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Autore: Autumn Wind    07/06/2022    3 recensioni
Raccolta di missing moments della long Wish you were here.
La vita di Hermione e Severus alla fine della battaglia al Ministero, tra i rispettivi lavori, un matrimonio ed una figlia fin troppo simile a loro, è stata relativamente tranquilla … relativamente, perché quando due dei più potenti maghi della storia incrociano il loro cammino, tra pozioni ed incantesimi, qualcosa di magico, in fondo, deve pur succedere …
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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2.
Oblivion

[Incantesimo di memoria (ing. obliviate), causa la perdita di tutta o di parte della memoria]
“Onestamente, Ferguson, questo lo definisci un distillato della morte vivente? Ed in che oscuro universo, se posso permettermi?” sibilò, mellifluo, Severus Piton.
Nella buia e maleodorante aula di pozioni nei sotterranei di Hogwarts, il sesto anno di Corvonero e Tassorosso sedeva composto agli scricchiolanti banchi lignei, le divise insolitamente ordinate ed impeccabili e le piume che volavano agili sulle pergamene. Solo i più audaci, di tanto in tanto, si azzardavano a sollevare lo sguardo dai fogli per osservare gli alti scaffali ricolmi di tomi polverosi, ampolle colorate e barattoli con ingredienti inquietanti. Alla cattedra, Severus Piton, temutissimo ed odiato docente di pozioni di Hogwarts da più di trent’anni, stava fissando con un ghigno soddisfatto la bionda Tassorosso che tremolava al suo sguardo. “I-io n-non …” biascicò, torcendosi le mani. “Non riesci a parlare senza balbettare? Non si capisce niente … e temo che questo problema si ripresenti anche nei temi, considerato quanto sia scadente quello che mi hai consegnato. Neanche una T varrebbe come voto!” sentenziò, lapidario, riconsegnandole lo scritto. “Sarò generoso, Ferguson: come compito, dovrai rifarlo. Allungandolo di sei facciate, naturalmente. E mi auguro vivamente per la tua già precaria media che sia scritto in un inglese che rasenti quantomeno il decente, a meno che tu non voglia ripetere l’anno. In tal caso, sei sulla buona strada per guadagnarti un mio parere favorevole alla tua bocciatura in consiglio scolastico, sappilo … ed ora torna al posto. E voi, che avete da guardare? Volete una T a testa tutti quanti?” sbottò, lanciando un’occhiata di fuoco agli studenti mentre la povera Ferguson strisciava al suo banco a testa china, trattenendo le lacrime.
Piton sbatté il libro sulla cattedra, facendo sobbalzare gli studenti prima di riprendere la correzione delle verifiche della quarta: a distanza di tanti anni, ancora non capiva perché diamine avesse tenuto un lavoro tanto fastidioso. Detestava avere a che fare con quella marea di teste di legno, incapaci, disinteressate e del tutto inappropriate per imparare la sottile arte del preparare pozioni ed anche loro lo odiavano profondamente per i rimproveri ed i compiti che distribuiva gratuitamente e quasi con piacere … ma allora perché diamine insegnava ancora? Trovandosi un altro lavoro, avrebbe fatto un piacere a tutti.
“Ami insegnare, per quanto tu sia acido e bastardo, ammettilo!” soleva dirgli Hermione quando si lamentava. “Ti piace spiegare, mostrare le tue conoscenze, divulgarle e sapere che, quando usciranno da scuola, le tue classi avranno perlomeno delle buone basi. Ti soddisfa l’idea di essere la fonte del sapere pozionistico medio delle ultime generazioni.”
Ma era davvero questo che lo spingeva a sottoporsi o quella tortura? O, semplicemente, visto che era l’unico lavoro onesto che avesse mai fatto, se si escludevano la spia ed il Mangiamorte, credeva di non sapere fare altro?
Tracciò una T talmente netta nel foglio da arrivare quasi a bucarlo e lo mise nella pila dei corretti, fissando la classe, tremante per il terrore: dopo sei anni di puro idillio, in cui Severus Piton si era addirittura rabbonito, secondo i più ottimisti, perché passava dalle T alle D come voto minimo, da due giorni a quella parte i sotterranei avevano tremato come ai tempi d’oro del temibile professore di pozioni. Aveva finito una bottiglia intera di whisky, assegnato pile di compiti e verifiche che avrebbero fatto ammattire chiunque, dispensato punizioni a volontà, tutte estremamente disgustose e complicate, come sviscerare rospi e raschiare calderoni colmi di melma e vermicoli e liquidato in malo modo tutti i colleghi che avevano osato avventurarsi sino al suo ufficio. Il voto più alto che aveva dato era stato una S di ‘scadente’, senza alcuna esagerazione e più zelo mostravano i suoi alunni nello sfoggiare conoscenze che non avevano, inventando e saltando a conclusioni, più le T erano marcate, perché quel modo di fare gli ricordava costantemente quello di lei.
Minerva ci era arrivata in un nanosecondo, naturalmente. “Hai litigato con Hermione, vero?” gli aveva detto quando, dopo che si era avventurata nei maleodoranti sotterranei, si era sentita rispondere in malo modo di andarsene perché era tormentato da un’emicrania che non sembrava volersene andare neanche con una massiccia dose di pozione. “Anche se fosse, non sono affari tuoi, Minerva!” aveva replicato, lapidario, massaggiandosi le tempie pulsanti. La vecchia preside, in tutta risposta, aveva sorriso, facendo spallucce. “Come vuoi … ma se avessi bisogno di un consiglio femminile, sai dove trovarmi!” aveva detto prima di svanire. “Femminile, non da vecchia cariatide!” si era ritrovato a pensare Severus. Naturalmente, nonostante fossero trascorsi due giorni, non si era minimamente sognato di andare da Minerva: continuava, semplicemente, a perpetuare il suo ostinato mutismo nei confronti di colleghi, studenti, del vecchio quadro di Silente e, soprattutto, della causa di quell’orrida settimana, sua moglie.
La campanella trillò e gli studenti scattarono in piedi, raccattando le proprie cose con una rapidità mai vista prima di lanciarsi fuori dall’aula sotto lo sguardo infastidito di Severus: neanche i suoi adorati Serpeverde erano riusciti a fargli trattenere un briciolo di pazienza, quella settimana. Aveva sgridato persino Eileen, che gli aveva fatto cadere tutte le boccette di pozione obliviosa perché stava giocando nel suo laboratorio. Fortunatamente per lui, quella strana creatura aveva ereditato lo stesso atteggiamento della madre nei suoi confronti e, alla sua sgridata, aveva risposto con un’alzata di spalle. “Possiamo rifarla insieme più tardi, sono capace!” aveva detto, alzandosi e facendo sparire cocci e residui con un solo gesto, lasciando il padre spiazzato mentre se ne tornava tranquilla di sopra: Eileen era decisamente molto più intelligente della media, tanto che, a volte, quasi lo spaventava. Sarebbe forse finita a Corvonero?
Ripensando ai suoi dolci preferiti che gli aveva preparato per farsi perdonare ed ingraziarselo per avere il permesso di comprare l’ultimo libro che le piaceva, però, sogghignò: era decisamente troppo approfittatrice per essere una protetta di Rowena. Forse Salazar avrebbe potuto trovarla adatta alla sua casa, però …
Sbuffò, sentendo l’ennesima punta di mal di testa premergli contro le tempie. Si massaggiò il capo, sospirando per il fastidio tanto intenso da non fargli neanche sentire dei passi avvicinarsi.
“Severus, è tutto apposto?” domandò una voce familiare. Piton quasi sobbalzò nel trovarsi dinanzi a Lily Evans (Potter, dannazione, Severus, Potter!), radiosa in un vestito verde muschio dalla foggia autunnale, come si confaceva ad un ottobre inoltrato e dei bellissimi pendenti di smeraldo che si abbinavano agli occhi verdi ed ai capelli di fuoco. “Lily, che ci fai qui?” domandò, alzandosi, seppur a fatica, vuoi per la stanchezza, vuoi per il mal di testa. “Sono venuta a riportare lo scialle a Minerva, l’aveva dimenticato alla Tana domenica e, dato che c’ero, ho pensato di passare a farti un saluto: non ci vediamo da un po’!” sorrise, avvicinandosi. “Come stai? Mi sembri … stanco! Va tutto bene?” chiese, aggrottando la fronte. “Splendidamente come al solito.” ghignò lui, sarcastico. Lily, però, non sembrò crederci molto. “Lavori troppo, immagino!”
“Devo, non tutti dispongono di un marito con una cospicua rendita familiare, sai? Ed ho anche una figlia da mantenere!”
“Non credo sia un gran problema per te, sia tu che Hermione lavorate!”
“I soldi non piovono dal cielo, Lily e ce n’è sempre bisogno!” sbottò, raccattando i libri ed i pacchi di verifiche corrette. La rossa sbirciò i voti, spalancando gli occhi. “Non c’è neanche l’ombra di una A, Severus!” esclamò. “E con questo?”
“Non possono essere tutti insufficienti!”
“Non sei tu l’insegnante, valutare cosa ritengo sufficiente o meno non è compito tuo.”
Lily sospirò, incrociando le braccia al petto. “Cos’è successo?”
“Niente, cosa dovrebbe essere successo?”
“Sei furioso, lo vedo: hai mal di testa e tieni tutti ben distanti da te. Facevi così anche da ragazzo, quando i tuoi litigavano … quindi: cos’è successo?”
Severus non rispose, continuando a riordinare i compiti bofonchiando imprecazioni. “Hai litigato con Hermione?” azzardò Lily. Dall’occhiata fulminante che il Serpeverde le rivolse, capì di avere fatto centro. “Beh, litigate sempre, non vedo dove sia la novità, francamente!”
Severus alzò gli occhi al cielo: effettivamente, era risaputo che lui ed Hermione discutessero di continuo. Era normale, del resto: avevano caratteri talmente orgogliosi e forti che era impossibile non raggiungere lo scontro. Solitamente, Eileen, in quelle occasioni, li fissava incuriosita, scommettendo su chi avrebbe ceduto prima. Ed indovinava.
“Stavolta è diverso.” si limitò a sentenziare, lapidario. “Diverso? E perché?” domandò Lily, chinando il capo di lato. Severus la squadrò, un sopracciglio pericolosamente alzato. “Non credo che a voi, nel vostro piccolo mondo perfetto, interessino i nostri ridicoli problemi … o vuoi forse rinfacciarmi che era ovvio che si arrivasse a questo punto, data la nostra differenza di età e di ruoli e che voi lo avevate capito prima di tutti?”
“Oh, ma smettila!” sbuffò la rossa. “Cosa credi, che io e James siamo perfetti? Litighiamo come tutti, è normale … non tutti i giorni sono uguali! E lo stesso vale per te ed Hermione. Sbaglio o io e te siamo amici?”
Severus la fissò negli occhi smeraldini, quegli stessi che, un tempo, aveva tanto agognato e temuto e che, incredibilmente, oramai per lui erano solo occhi, per quanto belli e luminosi. Il tempo era trascorso, inesorabile ed il suo cuore era riuscito a guarire ed andare avanti, una cosa che non credeva che sarebbe mai riuscito a fare. Gli sembrava strano pensare agli anni in cui aveva creduto di non poter vivere senza quello sguardo di smeraldo … sembrava un’altra vita, con un altro Severus come protagonista. Lei era stata il suo patronus nei momenti tristi, ma, oramai, la cerva era diventata un gufo reale e quegli occhi verdi, nella sua mente, erano diventati caldi e color nocciola, accompagnati da un altro paio, identico ai suoi.  
“Sì, lo siamo.” annuì, mesto. “Allora perché non vuoi dirmi cosa c’è che non va? Ho un po’ più di esperienza matrimoniale di te, con tutto il rispetto … e molta più pazienza, considerato che ho sposato James!”
Severus la fissò per qualche istante prima di sospirare e ripiombare a sedere, massaggiandosi le tempie. “Hermione voleva andare a cena da tuo figlio.” sibilò. “Naturalmente le ho detto che lei ed Eileen erano libere di andare, ma che io non intendevo accompagnarle … detesto le cene tra amici e sono molto stanco, in questo periodo. Ed Hermione si è infuriata: ha detto che sono un acido egoista bastardo e che lei deve sempre adeguarsi a me ed a quello che voglio. Neanche fossi un despota!” bofonchiò: al solo pensiero, sentì un familiare bruciore allo stomaco: era arrabbiato per tutto ciò che gli aveva rinfacciato, sebbene sapesse di non essere stato certamente gentile a sua volta, ma, al contempo, desiderava cancellare tutto quanto e ritornare a casa, quella sera. E non solo perché era casa sua: sua moglie e sua figlia gli mancavano come l’aria. Aver vissuto per tanti anni così strettamente a loro ogni momento libero doveva averlo reso dipendente, in qualche modo. O, forse, era rimasto semplicemente ebbro da quella felicità che tutti vantavano e che a lui era sempre stata preclusa, tanto che, ora che l’aveva finalmente trovata, non riusciva più a credere che potesse incrinarsi.
“E tu cosa le hai rinfacciato per farla parlare così, Severus?” domandò Lily, comprensiva e stranamente seria, in piedi di fronte a lui. Piton sospirò ancor più pesantemente. “Di essere petulante ed irritante e di voler sempre avere ragione pur essendo una ragazzina.” gli concesse. “Mi pare che siate pari merito, dunque.”
“Ma lei ha cominciato!”
“E sempre lei ha ragione!”
“Ma naturalmente!” sogghignò il Serpeverde, gelido. “Non mi aspettavo nulla di diverso, del resto … sia mai che sia l’acido professor Piton ad essere nel giusto, per una volta!”
“Perché, lo sei, secondo te?”
Piton la fissò, colmo d’ira. Stava per rispondere quando Lily riprese la parola. “E perché sei così stanco, ultimamente? Immagino non c’entri il lavoro, è solo ottobre …”
“No, non c’entra Hogwarts, per quanto queste dannate teste di legno possano essere molto stressanti … si tratta di Eileen.” le concesse Severus, ingoiando un gemito stanco. “A scuola non parla con nessuno ed oramai è al terzo anno: le maestre ci hanno chiamati, la scorsa settimana ed hanno obiettato che potrebbe avere dei problemi, ma lei è intelligentissima, ben al di sopra della media. Legge libri da medie, quasi superiori, ha una padronanza del linguaggio unica e sa padroneggiare la magia come uno studente di Hogwarts, nonostante l’età. Il suo unico problema è il non volere avere a che fare con gli altri: al solo accennarle la possibilità di fare attività collettive come sport o altre baggianate che si è messa in testa Jean Granger, è scoppiata a piangere e ci ha detto di voler essere lasciata in pace. Non sopporta i suoi coetanei e non ci parla … preferisce zia Mina e zio Remus o zia Lily.”
La rossa abbozzò un sorriso triste. “Hermione, ovviamente, è sempre preoccupatissima … ed anch’io: non voglio che diventi come me.” concluse il Serpeverde in un soffio, dando voce alla preoccupazione che aveva celato persino a se stesso per giorni interi. “Beh, se non parla mai con nessuno, è sulla buona strada!” rise Lily. Trovando Severus mortalmente serio, però, smise subito. “Sev, Eileen è una bambina particolare, te lo concedo, ma è anche speciale, unica ed intelligente come pochi: troverà il suo equilibrio, il suo modo di essere, non dubitarne! L’abbiamo trovato tutti … è ancora piccola …”
“Io ho solo paura che le succeda quello che è successo a me, che si isoli e tutti la prendano in giro, portandola a fare scelte sbagliate!”
Lily sospirò, grattandosi il capo. “Sono situazioni diverse, Eileen non è sola: ci siete voi, lei vi ama alla follia ed ha anche un discreto stuolo di zii e zie e persino delle amichette, come Andromeda Lupin! Sono più che sicura che se la caverà e riuscirà a farsi degli amici, forse ad Hogwarts, forse anche prima, chissà! Ma, per farlo, deve essere serena alla radice …”
Severus sollevò la testa di scatto. “E non lo sarebbe, secondo te?”
“Finché non vi chiarirete tu ed Hermione, no di certo. Senti, Severus … credo che dobbiate capirvi, entrambi: siete insieme da tanti anni, oramai e non vi concedete del tempo solo per voi due da quando siete diventati genitori, me l’ha detto lei. Capisco che amiate la vostra bambina più di qualunque altra cosa, davvero, ma, a lungo andare, chiunque cederebbe! Ci sono passata anch’io: avete bisogno di stare un po’ soli, senza Eileen ...”
“Ma stiamo soli!” scandì il Serpeverde. “Mica dorme con noi!”
“Sai cosa intendo … da quanto tempo non la porti a cena fuori o non andate insieme da qualche parte solo voi due?”
Il Serpeverde parve soppesare la risposta: effettivamente, l’ultima volta che erano usciti assieme risaliva a prima di Eileen. A prima del loro matrimonio, ad essere sinceri …
“Non mi pare comunque un buon motivo per darmi dell’acido bastardo. Per quanto possa essere vero …” sbuffò, massaggiandosi le tempie. “Il tuo mal di testa dovrebbe suggerirti di essere in torto!” sorrise Lily. “Perché lo avresti altrimenti?”
“Per l’umidità di questi sotterranei.”
“Certo, certo. Come sei rimasto con Hermione, comunque?”
“Come prima: abbiamo detto che ne riparleremo e siamo tornati ognuno alle proprie preoccupazioni. Tra Eileen ed i rispettivi lavori, non abbiamo molto tempo per tenerci il muso …” sbuffò. “Invece secondo me dovreste parlarne!”
“Per cosa, per ricominciare a litigare?” ghignò, sarcastico. “No, naturalmente … però potresti sempre portarla a cena fuori e discutere di quello che vi siete detti.”
“E chiederle scusa in ginocchio?”
“So che non lo farai mai, ma almeno pensaci!” sospirò Lily.
Severus stava per replicare quando il vecchio telefono che, con estrema riluttanza, aveva concesso a Minerva di sistemare sulla cattedra squillò. “Pronto?” sbottò, alzando bruscamente la cornetta. “Professor Piton?” gracchiò una voce esile dall’altro capo. “Se chiama consapevolmente questo numero, evidentemente, sì.” rispose malamente. “Grazie al cielo. Sono Elizabeth Barnes, la maestra di Eileen … la maestra ‘speciale’, sa. Ero sua alunna, svariati anni fa, ricorda?”
“Sì, mi ricordo bene di Lei.” sospirò Severus. “È successo qualcosa ad Eileen, signorina Barnes?”
“Non a lei.”
“Ed allora a chi? Si spieghi!”
“George, Madison e Blair, tre suoi compagni di classe. Non so cosa sia successo, ma Eileen li ha trasformati in rospi! Li ho rinchiusi in bagno, ora sono qui con lei … e con loro.”
“Come sta?”
“Io? Oh, beh, sono sconvolta!”
“Non Lei, mia figlia!”
“Oh! Bene, bene, è qui in silenzio …”
“E non ha ritrasformato i tre marmocchi?”
“Oh, beh, non sono pratica di trasfigurazione …”
“Senta, lasci stare: per oggi pomeriggio ho terminato le lezioni, mi dia il tempo di arrivare, poi ritrasformo i tre teppisti e riporto a casa Eileen.”
“Non osavo chiederglielo! Grazie, grazie davvero, professore!”
Severus non di disturbò a salutare prima di attaccare e brontolare come un temporale in arrivo, alzandosi di scatto. “Che è successo?” chiese Lily, perplessa. “Eileen, ha trasformato tre compagni in rospi … e posso solo immaginare perché! Scusami, devo andare …”
“Certo, va’! Fammi sapere poi …”
“Sì, grazie Lily.” sospirò Severus, levandosi il mantello per indossare un comune cappotto nero babbano, raccattare in fretta le verifiche ed i libri ed uscire dall’aula, furioso.

Quando arrivò alla scuola elementare di Cokeworth, pioveva già a dirotto. Sotto un largo ombrello nero, Severus Piton marciò a passo di valchiria nell’orrido edificio giallo chiaro che detestava sin da quando aveva sei anni, ignorando gli sguardi attoniti dei bambini paffuti alle finestre delle aule. “Maestra, c’è il conte Dracula!” trillò uno studente, zittendosi all’occhiataccia del Serpeverde mentre questi accedeva all’atrio grigio. Una figura bionda con enormi occhiali marroni ed un’improponibile gonna gialla gli corse incontro. “Professor Piton, per fortuna è arrivato! Venga, sono tutti qui …” esclamò, fin troppo teatrale, invitandolo caldamente a seguirla lungo i corridoi color crema coperti di disegni ed alberi di cartone che disgustarono vagamente Severus: fortunatamente, ad Hogwarts non c’era nulla del genere o sarebbe fuggito.
Non appena furono entrati in una piccola stanzetta con solo un tavolo ed una stampante accesa, tutta la sua attenzione smise di rivolgersi ai colori ed alle forme infantili della scuola per concentrarsi sulla bambina avvolta nella divisa azzurra dallo chignon scuro completamente sfatto e schiacciato che sedeva, mesta, dinanzi ad una tazza di tè fumante. “Eileen! Stai bene?” esclamò, precipitandosi da lei. La bambina, al vederlo, parve illuminarsi e gli gettò le braccia al collo. “Andiamo a casa, ti prego, papà!” gli sussurrò. Severus deglutì, sospirando: era accaduto ciò che più temeva, a quanto pareva. “Dammi il tempo di sistemare una faccenda ed andiamo, Eileen …” mormorò, staccandosi appena per rivolgere un’occhiata gelida alla maestra. “Dove sono?” sibilò. “Qui dentro!” squittì lei, spalancando la porta del piccolo bagno laterale e mostrando tre rospi verdi e gracidanti comodamente spaparanzati sulla tazza. Sarebbe stata una scena decisamente comica, se Severus non fosse stato tremendamente adirato. Con un gesto spazientito, estrasse la bacchetta e li ritrasformò in un bambino obeso e due ragazzine bionde con le trecce alquanto frastornati. Mentre si guardavano ancora attorno, puntò la bacchetta alle loro teste. “Oblivion!” esclamò. Per qualche istante, i tre parvero vacillare prima di riprendersi parzialmente e tossicchiare. “Maestra? Che ci facciamo qui?” domandò la bambina di mezzo, rivolgendo un’occhiata sdegnata ad Eileen. “Avete rischiato grosso, signorini!” sbottò Elizabeth, mettendo le mani sui fianchi. “Guai a voi se combinate ancora disastri simili! Ed ora forza, tornate in aula, su!”
“Ma … non abbiamo fatto niente!” protestò il ragazzino. “Taci ed ubbidisci George, su!”
I tre passarono in fila indiana sotto al naso di Severus, rivolgendo occhiate colme di odio ad Eileen prima di sparire in corridoio. “Grazie, professore.” sospirò la maestra. “Ma sappia che quanto ho detto vale anche per Eileen: non deve succedere mai più!”
“Non è certamente colpa di quattro bambini se Lei non è nemmeno in grado di fare il suo lavoro, né di strega né tantomeno di maestra, signorina Barnes. Non a caso, ciò che più mi ricordo di Lei è proprio la sua totale pigrizia, quasi blasfema nei confronti della magia, mi verrebbe da dire! Ora, se non Le spiace, io e mia figlia torniamo a casa. Buona serata.” concluse, secco, afferrando Eileen per la mano prima di infilarle cappotto e zainetto e trascinandola via con sé sotto lo sguardo atterrito dei bambini alle finestre che oramai urlavano senza controllo: “La Piton è la figlia di Dracula!”

“E fu così che il principe e la principessa vissero felici e contenti nel reame incantato.” concluse con un sospiro Severus, chiudendo il libro di fiabe e voltandosi accanto a sé: Eileen, rannicchiata nel lettone matrimoniale in camicia da notte e pupazzo a forma di unicorno, era stretta a lui praticamente da quando erano usciti da scuola. L’aveva riportata subito a casa, dove, dopo un lungo bagno alla fragola, le aveva preparato la cena e l’aveva subito fatta lavare e cambiare, portandola a letto senza che lei, per tutto il tempo, dicesse una sola parola. Su espressa insistenza della bambina, però, aveva ceduto, cambiandosi a sua volta e portandola nel lettone, dove le aveva letto le sue fiabe preferite alla luce dell’abat-jour mentre fuori pioveva a dirotto e Grattastinchi ronfava beato in fondo alle coperte.
“Non ho mai capito perché ti piaccia tanto questa storia.” sentenziò, chiudendo il libro e posandolo sul comodino prima di fissare la figlia: stretta all’unicorno di peluche, fissava un punto dinanzi a sé con sguardo vacuo. Severus temeva che non l’avesse sentito, ma, dopo parecchio, gli rispose: “Perché non è vera: nella realtà, non ci sono principi e principesse. Ma la fantasia è più bella della realtà perché può essere come vuoi.”
Piton sospirò: vedere sua figlia chiusa nel suo stesso, ostinato, mutismo e con lo sguardo vacuo gli faceva letteralmente sanguinare quel cuore che non pensava più di avere. Faceva male come se fosse lui stesso a soffrire e non lei … era come se la sua anima fosse costantemente fuori dal corpo e camminasse beata in giro, andando a scuola e trasformando bambini in rospi a soli otto anni.
“Non vuoi proprio dirmi cos’è successo oggi pomeriggio a scuola?” domandò con la sua voce roca e calma. Eileen si strinse ancor di più a lui, permettendogli di respirare a fondo il suo dolce profumo di fragola. “Mi stavano prendendo in giro.” sussurrò. “Dicevano che tu sei un pervertito e la mamma una stupida. Ed io un mostro, talmente brutta e stramba che nessuno vuole avere a che fare con me. Lo fanno sempre, quei tre: George, Madison e Blair. E gli altri vanno loro dietro. Io cerco di starmene per conto mio e non rispondere, ma … beh, oggi ero così arrabbiata che non ce l’ho fatta. Ho desiderato che sparissero e sono diventati rospi. Tutto qui.” raccontò. “È la prima volta che succede?” indagò Severus, desiderando aver pestato quei tre anfibi quando ancora poteva. Eileen annuì. “Sì, ma, per favore, non dirlo alla mamma: non voglio che sia triste! Non volevo neanche che la maestra chiamasse te!”
“Eileen, perché non l’hai detto subito? Avremmo potuto fare qualcosa, io e la mamma o la maestra Elizabeth …”
“Nessuno può fare niente, non la smetteranno mai!” sbottò lei, esasperata, scuotendo il capo. Severus si accorse che si stava sforzando per non piangere e gli si strinse il cuore. “Anche la maestra, parla tanto, ma poi quando le dico qualcosa non fa mai niente!”
“Ti ho mai detto che anch’io a scuola non ero affatto benvoluto?” mormorò, d’un tratto, Piton, ottenendo subito la completa attenzione della figlia. “No …” sussurrò lei. “Non lo sapevo!”
“Neanche la mamma, cosa credi?” ghignò Severus. “Ci disprezzavano tutti perché, come te, preferivamo i libri ai compagni. Solo che poi la mamma ha avuto la … fortuna di incontrare amici come lo zio Harry e lo zio Ron.”
“E tu?”
“Io no.” sospirò Severus, sentendo la rabbia crescere al ricordare quei giorni. “Io avevo un’amica, la zia Lily, ma abbiamo litigato e sono rimasto solo. C’era un gruppetto che mi aveva preso di mira ad Hogwarts, quattro Grifondoro … mi facevano continui scherzi, anche pesanti. Strappavano i miei compiti, gettavano nel fango le mie cose, una volta mi hanno persino fatto sparire i vestiti e facevano ridicoli coretti ogni volta che passavo … e tutti con loro, ovviamente. Era un inferno, perciò ti capisco.”
“E come hai fatto?”
Severus guardò gli occhi della figlia, enormi e colmi di speranza: avrebbe voluto essere sincero e raccontarle che aveva intrapreso solo strade sbagliate in risposta a quelle provocazioni, che aveva una famiglia orribile a casa e che aveva seguito il male per avidità ed invidia … ma non lo fece. Si limitò a sorriderle e baciarle i capelli. “Ho tenuto duro, perché sapevo che sarei comunque stato migliore di loro, che tutte le loro scemenze con il tempo si sarebbero rivelate tali, mentre io avrei avuto il mio impegno ed i miei anni di studio che mi avrebbero permesso di avere un futuro. E così è stato. Perciò non dare retta a quei bambini e va’ avanti per la tua strada, ma non lasciarti neanche mettere i piedi in testa: chiarisci che non li temi, ma non abbassarti al loro livello. E sii sempre fiera di chi sei, soprattutto, perché io e la mamma lo siamo di te …”
“Davvero?” sussurrò la bambina, gli occhi che scintillavano, ammirati. “Certo: chi altri riesce a trasformare in rospi dei bulli ad otto anni?”
Eileen scoppiò a ridere prima di stringersi ancor di più a lui. “Grazie, papà!” esclamò. Rimasero abbracciati per un po’, in silenzio, al rumore della pioggia. “Papà?” domandò la bambina dopo qualche minuto. “Sì?”
“Ma allora tu e la mamma farete la pace? Era colpa mia?”
“No, tesoro.” sospirò Severus. “Non era colpa tua … era colpa di entrambi. Ma faremo pace, promesso!”
“Parola di mago?”
“Parola di pozionista.”

Fu un tramestio a destare Severus dal sonno in cui era piombato, abbracciato ad Eileen e cullato dal fruscio della pioggia. Si alzò a sedere, frastornato, rilassandosi al vedere Hermione scarmigliata e con il cappotto sbottonato sulla soglia della camera: sembrava avesse corso per chilometri. “Hermione …” mormorò, la voce impastata dal sonno. “La maestra mi ha chiamata … sta bene?” sospirò la Grifondoro, precipitandosi ad accarezzare delicatamente i capelli della sua bambina. “Tutto bene: abbiamo parlato un po’. Credo che d’ora in avanti non trasformerà più nessuno in rospo.” confermò lui. “Parlare? Con lei, che non dice mai nulla dei suoi compagni? E come hai fatto?” sorrise Hermione. “Nell’unico modo che funziona: le ho parlato di me.”
La strega lo fissò, dubbiosa. “Tu?”
“Sì, io, perché, credi che non sappia parlare di me?”
“Non lo sai fare.”
“Questo è quello che pensi tu.” sbottò lui. “E, comunque, Eileen ha anche chiesto quando e se faremo pace … e credo che lo attenda con ansia anche mezza Hogwarts.”
Hermione sospirò, scuotendo il capo. “Senti, non voglio discutere di nuovo con te, è sfiancante, davvero, quindi non te lo chiederò più …”
“No, invece: è colpa mia. Sono sempre scontroso e detesto gli altri, è vero, a me bastate voi, ma non tutti siamo uguali … la verità è che, forse, abbiamo bisogno di tempo per noi.”
Hermione lo fissò, allibita. “Chi sei? E che ne è stato di Severus?” esclamò. “Ti prego, non rendere le cose ancor più difficili di quanto già non siano …” sbuffò lui. “Sto solo dicendo che non usciamo noi due soli da prima che Eileen nascesse … e non va bene, né per noi né per lei. Quindi, sabato niente cena dai Potter: lasceremo la bambina a dormire dai tuoi ed andremo in pizzeria o dovunque tu voglia … senza parlare di Eileen per tutto il tempo, naturalmente.” concluse. Al silenzio imbarazzato di Hermione, replicò con uno sdegnato: “Va bene, ho capito, lasciamo stare …”
“Ti ho mai detto che ti amo?” rispose invece lei, avvicinandosi piano per non svegliare Eileen prima di allacciargli le braccia al collo, sorridendogli, bella e radiosa come solo lei poteva essere. “A volte.” ghignò Severus, accarezzandole i morbidi fianchi che tanto gli erano mancati. “Bene. Vedi di ricordartelo, allora …” rise lei, catturandogli le labbra in un languido bacio di fuoco che fece protestare sia Eileen che Grattastinchi. Severus rispose, lieto di sentire il proprio mal di testa affievolirsi fino a svanire: poteva fare quel sacrificio di socialità, una volta ogni tanto, se significava continuare a stare con lei. E la cosa assurda era che, l’indomani, avrebbe dovuto ringraziare Lily per questo …


 
  
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