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Autore: imagjneflowers    15/06/2022    0 recensioni
«Se ci tradisci, ti farò fare la stessa fine di Loki.» poi gli occhi gli caddero sulla mano che Steve aveva alzato a mezz'aria, invitandola a stringerla.
Zoe sorrise «Al massimo potrei lasciarti morire soffocato.» lui non rise, ma alzò le sopracciglia. Anche in un momento di pace, lei riusciva ad essere irritante. Tuttavia, lei afferrò la sua mano e la strinse.
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Zoe Knox è la persona più difficile che si potesse mai incontrare. È testarda, spavalda e a volte arrogante. Ma tra i suoi difetti, spicca un pregio: ha paura di far del male alle persone che ama.
Per anni Zoe ha rifiutato di incontrare Nick Fury e di scendere in battaglia, ma cosa succederebbe se decidesse di accettare quell'invito che rimandava da fin troppo tempo? Sarà in grado di integrarsi nel gruppo di supereroi più famosi al mondo?
***
L'UNICO PERSONAGGIO CHE MI APPARTIENE È QUELLO DI ZOE KNOX, TUTTO IL RESTO APPARTIENE AL MONDO MARVEL.
LA STORIA È MIA MA SEGUIRÀ LE VICENDE DEI FILM, OVVIAMENTE AGGIUNGENDO LA MIA FANTASIA.
LA STORIA PUÒ CONTENERE CONTENUTI ESPLICITI. OGNI VOLTA, SE PRESENTI, TROVERETE UN BOLLINO ROSSO 🔴 ALL'INIZIO DEL CAPITOLO.
•NUOVO CAPITOLO OGNI DOMENICA E MERCOLEDÌ!❤️
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Steve Rogers
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Era ancora buio. Non vedeva luce da giorni, stava quasi cominciando ad abituarsi. Di fronte a se c'erano dei graffiti, che però non riuscii a decifrare. Il respiro era corto e l'aria stava diventando insopportabile. Indossava una semplice vestaglia bianca, per un attimo pensò di essere in ospedale. Ma no, gli ospedali non sono così cupi. Era sdraiata su un piccolo lettino, tra l'altro anche scomodo. Ma dov'era, non ne aveva idea. Guardò le sue gambe, poi le braccia. Era ricoperta di lividi: alcune macchie erano nere, altre viola e alcune addirittura rossi. Si chiese da quanto tempo li aveva e perché non guarissero. Insomma, lei poteva guarire tranquillamente, allora perché erano ancora li? Ma sopratutto, perché li aveva? Aveva sbattuto da qualche parte? Non lo sapeva, non lo ricordava.
Provò ad alzarsi a sedere, ma la testa le girò vorticosamente e fu costretta a bloccarsi. Si appoggiò al muro, strizzando gli occhi e respirando faticosamente. Si sentiva... debole. Come se stesse per perdere quell'unico briciolo di forza che usava per alzarsi. Le salì il senso di vomito, anche se non aveva niente da vomitare. Lo stomaco era vuoto, perché non aveva mangiato? Anche se, forse, era meglio così. Riaprì gli occhi di scatto per constatare se il giramento di testa era finito, ma invece era ancora lì ed era addirittura peggiorato. Non vide nulla per qualche secondo, aveva la pressione bassa. Cosa si fa quando si ha la pressione bassa? Non lo sapeva. O forse, non lo ricordava.
Si sdraiò ancora, qualcosa le diceva che era l'unica soluzione in quel momento. Istintivamente si portò le gambe al petto, anche se in realtà non le sentiva gran che. Forse stava morendo lentamente e non lo sapeva.
All'improvviso sentì un rumore, ma non ebbe la forza di voltarsi. Qualcuno si era avvicinato a lei, era un uomo. Zoe provò a chiedergli aiuto, dentro di se stava urlando con tutta la forza che riusciva a trovare. Ma fuori... il nulla. Il silenzio, come se non avesse voce. L'uomo si posizionò accanto a lei e si abbassò, raggiungendo la sua altezza. La scrutò per un attimo, osservandola mentre cercava di riaprire gli occhi. Quando lo fece, Zoe, riuscì a vedere di nuovo in modo limpido e appoggiò di nuovo le gambe sul piccolo materasso. Non ebbe comunque il coraggio di voltarsi.
«Ti gira di nuovo la testa?» sussurrò l'uomo. La sua voce era calma e, per certi versi, sembrò pure dolce. Di nuovo? si chiese Zoe, è successo altre volte?
Non rispose, non ne aveva la forza. Ma perché? Che diavolo stava succcedendo? Perché non sapeva dove si trovava? Perché era in quello stato?
L'uomo le porse qualcosa. Erano due rettangoli marroni, era del cioccolato. Zoe lo riconobbe subito, ma non sapeva se prenderlo effettivamente o no.
«Hai bisogno di zuccheri, o non ti riprenderai per un po'.» la informò l'uomo, poi sogghignò «Non che il cioccolato faccia miracoli, è ovvio. Però è buono. Mia madre me lo dava sempre quando stavo male. C'è chi dice che sia un richiamo ottimo per i bambini.»

La voce dell'uomo era confortevole, quasi confidenziale. Ma chi era? E perché sembrava che lei le stesse a cuore?
Si prese di coraggio e si voltò. L'uomo le sorrise incrociando i suoi occhi. Aveva qualche ruga sparsa sul volto, ma non sembrava un signore troppo grande. I capelli erano castani e corti, così come la barba. C'era qualcosa di strano nell'aria, sembrava che lui fosse li per un motivo specifico. E no, non era li per sapere se Zoe stesse bene. Però si preoccupò di farle afferrare il cioccolato, avvicinandoglielo alla mano. Zoe lo prese, come se non avesse alternativa, e gli diete un debole morso per accettarsi che non fosse veleno. Mangiò tutto il primo rettangolo, mentre il secondo lo lasciò li sulla sua mano.
L'uomo sospirò «Ti senti meglio?» le chiese sempre con quel tono calmo e rassicurante. Zoe annuì.
«Devi venire con me.» disse poi all'improvviso.
Zoe si sentii nel panico più totale a quelle parole. Come se quelle parole fossero state un richiamo o qualcosa che lei conosceva bene, iniziò a sentire le gambe tremare. Cercò di aggrapparsi il più possibile al lettino, scuotendo la testa spaventata. Lui non si mosse per qualche secondo, poi guardò in basso. Teneva qualcosa in mano, che Zoe riconobbe come una siringa. Il panico aumentò ancora di più e il respiro si fece di nuovo corto.

«Mi dispiace tanto.» riuscì a sentire prima che lui la tenne bloccata e le spalle e la punta della siringa entrò in contatto con la sua pelle, bruciandola.

Zoe aprì gli occhi di scatto e cercò di regolare il respiro. Si mise a sedere, osservando attentamente la sua stanza. Era solo un sogno, pensò. Un sogno che sembrava reale. Non era la prima volta, ma si sentii comunque sconvolta. Si portò le mani sul viso e strofinò gli occhi, cercando di eliminare completamente il ricordo di quel sogno. Ma non ci riuscii, ne era troppo terrorizzata per poterlo rimuovere in quel momento.
Afferrò il cellulare e vide che erano le cinque del mattino. La sveglia sarebbe suonata solo un'ora più tardi, ma non aveva più il coraggio di rimettersi a dormire e rischiare di rivedere quelle immagini. Tolse le coperte di scatto e si alzò, rifacendo il letto con i suoi poteri. Quando finii, lottò contro se stessa per non rimanere immobile. Si era svegliata, si era alzata ma non sapeva cosa fare per togliere quel sogno dalla sua testa. Corse in bagno e si sciaquò il viso, ma non cambiò nulla.

«Porca puttana.» disse esasperata e cercando di reprimere le lacrime che minacciavano di uscire. Calmati, Zoe. Va tutto bene, è finita.
Si vesti velocemente con un leggins ed una canottiera, la prima cosa che trovò nel cassetto, e legò i capelli in una coda alta. Il sole doveva ancora sorgere, ma lasciava intravedere i raggi. Zoe ammirò l'alba, trovando meraviglioso il contrasto di colori arancione, giallo e azzurro che stavano in cielo. Incrociò le braccia sotto il seno, come se quella posizione la confortasse. Come se la proteggesse dai pensieri. Poi scosse la testa, distolse lo sguardo dall'alba e si avviò verso l'uscita della sua camera.
Quel sogno era familiare, lo aveva già vissuto altre volte. Lo sentiva talmente vero che probabilmente era solo un ricordo che ogni tanto cercava di riaffiorare. Ma prontamente, lei lo respingeva. Non era pronta ad affrontarlo, nonostante negli anni avesse sempre cercato di ricordare almeno un minimo di quello che le era successo. Era un enorme controsenso: voleva ricordare, ma allo stesso tempo non voleva rivivere quel dolore che ancora le bruciava sulla pelle. Era strana, Zoe, lo era sempre stata. Odiava il passato, per lei era quello il male. Non le piaceva rimurginare su di esso, ma la sua mente a volte era come se la obbligasse a sforzarsi.

Raggiunse il piano di sotto e cercò di sforzarsi a ricordare dove avrebbe dovuto incontrare Natasha per l'allenamento. La Avengers Tower era enorme ed era facile perdersi, sopratutto dopo essere stata ristrutturata varie volte. Guardava ogni porta, cercando di trovare la palestra. Era certa che non avrebbe trovato Natasha ad aspettarla alle cinque del mattino, ma doveva trovare un modo per distrarsi. O per sfogarsi. Dipende dal punto di vista.
Capendo che in quel piano non avrebbe trovato quello che cercava, valutò di ritornare ai piani superiori. Ma era troppo pigra per fare le scale, così raggiunse velocemente l'ascensore e vi entrò dentro provando a selezionare il terzo piano. Attese in silenzio di arrivare, ma quando arrivò capì che anche li non avrebbe trovato quello che cercava. Sospirò e riprovò ancora qualche volta, fin quando non raggiunse il sesto piano. L'ascensore si aprii mostrandole una stanza enorme, ma fu altro a catturare la sua attenzione. Un rumore la fece voltare verso destra, lì vide qualcuno. Indossava una maglietta bianca e stava, ripetutamente, prendendo a pugni un sacco da Box. Zoe non ci mise molto a riconoscerlo.

Steve Rogers.

Entrò silenziosamente, notando che lui non si era accorto della sua presenza. Sembrava concentrato in quello che stava facendo e si chiese come mai fosse così in movimento già a quell'ora.
«E' così che mantieni i muscoli? Cercando di rompere il sacco?»

Steve si voltò di scatto verso di lei, che rimase per un attimo senza fiato. Le prime luci dell'alba gli illumnavano il viso, mostrando in modo brillante i suoi occhi azzurri. All'occhio le saltarono anche delle gocce di sudore che, lentamente, scendevano dalla fronte fino al collo bagnandogli la maglietta. Le labbra erano leggermente schiuse e il respiro era affannato. La maglietta bianca gli mise ancora di più in risalto i muscoli, che fino al giorno prima Zoe aveva percepito solo tramite una maglietta a manica lunga. Constatò che il bianco, al capitano, stava da Dio.
I loro sguardi si incrociarono per un tempo che le parse infinito, ma lei in quegli occhi azzurri ci navigò proprio. Anche al mattino presto, Steve Rogers era bello da mozzare il fiato.

«Mi aiuta a scaricare la tensione.» le rispose afferrando una tovaglia per asciugarsi la fronte. Parlò ancora «Già in piedi?»

Lei annuii, avvicinandosi «Notte difficile. Tu?»

Steve sogghignò, alzando le spalle «Ho dormito abbastanza, credo.»

«Settant'anni mi sembrano sufficienti, effettivamente.» Zoe afferrò una bottiglietta d'acqua distogliendo lo sguardo da Steve, che rimase in silenzio pur continuando a fissarla. Sentendo il suo sguardo ancora addosso, Zoe continuò «Non ti attaccherò di nuovo, puoi tornare al tuo allenamento.»

Zoe si avvicinò ad un tapis roulant e ci montò su, notando con la coda dell'occhio che Steve stava scuotendo la testa ridendo. Lo ignorò, poi fece comparire delle cuffie che attaccò velocemente al suo cellulare e fece partire la sua personale playlist.
Cominciò a camminare sul tapis roulant mentre la musica le rimbombava nelle orecchie e la scollegava da tutto ciò che le stava intorno. Steve, nel frattempo, aveva ripreso a prendere a pugni il suo sacco. Zoe era quel tipo di ragazza che notava molto i dettagli, per questo si accorse che l'intensità con cui lo colpiva aumentava di minuto in minuto.
Per quanto lui potesse starle antipatico, non riuscì a non chiedersi cosa Steve avesse passato nella sua vita. Zoe conosceva la sua storia, tutto il mondo la conosceva. Il super soldato della seconda guerra mondiale, dato per scomparso - o, addirittura, morto - per settant'anni. Poi si scopre che in realtà era solo congelato nel fondo del Mare Glaciale Artico, vivo. Quando lo avevano ritrovato, tutto il mondo ne parlava. Tutto il mondo era sconvolto. Ma lui? Com'è stato risvegliarsi dopo aver passato così tanti anni ibernato? Che cos'ha provato? Che cos'ha pensato? Ma, sopratutto, cosa lo ha spinto a non impazzire?
Zoe aveva sempre avuto questa curiosità. Howard conosceva bene, benissimo, Steve, ma non gli aveva mai parlato di lui. Ovviamente non lo aveva fatto, lei era troppo piccola e aveva passato troppo poco tempo insieme ad Howard. Tony, invece, sapeva tutto. Magari, se Howard non fosse morto, gliene avrebbe parlato anche a lei. Invece Zoe sapeva la storia di Captain America grazie a Tony. Anche a scuola ogni tanto gli insegnanti ne parlavano. Tutto il mondo parlava di Captain America, di tutto quello che aveva fatto nella sua epoca e di quello che avrebbe fatto una volta sveglio.

Zoe, che nel frattempo aveva cominciato a correre sul tapis roulant, si ritrovò a doversi fermare improvvisamente quando vide che Steve si era affiancato a lei e la stava fissando. Per pochi attimi perse l'equilibrio, ma si protesse con la sua magia e riuscii a non cadere. Steve la osservò in silenzio, trovando ancora surreale i poteri di quella ragazza.
Lei lo fulminò con lo sguardo e staccò una cuffia dall'orecchioo «Mi hai fatto prendere un colpo.»

Steve non si scompose «Non ho fatto niente.» le disse e, dal suo tono, Zoe capì che lui la stava prendendo in giro.

«Ti avevo detto che non ti avrei disturbato, ma sei tu che disturbi me. Cosa vuoi?» sbottò fermando l'attrezzo e appoggiandosi ai bracci di esso.

«Capire chi sei.»

Zoe lo guardò con un sorriso amaro «Zoe Knox, piacere.»

Lui alzò la testa, tornando serio «So come ti chiami. Voglio capire chi sei, cosa ci fai qui.»

«Cosa vuoi, un resoconto della mia vita? Chiedi a Nick Fury di darti informazioni su di me, se proprio ci tieni.» si allontanò da lui, scocciata.

Poi si bloccò quando lui parlò ancora «Da quanto puoi fare quelle cose?»

Si voltò lentamente verso di lui, corrugando la fronte. Perché le stava chiedendo quello? Cos'era, un modo per fare amicizia o un modo per capire se potesse essere davvero una spia dell'Hydra?
Steve si era appoggiato sul muro, con lo sguardo mantenuto su di lei. Dal suo sguardo, però, non traspariva nulla. Zero. Ciò la mandò ancora di più in confusione. O forse era semplicemente lei, che non riusciva a decifrare lo sguardo di un ragazzo.

Impossibile, pensò.

«Sei invidioso perché tu non li hai o...?» lasciò la frase in sospeso, mantenedo il suo tono ironico.

«Non puoi semplicemente rispondere?»

«E tu non puoi semplicemente farti gli affari tuoi?»

«Lo sai che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?» le disse alzando il mento.

Zoe inclinò la testa «Beh, tu lo hai appena fatto.»

Quella risposta fece ridere Steve. Zoe si sentii soddisfatta, lo aveva appena zittito. Di nuovo. Quasi quasi stava diventando il suo hobby preferito, zittirlo.

«Rogers, se ti serve per capire da che parte sto, stai perdendo tempo. Non farei mai niente che potesse ferire Tony, mettitelo bene in testa.» cominciò lei, lentamente, avvicinandosi a lui «Odio l'Hydra tanto quanto la odi tu. Con una piccola differenza...»
Erano di nuovo l'uno di fronte all'altro a tenersi testa. Steve sentii il respiro di Zoe sul collo. Era talmente bassa che dovette tenere lo sguardo completamente giù. La guardò attentamente, invitandola a continuare.
«Che io ho provato sulla mia pelle le loro atrocità e mi hanno privata dei miei ricordi. Tu li hai combattuti e tutto il mondo ti definisce un eroe, per questo.»

Steve si sentì pugnalato allo stomaco

Steve si sentì pugnalato allo stomaco. Cosa poteva risponderle? Niente. Aveva provato a metterla con le spalle al muro perché il pensiero che lei potesse essere lì come una qualunque infiltrata lo tormentava, lo divorava e non lo faceva stare tranquillo. Eppure quelle parole avevano smosso qualcosa dentro di lui. Zoe Knox era lì da neanche ventiquattro ore, ma aveva già distrutto Steve in due modi diversi. Con i suoi poteri e, peggio, con le parole. Non la conosceva, non sapeva niente di lei. Solo che era una ragazza con dei poteri assurdi, anche se non aveva visto neanche la metà di quello che Zoe era in grado di fare. Per Steve Rogers, l'ultimo anno era stato un vero inferno. O forse lo era stato fin da quando aveva rimesso piede nel mondo dopo settant'anni ibernato. Era lecito che non riuscisse a fidarsi di nessuno, no?
Fury si fidava di lei, sapeva qualcosa che forse nessuno nella squadra sapeva. Tranne Tony, lui sapeva ogni minimo dettaglio di lei, a detta sua. Steve aveva potuto constatare che tra i due ci fosse un bel rapporto solido, anche se non era ancora riuscito a capirne il perché.

Natasha, che era riuscita a scambiarci qualche parola, aveva detto a Steve che doveva rilassarsi un po' di più. Che Zoe, per quel poco che ci aveva parlato, sembrava simpatica. E sincera. Allora perché Steve la trovava enormemente irritante?

«Quella scenetta di ieri...» ricominciò Zoe, bloccandosi «Non l'ho fatta per sentirmi superiore. O per farmi odiare.»

Steve sembrò confuso «E allora perché?»

La bionda si voltò di nuovo, scrollando le spalle e sorridendo «Non lo so. Per noia?» Steve non sentii cattiveria in quello che stava dicendo. Stava per risponderle, ma lei continuò «Ma su una cosa tu hai ragione, Rogers. Io senza i miei poteri non sono nessuno.»

Steve la guardò allontanarsi verso l'uscita della palestra, ma scattò verso di lei fermandola. Zoe sembrò confusa, o sconvolta, da quel gesto.

«Vieni con me.» ordinò Steve, gentile. Zoe stava per rifiutarsi, ma Steve le voltò le spalle e ritornò dentro come se stesse dando per scontato che lei lo avrebbe seguito. Si trovò in bilico tra seguirlo o tornarsene in camera sua, pentendosi amaramente di essere scesa giù dal letto alle cinque del mattino. Pensò che, effettivamente, non aveva niente da perdere nel sapere cosa volesse mostrarle Steve. Ammesso che volesse mostrarle qualcosa, ovviamente.

Si guardò le spalle velocemente e poi camminò verso la direzione del Capitano, di nuovo in palestra. In tutto quell'arco di tempo Zoe non aveva notato che c'era un'altra stanza, li proprio dove era sparito Steve. A passo lento, molto lento, lo raggiunse. Quando vi entrò finalmente dentro, trovò una stanza molto ampia. Le pareti erano marroni e il pavimento era chiaro con dei tappeti morbidi e marroni. Ai lati della stanza cercano delle sedie, cinque, e un tavolino in un angolo. Insomma, la stanza era praticamente vuota.

«Nat arriverà tra un'ora. Nel frattempo, fammi vedere cosa sai fare.» le disse Steve, al centro della stanza.

Zoe corrugò la fronte «Ma di che stai parlando?»

«Hai detto che senza i poteri non sei nulla. Io non sono Nat, ma qualcosa so farla anche senza il mio scudo.»

Sulle sue labbra spuntò un piccolo sorriso, che fece sorridere Zoe «Vuoi insegnarmi a combattere, Rogers?»

Lui alzò le spalle «Solo le basi. Al peggio ci pensa Natasha.»

Era per caso un nuovo metodo per attaccare bottone? Una volta non si usava invitare a cena una ragazza per fare colpo? In quei cinque anni in cui lei aveva abbandonato New York, per caso, avevano cambiato i metodi standard? Rise di gusto pensandoci e si posizionò davanti al biondo e solo in quel momento si rese conto che non sapeva esattamente da dove iniziare. Lo guardò scettica.

«Tirami un pugno.» le suggerii.
Zoe non se lo fece ripetere due volte, ma quando allungò il pugno sul viso in un attimo Steve le bloccò il polso. Lei, che non se lo aspettava, lo guardò interrogativa.
«Troppo lenta.» scattò Steve. Tenendo la presa sul suo polso, la fece voltare di spalle tenendola imprigionata con l'altro braccio. Zoe emise un gemito contrariato.

«Non vale così, non mi hai dato neanche il tempo di...»

Non riuscii a finire la frase, Steve la interruppe e la fece voltare di nuovo verso di lui «Pensi che un nemico ti darebbe il tempo di prepararti?»

No, effettivamente.

Seccata, Zoe riprovò altre due volte ma Steve la schivò entrambe le volte «Ancora troppo lenta. Più convinta, Knox.»
La bionda sbuffò nervosa, facendo ridere Steve in modo soddisfatto. Lo guardò in cagnesco e si avvicinò, convinta, tirandogli quel maledetto pugno. Quando sentii le sue nocche entrare a contatto con la mascella, sorrise. Steve si era piegato in due e stava strizzando gli occhi per il dolore.
«Sei forte.» le disse respirando forte e rimettendosi dritto. Zoe non ebbe il tempo di godersi la soddisfazione di aver sferrato un pugno al Capitano, che lui avanzò velocemente verso di lei spingendola con le braccia, facendola cadere di spalle, e si buttò addosso a lei. Zoe urlò per il dolore e per il peso di averlo completamente addosso.

«Ma che cazzo...» bofonchiò, guardandolo sconvolta.

«Modera i termini.» le rotolò accanto e si rialzò velocemente, mentre lei si contorse sulla schiena. Zoe riuscii velocemente a curarsi. Guardò Steve che si era appena alzato e aveva appena allungato una mano verso di lei per aiutarla ad alzarsi. Ingenuamente, la afferrò. Ma appena fu di nuovo in piedi, proprio come qualche minuto prima, Steve la bloccò di nuovo con il polso girato e trattenuto sulla sua schiena.

«Cristo santo! Hai rotto.»

Con la schiena poggiata al petto di Steve, Zoe gli pestò il piede e l'uomo fu costretto ad allontanarsi per il dolore. Approfittandone, la bionda gli afferrò le spalle e lo colpì con il ginocchio sui testicoli e con una seconda spinta lo fece arrivare un po' più distante da lei. Il Capitano, con gli occhi offuscati per la botta, si lasciò andare a terra. Lei gli corse incontro, ma non per aiutarlo, e si buttò su di lui a cavalcioni. Cercò di sferrargli un pugno, che Steve schivò. Poi lui ribaltò la posizione e si ritrovò a stare su di lei bloccandole i polsi all'altezza della testa.

«Posizione poco formale, Capitano.» sussurrò, prima di alzare il ginocchio sull'addome di Steve che mollò immediatamente la presa. Zoe sgattoiolò via e si rimise in piedi, ma Steve le afferrò una gamba facendola cadere di nuovo a terra. Bloccò il calcio che lei aveva appena provato a tirare e si rialzò in piedi, mettendole un piede sull'addome per fermarla.

«Ti sai muovere, ma non è abbastanza.» le disse, facendo pressione quando la sentii provare ad alzarsi.

Zoe tirò l'ennesimo pugno sul ginocchio, riuscendo ad allontanare Steve. Si rialzò velocemente e provò a colpirlo, riuscendo a schivare qualche attacco da parte sua. All'ennesimo pugno tirato, Steve le bloccò di nuovo il polso ma, questa volta, la bloccò con la schiena poggiata al muro. Il petto di Zoe cominciò ad alzarsi e ad abbassarsi velocemente per la botta presa e le mancò il respiro. Cap si era fermato, ma non mollava la presa. Erano entrambi con il fiato corto e con i corpi completamente attaccati. Zoe non capì se quello che rimbombava nella sue orecchie era il suo cuore o quello di Steve. Sta di fatto, che l'uno riusciva a sentire il respiro dell'altro. Erano vicini. Troppo vicini. Pericolosamente vicini. Neanche mentre litigavano fronte contro fronte erano staticosì vicini.

Steve notò in modo più dettagliato gli occhi di Zoe. Erano marroni, con una grande sfumatura di verde. Mentre lottavano, c'è stato un momento che li ha visti diventare verdi mentre lei era a terra. Non capii perché il colore dei suoi occhi cambiava continuamente. Ma verdi o marroni, erano comunque bellissimi. Per un attimo poggiò lo sguardo sulle labbra, decisamente troppo vicine alle sue, e le vide schiuse. Sentiva l'affanno di Zoe invadergli la pelle, consapevole che lui stava facendo lo stesso con lei. Sentii qualcosa muoversi dentro lo stomaco e decise di staccarsi da lei per ritrovare lucidità.

«Ti ho fatto male?» chiese dolcemente, ma distogliendo lo sguardo da lei.

Sentendolo allontanarsi bruscamente, Zoe cercò di regolare il respiro di nuovo. «No, no... Cioè, per un momento si, poi mi sono... mi sono curata»

«Puoi curarti?»

Lei annuii «Si, me stessa e gli altri. Ma cose semplici, niente di troppo complicato.»

A quell'affermazione, Steve sembrò capire «Quindi per questo avevi gli occhi verdi, prima? Quando fai... quelle cose che sai fare ti cambia il colore degli occhi?»

«Mi guardi negli occhi, Rogers?» chiese ironica, ma si rese conto troppo tardi di averlo detto e non solo pensato. Dentro di se si sentii morire per quella battuta, ma non fece notare il suo disagio a Steve. Neanche lui sembrava particolarmente a disagio e lo vide ghignare.

«E tu mi guardi i muscoli, Knox.»

Sempre con la risposta pronta, grandissimo figlio di puttana.

Zoe rimase in silenzio. Per la prima volta, non cercò di trovare una risposta da dargli. Si avvicinò al piccolo tavolino dove aveva lasciato la sua bottiglia d'acqua e ne bevve un sorso, cercando in tutti i modi di non guardare Steve e di non ripensare a quello che era appena successo.
Ma cosa era appena successo, in realtà, non lo sapeva. Era certa di aver sentito qualcosa, come un brivido che le aveva percorso lentamente tutta la spina dorsale. Si era ritrovata imprigionata tra le sue braccia e quel contatto l'aveva destabilizzata. L'aveva ipnotizzata. E lo aveva odiato quando si era staccato da lei. Zoe, ma sei impazzita? pensò, o meglio, si prese a schiaffi nei suoi pensieri.
Lo conosceva da neanche un giorno, personalmente, ma sapeva già che Steve Rogers non era un uomo adatto a lei. Per niente, a dire il vero. Allora perché aveva provato quella strana sensazione?

...O emozione.

«No!»

Steve si voltò verso di lei «Come?»

In quell'esatto momento, Zoe avrebbe voluto urlare dal nervoso. Lo aveva fatto di nuovo, aveva pensato ad alta voce. Doveva togliersi questo maledetto vizio, o le avrebbe creato seri problemi.

«No che non... non ti guardo. Non ti guardo, Rogers.»

Stupida!

Steve Rogers stava per ribattere e dirle qualcosa, ma una terza figura che sbucò all'improvviso in quella stanza li fece voltare entrambi. Zoe riconobbe subito una chioma rossa e sospirò.
«Scusa, Zoe, non ho sentito la sveglia.» disse Natasha, entrando di corsa.

Salvata dalla campanella.

---

«Ma si può sapere che cosa gli hai fatto?»

Zoe se ne stava in una sedia dietro il bancone abbandonata a se stessa. Non aveva più un minimo di forza per dire anche solo una sillaba, se non per ascoltare ad annuire ogni tanto durante la discussione. Tony la guardava sconvolto perché in due giorni che era lì era già la seconda volta che vedeva la sua piccoletta rimanere in silenzio per tanto tempo. A differenza della prima volta, però, sapeva che Zoe non era persa nei suoi pensieri.

Natasha guardò Zoe ridendo, poi rispose «Solo un po' di sano allenamento, Tony.»
Avevano passato l'intera mattina ad allenarsi, Zoe e Nat. Anche se la seconda si era concentrata per lo più a distruggere la sua amica, almeno questo pensava Zoe. Tony aveva ragione quando le aveva detto, la sera prima, che Nat non era una tipa molto indulgente. Ma non si aspettava che le sarebbe costato così tanta energia in meno. E in più, come se non bastasse, la rossa aveva obbligato - minacciato, anzi - di non usare i suoi poteri per curarsi. Devi provare tutta la fatica dell'allenamento fino allo sfinimento, le aveva detto. Poi aveva aggiunto che in realtà non c'era andata molto pesante, essendo la prima volta in cui l'allenava. Zoe l'aveva guardata sconvolta.

Per tutto il primo pomeriggio, che gli Avengers avevano passato a discutere ancora una volta sul piano da mettere in atto a Sokovia, Zoe era intervenuta davvero poche volte e aveva cercato più volte di resistere all'istinto di addormentarsi. Oltre all'allenamento duro, era anche in piedi dalle cinque del mattino e proveniva da una notte in cui il sonno era stato parecchio disturbato.

«E tra l'altro,» riprese Natasha facendo vacillare lo sguardo tra Zoe e Steve «non sono stata l'unica che ha pensato di tenere Knox in movimento.»

Steve, che se ne stava seduto poco più distante da Zoe, alzò le spalle «Non è colpa mia se non è in forma, sotto quel punto di vista.»

La bionda gli rivolse uno sguardo cruciale, che poi si spostò verso quello scioccato di Tony. Quest'ultimo alzò le mani per attirare l'attenzione «Scusate, cosa mi sono perso?»

Bruce aveva più o meno lo stesso sguardo di Tony «Io credo di aver capito...»

«Oh mio Dio, ragazzi!» esclamò Clint, ridendo «Almeno ditemi che avete usato una camera.»

Steve si affrettò a ribattere, ma Tony alzò la voce «Santo cielo, speravo di aver capito male. Avete fatto sesso?»

Zoe pensò di essere in mezzo a dei pazzi. No, non dei pazzi, dei tonti. Degli imbecilli, delle teste di cazzo. Si era quasi pentita di aver definito un credulone solo il Capitano. Guardò Nat scocciata, dandole la colpa di aver scatento quelle assurde teorie. Se solo ne avesse avuto la forza, si sarebbe alzata e l'avrebbe strangolata. Prima lei, poi Steve e infine il resto della squadra.

«Potete smetterla di parlare come se io non ci fossi? E di sparare cazzate.» borbottò, cercando di parlare il più forte possibile «Quale cazzo è il vostro problema?»

«Ah, ma allora parli.» intervenne Thor, che cercava anche lui di capire cosa fosse successo.

«Si e se non la piantate vi faccio esploldere.» gli rispose rabbiosa. La squadra rimase in silenzio per qualche secondo, fin quando Tony non riprese la parola.

«Non ho capito, avete fatto sesso o no?»

«NO!» urlarono Steve e Zoe. Si scambiarono un'occhiata, poi entrambi alzarono gli occhi al cielo. Natasha scoppiò a ridere, sentendosi un po' in colpa. Tony riprese a respirare, portandosi una mano al petto per lo shock. Clint, Bruce, e Thor invece annuirono convinti.

In realtà, a Tony non sconvolgeva l'idea che Zoe avesse potuto essere andata a letto con Steve Rogers. Non era mica la prima volta che la sapeva a letto con qualcuno e lui era l'ultima persona che poteva arrabbiarsi per qualcosa del genere. La paura di Tony, invece, era che lei avesse fatto sesso con Steve e lo aveva tenuto all'oscuro dell'accaduto. Era abituato male, pensava Zoe, perché lei gli aveva sempre rivelato ogni dettaglio delle sue avventure, dalle piccole alle più grande.

«Le ho solo mostrato come si combatte.» continuò Steve. Zoe sentii nel suo tono una sicurezza e una soddisfazione che la infastidirono. E' vero che lui era stato piuttosto pronto e l'aveva atterrata più volte, però...

«Uh, forte. Chi ha vinto?» chiese Tony elettrizzato e guardando la bionda. Vedendola irritata, il filantropo le fece l'occhiolino. Zoe avrebbe voluto distruggerlo in quell'esatto momento ed era pronta ad urlargli di chiudere la bocca - a Tony o a Steve? - ma un'altra voce catturò l'attenzione di tutti i presenti.

«Signor Stark, c'è una chiamata in arrivo da Nick Fury.» Tony alzò gli occhi al cielo, scocciato, mentre il resto della squadra scattò sull'attenti.

Poco più distante da loro, un ologramma di Nick Fury comparve ai loro occhi. Era sempre uguale, Nick: completo nero, mani dietro la schiena e lo sguardo severo - o almeno, questo faceva percepire l'unico occhio buono ch gli era rimasto -. Zoe si era sempre chiesta come facesse l'uomo a vedere bene e ad essere una spia, di un certo calibro, pur avendo un solo occhio. Uno dei suoi più grandi desideri era complimentarsi con il gatto che gli aveva procurato quell'incidente, ammesso che fosse ancora vivo.

«Buonasera, Avengers.» disse Fury, fermo. Nessuno ricambiò il saluto a parole, ma solo con un cenno o con un sorriso tirato. Steve, invece, alzò la mano.

«Fury, direi che è un piacere sentirti ma sono terribilmente onesto da dirti che non è così. Cosa vuoi?» gli rispose Tony, facendo sorridere Zoe. Se c'era una cosa che, negli anni, le mancava sempre era la sua intramontabile ironia anche nei momenti più sbagliati. Forse era questo che l'aveva sempre contraddistinto da tutti gli altri, oltre che la sua intelligenza - innegabile -.

«A che punto siete con la missione?» Fury ignorò totalmente Tony e si rivolse alla squadra con il suo solito tono autorevole.

Natasha si rivolse al capo «Nick, ci lavoriamo da ieri, non possiamo arrivare impreparati.»

Zoe diede uno sguardo veloce a Bruce, che sospirò. Lui era quello che, dal primo momento, aveva cercato di localizzare la posizione esatta dello scettro ma con scarsi risultati. Dovevano ancora capire bene come fosse strutturata la base e dovevano agire con astuzia, non potevano arrivare li ed improvvisare. Non avrebbe avuto senso. Se dovevano affrontare un viaggio così lungo ed una missione, diciamo, pericolosa tanto valeva essere preparati al cento per cento. In più Nick insisteva affinché Zoe, l'ultima arrivata e quindi la meno esperta, fosse ben pronta ad ogni possibile complicazione. Lei si sentì infastidita, infatti non aveva mancato a rispondergli a tono su quanto lei fosse realmente preparata. Insomma, aveva passato di peggio.

Era anche vero, però, che gli Avengers non potessero perdere tempo ed arrivare lì troppo tardi. Se davvero L'Hydra stava sperimentando sulla gente, loro dovevano fermarli prima che potessero creare qualcosa che mettesse il mondo in difficoltà. Zoe non aveva vissuto la battaglia di New York, o almeno non quanto il resto della squadra, ma aveva visto come Tony ne fosse uscito distrutto e di come negli anni aveva cercato di combattere gli attacchi di panico. Dopo la battaglia con il Mandarino, alcuni mesi dopo la battaglia di New York, Zoe sapeva bene che lui fosse ancora molto turbato dagli accaduti ma aveva cercato di riprendersi. Ci era riuscito, in parte, grazie anche alla squadra. Tony non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma si era affezionato a quei ragazzi. E dopo l'arrivo di Zoe si sentiva ancora più sollevato. Ma anche questo non lo avrebbe mai detto ad alta voce.

«Mi aspetto che siate pronti entro due giorni. Poi vi voglio a Sokovia.»

Zoe spalancò gli occhi «Due giorni? Nick, sei davvero così crudele da volermi far passare il mio compleanno in missione?»

«Knox, vedi di far meno la spiritosa. Piuttosto, Stark, le hai dato l'uniforme?»

Tony rivolse uno sguardo gelido a Fury, che non se ne curò più di tanto, poi gettò la testa all'indietro «Non gliel'avevo ancora detto. Rovini sempre tutto, occhio bendato.»

«Ma di che state parlando? Io non metto nessuna divisa scolastica!» esclamò Zoe contrariata e alternando lo sguardo tra Tony e Nick.
Perché nessuno le aveva detto che avrebbe indossato un'uniforme? No, cambiamo domanda. Perché doveva indossare un'uniforme? Lei che adorava mostrarsi come una normale ragazza amante di Prada e utilizzare i suoi poteri con stile, doveva indossare qualcosa di diverso? Eh no!

Tony si allontanò, sotto le lamentele di Zoe, avvicinandosi ad una piccola mensola. Allungò una mano verso di essa e prese un piccolo bracciale in ferro, simile a quello che utilizzava Tony per richiamare velocemente la sua armatura.

«Tony, scordatelo, io non metto nessuna delle tue armature metalliche.» disse Zoe quando Tony le porse il bracciale. Lui alzò gli occhi al cielo e le afferrò il polso, mettendogli quel piccolo affare metallico. La bionda lo guardò e lo studiò attentamente, notando un piccolo bottone al centro di esso.
Tutti i presenti la osservarono, aspettando anche loro di capire cosa stava succedendo e Zoe scosse la testa. Guardò Tony, ancora fermo di fronte a lei, ripetendo che non avrebbe mai indossato nessuna armatura.

«Puoi solo preme quel bottone senza lamentarti, per una volta?»

Zoe sospirò, guardando quel bracciale metallico. Poi si rivolse di nuovo a Tony, sconfitta «Te lo giuro, Tony, se è una delle tue armature di metallo enormi ed ingombranti, la distruggo e mi costruisco una macchina.»

Zoe si allontanò di poco solo per avere la completa visuale della squadra e di Nick Fury, che non si era mosso di un centimetro. Premette quel bottone e, improvvisamente, si sentii il corpo vibrare e rimase immobile. In pochi secondi, i vestiti che aveva prima furono rimpiazzati da una divisa completamente nera ed attillata. Le mani furono coperte da dei guanti neri in lattice, mentre al posto delle sue scarpe bianche comparvero degli scarponcini alti e neri. Le spalline erano grosse ma super imbottite. In vita comparve una cintura con delle tasche, vuote. La divisa non era in metallo come aveva creduto, ma era di un tessuto morbido che si aderiva perfettamente sul suo corpo. Fece comparire uno specchio di fronte a se per guardarsi meglio. Vedendo la sua immagine, Zoe constatò che quella divisa le stava... bene. Molto bene. Si guardò da cima a fondo, osservando attentamente i guanti in lattice come se fossero un perfetto tocco di classe. Spalancò le labbra vedendosi in quella veste nuova. Alzò gli occhi verso i suoi compagni, che la guardarono attentamente. Lo sguardo degli Avengers era, incredulo, su di lei ma si sentii bruciare ancora di più sopratutto quando notò che Steve stava più volte facendo cadere il suo sguardo su tutto il corpo.

Prima che Zoe riuscisse a dire qualcosa, alzò gli occhi su Tony

Prima che Zoe riuscisse a dire qualcosa, alzò gli occhi su Tony. Lui le stava sorridendo soddisfatto, ma poi la osservò ancora un po' cercando di scaturire ancora di più i dettagli «Sai che c'è? Sembra quella di Natasha, va modificata un po'. Per il resto, stai una favola. Nella tasca c'è l'auricolare.»

Zoe abbassò lo sguardo verso la tasca che Tony le aveva indicato, tirando fuori da essa un minuscolo auricolare. Era quello che usavano per comunicare tra loro durante le missioni?

«I guanti in lattice sono un'idea di J.A.R.V.I.S.» concluse.

La bionda, finalmente, sorrise «Grazie J.A.R.V.I.S.»

L'intelligenza artificiale non tardò a risponderle «E' un piacere, signorina Knox.»

«Oh, andiamo!» intervenne Tony «Sono io che ho fatto tutto il lavoro! Tessuto antiproiettile, GPS nel caso dovessi perderti, resistente alle fiamme, riscaldamento...»

Steve guardò Tony confuso «Le hai messo il riscaldamento nell'uniforme?»

Tony fece spallucce «In Sokovia fa freddo.»

«E se dovesse andare in missione nel periodo estivo?» chiese Barton, guardando attentamente le maniche lunghe della divisa.

«Giusto, Legolas, grazie per avermelo ricordato. C'è anche l'aria condizionata.»

«Un momento!» intervenne Zoe, confusa «Ma voi in estate non andate in ferie?»

Thor inclinò la testa «Ferie?»

«Vuol dire che puoi riportare il tuo culo ad Asgard senza che nessuno ti rompa il cazzo, Thor.» rispose Zoe, con nonchalance, sorridendo a Thor.

Tony spalancò gli occhi «Hai davvero usato le parole culo e cazzo nella stessa frase? Rogers, non fare quella faccia noiosa.»

Tutti si voltarono verso Steve che, scocciato dalle parolacce, aveva sospirato rumorosamente. Infine Fury, stanco di quelle chiacchere, sbottò «Sistema quel che devi sistemare e salite su quel maledetto Quinjet, il prima possibile.»

Nick chiuse la chiamata e il suo ologramma sparì dalla loro vista. Zoe si guardò ancora per un po' con quella divisa. Le piaceva. E anche molto, pur non sapendo cosa di li a breve Tony avrebbe modificato. La bionda cercò di alzarsi in volo, constatando che con quell'uniforme si sentiva sorprendentemente molto più leggera. Non si curò minimamente di come gli Avengers, pur lanciandole ancora qualche occhiata, ritornarono a discutere della missione. Zoe provò anche a fare alcune delle sue magie più semplici: si lisciò i capelli, fece comparire e scomparire oggetti, simulò una protezione attorno a se... I poteri funzionavano bene, anche se non provò gli attacchi ma diede per scontato che funzionavano anche quelli. Tornò con i piedi per terra, avvicinandosi ai suoi compagni, avvicinandosi a Nat. Quest'ultima le sorrise, poi le si avvicinò all'orecchio per sussurrarle qualcosa.

«Credo che Steve ti abbia guardato il culo più volte.»

   
 
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