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Autore: Il cactus infelice    13/06/2022    2 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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IL PASSATO

Dudley non lo chiamava mai, o meglio, quasi mai. Lo chiamava per il suo compleanno, per fargli gli auguri di Natale o Capodanno. A volte gli mandava degli stupidi meme e Harry gli rispondeva con delle emoji che ridevano e la conversazione finiva lì. A Harry andava bene, Dudley apparteneva a un capitolo della sua vita che aveva dovuto affrontare in mesi e mesi di terapia e che gli aveva fatto realizzare cose poco piacevoli.
Perciò quando lo chiamava al telefono in un giorno al di fuori degli eventi sopracitati, Harry sapeva che qualcosa era successo. L’ultima volta era perché sua zia, malata di demenza senile, aveva voluto chiedergli perdono prima che fosse troppo tardi. E quel giorno non fu un’eccezione.
Harry premette il bottone verde della chiamata e portò il cellulare all’orecchio. 

“Dudley?” 

“Ehm, Harry ciao. Scusami il disturbo. So che è una chiamata improvvisa e fuori dai nostri schemi, ma… Mia madre è… E’ venuta a mancare ieri sera. Il funerale sarà questo sabato e… So che non eravate in buoni rapporti, anzi, è dir poco, però ecco… Mi piacerebbe se ci fossi. Capirei però se tu… Tu non volessi, in fondo non è che mia madre si sia comportata bene con te e…”.

“Dudley!” lo bloccò Harry vedendo che quel discorso sconnesso stava andando a parare per le lunghe e, soprattutto, stava mettendo a disagio il cugino. “Non ti preoccupare. Ci sarò al funerale. Mandami l’indirizzo e l’orario. E… Le mie più sentite condoglianze”.

“Grazie cugino. Ti mando tutto. A presto”. 

La telefonata si chiuse e Harry appoggiò il telefono sulla scrivania con un tonfo secco, cercando di metabolizzare la conversazione appena avuta. Si lasciò andare contro lo schienale della sedia da ufficio, che cigolò leggermente sotto il suo peso, e chiuse gli occhi, premendosi la radice del naso con indice e pollice. 

Era… strano. Non poteva dire di sentirsi triste perché… Be’, da un po’ di tempo a questa parte non provava più dell’affetto per zia Petunia, semmai ne avesse provato, e la sua morte non avrebbe davvero impattato la sua vita. Però era una sensazione che non lo lasciava totalmente indifferente. Era come se una porta della sua vita si fosse chiusa dietro di lui e non era esattamente sicuro di come doverlo interpretare. Non era sicuro se fosse un bene o un male o se avrebbe dovuto rifletterci sopra. 

Ma senza più i suoi zii - Vernon era morto cinque anni dopo la guerra per un infarto improvviso dovuto anche al suo eccessivo peso, tra le altre cose - era come se finalmente fosse libero da quel fardello. Anche se la vera realizzazione di tutto questo, nonché i sentimenti che ci giravano attorno, gli sarebbero arrivati solo giorni dopo, probabilmente a seguito del funerale.
Aveva detto a Dudley che sarebbe andato, ma non ne era sicuro. Gli credeva quando il cugino gli aveva detto che gli avrebbe fatto piacere la sua presenza, probabilmente a Dudley avrebbe fatto piacere avere qualcuno che fosse stato veramente vicino alla sua famiglia e non solo parenti lontani che vedevano una volta all’anno o anche meno. E che non avevano la minima idea di come fossero i Dursley.

Harry si alzò di colpo dalla sedia e uscì dall’ufficio, diretto verso le scrivanie degli Auror. Naturalmente non poteva tenere quella notizia per sé. 

“Ehi, capo!” esclamò Cisco non appena lo vide arrivare. 

La sede degli Auror era piuttosto vuota, le scrivanie lasciate piene di fogli e documenti in disordine perché a quell’ora erano tutti in giro a fare ricognizione o a rispondere a qualche emergenza.
C’erano solo Cisco, Tonks e Lily. Fu proprio su quest’ultima che si posò lo sguardo su Harry. 

“Ti posso parlare un attimo?”

Lily annuì con uno sguardo preoccupato e si alzò dalla sua postazione.
“L’ufficio di Sirius è vuoto?”
“Sì, è uscito con James”.

“Andiamo lì”. 

Harry si diresse a passo rapido verso l’ufficio del capo Auror che era più vicino del suo e chiuse la porta non appena Lily entrò, lanciando un Muffliato perché nessuno potesse sentire. 

“Mi dispiace se te la butto così, ma… Mi ha chiamato mio cugino Dudley e… Petunia è venuta a mancare l’altro giorno. Sabato ci sono i funerali”. 

“Oh”, disse semplicemente Lily, abbassando lo sguardo, gli occhi pieni di confusione e stupore.
Harry capiva la sensazione, probabilmente erano le stesse cose che erano passate per la testa a lui poco prima. 

“Dudley mi ha invitato al funerale”, disse l’uomo guardando la madre con un’espressione che sembrava essere pronta a qualunque reazione l’altra avesse avuto. 

“E ci vuoi andare?” gli chiese lei. 

Harry scrollò le spalle. “Non lo so. Gli ho detto che sarei venuto e non mi va di mancare alla parola. Ma… Non voglio andare da solo”.

“Puoi chiedere a Ginny”.

“Sì, ma… ecco, magari ti farebbe piacere andare. So che i rapporti con tua sorella non erano dei migliori, ma… E’ pur sempre il suo funerale”.
Lily annuì, sempre senza incontrare lo sguardo del figlio. Poi fece un grosso sospiro. “D’accordo. Ti accompagnerò”.
Harry fece un sorriso mesto. “Grazie. Se… Se ti va di parlarne, io…”. 

Lily lo bloccò appoggiandogli una mano sul braccio e alzando gli occhi su di lui, una dolcezza nello sguardo che quasi lo sciolse. “Lo so. E magari lo faremo. Ma non ora. Non… Devo metabolizzare un po’ di cose e penso anche tu”. 


Si stava rivelando essere una giornata lunga e lenta. Incredibilmente lenta. Non ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva avuto una giornata così lenta. Sembrava che le ore non volessero passare mai. Perché le giornate brutte dovevano passare così lentamente, mentre quelle belle passavano in un attimo? Si chiedeva Harry mentre con un colpo di bacchetta oscurava leggermente le finestre. 

Era tardo pomeriggio e il sole aveva iniziato a battere contro le grandi finestre del suo ufficio scaldando la stanza della calda aria estiva. 

Oltretutto, un fastidioso mal di testa iniziava a bussargli alle tempie e aveva come l’impressione che non gli sarebbe passato tanto facilmente. 

Doveva solo superare quell’incontro con Regulus e poi magari sarebbe potuto tornare a casa, crollare a letto e farsi fare un massaggio da Ginny, magari insieme a una bella doccia fredda. 

Regulus gli stava spiegando da cinque minuti quello che aveva scoperto delle sue analisi della pozione misteriosa. 

“E come avrebbe fatto una semplice pozione a… resuscitare tutte queste persone? Corpi, ricordi e… Insomma, tutto ciò che fa di una persona una persona?” domandò Harry, gli occhi socchiusi e la testa appoggiata allo schienale della poltrona. Intanto continuava a passarsi una pallina da tennis tra le mani. 

“Non credo sia stata sufficiente solo la pozione. Ci sono pozioni - pozioni molto potenti e molto pericolose - che richiedono di essere accompagnate da incantesimi specifici”. 

Harry sospirò e aprì gli occhi piano. “”E immagino che noi non abbiamo idea di quale sia questo incantesimo”.

Regulus scrollò il capo. “No. Abbiamo solo questi ingredienti”. indicò col dito il foglio con la lista degli ingredienti della pozione che aveva fatto cadere sulla scrivania di Potter. “Ma… Posso provare a cercare nei libri di Necromanzia. Magari trovo qualcosa. Narcissa me ne ha prestato uno della sua libreria. Le case dei Purosangue - be’, della maggior parte dei Purosangue - erano pieni di questi libri”.

“D’accordo. E per quanto riguarda la tua teoria dell’Horcrux? Pensi ancora che ce ne sia uno in giro?”

Regulus sbatté le palpebre un paio di volte e fece scorrere lo sguardo sull’ufficio, prima di posarlo nuovamente su Harry. Non si era affatto scordato la reazione che l’uomo aveva avuto l’ultima volta che ne aveva parlato, e pensò bene di pesare le parole. “Credo che sia plausibile. Se lo scopo di Zeudi è resuscitare Voldemort, be’, le servirà qualcosa di veramente forte. Un conto è far tornare in vita una persona… Diciamo normale, un conto è far tornare qualcuno che ha diviso la propria anima in sette parti. Significa dover ricomporre quell’anima, tra le altre cose. E poi, non sono per nulla convinto che tu fossi un Horcrux. Come ho detto, due anime contenute in uno stesso corpo… Sarebbe stato troppo persino per te. Una delle due avrebbe preso il sopravvento e ti avrebbe portato alla pazzia. E’ più probabile che in te ci fosse… Un pezzo di magia di Voldemort, una sorta di legame… Mistico, ma non un Horcrux. L’Horcrux è tutta un’altra cosa”. 

Harry annuì quasi impercettibilmente abbassando lo sguardo sulla scrivania; gli occhi catturarono le parole sul pezzo di carta di fronte a lui ma senza leggerle. “E pensi che Zeudi possa aver trovato l’Horcrux?”

“Difficile a dirsi, ma… Se così fosse avremmo già Voldemort alle calcagna. Penso che tuttavia quello sia il suo intento e che abbia resuscitato i Mangiamorte anche per questo. Forse non sa dov’è”.
“Ma potrebbe sapere di che oggetto si tratta”.

“Non lo so”.

Ora il mal di testa di Harry aveva definitivamente ottenuto l’accesso alle sue tempie.
“Il problema è che se lei ha queste informazioni… E’ decisamente un passo avanti a noi. E non possiamo permetterci che Voldemort ritorni. Non ho fatto tutta quella fatica a sconfiggerlo per vederlo ritornare e uccidere altre persone”. 

Regulus non seppe che dire. Non c’era niente che potesse dire che potesse veramente rassicurare l’uomo di fronte a lui. Nemmeno lui voleva Voldemort di nuovo tra i piedi, Salazar solo sapeva quanto avesse sacrificato a causa di quell’uomo. 

“Quando i Mangiamorte hanno attaccato l’appartamento di Lily e James… Stavano cercando qualcosa. Forse era quello. Forse sospettavano che avessimo l’Horcrux”. 

Harry alzò gli occhi sul ragazzo, la cicatrice ben visibile sulla fronte. “Perché avrebbero dovuto pensare che ce l’avessero loro? O qualcuno di noi?”

“Non lo so. Ma forse l’Horcrux è più vicino di quello che pensiamo. O forse stanno andando a tentoni anche loro”. 

Il più anziano si alzò con un colpo di reni e si avvicinò a una delle grandi finestre dando le spalle a Regulus, come se volesse guardare fuori, ma erano oscurate. L’altro lo osservò spostarsi, rimanendo seduto. Non sapeva esattamente per quale motivo, ma Harry in quel momento gli ricordava un po’ Silente, senza la barba lunga e i capelli bianchi ovviamente, nonché quei vestiti fatiscenti, ma qualcosa nel suo sguardo un po’ stanco e un po’ pensieroso e nella sua postura gli fece passare quel flash davanti agli occhi. Gli venne quasi da ridere. 

“Dove pensi che possa trovarsi questo Horcrux? E soprattutto, quale potrebbe essere?”
“Un posto significativo per lui, immagino. Come tutti gli altri. E lo stesso vale per l’oggetto. Qualcosa… Qualcosa che magari ha posseduto”. 

Harry infilò le mani in tasca per prendere una sigaretta e se l’accese con un accendino. Poi si girò verso Regulus e rimase qualche istante a scrutarlo. 

“Sappiamo che i precedenti Horcrux erano stati messi in luoghi che lui aveva frequentato. La caverna che aveva visitato da bambino, Hogwarts, la casa dei Gaunt…”. Harry si bloccò di colpo e lo sguardo, già fisso sul giovane, si fece quasi sospettoso. “Voldemort aveva dato due dei suoi Horcrux a due Mangiamorte, Bellatrix e Lucius Malfoy”.

Regulus inclinò il capo da un lato intuendo dove l’altro volesse andare a parare. 

“Non per essere irrispettoso, ma… Voldemort non ti ha mai consegnato qualcosa di valore, un oggetto, chiedendoti di custodirlo?”

Il ragazzo piegò un angolo della bocca verso l’alto in una smorfia quasi divertita. “No. Non mi ha mai dato niente”.

“Ne sei sicuro? Dato che ti considerava il suo Mangiamorte più fedele…”.

“Voldemort non mi ha mai considerato il suo Mangiamorte più fedele”, lo bloccò Regulus, alzando leggermente il tono di voce ma senza voler dare l’impressione che la domanda lo avesse seccato. “Capisco da dove arrivi questa convinzione. I miei genitori hanno messo in giro quella voce e… Sai com’era la mia famiglia. Ero ben lontano dall’essere il Mangiamorte più fedele. Non voleva nemmeno diventare un Mangiamorte per cominciare”. 

Harry appoggiò la testa contro la finestra dietro di lui e si sentì un piccolo colpo dove la testa entrò in contatto con il vetro, inspirando un paio di boccate di fumo. “Hai ragione. Scusami. Immagino che dovremo fare una lista di tutti i possibili luoghi dove Voldemort potrebbe avere nascosto l’Horcrux”, disse allora Harry, decidendo che cambiare discorso era l’approccio migliore. “E magari impegnarci a trovare Zeudi. E’ lei il nostro target. Capire chi è e da dove viene e perché è così interessata a Voldemort. Dubito che gli altri Mangiamorte ne sappiano di più. Abbiamo interrogato Minus in lungo e in largo ma lui non sa nulla di Horcrux o dei piani di Zeudi”. 

“D’accordo”. 

Regulus si alzò e mise a posto la sedia, posizionandola in linea con la scrivania. 

“Intanto darò un’occhiata agli altri libri sulla Necromanzia”.

“Grazie, Regulus. Apprezzo molto”. 

Regulus fece un piccolo cenno col capo e si diresse verso la porta.

“Regulus!” lo richiamò Harry. 

Il ragazzo alzò un sopracciglio, in attesa.
“Bel tatuaggio”.

Regulus lasciò l’ufficio con un piccolo sorriso sulle labbra che gli rimase impresso finché non passò alla postazione degli Auror. Lanciò un’occhiata verso le scrivanie quando sentì la voce di suo fratello esclamare: “Fratellino!”

Regulus spostò lo sguardo su Sirius osservandolo mentre gli veniva incontro. “Com’è andato l’incontro con Harry?”

“Bene”.

“Che ne dici se stasera vieni con me e i ragazzi al nostro solito posto?”
“Tu e i ragazzi, sarebbe?”
“I Malandrini. E Lily e Dora”.

Il più giovane scrollò le spalle. “Va bene”. 


C’era qualcosa di ironico, pensò Harry, nel fatto che un anno fa, circa nello stesso periodo, aveva partecipato a un altro funerale. Quella volta era il funerale di una persona che conosceva a malapena, e sicuramente i sentimenti erano diversi, ma la cosa che accomunava quel funerale e questo di adesso era questa sensazione di distaccamento. 

Dopo aver metabolizzato la morte di zia Petunia, Harry era andato avanti con la sua giornata. Non sapeva esattamente che cosa avesse temuto di quel funerale. Era stata una cerimonia abbastanza normale, anonima a tratti. Lui e Lily avevano salutato Dudley, che li aveva ringraziati profusamente per essere andati, la moglie - ex moglie - e i figli, che sembravano enormemente annoiati.
I partecipanti non erano tanti, forse una manciata, principalmente donne del club di cucito che Petunia aveva frequentato, almeno quelle che le erano rimaste amiche perché dopo che si era ammalata di alzheimer non pochi si erano allontanati, e parenti del marito defunto, tra cui zia Marge che si era limitata a fare un cenno di saluto in direzione di Harry quando lo aveva visto, e l’uomo di certo non sarebbe andato a porgerle la mano. Aveva come l’impressione che quella donna sarebbe sopravvissuta persino a lui e a Dudley. 

La messa del funerale si tenne nella piccola chiesetta di Little Whinging, non lontana dal numero quattro, che Petunia e Vernon avevano forse frequentato un paio di volte in tutto solo per fare impressione su qualche vicino o qualcuno di importante nel loro circolo di conoscenze. 

Il prete che tenne la messa aveva una voce monotona e abbastanza tediosa, a Harry ricordava un po’ il professor Ruf di Storia della Magia, ma non gli sembrava il caso di addormentarsi a un funerale. Lui e Lily si lanciavano occhiate di tanto in tanto, per rassicurarsi del reciproco stato d’animo, e Harry fu contento di poter avere la madre accanto in quel momento; sentiva che erano sulla stessa lunghezza d’onda e, se Harry si sentiva a disagio in mezzo a quelle facce sconosciute o semi-sconosciute, almeno poteva contare su Lily. Avevano stretto qualche mano, si erano presentati come il nipote e un’amica. Lily si chiedeva se qualcuno di loro sapesse anche solo vagamente che Petunia aveva avuto una sorella minore. 

Accompagnarono la bara fino al cimitero dove Dudley tenne un discorso abbastanza stentato su quanto sua madre fosse la madre perfetta - Dudley non era mai stato bravo coi discorsi - seguito poi da zia Marge che invece aveva praticamente fatto un elogio sul fratello Vernon e su quanto Petunia fosse stata fortunata ad avere avuto accanto un marito come lui, e poi un paio di amiche, una delle quali probabilmente erano dello stesso centro per anziani dove era stata ricoverata Petunia perché continuava a sbagliarsi e a chiamarla Connie e la sua assistente la correggeva imbarazzata. 

Ci fu persino qualche lacrima, ma Harry faticò a credere che fossero vere. Ma forse era troppo di parte e troppo ferito dal suo passato per credere che zia Petunia potesse aver veramente fatto breccia nel cuore di qualcuno da suscitare quella reazione per la sua scomparsa. Petunia venne sepolta accanto al marito. Harry non era stato al funerale di Vernon, non se l’era sentita. Aveva appena avuto James e si trovava in quella fase delicata in cui stava cercando con tutto sé stesso di mantenersi pulito e lavorare sulla propria salute mentale, nonché tenere al sicuro la moglie dalle minacce che stava ricevendo a causa di un articolo che aveva scritto per la  Gazzetta. Rivivere la sua infanzia era l’ultima cosa che voleva.

“A casa c’è un piccolo rinfresco, se volete”, disse Dudley avvicinandosi ai due quando tutto si concluse. 

“Ehm, certo!” esclamò Lily. 

“Ti ricordi la strada?” domandò poi Dudley guardando il cugino. 

“Sì, ci vediamo lì”.

La sua vecchia casa d’infanzia non era cambiata affatto. Nessuno ci aveva vissuto da quando Petunia era stata messa in ricovero; Dudley aveva una casa sua - Harry non sapeva esattamente dove vivesse da dopo il divorzio - però ogni tanto tornava a Privet Drive, più che altro per controllare la posta e le condizioni della casa. Chissà cosa ne avrebbe fatto ora. Harry sapeva che quella casa non sarebbe di certo andata a lui e se anche Dudley l’avesse voluta condividere, Harry non voleva averci nulla a che fare.
Entrare lì dentro, guardare quegli spazi che per tanto tempo erano stati dimora della sua infanzia tormentata era già troppo per lui. Perciò si buttò sul tavolo che raccoglieva alcuni bicchieri con del vino e lasciò perdere quello con il cibo.
Lily era dovuta andare in bagno e Harry, per non starsene solo con le mani in mano e non dover interagire con le persone che gli stavano attorno, uscì in giardino e si accese una sigaretta. Faceva piuttosto caldo e il completo cominciava a stargli stretto. 

La madre lo trovò alcuni minuti dopo, anche lei con un bicchiere in mano. 

“Stavo facendo un giro della casa mentre tornavo dal bagno”, disse lei, posizionandosi esattamente accanto ad Harry e guardando le siepi ben potate e i giardini ordinati dei vicini. “Non saprei dire quale fosse la tua camera”. 

Harry piegò le labbra in un piccolo sorriso amareggiato. “Il sottoscala”.

“Cosa?”
“Il sottoscala è stata la mia stanza fino a che non sono partito per Hogwarts. Dudley aveva due stanze, una per dormire e una per i giochi. Dopo hanno dovuto dare quest’ultima a me perché zio Vernon aveva paura che Silente lo venisse a cercare. E anche perché il sottoscala era diventato piccolo”.

Lily ora si girò a guardare il figlio, inclinando la testa indietro per vederlo bene, negli occhi un’espressione sconvolta e incredula. Si sentì il cuore sprofondare nello stomaco.
“Io… Io”. Si bloccò, qualsiasi parola che aveva pensato di dire le morì in gola. L’unica cosa che provava era una straziante furia verso sua sorella e la cosa che le faceva ancora più rabbia era che era morta e non poteva prenderla a calci nelle gengive. Solo un anno fa l’aveva vista, confusa e in frantumi, e non se l’era sentita di infierire. Ma ora… Ora davvero sarebbe morta nuovamente per andare a prenderla a calci. Pure all’inferno. 

“Io non so cosa dire, Harry”.

“Non devi dire niente, Lily”, rispose l’uomo, abbassando lo sguardo su di lei e mostrando un sorriso piccolo ma dolce. “Non c’è niente da dire”.

Lily spostò lo sguardo sulla strada, perdendo la voglia di bere il vino nel bicchiere. Non era neanche un buon vino.
“So che probabilmente non ti va di parlarne, ma… Ci sono così tante cose che non mi hai detto e che vorrei sapere”.

Harry inspirò una boccata di fumo di sigaretta. “Lo so. E’ solo che non mi va di rovinare i bei momenti che possiamo costruire con storie del passato. Però se è quello che vuoi… Possiamo parlarne un giorno”.

“Non voglio che ti senta costretto”.

“No, non mi sento costretto. Capisco che tu e James abbiate tante domande e… Qualche risposta ve la devo. Ma ora vorrei davvero andare via da questo posto”.

“Sei sicuro? Dudley…”.

“Ho mantenuto la promessa a Dudley. Possiamo andarcene”.

 

***
 

Buonsalve, come va?
Spero che la vostra settimana sia iniziata nel migliore dei modi. 

Spero che con questo capitolo la questione della pozione sia un pochino più chiara, perché alcuni di voi mi hanno espresso un po’ di dubbi e un po’ di confusione ^^ Lo capisco. 
A volte capita anche a me di essere confusa dalla mia stessa storia hahahaha. 

Il funerale di zia Petunia mi sembrava doveroso. Il passato di Harry verrà sempre a tormentarlo, volente o nolente. Ma almeno ora ha la sua famiglia accanto. 

Fatemi sapere e alla prossima!
C.

   
 
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