicuro c’è un informatore qui dentro…Come procediamo? Stiamo facendo controllare le mails e il traffico telefonico del dottor Saxton, amico e collega di Great e anche la mia connazionale con cui lui ha avuto una relazione: Diane Lapoint. E c’è il non trascurabile fatto che abbiamo, all’esterno, un nemico potente di cui non sappiamo assolutamente nulla –
Fersen si grattò il mento con un dito – Una cosa alla volta! Per il momento troviamo Oscar e Andrew. E adesso lasciatemi solo –
Quando gli ex soldati delle forze speciali e Martine uscirono, Ferse guardò il ritratto di suo prozio Gustav in uniforme e sospirò. Poi andò dietro la scrivania ed accese lo schermo del suo computer portatile. Schiacciò un bottone e, dopo qualche istante, comparve l’immagine di una bellissima donna dai capelli biondi. Lui sorrise tristemente – Mio amore! Mio adorabile ed infinito amore! Finalmente…Finalmente siamo vicini al nostro obiettivo! –
   
 
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