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Autore: Dalybook04    06/06/2022    1 recensioni
Hetalian fanfic, Spiderman!Au
Di uno Spiderman nerd e ligio al dovere che si ritrova a doversi occupare di una sorpresina arrivata da un altro universo
Detto anche: quando ci rimani troppo male per No way home e ci devi assolutamente scrivere una ff sopra, ma cambiando i personaggi perché sì
Genere: Azione, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la quarta e ultima parte iniziale di storia. In realtà ho altri capitoli pronti (una decina) ma non portano da nessuna parte e non saprei che conclusione darci, o come darcela. In breve mi sono impantanata nella trama (che novità), quindi se notate delle sottotrame lasciate aperte è per questo e perché sono una capra.
In breve ecco quello che mi ero pensata: Lovino si fidanzava con l'Antonio della sua dimensione, ma sviluppava (per dei motivi sensati giuro) dei poteri da Flash (sì, mischio Marvel e DC. Devasto tutto quello che è sacro), scopriva che suo nonno in realtà era vivo (era un supereroe in Italia, poi dei mafiosi avevano ucciso lui e la sua famiglia risparmiando i due fratelli ancora bambini, solo che il nonno era sopravvissuto) (e Lovino prende i suoi poteri dai geni che gli ha trasmesso il nonno), vari casini, la Gerita si fidanzava, altri casini, 2P!Romano, 2P!Veneziano, Feliciano scopre che Ludwig è Spiderman e si incazza come una bestia, lo lascia e qui mi fermo. Ho scritto fino all'arrivo di 2P!Romano ma non penso lo pubblicherò mai :)
Però boh. Per ora metto la storia come completata, magari se vedo tanta partecipazione cambio idea e pubblico il resto, vedo se mi viene in mente un modo per completare la trama.
Vi lascio al capitolo. Spero vi piaccia.
Daly

"Lovino! Che bello vedere che sei vivo. Non dirmi che avrò il piacere di ucciderti due volte!"
Il primo a reagire fu Antonio, che urlò e placcò Gilbert, spedendolo a terra e dandò così il tempo a Lovino di correre fuori dalla stanza. Gilbert si tolse di dosso Antonio, lo buttò a terra e dalla sua mano estrasse un pugnale. Ghignò.
"Mi dispiace ucciderti così, volevo che assistessi di nuovo alla morte del tuo ragazzo"
Antonio si dimenò, ma era bloccato dal piede di Gilbert. Ringhiò "uccidimi pure, ma non toccarlo neanche con un dito"
"E dove sarebbe il divertimento?" Gilbert abbassò la mano e cercò di pugnalare Antonio, ma non riusciva a muovere il coltello abbastanza da ficcarglielo nel cuore. Aggrottò la fronte e si girò, vedendo una ragnatela tesa che bloccava la sua arma. All'altro capo della ragnatela, il suo piccolo Ludwig.
"Lud, stanne fuori" gli intimò "non voglio fare del male anche a te"
Antonio approfittò della distrazione del nemico per afferrargli il piede con le mani per farlo cadere e immobilizzarlo con delle ragnatele. Non appena fu libero si alzò e corse da Ludwig "io lo tengo occupato, tu vai a proteggere Lovino"
"Stai sanguinando" ribatté Ludwig.
"Non importa. Vai!"
Ludwig guardò dietro ad Antonio ed esitò "dov'è andato?"
Antonio si girò e in quel momento si sentì un urlo. Ludwig corse fuori, quella era la voce di Feliciano.
Dal salotto di casa Vargas si accedeva ad un piccolo balconcino. Feliciano era proprio lì, a terra ma illeso, mentre, in piedi sulla balconata, fuggito attraverso la finestra sfondata fino al salotto, Gilbert teneva Lovino per il polso, facendolo pendere verso il vuoto. Lovino si dimenava, cercava di trovare un appiglio con le gambe e con la mano libera e, soprattutto, imprecava.
"Lasciami stare!" urlò "pezzo di merda, manco ti conosco! Mettimi giù, bastardo!"
Gilbert rise "che bel caratterino che hai, mi sei sempre stato simpatico. Se non ti avesse accalappiato Antonio ci avrei fatto un pensierino, ma hai scelto lui"
"Evidentemente ce l'ha più lungo, figlio di troia, infame, stronzo..."
Antonio fece un passo verso il balcone, ma Gilbert tolse un dito dal polso di Lovino e scosse la testa "no no, non ti conviene, Tonio"
"Lascialo stare" gli intimò "questa cosa riguarda noi due"
"Okay" e lasciò cadere Lovino nel vuoto.
Ci fu un istante, meno di un secondo, in cui Lovino incontrò il suo sguardo. Un istante in cui Lovino aveva gli occhi terrorizzati e imploranti, bisognosi di aiuto, l'istante esatto in cui percepiva il suo polso venir lasciato andare. Antonio aveva già visto quegli occhi, li sognava ogni notte e ogni volta si svegliava pregando per un finale diverso. Senza neanche pensarci corse, saltò la balconata, si diede la spinta con le ragnatele e si gettò nel vuoto per prenderlo.
Lovino urlò e dimenò braccia e gambe istintivamente, ma non sapeva volare, stava per morire. No no no, non voleva morire, non ora, non così. C'erano così tante cose ancora che doveva fare, che voleva fare, come fare l'amore con qualcuno, o scrivere un libro, o rivedere la sua Roma con i suoi occhi. E Feliciano? Chi avrebbe badato al suo fratellino? Chi avrebbe asciugato le sue lacrime? Non voleva morire, non poteva morire, c'erano troppe cose che doveva fare, aveva troppe responsabilità, troppe persone a cui badare...
Eppure...
Eppure stava per morire.
Chiuse gli occhi, preparandosi all'impatto.
Un corpo cadde sul suo, lo strinse forte e all'improvviso Lovino non stava più per morire.
Riaprì gli occhi.
Antonio l'aveva abbracciato nella caduta e aveva scagliato una ragnatela verso uno dei balconi del palazzo, per cui ora scivolavano lentamente verso terra. Si strinse forte all'eroe, le lacrime agli occhi per la paura.
"Stai bene?" gli chiese Antonio quando furono a terra. Lovino annuì, in braccio al supereroe.
"Sì. Sto bene"
Una lacrima scivolò lungo la guancia di Antonio "stai bene"
"Mettimi giù" l'eroe obbedì "là sopra c'è mio fratello. Vai a salvarlo, dopo ne parleremo"
Due mani guantate si posarono sulle guance di Lovino, asciugandogli le lacrime.
"Resta vivo"
Lovino annuì mentre osservava il supereroe saltare sul balcone più vicino e risalire verso il tetto. Per la prima volta da anni pregò, pregò in modo sincero e assoluto, e pregò perché suo fratello stesse bene.

Antonio raggiunse il balcone di casa Vargas e Gilbert, al centro del salotto, gli sorrise.
"Ti aspettavo. Come sta Lovino?"
"Non nominarlo. Non ti devi permettere"
"Ho fatto andare via il mio fratellino e il suo ragazzo, così staremo tranquilli. Una lotta io e te, come volevi tu"
Antonio snudò i dentì, anche se da dietro alla maschera non si vedeva "ti ammazzo"
Il supercattivo scosse la testa, con aria contrariata "che supereroe cattivo che sei. Non dovresti essere nobile e sincero?"
"Fanculo. Ho smesso di essere un eroe quando ho giurato vendetta"
"Il glorioso Spiderman circuito da me?" Gilbert si indicò con entrambe le mani, mettendo su una smorfia esageratamente sorpresa "ma che onore! Lovino che ne pensa di questa cosa?"
Antonio ringhiò "ti ho detto di non nominarlo!"
"Lovino Lovino Lovino Lovino..." cantilenò Gilbert, avvicinandosi al suo nemico "vuoi chiaccherare davanti ad una tazza di tè o vuoi combattere?"
Antonio non se lo fece ripetere due volte e gli tirò un pugno dritto sul naso.
Gilbert rise, una mano a bloccare il sangue, e puntò l'altra mano, resa pugnale, verso Antonio "hai il fuoco negli occhi, amico"
Antonio lo sbatté contro il muro così forte tra far tremare le pareti, le mani intorno al suo collo, stringendo sempre di più. Quanto aveva desiderato quel momento? Quanto?! Quanto a lungo aveva desiderato far soffrire quello stronzo che un tempo aveva chiamato amico tanto quanto lui ora soffriva? Troppo, troppo a lungo. Notti e notti insonni, incubi, lacrime e ricordi si riversarono in uno dei sentimenti più primordiali di tutti: la rabbia. La rabbia lo spinse a stringere sempre di più il collo di Gilbert, la rabbia gli fece ignorare il dolore alle mani e nei punti dove Gilbert lo feriva con i suoi coltelli, la rabbia gli fece provare piacere nel vedere il volto dell'albino farsi ogni secondo più paonazzo, sentire la forza dei suoi colpi diminuire, i suoi rantolii diminuire di volume.
"Sai qual è la differenza tra te e loro?" gli aveva detto una volta Lovino. Antonio riusciva a figurarselo perfettamente nella sua testa: seduto sul cornicione della grande finestra della loro camera, illuminato dalla luce del tramonto, le gambe nude strette al petto, una maglietta troppo grande a fargli da vestito e un libro sulle cosce.
"Il fatto che io sia buono e loro cattivi?" gli aveva chiesto in risposta. Quel pomeriggio avevano fatto l'amore e Antonio si era appena svegliato, trovando il suo amore così, a osservarlo.
Lovino aveva scosso la testa, il sorriso di chi conosce un segreto intrigante a illuminargli il volto.
"No"
Antonio non aveva potuto fare a meno di alzarsi dal letto e raggiungerlo, sedendosi davanti a lui. Gli aveva sorriso.
"E allora cosa?"
"Che tu hai deciso quali sono i tuoi limiti, loro se li sono ritrovati"
"In che senso?"
"Tu sei in svantaggio quando combatti perché loro sono disposti a ucciderti, mentre tu no, e questo limita i tuoi colpi" Lovino aveva chiuso il libro e si era avvicinato a lui, posandogli un bacio sulla guancia "hai una debolezza chiara e tonda scritta in faccia. Non colpirai mai per uccidere, mentre loro sì"
"Stai dicendo che la differenza tra loro e me è che io sono un po' meno stronzo?" se lo era avvicinato e lo aveva sollevato per farlo sedere sul suo grembo. Lovino aveva alzato gli occhi al cielo.
"No. Sto dicendo che la differenza tra te e loro è che tu hai il coraggio di combattere a carte scoperte. Loro nascondono i loro punti deboli, i tuoi sono in bella vista e sono il fatto che sei abbastanza umano da rispettare la vita altrui" Lovino lo aveva baciato sulle labbra "è questo che amo di te. Conosci il valore della vita"
Gilbert sussultò, si aggrappò alla mano di Antonio con tutte le forze che gli rimanevano. Il supereroe sapeva di star piangendo.
"La mia più grande debolezza sei tu" gli aveva detto "se ti succedesse qualcosa, impazzirei"
Lovino aveva messo su un sorriso "la mia vita non vale più di quella degli altri. Non cambiare la tua debolezza per me"
Che cosa stava diventando?
Antonio mollò la presa, lasciando cadere Gilbert a terra, stremato, senza fiato, ma vivo.
"Adesso tu vieni con me" stabilì "e torniamo a casa. Ce la vedremo nell'universo che ci appartiene"
Gilbert si massaggiò la gola, la schiena appoggiata alla parete, senza le forze di scappare.
"Ja, direi che è meglio"

"Sei un imbecille" sancì Lovino mentre gli medicava le mani "era necessario toccarlo senza una qualche protezione per evitare di squarciarti le mani come un idiota?"
"Non ho avuto il tempo di mettermi un'armatura da cavaliere medievale, scusa"
"Rimani un imbecille. Dove altro sei ferito?"
"Al costato e alle cosce. Dimenandosi mi ha graffiato lì"
"Okay. Togliti il costume, ti devo disinfettare o qui ci lasci le penne"
Gilbert, immobilizzato in un angolo del laboratorio di Ludwig, si mostrò offeso "le mie lame sono pulite"
"E ti aspetti che ci creda? Hai cercato di ammazzarmi"
"Ho solo fatto quel che mi ha detto Antonio"
Ludwig, in piedi accanto alla copia malvagia di suo fratello, gli tirò un piccolo calcio "ti conviene tacere"
Gilbert brontolò qualcosa in tedesco, ma poi tacque.
Antonio si appoggiò allo schienale del divano "devo proprio?"
"Togliti 'sto cazzo di costume, non è di certo la prima volta che ti fai vedere nudo da me, anche se era un altro me"
Antonio ridacchiò "come desideri, amor de mi vida" si alzò in piedi e si abbassò la tuta, gemendo per il dolore dovuto ai tagli, fino alle ginocchia. Lovino, seduto sul divano, gli fissò gli addominali scolpiti, nonostante i tagli piuttosto profondi.
"Fortunato il me dell'altro universo" mormorò, prendendo un altro dischetto di cotone per disinfettare le ferite.
"Dobbiamo parlare di una questione seria" intervenne Ludwig, accentuando il suo cipiglio severo.
"Giusto" si ricordò Lovino "brutta testa di cazzo, sei stato tu a incasinare gli universi, vero?"
Antonio, a onor del vero, fu piuttosto bravo a fingersi sorpreso "certo che no, come vi...".
La sua intenzione era dire "come vi viene in mente?", ma Lovino gli versò buona parte della bottiglietta di disinfettante su uno dei tagli più profondi, facendolo urlare.
"Va bene, sì!" Antonio si scostò dal ragazzo, lo sguardo fisso sulla bottiglia verde con un certo terrore negli occhi "volevo... riportare indietro il tempo per salvare Lovi, ma ho fatto casino"
"Per questo sei andato nella mia vecchia casa"
Antonio annuì "all'inizio ho pensato di aver mandato troppo indietro il tempo, così sono andato nella casa dove abitavi da ragazzo e quando ti ho visto vivo, Dio..."
"Non tergiversare"
"Ho capito di essere in un altro universo quando ho visto dei video di Spiderman che faceva cose che non ho mai fatto"
"E hai pensato bene di mentire"
L'indiziato alzò le spalle "non è carino presentarsi dicendo "ehi, ho fatto casino perché volevo riportare indietro il mio fidanzato morto, non è che mi puoi dare una mano?""
"Hai pensato bene di restare qui per provarci con me, vero?"
Antonio esitò "no..."
Lovino gli versò dell'altro disinfettante su un'altra ferita, facendolo urlare di nuovo.
"Va bene, sì! Volevo riprovarci... io ti am..."
Lovino gli tirò uno schiaffo così forte da fargli girare la testa.
"Fottuto imbecille" ringhiò "io non sono il sostituto di un cazzo di nessuno, neanche di me stesso"
Antonio lo osservò per qualche secondo, sorpreso. Sorrise tristemente e si sciolse in una risata amara.
"Certo. Sono stato un idiota a dimenticarlo"
"E su questo concordiamo"
"E questo qui?" Ludwig indicò il supercattivo "come c'è finito qui?"
Gilbert alzò gli occhi al cielo "cercavo di fermarlo e mi sono ritrovato in mezzo"
"Volevi fermarlo?!"
Gilbert sospirò, scocciato "sarò anche matto, cattivo o quel che volete, ma non sono un idiota. "Ritorno al futuro" è tra i miei film preferiti per un motivo, Lud, dovresti saperlo"
"Bene. Quindi ora medico 'sto stronzo e poi ve ne tornate a casa" intervenne Lovino "sapete come fare?"
"C'è il portale... al nostro arrivo dovrebbe riaprirsi" mormorò Antonio "percepisce che non apparteniamo a questo posto"
"Ottimo"

Come preannunciato, non appena Gilbert fu avvicinato alla parete dove era stato aperto il portale, uno squarcio vorticante si aprì. L'albino sospirò di sollievo "finalmente me ne torno indietro" si rivolse a Ludwig "usa le protezioni con Feli, mi raccomando!" e poi si tuffò nel tunnel, sparendo.
Antonio si avvicinò allo squarcio, fissandone l'interno.
"Ritorno a casa" mormorò, la voce roca. Si girò verso Ludwig, che era diventato rosso alle ultime parole del cattivo, e gli sorrise "grazie di tutto e... scusa".
Ludwig alzò le spalle "va bene così" il biondo lanciò un'occhiata a Lovino e arretrò di un passo "vi lascio soli".
Non appena il biondo fu uscito da quel vicoletto, Antonio si lasciò crollare.
"Non posso vivere senza di te. Non... non posso. Ti prego, fammi restare"
"Smettila di dire cagate. Prima di conoscere l'altro me, vivevi benissimo"
"E poi ti ho conosciuto e, Dio, mi hai illuminato la vita"
"Ti ho detto di smetterla!" Lovino sbatté il piede a terra. Quei due occhi così determinati erano una visione così famigliare che Antonio per poco non scoppiò a piangere "cosa pensi che avrebbe voluto lui? Che tu ti struggessi in eterno e bucassi il cazzo di universo, o che andassi avanti con la tua cazzo di vita?"
"Andare avanti, andare avanti, me lo ripetono tutti. Non ci so andare avanti, non so come si faccia!"
"Basta che continui a respirare. Un giorno dopo l'altro ti allontanerai sempre di più da lui, ti succederanno cose che riguarderanno solo te e non lo penserai più"
"Non voglio perderti"
"Non lo farai. Rimarrà sempre con te, ma continuando a piangere per lui non stai onorando la sua memoria. Come lo vuoi ricordare? Con tutti i momenti belli passati insieme, o nel momento in cui è morto?"
Antonio sentiva gli occhi bruciare ad ogni parola di più "sono passati mesi e ancora fa male come il primo giorno"
"Perché non stai vivendo! Te ne sei stato chiuso a piangere e a pensare al passato, grazie al cazzo che la situazione non migliora. Devi farla migliorare tu"
"E come?! Ho perso l'amore della mia vita!"
Ammetterlo, urlarlo, fu l'ennesimo pugno nello stomaco.
Una carezza gli asciugò le lacrime, data dalla stessa mano che prima lo aveva schiaffeggiato. Lovino sorrise come si sorride ad un bambino che piange, il sorriso di chi ti promette che andrà tutto bene.
"La tua vita non è finita. Ogni giorno è... una vita nuova. È stato al tuo fianco per tante vite, ma non significa che ora non ci possa essere qualcun altro al suo posto, o che ci debba per forza essere qualcuno. Lascialo andare" Lovino gli strinse la mano con quella libera, l'altra ferma sulla sua guancia, calda e umida di lacrime. Sussurrò le ultime due parole, così come sussurrò le due successive "lasciami andare"
Antonio non lo vedeva più, non veramente. Vedeva un altro Lovino, il suo, più grande, con i capelli più corti, un orecchino scintillante a destra e un neo sotto all'occhio sinistro; un Lovino che aveva amato per anni e che amava ancora, con ogni cellula del suo corpo; un Lovino che aveva fatto ridere, abbracciato, baciato, con il qualche aveva fatto l'amore per notti e notti, una più bella dell'altra; il Lovino che aveva il sorriso luminoso e fragile della luna e la tenacia del sole, il Lovino che era stato capace di consolarlo, a modo suo, in tutti i momenti di sconforto, e di festeggiarlo nei momenti di felicità; il Lovino che aveva visto crescere, diventare uomo con lui, che, dopo ogni litigio, alla fine baciava e tutto tornava a posto; il Lovino davanti al quale si era inginocchiato, da Antonio, Antonio nudo e puro, senza costume, senza niente tranne un anello in mano e lo smoking che, per quanto lo odiasse, per lui l'aveva indossato, pronto a chiedergli di restare con lui per tutta la vita; il Lovino che aveva detto di sì e gli aveva gettato le braccia al collo, stringendolo con tutta la forza di questo mondo; il Lovino che non era riuscito a proteggere, che aveva visto cadere, agitare le braccia e le gambe come se stesse cercando di volare, fallendo; il Lovino che lui aveva cercato di prendere con le sue ragnatele, con le sue braccia, verso il quale si era lanciato senza esitare neanche un secondo, e nonostante ciò era comunque arrivato tardi. Vedeva, accecato dalle lacrime, il Lovino che aveva visto toccare terra, il Lovino il cui sangue aveva macchiato il suo costume, il Lovino del quale aveva partecipato al funerale. Gli bastava chiudere gli occhi e Antonio vedeva quel pezzo di marmo bianco stagliarsi contro il cielo, a ricordo imperituro del suo più grande fallimento.
"M-mi dispiace" esalò. Iniziò a tremare, in modo incontrollabile e inconsolabile, e Lovino, quello vivo, senza esitare lo strinse, un braccio intorno alla sua schiena, una mano aggrappata al suo costume e l'altra tra i suoi riccioli, ad accarezzarli piano.
"Va bene" mormorò "salutalo ora un'ultima volta, poi riprenditi la tua vita"
"T-ti amo" Antonio nascose il volto contro il collo di Lovino, illudendosi per un istante che il suo amore fosse lì, celando la realtà ai suoi occhi chiusi, piangendo. Svegliato da un incubo che non era reale, aveva aperto gli occhi, ritrovandosi nel letto che condivideva con Lovino, è stato lui a svegliarlo. Oh, amore, quanto sei bello spettinato e assonnato, ti prego, stringimi, ho fatto un sogno orribile, ma per fortuna sei qui, e perdonami, cazzo, se non sono riuscito a salvarti, perché quello non era un incubo, era la realtà, e la realtà un sogno bellissimo che per qualche secondo gli sembrò vero.
Sentiva le dita di Lovino tra i capelli, che giocherellavano con le sue ciocche come sempre. No, non come sempre, in modo diverso, rigirandole piano invece che intrecciandole tra le dita.
Rimaneva il tempo per l'ultimo saluto, l'ultimo gesto prima che l'illusione si rompesse del tutto, l'ultima volta che il corpo mortale di Antonio avrebbe toccato quello di Lovino. Avrebbe potuto fare tante cose: continuare a piangere, dirgli qualcosa di profondo, ripetergli che lo amava...
Antonio scelse di dargli un bacio, la cosa che non aveva più avuto il coraggio di fare. L'ultimo bacio che aveva dato al suo Lovino era stato distratto, rapido, un secondo prima che quello uscisse di casa per andare all'università e non tornasse più. Antonio ci aveva pensato per mesi a quel bacio, così insoddisfacente, così effimero. A ben pensarci, tutti i baci di Lovino erano insoddisfacenti, perché Antonio ne avrebbe sempre voluti di più, ma questo, oh, questo se lo dovette far andare bene per forza, perché fu l'ultimo, ed essendo l'ultimo diede pace al suo cuore disperato.
Le labbra di Lovino erano tiepide, come sempre, screpolate e salate, eppure stringerlo tra le braccia era la cosa più bella che Antonio avesse mai sperimentato. In pochi secondi gli tornarono in mente tutti i baci dati al suo Lovino e fu come baciarlo un miliardo di volte in pochi istanti, rivivere tutta la vita insieme in un secondo.
Fu Antonio a interrompere il bacio, perché sentì che era giusto così. Lovino stava piangendo, per questo le sue labbra erano così amare e dolci.
Fu il supereroe ad asciugargli le guance, posò la fronte contro la sua e lo guardò negli occhi. L'ultima volta che avrebbe rivisto quegli occhi da vivo...
"Grazie" fu l'ultima parola che gli disse. Grazie a te per avermi dato questa possibilità, e grazie a lui per avermi dato così tanto amore.
Fece un passo indietro e si lasciò avvolgere dal portale.

Dopo quegli avvenimenti ci furono diverse cose da sistemare. Prima tra tutte la questione di Feliciano, che aveva visto e sentito cose per lui senza senso. Fu Lovino a risolverla: si inventò che il cattivo che aveva cercato di ucciderlo era un mutaforma, per questo sembrava Gilbert, e che era convinto che tra Spiderman e Lovino ci fosse qualcosa perché, evidentemente, li aveva sentiti parlare sul tetto qualche giorno prima. Feliciano parve bersela.
La seconda questione da sistemare fu Gilbert, a cui raccontarono la stessa cosa.
La terza, la più impegnativa, fu spiegare alle autorità perché un matto armato di coltelli fosse sfrecciato per i tetti combattendo con Spiderman per poi attaccare dei civili, perché quel matto dalle telecamere sembrasse Gilbert e dove fosse finito. Ludwig, con il costume da Spiderman, si inventò una scusa piuttosto credibile. Prese ispirazione dalla bugia di Lovino e aggiunse che quel tizio era scappato e non aveva idea di dove si trovasse, ma che sarebbe stato prontissimo a combatterlo se ce ne fosse stato bisogno. Visto che Gilbert era a scuola per un progetto scolastico in quel momento e c'erano diversi testimoni a confermarlo, oltre alle telecamere di videosorveglianza, se la bevvero.
Dopo di che lo lasciarono stare, si diffuse la notizia su internet e se il governo aveva dei dubbi non li diede a vedere.
Per i mesi successivi tutto andò bene: la vita di Ludwig trascorse con calma, tra lezioni di scuola e i pomeriggi con Feliciano, e quella di Spiderman anche, tra rapine di poco conto da sventare e cittadini da salvare da cose semplici e perfettamente ordinarie.

L'estate morì dando vita a settembre, di conseguenza la scuola iniziò e fu un dramma come ogni anno.
I corridoi scolastici si riempirono di adolescenti in fase ormonale e professori inibiti dal sonno, gli armadietti, tanto sognati da noi europei, si aprirono per accogliere i libri in sé e Lovino iniziò il suo terzo anno di scuola superiore tra una bestemmia e i due caffé di cui aveva bisogno per svegliarsi del tutto.
Teneva tra le mani il bicchierino con dentro la sua seconda dose di caffeina, perché chiamare "caffé" la brodaglia che facevano gli americani era un insulto all'Italia e a Napoli tutta, e si aggirava tra i corridoi alla ricerca del suo nuovo armadietto. Vide suo fratello, nonostante si fossero salutati all'ingresso, chiaccherare con il crucco e gli fece un cenno di saluto con il mento, che Feliciano ricambiò con un sorriso.
Raggiunse la fine del corridoio, girò l'angolo e dopo qualche metro trovò l'armadietto giusto. Lo aprì e ci infilò dentro i libri di scuola senza particolare grazia, poi tirò fuori dalla sua borsa una nuova raccolta di poesie che si era appena comprato, pronto a darci un'occhiata prima dell'inizio delle lezioni.
"Lovino Vargas è richiesto in presidenza" annunciarono gli autoparlanti. Lovino aggrottò la fronte, non aveva fatto niente di male, che volevano da lui? Forse aveva sentito male.
"Lovino Vargas richiesto in presidenza" ripeterono.
Finì in un sorso il così detto caffé, buttò il bicchierino nel cestino più vicino e si diresse verso la presidenza brontolando. Proprio quando aveva un po' di tempo per leggere...
"Signor Vargas?" chiese la segretaria della preside.
"Sì, cosa c'è?"
"È arrivato un nuovo studente in scambio culturale dalla Spagna. Abbiamo pensato che lei sia lo studente perfetto per fargli fare un giro per la scuola e aiutarlo a integrarsi"
Lovino inarcò un sopracciglio "perché? Sono italiano, mica spagnolo"
"Parlate la stessa lingua, no?"
Lovino si trattenne dal bestemmiare e alzò gli occhi al cielo "no."
"Il ragazzo è nell'ufficio della preside a compilare alcuni moduli, tra poco ti raggiungerà. Sei esentato dall'ascoltare il discorso di inizio anno per fargli fare il giro"
Lovino alzò gli occhi al cielo "bene. Tanto quel discorso del cazzo è uguale tutti gli anni"
La porta della presidenza si aprì.
"Grazie mille, arrivederci!"
Lovino trattenne il fiato. Da quella porta ne uscì un ragazzo dai capelli ricci e dagli occhi verdi "¡Hola! Yo soy Antonio. E tu?"


 

   
 
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