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Autore: Flofly    13/06/2022    0 recensioni
Completa. Sequel di "Quel che è Stato, quel che Sarà" Quando hanno deciso di rendere pubblica la loro storia Draco ed Hermione erano pronti ad affrontare lo sdegno dell'opinione pubblica.
Quello che non sanno però è che un pericolo ben più grande di Rita Skeeter sta per travolgere l'intera Hogwarts.
Genere: Avventura, Generale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Remus/Ninfadora, Ted/Andromeda
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
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Cura delle creature magiche già di per sé non poteva di certo definirsi la lezione preferita dai Serpeverde.

A seconda della persona a cui lo si chiedeva le ragioni potevano essere molteplici: per Pansy e Blaise, ad esempio, era un insieme senza senso di fango, creature sporche e luce fastidiosa che rischiava di rovinare il loro impeccabile incarnato; per Theodore Nott era l’impossibilità di distinguere alcuni dei suoi compagni di corso dalle bestie che dovevano accudire; per altri la non troppo vaga possibilità di finire in infermeria con un arto offeso.

Per Draco Malfoy, invece, le ragioni erano sempre e soltanto due: il gigante barbuto, fiero padre amorevole di quel dannato pollo troppo cresciuto che aveva tentato di mutilarlo, e il fatto che sin dalla prima lezioni fossero costretti a seguirla con i Grifondoro. Ovviamente era ben contento di avere la possibilità di vedere la Granger, ma Merlino quei tre seguivano lo sproporzionato e nerboruto insegnante come cuccioli di Crup sotto amortentia e la cosa non mancava di provocargli dei conati di vomito.

E dire, anche se non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, che in realtà la materia gli piaceva: stare all’aria aperta, non dover stare a seguire delle noiose lezioni puramente nozionistiche, avere la possibilità di spingere Potter tra le fauci di qualche creatura mortale…Si, in effetti cura delle creature magiche sarebbe potuta facilmente divenire la sua materia preferita, anche se probabilmente se sua madre l'avesse saputo lo avrebbe internato al Maniero. Ancora non sapeva perché ma sembrava aver accettato la nata babbana ma preferire giocare al piccolo guardaboschi all’arte complessa e delicata delle pozioni era qualcosa che Narcissa Black Malfoy non poteva neanche concepire. 

A proposito di sua madre, prese un appunto mentale di rispondere ai genitori che in poco più di tre settimane gli avevano mandato cinque lettere e due pacchi e la cosa iniziava a diventare sospetta. Anche sulla Gazzetta del Profeta le loro foto nella pagina mondana erano pressoché scomparse, ma sua madre aveva liquidato la cosa dicendo che era in lutto per la sorella.

Si, come no. Voleva proprio vedere se avrebbe avuto il coraggio di non andare alla raccolta fondi per il San Mungo in memoria di Cedric Diggory, essendo la campagna portata avanti dalla Chang, visto che Andromeda era la direttrice del reparto e di sicuro non avrebbe accettato di non avere la madrina dell’evento presente.

E a proposito della sua zia superstite, psicolabile a suo modesto parere tanto quanto quella morta, e della sua discutibile progenie… per quale dannato motivo sua cugina era accanto al gigante puzzolente tutta tronfia?

Quel sorriso dolce ma indubbiamente sadico lo aveva visto mille volte sin da bambino. Era lo stesso che aveva sua madre quando aveva fatto il falò dei tesori di Quidditch di suo padre, raccontandogli con estrema dovizia di particolari lo scricchiolio del fuoco che divorava la casacca dell’ultimo anno in cui la sua squadra si Serpeverde aveva vinto la Coppa della Case.

Per un attimo pensò di fingere un malore, ma era altamente improbabile che quella dannata strega ci cascasse. Si avvicinò alla Granger, sbalordita quanto lui, sfiorandole appena la mano, prima di tornare a concentrarsi sulla strana coppia che li attendeva. Si sarebbe fatto bastare il fatto di poterle stare vicino, anche perché Piton era stato abbastanza chiaro sulle effusioni durante le lezioni. E lui alla sua preziosa testolina bionda ci teneva parecchio.

I buoni propositi però vennero cancellati quando dietro di loro sentì un grugnito disgustato.

«Vuoi un fazzoletto, Greg?» chiese girandosi a guardare quella che per quasi quattro anni era stata la sua ombra che ora lo fissava con evidente disapprovazione anche nella sua espressione solitamente ebete

«Forse sei tu che ne hai bisogno. Di quello e di un bell'incantesimo disinfettante» grugni qualcuno di rimando. Una frase troppo lunga per essere di uno che ancora aveva seri problemi a non sbagliare le aule delle lezioni. Si guardò intorno per cercare di capire chi fosse stato.

«Come prego?» ribadì gelido lanciando in terra la borsa e prendendo Goyle per il colletto. Non gli era sfuggito che nonostante facesse finta di niente, la Granger aveva serrato le mani strette attorno alla bacchetta. Meglio dare un pugno prima che qualcuno dei loro compagni finisse al San Mungo. Chi fosse non era importante.

Quello che urgeva fare era chiarire bene che a nessuno venisse in mente anche solo di provare a fare una cosa del genere.

«Eppure dopo aver visto lei» aggiunse Millicent Bulstrode indicando con la faccia da bulldog Tonks e arricciando il naso come se avesse sentito un odore davvero sgradevole, che ad essere sinceri poteva anche essere quello di Crabbe accanto a lei «Dovresti aver capito che se i purosangue non si mischiano con quelli come loro c’è un motivo».

«Ma sta zitta, mezzosangue. Lo sanno tutti che nella famiglia di tua madre chissà quanti nati babbani ci sono. E se lo chiedi a me, alcuni potrebbero essere dei Troll» ribatté acido lasciando sfiorando appena in tempo la manona di Vincent che aveva cercato di colpirlo.

Dannato omuncolo. Schiumando di rabbia stava per contrattaccare quando il bestione cadde in terra, come se le gambe fossero incapaci di sostenerlo. Ghignò guardando la Granger che si era appena girata a guardarli, la bacchetta ancora in mano. A malapena si era mossa.

«Fattura Gambemolli, piuttosto elementare. Ma se non vuoi che ti provi cosa può fare una sanguesporco ti consiglierei di non azzardarti mai più a parlare così di Tonks» replicò con gli occhi color miele che brillavano, mentre con l’altra tratteneva Potter che si stava per lanciare con fin troppo entusiasmo nella mischia.

«Io non la farei arrabbiare troppo. Anche se credo che un paio di fatture orcovolanti avrebbero solo il pregio di migliorarti esteticamente» tubò Pansy avvicinandosi con aria svagata e prendendo Draco per le spalle. «E ora muovetevi che non ho intenzione di prolungare quest’agonia. Io al contrario vostro avrei qualcosa di più interessante da fare»

«Tipo farti Weasley? Merlino, Pansy come sei caduta in basso» rimbeccò la Bulstrode con aria di sfida.

Pansy la squadrò con occhi diventati freddi e duri come fatti di pietra battendo sullo stemma di prefetto. «Tipo studiare come stringere il tuo grosso collo da maiale senza rovinarmi lo smalto. E se ti azzardi a riaprire bocca tolgo dieci punti a Serpeverde per avere un dannato erumpent con la parrucca tra i suoi studenti»

«Cosa credi che dirà Piton, cretina?»

Pansy scrollò le spalle, noncurante e con uno strano sorriso.

«Oh credo che già lo sappia che sei nella nostra casa, Millie. E direi che potrebbe essere molto più irritato se scoprisse che l’intera classe ha fatto incazzare la professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure» si intromise Blaise in tono leggero, sbattendo gli occhioni e indicando con il capo Tonks i cui capelli avevano assunto una preoccupante sfumatura magenta.

Avvicinandosi alla professoressa Pansy prese per un braccio Draco e lo spinse insieme a Blaise dal lato opposto rispetto ai grifondoro.

«Dobbiamo ristabilire la gerarchia Malfoy. E dobbiamo farlo ora» gli bisbigliò in un orecchio. 

Draco annuì lanciando un’ultima occhiata animosa al nuovo trio della corte dei miracoli che attentava al suo predominio su Serpeverde si costrinse a girarsi verso la cugina e il gigante che guardavano soddisfatti una serie di segni strani incisi nel fango.

In particolare il bastone davanti a loro disegnò nell’aria due grandi tratti perpendicolari tra di loro con all’estremità delle specie asterischi, lasciando una scia colorata a mezz’aria.

«Alberi. Quanti di voi hanno mai pensato che possano essere pericolosi? A parte il platano picchiatore, ovviamente. E non sto parlando di foglie o frutti velenosi, per quelli sono certa che la professoressa Sproute possa darvi tutte le informazioni necessarie. Io intendo gli spiriti degli alberi e quelli che utilizzano gli alberi come mezzo di comunicazione» continuò con un gran sorriso mentre la terra davanti a lei si riempiva di simboli.

«Gli alberi sono la rappresentazione perfetta dell’incrocio. Vedete la linea verticale del tronco scende giù in profondità attraversa la terra alla ricerca dell’acqua…» continuò Tonks indicando il primo tratto nel terreno

«Oh, e tutta l’acqua qui la bevono dal Lago Nero, sapete. Per questo gli alberi di Hogsmeade e Hogwarts sono speciali, sissignore. Alberi fantastici, queste creaturine. Non c’è luogo al mondo dove troverete alberi migliori, garantito» borbottò Hagrid sfregandosi le grandi mani soddisfatto.

«Esatto. Secondo alcuni studi questa è la dimensione degli spiriti, dei fantasmi e di tutte le anime che vogliono comunicare con noi. La linea orizzontale invece rappresenta la terra e tutti noi»

Una mano si alzò.

«E questo esattamente cosa c’entra con Difesa contro le arti oscure?»  chiese Patil con tono annoiato che però non scalfì minimamente l’entusiasmo della professoressa.

«Oh lo vedrai mia cara, non tutti gli spiriti possono essere amichevoli sai? Alcuni covano un gran risentimento per quello che abbiamo fatto al loro habitat naturale» continuò con quella voce fin troppo calma che non lasciava presagire nulla di buono. «Oggi vi farò vedere i vari incantesimi per disfarsi di quelli più comuni».

Il che sarebbe stato perfetto un mese fa, stupida Hogwarts non poté fare a meno di pensare Draco. Uno sguardo veloce a Potty e Lenticchia gli confermò che anche dal lato Grifonscemo avevano avuto lo stesso pensiero: ricordavano bene la prima e l’ultima volta in cui avevano scoperto che i suddetti spiriti potessero non essere proprio amichevoli. E il serpeverde ricordava anche qual era stata la geniale soluzione del rosso, che gli era costata un costosissimo e morbidissimo paio di scarpe fatte a mano. Certo poi Pansy aveva utilizzato Weasley come esca a rischio che venisse fatto a brandelli, quindi in fondo in fondo forse erano pari.

Forse.

«E c’era bisogno di venire qui fuori? E perché c’è Hagrid?» continuò lamentosa la studentessa mentre era evidente che la Granger si trattenesse a stento dal maledirla in pubblico. Era probabile che a furia di frequentare serpeverde ne avesse adottato anche i metodi di risoluzione delle controversie.

Il sorriso della strega si illuminò maligno, i capelli che tornavano al rosa bubblegum di quando era contente. Draco per un attimo tremò.

«Oh ma cosa c’è meglio del bosco per mettervi subito alla prova da soli?».

Draco sbuffò.

Lui l’aveva detto.

Quella era mezza Black.

Tutte matte.

 

***

 

Da quando era rientrata ad Hogwarts non c’era stata una sola notte tranquilla per lei: appena chiudeva gli occhi si trovava di nuovo nell’oscurità del bosco di Hogsmeade, incapace di trovare la strada per uscirne. E sempre, inevitabilmente, sola.

Non aveva più visto il cadavere del bambino sopravvissuto ma ogni fibra del suo essere sapeva che era lì, nascosto da qualche parte. Poteva sentire l’odore del sangue inseguirla tra gli alti alberi severi.

E poi aveva iniziato a sentire la voce. Un suono musicale, un tintinnio di campanelle nel vento, eppure capace di graffiarle il cervello.

 

Ogni notte risuonavano nell’oscurità umida della foresta incantata.

E ogni giorno rimbombavano nella sua mente ogni volta che i capelli continuamente in disordine e gli occhiali tondi dalla montatura dorata entravano nel suo campo visivo. Non aveva neanche bisogno di vedere la cicatrice ormai diventata leggenda.

E le parole erano sempre le stesse.

Harry Potter deve morire.

Si chiese quanto avrebbe potuto resistere a quell’ordine. Dentro di sé, da qualche parte in profondità, sentiva che davvero quella era l’unica soluzione

Cercò di concentrarsi sulla lezione di divinazione, chiedendosi ancora una volta cosa fosse che non andava nella Professoressa.

Ecco, se si fosse impegnata abbastanza forse sarebbe riuscita ad arrivare il giorno dopo senza spaccare il cranio del bambino sopravvissuto.

Un giorno alla volta.

Un’ora alla volta.

E poi c’era sempre la possibilità di sfogarsi su Weasley, visto che da quella posizione poteva vedere distintamente la mano di Lavanda Brown posata sulla sua coscia, mentre ridacchiavano di qualcosa.

Evidentemente l’esperienza della sala grande non gli era bastata.

Questa volta avrebbe dovuto essere certa di prendere in pieno la sua zucca vuota. Si chiese distrattamente se una delle sfere da divinazione che brillavano nello scaffale in fondo alla sala potesse servire alla causa.

«Io te l’avevo detto che era una pessima idea» le sussurrò Draco lanciando un’occhiata malevola nei confronti della coppia e nel frattempo prendendole la bacchetta «Facciamo che questa la prendo io fino alle fine della lezione, va bene? Poi possiamo buttarlo giù per le scale insieme a Camomilla»

«Lavanda» ringhiò muovendo appena le labbra e senza staccare lo sguardo dai due. 

In quel momento Harry, che era perso nell’osservare la figura elegante della nuova professoressa china sul suo tavolo, si girò di scatto, a disagio, come se qualcuno lo stesse fissando con insistenza.

In quello stesso momento Lavanda lanciò un urlo che poco aveva di umano, lanciando la tazzina di caffè che teneva in mano.

«Ecco ci risiamo» non poté fare a meno di borbottare il bambino sopravvissuto a Dean Thomas accanto a lui, massaggiandosi la fronte, dove la cicatrice aveva iniziato a pizzicargli spiacevolmente. Probabilmente ora avrebbe fatto come la Trelawney e pronosticato la stupida morte di un coniglio. O avrebbe visto un grosso cane minaccioso che aleggiava nella stanza. Beh, più o meno minaccioso a dire il vero.

Fu la faccia di Ron però a preoccuparlo maggiormente. Il suo migliore amico era diventato pallido come la morte, gli occhi azzurri sgranati in un’espressione di orrore che somigliavano moltissimo alla prima volta che avevano avuto il dubbio piacere di conoscere Aragog.

La professoressa si avvicinò al tavolino, dove dalla porcellana rotta fuoriusciva un liquido denso e viscoso, dall’odore inconfondibile. Sfiorò appena la macchia che si stava formando e si guardò le dita tinte di rosso.

«Interessante fare lezioni con voi» disse calma come se qualcuno le avesse appena chiesto maggiori informazioni sulla divinazione degli auguri «E ora direi che la lezione è finita. Forza, sparite»

«Non sei stata tu vero?» chiese a mezza voce Blaise seguendo lo sguardo preoccupato di Draco. Entrambi si presero un’occhiata che avrebbe fatto invidia al miglior basilisco.

«Era solo per chiedere.» borbottò l’amico a mezza voce alzando le mani in segno di resa «Capirai che la coincidenza è particolare»

La Brown ancora tremante fece per alzarsi ma Niamh la costrinse dolcemente a stare seduta «Signorina Brown, meglio che resti qui, scriverò io al Professor Piton per scusarti» disse mentre un elegante cartoncino verde scuro volava tra le sue mani. Scrisse due righe prima di sigillarlo e consegnarlo a Draco.

«Perché io? Non è neanche nella mia casa» si lamentò senza però ottenere risposta.

«Ma la Signorina Parkinson si» chiosò la strega lanciando alla ragazza un lungo sguardo «E gradirei che restasse anche lei, sono certa che Severus non avrà obiezioni. E ora sparite, se non volete che tolga cinquanta punti a Serpeverde. E cinquanta a Grifondoro, se il Signor Weasley e il Signor Potter provano ad obiettare.»

Mordendosi la lingua il bambino sopravvissuto prese per un braccio il suo migliore amico e dall’altro la piaga sociale della sua vita e li trascinò entrambi per le scale, ignorando i loro commenti astiosi.

«Ti aspettiamo giù, Pansy» disse invece Blaise con voce tagliente senza staccare gli occhi dalle tre streghe, prima di girarsi e molto lentamente raggiungere i compagni di casa.

 

***

«L'hai tenuto in vita perché possa morire al momento giusto?»

«Non esserne stupito Severus. Quanti uomini e donne hai visto morire?»

«Di recente, solo quelli che non sono riuscito a salvare» rispose Piton. Si alzò. «Tu mi hai usato [...] Ho fatto la spia per te, ho mentito per te, ho corso rischi mortali per te. Credevo che servisse a proteggere il figlio di Lily Potter. Adesso mi dici che l'hai allevato come una bestia da macello…» ***

 

«Farai quello che ti ho chiesto, vero? Non ho più molto tempo»

 

Una madre normale probabilmente avrebbe insegnato alla figlia a non origliare e ad avere rispetto degli spazi altrui. Peccato che la sua di madre di normale avesse ben poco e quindi si fosse persa questa piccola parte della sua educazione. Anzi, secondo la sua illustre genitrice, che in questo rivelava tutto il suo animo serpeverde, avere più informazioni possibili era sempre qualcosa da coltivare con cura. Per fare cosa, per fortuna aveva evitato di specificarlo.

E quindi in fondo era anche colpa sua se aveva del tutto casualmente ed innocentemente fatto scivolare un paio di orecchie origlianti opportunamente ridotte nella tasca di quell’inquietante mantello che Piton si ostinava a portare. Certo, il suo intento originario era solo di provare che lo scorbutico professore di Pozioni non era l’intelletto superiore che pensava di essere. O al massimo di approfittare di qualche sua debolezza per fare qualche scherzo più o meno innocente. 

Di certo non si aspettava di vedere crollare tutte le sue certezze.

Sentì il respiro che le si mozzava, incapace di elaborare quello che aveva appena sentito.

Harry era l’ultimo Horcrux, quello che non riuscivano ad identificare in nessun modo.

E Silente l’aveva sempre saputo.

Peggio.

Silente stava allevando una vittima sacrificale.

Non era possibile, doveva aver capito male. Sicuramente c’era un malinteso.

Eppure le parole di Piton scavavano la sua anima come se fossero lame di un coltello incandescente. Istintivamente si portò la mano sul ventre appena arrotondato, cercando conforto in quel segno così tangibile d’amore. 

Remus.

Come avrebbe fatto a dirgli una cosa del genere? Se non l’avesse sentito con le sue stesse orecchie anche lei avrebbe pensato fosse una storia assurda.

Albus Silente non solo era il più grande Preside che Hogwarts avesse mai avuto. Non solo era uno dei più grandi maghi viventi.

Silente era Casa.

Nessuno poteva dimenticare quanto avesse fatto per tutti loro, i disadattati, quelli diversi.

I mostri in un mondo dove le creature fantastiche erano la normalità, le streghe e i maghi che deviavano dal modello non avevano un posto.

Un lupo mannaro. Una mutaforma.

Diversi da tutti. Incapaci di conformarsi.

Silente li aveva accolti, lasciando loro il tempo di scoprirsi, di accettare che il mondo fosse un posto anche per loro, certi che ad Hogwarts chiunque chiedesse aiuto sarebbe stato certo di trovarlo.

Il preside lo ripeteva sempre.

Era per questo che le aveva chiesto il favore di passare quei mesi a scuola: l’aveva pregata di accettare l’incarico per proteggere gli studenti, visto che il Ministero non accettava l’idea che Voldemort fosse ancora in vita.

Avevano parlato degli Horcrux rimasti, delle strane aggressioni che si erano verificate nel corso delle ultime settimane, delle preoccupazioni della McGranitt.

Mai, mai una volta le era venuto in mente che potesse usare tutti loro come pedine.

Per quale scopo poi? Davvero sarebbe arrivato ad uccidere Harry Potter?

Non era possibile. Doveva esserci una spiegazione

Un singhiozzo spezzato richiamò la sua attenzione. Alzò appena gli occhi per trovarsi di fronte una ragazzina del quinto anno, gli occhi rossi di lacrime e le trecce bionde ridotte ad un groviglio informe.

 

«Hannah, cosa c’è? Stai male?» chiese allarmata, la bacchetta che aveva tirato fuori istintivamente che fremeva nelle sue mani. Si costrinse a rimetterla dentro e a respirare. La ragazza non avrebbe dovuto essere in giro a quell’ora ma non aveva nessuna intenzione di riportarla di corsa ai dormitori. 

«Ho un po’ di cioccolata, la vuoi? Aiuta sempre» Tonks parlò con dolcezza avvicinandosi alla ragazza e stringendola in un abbraccio protettivo. Scacciò con un gesto stizzito una falena grigiastra che le orbitava attorno «Dannate bestiacce»

Poi con orrore si accorse che sul vestito della Abbott c’era una grossa macchia nerastra e appiccicosa, un odore pungente inconfondibile

Solo dei malefici lasciavano dei segni cosi

«Hannah, cosa è successo?» ripeté sempre più allarmata, ricavandone solo un pianto ancora più disperato.

La strinse forte cercando di pensare. Doveva avvertire Silente, subito.

Ma prima doveva cercare di far parlare la ragazza, che ormai fissava il vuoto catatonica.

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