Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Autumn Wind    14/06/2022    3 recensioni
Raccolta di missing moments della long Wish you were here.
La vita di Hermione e Severus alla fine della battaglia al Ministero, tra i rispettivi lavori, un matrimonio ed una figlia fin troppo simile a loro, è stata relativamente tranquilla … relativamente, perché quando due dei più potenti maghi della storia incrociano il loro cammino, tra pozioni ed incantesimi, qualcosa di magico, in fondo, deve pur succedere …
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

4.
Riddikulus

[Incantesimo che rende innocuo un Molliccio. Perché sia efficace bisogna concentrarsi su come rendere il Molliccio ridicolo.]
“Scorpius? Ehi, Scorpius!”
Il giovane Malfoy sobbalzò, come colpito da un sasso in pieno viso. Si volse di scatto, passandosi una mano pallida sul volto esangue e sui chiarissimi capelli biondi prima di puntare i languidi occhi grigi sulle persone sedute di fronte a lui sull’Hogwarts Express.
Eileen Piton ed Albus Potter lo stavano fissando con apprensione dai loro posti, l’una con un romanzo francese aperto in mano e l’altro con una cioccorana sul palmo. “Sto bene, non preoccupatevi per me.” sentenziò, lapidario, stringendosi nella giacca nera. Eileen si scostò la frangia dei lungi capelli neri dal viso e prima di sporgersi leggermente verso di lui. “Te la senti? Sono sicura che, se non ti sentissi pronto, la preside potrebbe …” mormorò. “No, sto bene. Lei è … è successo due mesi fa. E non avrebbe voluto questo. Sto bene.” biascicò a fatica, sforzandosi di non guardarla: sapeva che incontrare i suoi occhi neri e liquidi non avrebbe potuto frenarlo dallo scoppiare di nuovo a piangere come il bambino indifeso che era.
“Vuoi una cioccorana, Scorp?” domandò innocentemente Albus. Malfoy sollevò lo sguardo, incontrando quello smeraldino e benevolo del giovane Potter. Deglutendo, annuì ed iniziò a masticare il dolce a piccoli morsi, lentamente. Quasi soffocò nelle sue stesse lacrime mentre ingoiava piano ogni boccone, rammentando di quanto sua madre le adorasse e di quante volte gliele avesse date, persino il giorno in cui era partito per Hogwarts la prima volta. “Le caramelle sono un ottimo modo per fare amicizia!” gli aveva detto, facendogli l’occhiolino. Al solo ricordare i grandi occhi grigioverdi di Astoria ed il suo sorriso gli mancò il fiato, ma non volle comunque guardare i suoi due migliori amici in apprensione per lui per l’ennesima volta. Solo così avrebbe potuto definire Eileen ed Albus, dopo due anni assieme ad Hogwarts.
La loro amicizia era nata per puro caso: erano gli unici tre emarginati del dormitorio di Serpeverde. Per gli altri, Scorpius era o un Mangiamorte o un traditore del sangue, Eileen una specie di mostro, frutto di un’unione degenere ed Albus la pecora nera di un’illustra famiglia, anch’essa traditrice del sangue. Allearsi era stata una necessità, inizialmente, ma, con il tempo, era diventata una scelta: avevano tre caratteri che si completavano a vicenda. Scorpius era il classico secchione riflessivo e timido, che cercava nei libri tutte le risposte, sapeva sempre tutto, ma non riusciva a spiccicare due parole in croce con altre persone, Eileen era altrettanto intelligente e forse più capace, ma non si faceva affatto problemi a dire sempre quello che pensava, anche quando non avrebbe dovuto, mentre Albus era pigro, temeva sempre di deludere qualcuno e, essendo bonario, non amava litigare ed arrancava per arrivare a stento ad una A.
Oramai da due anni erano inseparabili, nonostante tutto … erano venuti anche al funerale di Astoria, in quel torrido pomeriggio di luglio. Erano rimasti accanto a lui sulla tomba, vestiti di nero e con espressioni mortificate, quasi fosse colpa loro. Non avevano saputo cosa dire e, semplicemente, Eileen l’aveva abbracciato ed Albus gli aveva cinto le spalle.
Per i due mesi successivi, non aveva voluto vedere nessuno ed i suoi amici avevano capito … ma ora sarebbe tornato ad Hogwarts. Non sapeva se avrebbe retto alle occhiate di tutti anche lì … quel che era certo era che doveva quantomeno provarci: la mamma l’avrebbe voluto. Gliel’aveva detto, in punto di morte: “Vivi più che puoi, ama, soffri, ma vivi, per l’amor del cielo, Scorpius, vivi senza paura. Vivi anche per me … io sarò sempre con te, anche se non potrai più vedermi.”
Gliel’aveva promesso, le aveva giurato che sarebbe stato forte … ma non c’era riuscito. Aveva pianto ogni giorno per tutti quei due mesi, raggomitolato sotto le coperte, nascondendosi dai nonni che lo riempivano di attenzioni per cercare di farlo uscire dalla sua camera. Suo padre se ne stava rinchiuso nel suo studio e, le poche volte che ne usciva, era talmente serio e rigido da far pensare che fosse un automa. Non sembrava più in grado di provare niente e non riusciva neanche a guardare il figlio negli occhi.
Scorpius aveva accolto il 1° settembre come una salvezza, un liberarsi dai vecchi fantasmi di una casa impregnata di tristezza e di vuoto. Ma la cruda verità era che, anche sull’Hogwarts Express, non aveva fatto che fissare il finestrino e trattenere le lacrime vedendo il panorama tingersi di rosso, arancione e giallo al pensiero che l’autunno fosse la stagione preferita di sua madre.

Remus Lupin non avrebbe mai rivelato che la sua lezione preferita di tutto il programma dei sette anni di Difesa contro le Arti Oscure era quella su come difendersi da un Molliccio all’inizio del terzo anno.
Segretamente, infatti, gli piaceva vedere gli studenti crescere, imparare a confrontarsi con le loro paure e farsene beffe, superarle, in una parola ed era contento di aiutarli in questa difficile operazione. Per questo, ogni anno, aspettava con ansia il momento della fatidica lezione. Quell’anno in particolare, tuttavia, attendeva con una certa preoccupazione il momento, considerato che sarebbe toccato anche a sua figlia e ai suoi figliocci.
Probabilmente era questo il motivo principale che non lo faceva scherzare come al solito nell’aula polverosa avvolta nella penombra di Hogwarts dove il vecchio armadio sobbalzava e tamburellava, nervoso, di fronte al terzo anno di Grifondoro e Serpeverde riunito per assistere alla lezione.
Lupin aveva appena terminato di illustrare le caratteristiche di un Molliccio e, mentre si preparava a darne una dimostrazione pratica, osservava incuriosito la classe: i Grifondoro, per natura abbastanza sprezzati del pericolo, in gran parte, ridacchiavano tra loro o guardavano di sottecchi i Serpeverde. Soltanto Andromeda Lupin, i capelli castani come quelli del padre, lunghi e leggermente mossi che le ricadevano sulle spalle minute, prendeva compulsivamente appunti. Hugo Weasley, dietro di lei, non faceva che sbadigliare, invece: era un ragazzo intelligente, ma molto distratto. Piton diceva che non si applicava per pigrizia, ma Lupin sospettava che, dietro, c’entrasse qualcosa anche il divorzio dei genitori.
Tra i Serpeverde, annoiati e vagamente infastiditi dalla lezione, dato che non amavano notoriamente mostrarsi deboli, c’era Albus Severus Potter, che, con i brillanti occhi verdi ed i capelli scomposti, fissava l’armadio, vagamente esasperato e disordinato. Lupin stava per richiamarlo all’ordine ed a mettersi composto, ma ci aveva già pensato Scorpius Malfoy, contrariamente a lui precisissimo e sempre impeccabile, i capelli biondi ben tagliati e pettinati con un piccolo ciuffo ed i quaderni ricoperti di appunti ordinati. “Perché dovrei tenere la camicia nei pantaloni?” sbuffò Albus. “Perché sì, siamo a scuola, per Salazar!” sospirò Scorpius, la cui pazienza, per sopportare i suoi due amici, iniziava a sospettare Lupin, era infinita. “Ma non mi va!”
“Albus, cos’hai, cinque anni? Metti quella camicia nei pantaloni, non sei in spiaggia!”
“Altrimenti?”
“Devo davvero dirti cosa succede altrimenti?” ghignò Eileen Piton. A Lupin venne quasi da ridere: era identica al padre. Sempre impeccabile e perfetta, era la secchiona della classe, prima in tutte le materie … e, inevitabilmente, presa costantemente e continuamente in giro, assieme ai suoi due amici. Ma sapeva anche cavarsela particolarmente bene.
“Bene, signori!” annunciò Lupin, ponendosi dinanzi all’armadio. “Ora vedremo come affrontare e sconfiggere il Molliccio … devo avvertirvi, però: non sarà semplice. Di tutte le creature oscure, è senz’altro tra le più infide: si ciba della nostra paura e la usa contro di noi. L’unico modo per sconfiggerlo è affrontarlo, naturalmente … e, per farlo, bisogna guardare oltre la paura e farci beffe di essa. Mi spiego meglio …” sorrise, estraendo la sua bacchetta. “La forma da utilizzare è ‘riddikulus’. Ripetetelo tutti assieme … ancora … molto bene, eccellente. Nel pronunciarla, dovete pensare a come rendere il Molliccio ridicolo, per l’appunto, cosicché non possa più spaventarvi. Facciamo un esempio pratico … Weasley, visto che gongoli tanto!”
Hugo sospirò, rassegnato, avvicinandosi tra le risate generali. “Cosa ti fa più paura in assoluto?” domandò Lupin. “Uhm … non saprei! Mia sorella odia i ragni …”
“Sì, mi ricordo che abbiamo dovuto portarla fuori quando ha affrontato questa prova, ma lo sto chiedendo a te, ora … cosa ti spaventa di più?”
Il giovane parve pensarci prima di mordersi il labbro. “Beh … Piton, forse.”
“Quale?” domandò dal fondo dell’aula la biondissima ed affascinante purosangue Amanda Nott, figlia di Theodore Nott e Pansy Parkinson, scatenando l’ilarità del suo gruppetto di Serpeverde. “Il professor Piton … senza offesa, ‘Leen.”
“Ma figurati.” commentò questa, perfettamente impassibile. Lupin si ritrovò a pensare che invidiava davvero l’autocontrollo dei Piton, doveva scorrere loro nelle vene.
“Benissimo, Hugo. Ora, per facilitarti il compito … prova ad immaginare il professor Piton in abiti ridicoli, ad esempio, non so, quelli di tua nonna … a quel punto, devi dire: ‘riddikulus’, d’accordo? Proviamo?” sorrise incoraggiante Lupin, aprendo l’armadio con un gesto di bacchetta. Proprio come quando, anni prima, si era ritrovato dinanzi al molliccio di Neville, dall’armadio, lentamente, quasi in modo esasperante, strisciò fuori un Severus Piton perfettamente identico all’originale, con tanto di sguardo di sufficienza e mantello svolazzante. Hugo lo fissò a lungo prima di puntargli contro la bacchetta. “Riddikulus!” gridò. Subito, gli abiti di Piton svanirono, sostituiti da uno degli enormi abiti gialli di Molly. L’intera classe esplose in una risata divertita, Eileen compresa. “Bene, ottimo, dieci punti a Grifondoro! Avanti il prossimo!” annunciò Lupin, battendo le mani. Nel giro di una mezz’ora, quasi tutti gli studenti affrontarono le loro peggiori paure, riuscendo, nella maggioranza dei casi, a superarle senza grandi problemi. Tra ragni, cani, clown, acqua e doppie punte, l’aula sembrava diventata un vero e proprio circo. Quando toccò ad Andromeda Lupin, Remus si mantenne volutamente a distanza: cercava sempre di essere neutrale e distaccato nei suoi confronti, anche se ci riusciva molto meno di Severus. Quando il suo molliccio uscì dall’armadio, tramutandosi in un’enorme e perlacea luna piena, la classe ammutolì. Andromeda rimase a fissarla per qualche istante e Remus sarebbe senz’altro intervenuto se sua figlia non fosse stata più veloce di lui. “Riddikulus!” esclamò, puntando la bacchetta. Subito, la luna svanì, sgonfiandosi come un palloncino e Lupin tirò un sospiro di sollievo. “Ottimo, brava!” annuì, fingendo di ignorare il fatto che sua figlia si fosse precipitata a sedersi accanto ad Eileen, sua migliore amica da sempre, nonché una dei pochi a sapere del suo piccolo problema di licantropia parziale ad ogni luna nuova. Non aveva, invece, ereditato nulla di vampiresco. “Perché quello non è nel DNA, è una cosa a parte: Mina è prima morta, poi diventata vampira. Tu eri ancora vivo quando sei diventato lupo mannaro.” aveva spiegato a lui ed a Mina Madama Chips quando avevano mostrato le prime preoccupazioni riguardo alla bambina ed alla sua natura magica. Fortunatamente, a parte gli stessi disturbi di Teddy, comunque gestibilissimi, Andromeda era una strega perfettamente normale, anche se un po’ troppo timida e riflessiva, a tratti.
“Proseguiamo, allora … Potter!” chiamò Remus, ignorando deliberatamente Malfoy: sapeva che sua madre era morta quell’estate e non gli sembrava il caso di infierire ulteriormente. Albus avanzò con un sospiro, sistemandosi, paziente, dinanzi all’armadio. Quando, da esso, uscì un enorme serpente, mezza classe scoppiò a ridere, rendendogli decisamente più semplice trasformarlo in un pupazzo di pezza. “Un serpente? Curioso per un Serpeverde!” commentò Remus, divertito. Albus fece spallucce, abbassando il capo. “Perché la mia paura era essere un Serpeverde, probabilmente! Ma oramai ci siamo, no?” commentò, rifilando a sedere. Lupin sospirò, chiamando: “Piton!”
Eileen si alzò e si posizionò dinanzi all’armadio, stringendo a sé la bacchetta scura, in legno di cipresso e crine di Thestral, se ben ricordava … una curiosa combinazione. “Prego …”
Il molliccio, una volta uscito, si scoprì essere totalmente incorporeo: non si vedeva, né si percepiva. L’unica sua caratteristica era il poter essere sentito: era, infatti, costituito da decine e decine di voci che non facevano che ripetere: “Che sfigata!”, “Sapevo che non ce l’avresti fatta, idiota!”, “Stupida!”, “Illusa!”, “Mostro!”, “Mocciosa!”. Eileen sollevò la bacchetta, sopraffatta da quel turbinio che la stava letteralmente investendo. Vedendola boccheggiare, Lupin stava per intervenire, ma la giovane, ostinata com’era, riuscì, prendendo un gran respiro, ad esclamare: “Riddikulus!”, rendendo le voci un chiacchiericcio sconclusionato ed insensato. Con sollievo, si diresse al posto, visibilmente più pallida del solito e leggermente turbata. “Tutto ok, Eileen?” le chiese Scorpius. Eileen annuì, passandosi una mano sulla fronte. Dal fondo dell’aula, Amanda Nott esclamò a voce ben alta: “Strano temere il giudizio altrui, per la figlia del Mangiamorte e della puttana!”
Eileen parve pietrificarsi sul posto prima di volgersi verso di lei. “Cos’hai detto, Nott?” sibilò. “La verità, non dirmi che non lo sapevi … oh, Merlino, che razza di stupida: lo sanno tutti! Dove credi che si fossero conosciuti i tuoi? Qui, a scuola, quando tua madre era una studentessa! E possiamo solo immaginare cos’abbia fatto per intortare un frigido come tuo padre …”
“Non … ti … permettere …” sibilò Eileen, guardandola fisso con un tale odio che nessuno si stupì quando la bocca di Amanda, semplicemente, sparì. Le sue amiche schizzarono in piedi, urlando e Lupin, che aveva colto appena il litigio, impegnato con altri Mollicci, con un sospiro fermò la lezione. “È stata Piton, professore!” schiamazzò una Grifondoro. “Non mi pare il caso di accertarlo qui ed ora! Nott, in infermeria con me, adesso, mentre tu, Piton, aspettami nel mio ufficio! Tutti voi, invece, per la prossima volta voglio una relazione sull’esercizio svolto in classe con osservazioni e considerazioni personali. Ora andate, forza!” annunciò Lupin, rassegnato. “Vuoi che ti accompagniamo?” domandò Albus, ma Eileen, ancora muta ed a testa bassa, scosse il capo, alzandosi, le spalle basse e le braccia strette al petto. “No, faccio da sola, grazie …” mormorò, schizzando in corridoio sotto lo sguardo preoccupato degli amici.

Quando Lupin rientrò nel suo ufficio, vi trovò, come pensava, Eileen. Seduta nella piccola poltroncina riservata agli studenti, fissava il prato assolato e colorato di arancione e giallo dall’autunno fuori dalla finestra con sguardo perso, le spalle incassate ed i capelli che sembravano volerle nascondere il viso pallido dai tratti morbidi. “Nott sta bene, per quanto poco ti interessi, immagino.” annunciò tranquillamente, andando a sedersi al suo posto ed osservando lo sguardo totalmente impassibile di Eileen. “Mi dispiace, mi scusi, non avrei dovuto …”
“Eileen, siamo soli: dammi del tu e chiamami ‘zio Remus’ come al solito, su!”
La Serpeverde sbatté le palpebre, stupita. “Ma …”
“Sì, lo so, ma io non sono tuo padre: ho molto meno da perdere ad essere gentile con te.” sorrise, offrendole una scatola di cioccolatini che la giovane declinò gentilmente. “Si può sapere cos’è successo con Amanda? Non è da te disubbidire!”
Eileen lo fissò prima di sospirare. “Niente di che. Niente di nuovo, almeno …”
“Davvero? Io non credo … cosa ti ha detto? Che sei una fallita? Perché è questa la tua più grande paura … fallire!”
“Sono due anni e mezzo che sono qui.” sospirò Eileen. “E me ne hanno fatte e dette di tutti i colori, Amanda ed i suoi, ma anche dei Grifondoro … mi hanno fatto sparire il materiale, gettata nel Lago Nero, versato vernice sui capelli … senza contare tutto quello che dicono. Non ho mai detto nulla per non creare problemi, ma ora francamente sono stanca, zio Remus … sono davvero stanca di loro e di tutto questo!” confessò, sbuffando e poggiando la testa sul palmo della mano. “Poi, oggi, Amanda ha davvero raggiunto il limite sopportabile da ogni essere umano e magico …”
“Cos’ha detto?”
“Che sono la figlia di … non importa, però, davvero …”
“Importa a me: cosa ti ha detto, Eileen?”
La giovane lo fissò, sospirando. “Che sono figlia del Mangiamorte e della … della puttana e che i miei si sono conosciuti quando mia madre era ancora una studentessa di papà e … beh, che gli ha dato … qualcosa per avere bei voti.”
“E tu le credi?”
Eileen fece spallucce, ignorando il magone che l’attanagliava. “Non mi hanno mai detto come si sono conosciuti … è vero quello che dice Amanda?”
“Anche se fosse? Ti infastidirebbe?”
“Non lo so.” borbottò, giocherellando con il ciondolo a forma di cuore che portava sempre. “Devo metà delle prese in giro che ricevo al fatto di essere figlia di mio padre …” commentò con un sorriso triste. “Forse dovresti semplicemente chiederglielo.” azzardò Remus. “A lui? Non me lo direbbe mai, lo sai!” sospirò. “A casa è il papà di sempre, sta sempre con me, mi parla, mi ascolta, è affettuoso … ma qui … qui è il professor Piton ed io non sono che un’allieva che tratta ancor più severamente delle altre!”
Lupin non poté non cogliere la lieve stizza della figlioccia a quelle parole. “E … la cosa ti disturba?” considerò. “A volte.” ammise lei, senza, però, aggiungere altro. “Allora chiedilo a tua madre: credo sia giusto fugare il dubbio, o no?”
“Non è importante.” scacciò Eileen con una smorfia. “Sì che lo è, lo è per te, lo vedo da come hai reagito.”
“Non riesco sempre a controllarmi, mi dispiace.”
“Non ti sto accusando, né lo farò, Eileen. Tuttavia, credo che domani sera dovresti parlarne con tua madre, approfittando dei colloqui con i genitori, magari …” sentenziò Lupin, estraendo una carta e scribacchiandovi sopra. “Cosa? Ma … non posso, zio Remus: ho compito di Incantesimi, devo studiare e …”
“Ti conosco troppo bene, so che sai già tutto e prenderai un’altra ‘E’ … ora conta risolvere una volta per tutte questa storia. E, dato che non lo farai volontariamente, immagino, ti allego anche il richiamo per Hermione da firmare in cui spiego cos’è successo … un richiamo non ufficiale ed informale che, tuttavia, richiederò come punto finale di questa storia, ci siamo capiti?”
Eileen annuì, prendendo entrambi i fogli con poco entusiasmo. “Ti ringrazio.” bofonchiò, alzandosi. “Eileen!” la fermò Lupin sulla soglia. “Non fidarti dei segreti: non fanno bene. Sono come veleno che uccide lento, io, che ne ho avuti fin troppi per anni, lo so meglio di te. Uccidono. E non dubitare mai dei tuoi genitori: sono tra le persone migliori che conosca.”
La Serpeverde annuì prima di sgusciare fuori dall’ufficio e svanire lungo i corridoi deserti della scuola.
“Secondo me, non sei abbastanza preparato.” sentenziò Scorpius, suscitando l’occhiata colma di disapprovazione dell’amica. Come tutti i pomeriggi dopo pranzo, erano seduti sotto un albero dalla chioma smeraldina dinanzi alla superficie piatta del Lago Nero, che rifletteva il verde che si tingeva di rosso, arancione e giallo tutt’attorno ed il placido turchese del cielo, attraversato da nubi bianche. Eileen, Albus e Scorpius avevano preso l’abitudine di andarvi già al primo anno per studiare, tempo permettendo.
“Infatti, non sono pronto per Incantesimi!” sospirò Albus, esasperato, gettando il libro a terra. “Vitious mi boccerà …”
“Non lo farà.” mormorò Scorpius, impassibile. “E come puoi dirlo, se non sono preparato?”
“Perché tuo padre è Harry James Potter, salvatore del mondo magico: non gli farebbero mai un torto del genere, a meno che i docenti non fossero Tassorosso e, dunque, troppo giusti per imbrogliare nelle correzioni!” esclamò, esasperato. “Ho capito, ma io intanto devo fare la verifica!”
“Santo Merlino, Albus: studia e vedrai che passerai, sono incantesimi facilissimi da descrivere!” sbottò Eileen. “Li abbiamo ripetuti milioni di volte …”
“Ma io non ne sono capace! Non so studiare e non so giocare a Quidditch … mamma e papà mi guardano come se fossi degenere! Se non avessi gli occhi della nonna mi avrebbero già fatto fare il test del DNA …”
“Non esagerare!” sorrise appena Scorpius. “Hai altre qualità, Al!”
“Non penso proprio: è tutto un ‘guarda com’è bravo James’! O ‘quanto sarà intelligente Lily’! Di me non citano neanche la casa, oramai …” bofonchiò. Eileen e Scorpius si scambiarono un’occhiata perplessa: era risaputo che Albus si sentisse costantemente inferiore a tutti e temesse ogni tipo di giudizio. Aveva pochissimo orgoglio e l’essere considerato la pecora nera della famiglia non aiutava …
“Io sono sicuro che i tuoi ti amano esattamente come i tuoi fratelli: è solo che li hai sconvolti!” spiegò Scorpius. “Capita. Ma non significa nulla …”
“Facile per te, che hai seguito le aspettative familiari, Scorp!”
“Mica tanto: nonno Lucius si aspetterebbe un po’ più di popolarità, forse …”
“Tuo nonno e basta, mica tutti! Forse ‘Leen può capirmi … tua madre come ha preso il fatto che tu sia finita a Serpeverde?”
La giovane fece spallucce. “A lei non interessa: dice che questa scaramuccia tra case è ridicola ed è durata fin troppo. E sono d’accordo con lei.”
“Però poi gioisce quando Grifondoro batte Serpeverde!” rise Albus. “E tuo padre s’incavola …”
“Sono fatti così, non posso farci niente!” sorrise debolmente Eileen. I due amici si guardarono prima che Scorpius si schiarisse la voce. “Come mai così laconica, ‘Leen?”
“Laco che?” chiese Albus, facendo sbuffare l’amico. “Niente, davvero: sto bene.” sospirò lei, esasperata. “Non dovete preoccuparvi per me, ma per Incantesimi …”
“Invece ci preoccupiamo per te: sei più importante di uno stupido compito!” obiettò Albus, appoggiandosi alla corteccia scheggiata dell’albero. “È ancora per la storia della Nott? Lupin ti ha messa in punizione o qualcosa del genere?”
“No, non mi ha neanche sgridata.”
“Santo Merlino, farei i salti di gioia, al posto tuo!” rise Albus. “Ma … la Nott …” sospirò Scorpius. “Mi stai chiedendo se ha ragione, se quello che ha detto è vero? Non lo so.” sbuffò Eileen, torturandosi l’orlo della gonna con un’unghia. “Davvero non lo so. Lupin dice che dovrei chiederlo alla mamma …”
“Ed ha ragione. Te l’ho detto: dovresti parlarne con lei.”
“Scorpius, non mi pare il caso di andare a chiedere queste cose ... anche se fosse, non mi riguardano!” sospirò Eileen. “Sei figlia loro, ti riguardano senz’altro! E, poi, chiedere fugherebbe ogni dubbio e ti farebbe stare meglio, saresti molto più serena!” annuì Albus. “Affronti sempre tutto di petto, ‘Leen … fallo anche stavolta!”
“Non è una cosa semplice da capire.” sbottò lei. “Io voglio molto bene ai miei, lo sapete, ma … beh …”
“Parlaci.” sentenziò Scorpius, distogliendo lo sguardo su una margherita secca. “Devi parlarci. Io darei qualunque cosa pur di parlare con la mamma un’ultima volta e non posso … tu, invece, puoi. Fallo … per favore.”
Non osò aggiungere altro né questionare ulteriormente il comportamento dell’amica, concentrandosi sul libro di Incantesimi in silenzio, ma sentì chiaramente su di sé lo sguardo compassionevole e colmo di tristezza dei suoi amici.


“Ma come non sapevi nulla di Ron? Seriamente?” esclamò Ginny, indignata. Hermione sospirò, lisciandosi l’elegante completo blu notte e scuotendo la lunga chioma castana prima di volgersi verso l’amica, facendo tintinnare i lunghi orecchini. “E come avrei potuto? Non lo vedo da mesi, neanche al lavoro! Credevo fosse impegnato con il divorzio …” rispose, lanciando un’occhiata all’amica: Ginny, nonostante gli anni trascorsi, caratterialmente non era cambiata di una virgola. Era ancora la ragazzina sfrontata, forte e sbarazzina che saliva su una scopa e gridava alle partite di Quidditch, anche se aveva dovuto abbandonare il suo ruolo di giocatrice con la nascita dei tre figli. La rossa si sistemò i corti capelli dietro le orecchie, stringendosi nella giacchetta di pelle prima di scuotere il capo. “Io l’ho saputo da un collega in redazione, figurati! Uno che si occupa del mago-tennis, tra le altre cose …” mormorò con una smorfia disgustata. “Hai qualcosa contro il mago-tennis?”
“Ma è ovvio: chi gioca a mago-tennis è notoriamente uno sfigato, Herm!” sbuffò la rossa. “Chi è la fortunata, comunque?”
“E qui viene il bello: Calì.” trillò Ginny, abbassando la voce per dare enfasi alla notizia. “Calì Patil?” esclamò l’altra, sgranando gli occhi nocciola. “Quante altre Calì conosci, Herm?”
“Ma … è amica di Lavanda! Come …”
“Era, infatti: hanno litigato all’ultimo anno. Lei e Ron si sono poi incontrati per caso a Londra un anno fa e da cosa nasce cosa … ora stanno insieme e Ron, ora, vorrebbe chiederle di sposarlo …”
“Addirittura! Beh, sono felice per loro.” commentò Hermione, guardandosi attorno: i corridoi di Hogwarts, quella sera, erano gremiti di maghi e streghe di vario tipo. Madri, padri, fratelli, zii e nonni si erano infatti recati ad uno dei due colloqui annuali con gli insegnanti, come sempre da quando la McGranitt, anni prima, aveva introdotto l’iniziativa prendendo spunto dalle scuole babbane.
“Anch’io … speriamo sia la volta buona! Ron ha sofferto tanto per la storia di Lavanda … più che per lei, per i bambini, in realtà. Sai, Rose non vuole più vederlo da quando Lavanda ha detto che l’ha tradita …” proseguì Ginny, osservando la porta dell’aula dove riceveva Vitious aprirsi di scatto. “Rose è piccola, Ginny, anche se crede di essere grande: crescendo, capirà e si pentirà di non essere stata più comprensiva con suo padre.” sospirò Hermione. “Anche tua figlia è piccola, più piccola di Rose, persino, ma parla già come una psichiatra del San Mugo, quando le si chiede la sua opinione su qualcosa o qualcuno!” obiettò Ginny, facendo spallucce. “Eileen è diversa dalle altre, lo è sempre stata e non solo per i poteri magici che ha ...” annuì la strega, divertita dal paragone. “Infatti lo è, soprattutto per il carattere che, guarda caso, ha ereditato da te e dal suo amabilissimo marito …”
Hermione alzò gli occhi al cielo. “Mi preoccuperei più per te, che dovrai avere a che fare con Lily Luna … già promette di assomigliare molto sia a te che ad Harry, in termini di ostinazione!”
“Ah, la cosa non mi spaventa: sono una Weasley, so badare a tre ragazzetti in crisi! Mia madre c’è riuscita con sette, figurati! A preoccuparmi, semmai, è la media di Albus! Quel ragazzo è così … diverso da me!”
“Assomiglia ad un lato di Harry che pochi conoscono.” le concesse Hermione. “Hai già finito i colloqui?”
“No, mi mancano Neville, Binns ed il tuo amabilissimo marito, che mi liquiderà dicendo di aver generato due idioti, come l’anno scorso … toglimi una curiosità: devi fare il colloquio anche con lui?”
“No, ho appena finito in realtà: Neville era l’ultimo, per me. E l’unica ad avermi parlato male di Eileen è la nuova insegnante di volo … è negata con la scopa!”
“Beh, non potrà mica essere perfetta in tutto no?” rise Ginny. “Come te la passi, per il resto, Herm?”
“Abbastanza bene, nonostante sia parecchio indaffarata: Cormoran si è licenziato perché si sposa, va a vivere in Alsazia. E, finché Madame Florish non trova un valido sostituto, tocca a me sopperire, sicché praticamente vivo lì. Come se non bastasse, c’è da scrivere il prossimo libro della saga …”
“Ancora questo Harry Potter? Harry lo detesta.” rise Ginny. “È straordinario come sei riuscita a confondere i babbani facendo loro credere che fosse stata questa J.K. Rowling a scrivere la saga!”
“C’è un preciso accordo sulla divisione dei profitti tra me e lei: a lei le grane di popolarità e gli interventi nei talk show dei babbani, a me quelli del mondo magico. Quando un libro ha un successo tanto impattante, gestire la popolarità che ne segue può diventare … beh, complicato … e francamente ho già avuto abbastanza complicanze, ultimamente.” spiegò la Grifondoro, incrociando le braccia. “Hai fatto bene. Come mai aspetti qui anche se non devi più parlare con nessuno, scusa?”
“Aspetto Severus.”
“Ah, certo!” sorrise maliziosamente Ginny. “Non pensare sempre male!” sbuffò Hermione, trattenendo una risata. “Vedo mio marito e mia figlia solo dal venerdì sera alla domenica sera, è frustrante … certo, durante la settimana riesco a lavorare con calma, ma, a volte, vorrei solo che, a fine giornata, fossero con me, ecco tutto …”
“Trovati un amante, se ti senti sola!” rise Ginny. Hermione le rivolse un’occhiataccia. “Non mi serve un amante!”
“Santo Merlino, quanta incrollabile fedeltà … è questo che mi stupisce di voi, sai? Siete la relazione più criticata e grottesca (e no, non fare quella faccia, sai anche tu che è così!) del mondo magico degli ultimi vent’anni, eppure siete felici, non riuscite a stare senza l’altro, mentre altre coppie apparentemente perfette, come Ron e Lavanda o Cho Chang e Dean Thomas … beh, sono scoppiate …”
“Anche la tua storia viene spesso presa come esempio di grande amore, sai? Hai continuato ad amare Harry anche dopo che ti aveva lasciata, o sbaglio?”
“Sì, ma si parla di decenni fa, Herm, di quando eravamo due ragazzine orribili che sbavavano dietro a due ragazzini altrettanto orribili e quello che ora è tuo marito era il nostro bastardo ed arcigno professore …”
“È vero anche questo.” sorrise Hermione. “Pensi mai a quante cose sono cambiate da allora?”
“Ogni volta che vedo te ed il tuo amabile marito fare il vostro ingresso a braccetto alla Tana per gli auguri di Natale: è da quando me l’hai detto che non faccio che pensare a quanto siano cambiate le cose, Herm!”
“Mamma …”
Il suono di quell’unica, flebile, parola ebbe il potere di catturare tutta l’attenzione di Hermione. “Eileen!” esclamò, volgendosi e sorridendo alla figlia che, smessa la divisa da Serpeverde, sfoggiava jeans, ballerine nere ed una giacca scura. Teneva le braccia incrociate al petto e sorrideva appena. “Ciao, mamma … ciao, zia Gin.” sorrise. “Ciao … stavamo giusto parlando di te, sai? Come va?” sorrise la rossa. “Bene, grazie e tu?”
“Non c’è male, sì. Mio figlio si comporta bene o dovete minacciare l’Ardemonio per farlo studiare? A casa io lo faccio …”
“Sta … tentando di impegnarsi.” sospirò Eileen. “Senza grandi risultati, ma, perlomeno, ora si sforza.”
“Ha problemi in tutte le materie, ma soprattutto in Storia della Magia … basterebbe studiare! Ma non importa, avrete altro di cui parlare, vi lascio … ci vediamo, Herm, ti tengo aggiornata sul gossip! Ciao, Eileen!” sorrise Ginny prima di allontanarsi. “Quale gossip?” domandò Eileen, dubbiosa, mentre la madre la conduceva lontano dalla calca dei genitori. “Zio Ron vorrebbe risposarsi con Calì Patil.” spiegò Hermione. “Spero solo che per lui che sia la volta buona: ne ha passate tante, meriterebbe un po’ di serenità ...”
“Senza dubbio.” annuì Eileen. “Anche per Rose ed Hugo. A proposito di tormenti, ci sarebbe questa piccola cosuccia …” mormorò, allungandole la busta che Lupin aveva preparato per lei. Hermione la fissò, sconcertata, prima di afferrarla ed aprirla con dita tremolanti. Lesse il richiamo informale tutto d’un fiato per poi rileggerlo daccapo, considerato che non riusciva a credere fosse reale. “Ma … ma cos’è successo, Eileen? Non è da te contravvenire alle regole scolastiche! Perdipiù a Difesa contro le Arti Oscure … papà lo sa?” biascicò una volta terminato, sconvolta. Eileen si strinse nelle spalle. “Papà non sa niente: è un richiamo informale, zio Remus l’ha fatto più che altro per permettermi di parlare con te più facilmente …”
“E perché? Cos’è successo?”
Erano oramai giunte lontano dall’area colloqui, in un lungo corridoio deserto le cui finestre arcuate mostravano la Foresta Nera in tutto il lucente splendore di quella sera rosata ed aranciata. Eileen si allontanò dalla madre per appoggiare i gomiti al davanzale, sospirando. “Amanda Nott. Mi prende in giro praticamente da sempre, è vero, ma … beh, alla lezione sui mollicci ha esagerato. Credo. Non l’ho fatto apposta, è stata una di quelle magie involontarie … le è sparita la bocca.” raccontò, senza guardarla. “Ma lei cosa ti aveva detto?” indagò Hermione, raggiungendola. Eileen soppesò brevemente le parole da usare e, alla fine, decise che la sincerità era la cosa migliore. “Ha detto che sono figlia del Mangiamorte e della puttana.” sussurrò appena. “E che tu ti sei … beh, diciamo … diciamo che gli hai dato qualcosa per avere bei voti, quando eri una sua studentessa. Io non ci credo, è ovvio, ma … ecco, vorrei sapere se forse Amanda potrebbe aver frainteso o …”
“Vuoi sapere se è vero, ho capito.” sospirò Hermione. “Lo capisco … sapevo che si sarebbe arrivati a questo punto, prima o poi. È una cosa che parte già dalle elementari, vero?” considerò, osservando gli occhi bassi della figlia, identici a quelli di Severus, anche se più espressivi, quasi liquidi. Eileen annuì. “Sì, ma potevo anche capire … voglio dire, avete una grande differenza di età, lo so e sembrava strano ed indecente a molti, ma … ci stava, almeno per me, perché eravate mamma e papà. Però quella che ha detto Amanda …”
“Ti ha turbata.” indovinò Hermione, giocherellando con il bordo della giacca. “Lo capisco. Io te ne avrei parlato già da un pezzo, ma papà era contrario, sai? Come al solito … era prevedibile che sarebbe successo, però: i ragazzini sanno essere crudeli, soprattutto a quell’età!”
“Perché Mangiamorte e … hai capito? Cioè, voglio dire …”
“Ci sono tante cose che non sai, Eileen.” annuì la madre. “Ma credo che del Mangiamorte tu sappia quello che c’è da sapere.”
La giovane Serpeverde annuì: suo padre le aveva raccontato tutto l’anno prima, senza edulcorare nulla. Anche se aveva solamente dodici anni quando per la prima volta qualcuno le aveva dato della schifosa Mangiamorte … e Severus aveva sentito tutto. L’aveva presa in disparte e, nel silenzio dell’aula di pozioni, le aveva raccontato tutto. Dei suoi genitori, di come si fosse perso dopo aver perduto Lily, di come si fosse avvicinato a Voldemort e del suo ruolo di spia per salvare Harry Potter. Lei aveva ascoltato senza dire una parola e, alla fine, non l’aveva giudicato per neanche una delle azioni che aveva commesso, limitandosi ad abbracciarlo vedendo che lui evitava il suo sguardo: lo capiva, in un certo senso. Aveva avuto una vita così ingiusta che, forse, al suo posto, avrebbe reagito anche lei allo stesso modo …
A ripensarvi ora, era ironico come la nomea di Mangiamorte le sembrasse un nonnulla in confronto a quello che diceva Amanda.
“Papà ed io ci siamo conosciuti ad Hogwarts: lui era il professore di Pozioni ed io una studentessa, è vero. Ma posso garantirti che qui non è accaduto nulla di anche solo lontanamente sconveniente tra me e lui … papà, all’epoca, era perso nel rimpianto e nel rimorso, rischiava la vita ogni giorno e desiderava soltanto sparire e lasciarsi tutto alle spalle, mentre io ero una ragazzina un po’ saccente che si preoccupava di studiare più che poteva e di piacere a Ron Weasley.”
Hermione sorrise al ricordare quei tempi. “Le cose sono cambiate dopo la guerra, quando papà è sopravvissuto ed io ho deciso che dovevo essere io a decidere il mio destino … ci siamo avvicinati per una missione che il Ministero ci aveva affidato e ci siamo trovati: entrambi introversi, emarginati per il loro carattere, amanti dei libri e con due caratteri abbastanza testardi ed orgogliosi. Era prevedibile che accadesse qualcosa, nonostante i trascorsi non proprio idilliaci … ed infatti è successo. Ma io avevo vent’anni e lui quaranta …”
“E come ti sei innamorata di lui?”
“Vuoi la verità? Non ne ho idea: è successo e basta. L’ho visto per chi realmente è, semplicemente …”
“Non … mi hai mai parlato di trascorsi non proprio idilliaci.” constatò Eileen. “No, è vero, ma ci sono stati: tuo padre, quand’ero una sua studentessa, mi detestava. Sul serio. Mi dava dell’irritante, insopportabile e saccente so-tutto-io, l’unica cosa che gli importava era farmi fare brutta figura e mettermi pessimi voti.”
Eileen abbozzò un sorriso. “Diceva sempre che mi avrebbe tagliato quella mano, se avessi continuato a tenerla alzata …” rise Hermione. “Ed una volta mi ha persino fatto piangere, per i miei denti.”
“Davvero?”
“Chiediglielo, se non ci credi!”
“Non riesco proprio ad immaginarmelo … papà s’infuria se qualcuno ti insulta! Non gliel’ho detto anche per questo …”
“Sei sicura che fosse solo per questo?”
Eileen sospirò. “È che … è strano: a scuola mi tratta come tutti gli altri, forse ancor più severamente, pretende tantissimo da me. A casa è sempre papà, ma qui …”
Hermione le accarezzò i capelli, stringendola lievemente a sé. “Non devi mai dubitare di quanto ti amiamo, Eileen: sei la cosa più importante per noi. Nonostante tutto. Papà ti ama ed anch’io. Non eri prevista, te lo confesso, dato che siamo in vena, ma non so davvero cos’avrei fatto senza di te nella mia vita.”
Eileen si strinse alla madre, espirando, rincuorata. “Grazie, mamma.”
“Mi prometti che parlerai con Remus di queste prese in giro, almeno?”
“Non so se …”
“Devi.” la interruppe Hermione. “E siccome so che con papà non ne avresti il coraggio, promettimi almeno che lo farai con lui … d’accordo?”
Eileen annuì. “Va bene.”
“Bene. Ora va’, è tardi e domani hai una verifica importante, su: ci vediamo venerdì!”
“Sì … buonanotte!” sorrise la Serpeverde, abbracciandola di slancio prima di voltarsi e sparire nei corridoi, il cuore decisamente più leggero.

“Merlino, stai scherzando, spero!” esclamò la voce di Severus. Hermione, stesa sul divano delle stanze private del marito ad Hogwarts, sospirò. “Non direi.” ammise, girando pagina al romanzo che stava leggendo avidamente. “Eileen temeva davvero che … per Salazar! La Nott la pagherà …”
“Severus, era esattamente quello che Eileen voleva evitare!”
“Ma continuerà a prenderla in giro!”
“Non lo farà e, in ogni caso, nostra figlia sa cavarsela benissimo, non preoccuparti per lei: è forte ed è in gamba, l’hanno tutti i tuoi colleghi!”
“Ah beh, certo, ora diamo pure retta ai babbei …” bofonchiò Severus, tracciando l’ennesima D sui compiti che stava correggendo. “Tra quei babbei ci sei anche tu, devo ricordatelo?”
“No, ma … ha davvero creduto che fossi un depravato?”
“Non l’ha mai pensato, è solo rimasta turbata da una sciocchezza detta da una compagna di scuola, niente di che! Quante volte è successo a noi?”
“A lei non deve succedere.”
“La cosa che più la infastidisce, se vuoi saperlo, sei tu.”
“Io?” esclamò Severus, sbarrando gli occhi. “Sì, tu ed il fatto che a scuola la ignori ed a casa sei l’opposto!”
“Devo mantenere un certo riserbo, sono un professore, perdio!”
“E nessuno ti sta dicendo il contrario, solo … non devi per forza trattarla come tutti gli altri anche fuori dall’aula … capisci cosa intendo? Falle sentire che ci sei, fuori dall’orario di lezione … ne ha bisogno, sembra una roccia, ma è anche profondamente insicura, lo sai …” asserì Hermione, arricciando una ciocca di capelli mentre parlava e leggeva. Severus sollevò lo sguardo a fissarla: appena si erano visti dopo i colloqui, lei si era precipitata in doccia sostandovi per un tempo eccessivamente lungo, a suo parare ed uscendone in una nube di muschio bianco. Aveva indossato frettolosamente la camicia da notte e la vestaglia prima di mettersi a leggere poco prima che lui iniziasse a correggere le verifiche di Corvonero del secondo anno. Preso com’era da Eileen e da tutti i suoi mille problemi, nonché dallo stress della giornata e dello stuolo di madri frignanti e disperate per l’andamento dei figli in Pozioni, aveva a malapena guardato Hermione, rendendosi conto solo ora che, dopo mesi, fossero insieme, soli e tranquilli con la profondità del Lago Nero a far loro da sfondo ed il fuoco a scoppiettare nel camino. “E, così, ti ha chiesto perché ti sei innamorata di me …” sogghignò, iniziando a correggere l’ennesimo compito. Hermione fece spallucce. “A dire la verità, non lo so neanche io.”
“Ma davvero?”
“Perché, tu sai perché ti sei innamorato di me?”
“Perfettamente.” sogghignò, abbandonando il tema per alzarsi e raggiungerla. “Perché sei petulante, saccente ed irritante …” mormorò, sedendosi di fronte a lei ed attirando, finalmente, la sua attenzione. “Ma anche bellissima, comprensiva, forte, tenace ed intelligente. Perché sei tu, in una parola … l’hai detto ad Eileen?”
“No.” sorrise lei, chiudendo il libro per raggomitolarsi al marito, godendosi la familiare sensazione delle sue braccia che l’avvolgevano e del suo profumo sulla pelle. “Ma, in effetti, credo che possa esserci arrivata da sola … ha la nostra intelligenza!”
“È per quella che ti sei innamorata di me?”
“No, è stato … tutto l’insieme. Lo scoprire che eri diverso da come credevo, da come credevamo tutti …” gli sorrise, sfiorandogli delicatamente la cicatrice sul collo: erano passati anni, ma ancora gli doleva, a volte, lo vedeva, così come vedeva il ribrezzo di chiunque la guardasse. “L’importante è che Eileen abbia capito e sia serena, il resto per me non conta.” sentenziò Severus, sovrappensiero. “Non conta neanche per me … è per questo che non dovremmo pensarci, no? Ricordi la nostra promessa, il giorno prima del matrimonio e quando è nata? Basta parlare del passato: viviamo nel presente, non ci serve altro!” sorrise prima di baciarlo alla fulgida luce del caminetto scoppiettante.

Angolo Autrice:
Premetto che non sono affatto soddisfatta di questa one-shot, anzi, non mi piace nemmeno molto! Unica cosa, il rapporto tra Severus ed Eileen verrà sicuramente approfondito più avanti, c’è ancora molto da dire su di loro …
Ad ogni modo, ringrazio chiunque passi di qui, davvero!
Alla prossima!
E.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Autumn Wind