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Autore: Yellow Canadair    17/06/2022    2 recensioni
Lucci, Kaku e Jabura si svegliano nudi in un laboratorio sconosciuto. Dove sono? che è successo al resto del gruppo? perché non riescono più a trasformarsi? Tutte domande a cui risolvere dopo essere scappati, visto che sono giustamente accusati di omicidio plurimo.
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Nefertari Bibi è sparita da Alabasta: Shanks il Rosso l'ha portata via per salvarla da morte certa, perché qualcuno vuole il suo sangue per attivare un'Arma Ancestrale leggendaria. Ma i lunghi mesi sulla Red Force suggeriscono a Bibi che forse chiamare i Rivoluzionari potrebbe accelerare i tempi...
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Intanto Caro Vegapunk ha una missione per gli agenti: recuperare suo padre, prigioniero nella Sacra Terra di Marijoa. Ma ormai Marijoa è inaccessibile, le bondole sono ferme, e solo un aereo potrebbe arrivare fin lassù...
I Demoni di Catarina, una long di avventura, suspance e assurde alleanze in 26 capitoli!
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Nefertari Bibi, Rob Lucci, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Capitolo 11

Il Giornale dell'Economia Mondiale

 

 

«Rob Lucci! La tua faccia non è cambiata! La ricordo benissimo dai tempi del Reverie! Abbiamo ancora i rullini in archivio!» 

Come se servisse un archivio, al vecchio Morgans: la sua memoria era eccellente, fotografica, i dettagli dei volti che vedeva erano scolpiti a fuoco nella sua mente, così come le gesta, inventate o meno, che raccontava sul suo giornale. 

Sensibile alle novità, si era affacciato alla finestra della redazione appena aveva sentito nell’aria uno strano e cupo rombo proveniente dal cielo, e in lontananza aveva visto uno scintillante velivolo giallo che proveniva dall'ovest, lucente sotto il sole in mezzo al blu; si apprestava a scendere sullo specchio d’acqua della baia dell’isola dove si trovava in quel momento la redazione, sull’Isola di Wight nel Mare del Sud, un fazzoletto di terra ventoso e pieno di fiori, famoso per le battaglie musicali tra band rivali.

La redazione, per essere sempre pronta a intercettare nuove notizie ed essere rapidamente sul posto quando si presentasse uno scoop, era una sorta di mongolfiera gigante, trainata qui e lì da stormi di gabbiani attaccati a prua e poppa. In quel momento era posata su un promontorio, dove gli echi dei concerti arrivavano a malapena e ci si poteva concentrare per raccogliere notizie e inventare articoli.

«Morgans.» salutò asciutto Rob Lucci toccandosi la tesa del cappello a cilindro, guardando verso la finestra alla quale stava affacciato il direttore del giornale. Lui e gli altri agenti erano in un grande prato verde, sotto le finestre della redazione. Una folata di vento di mare scosse i lunghi capelli neri di Lucci, che ondeggiarono sulle sue larghe spalle; Hattori gonfiò le piume.

Morgans era irriconoscibile: aveva mangiato il frutto Avis-Avis modello Albatro, ma siccome l’avevano sempre visto in  forma full-zoan, vederlo adesso in forma del tutto umana era surreale. Però era vestito con gli abiti della stessa foggia di quando era un pennuto, con i pantaloni a scacchi, una lunga mantella nera e un cilindro con la piuma; ora aveva anche dei capelli ricci e bianchi, ma lo sguardo era sempre lo stesso: vivo, rapace, curioso. Meno piume, ma sempre Morgans.

Il giornalista osservò gli abiti civili degli uomini. «Vedo che anche voi siete tornati normali.»

Il leader troncò quel discorso: «Devo parlare con Fukuro. So che è qui.»

«Vi ha sentiti, sta scendendo.» poi aggiunse, cercando di racimolare qualche notizia di prima mano: «Com’è stato svegliarsi dal coma? Immagino molto stressante...»

Ma Lucci non voleva offrire appigli per una conversazione, vista la delicatezza della sua missione di recupero del vecchio Vegapunk. «Già.» si limitò a dire.

Erano cambiate tante cose in quei due anni e mezzo, ma non la redazione del Quotidiano dell’Economia Mondiale: caotica, frenetica, con i giornalisti che entravano e uscivano dalle stanze a gran velocità, tutti intenti a dettare, a trascrivere, a decidere, a editare, a scrivere, a inventare e ad allineare le minuscole tessere che poi venivano allineate a formare ogni singola pagina del giornale del giorno dopo; la meticolosa operazione era svolta da uno stormo starnazzante di tucani sporchi di inchiostro, che si litigavano le tessere e velocemente componevano le pagine che sarebbero state lette il mattino successivo.

Il Direttore non era cambiato: era sempre Morgans, sempre in caccia di nuove notizie, sempre avido di novità e di spettacolari titoli a caratteri cubitali. Non aveva lasciato la direzione nemmeno quando aveva perso a sua volta il controllo del suo Frutto del Diavolo.

La redazione aveva immediatamente sospettato che ci fosse qualcosa di strano, così non aveva permesso a quell’albatro indiavolato di andarsene in giro per il mondo da solo: avevano costruito una grande voliera, e Morgans era stato tenuto lì per due anni e mezzo.

Intanto, continuavano a uscire degli editoriali con la sua firma, la sua redazione si era organizzata per resistere e per documentare quello strano fenomeno, e i giornali avevano continuato a viaggiare per tutto il mondo raccontando storie e riportando notizie.

La porta del pianterreno della redazione si spalancò e una grande, tondeggiante e inconfondibile figura uscì di corsa.

«Chapapaaaaaaaaa!!! Siete voiii!!»

«Fukuro!» esclamò Jabura allargando le braccia e andando incontro al collega.

Anche Kaku si staccò dal fianco di Lucci e corse verso Fukuro, e i tre si abbracciarono con trasporto sul prato davanti alla redazione, ululando di gioia e piangendo così tanto che a un certo punto qualcuno disse “Kumadori”, e ricominciarono a piangere commossi abbracciandosi e sbracciandosi.

«Non cambieranno mai.» sospirò Califa, rimasta con il leader. Ma poi andò verso i tre colleghi e si voltò verso Lucci. «Tu non vieni?» sorrise.

Hattori tubò contrariato.

«Vieni Califa!! Abbraccialo anche tu!!» gridava Jabura.

Anche la donna venne coinvolta in quella chiassosa e molesta riunione.

«Lucci!» esclamò Fukuro infine. «Chapapa, sei vivo!»

Nemmeno Rob Lucci, nemmeno con il suo formidabile Kami-e riuscì a sottrarsi all’affetto del suo collega, che lo sollevò da terra, lo avvinse e lo stritolò in un grande abbraccio, mentre il colombo si alzò in volo giusto in tempo per non essere strizzato!

Appollaiato al davanzale, Morgans osservava e se la rideva. 

 

~

 

Fukuro, chiacchierone e ben informato, riprese il racconto da dove si era fermato quello della pilota.

«Chapapa, eravamo in comunicazione lumacofonica, ci siamo accorti subito che era stata arrestata.» disse l’agente dai capelli verdi, seduto sotto il gazebo di un bar sorseggiando bubble tea.  «Ci… dispiace molto.» mormorò contrito Fukuro. 

Jabura riprese le redini della conversazione: «Questo ce l’ha raccontato.» disse indicando col mento il Canadair ammarato nella baia. «Eravate nella palude e cercavate di nasconderci… cos’è successo?»

Fukuro sospirò dispiaciuto e piagnucolò, rivolto verso Lucci: «Chapapa, mi dispiace! Abbiamo cercato di combattere, ma erano tanti! Ed erano armati!»

Fukuro però non era Nero, e Rob Lucci non aveva intenzione di ucciderlo per aver perso un combattimento, per di più evidentemente sproporzionato. Fece un gesto con la mano, e gli permise di andare avanti.

«Chapapa, abbiamo resistito finché abbiamo potuto. Tre notti e tre giorni, nascondendoci nella palude, mangiando le alghe e spostando le gabbie dove eravate rinchiusi. Ma alla fine ci hanno presi per sfinimento e ci hanno arrestati per insubordinazione, insieme ad altre accuse false.»

Kaku serrò le labbra e scosse la testa. «Evidente vendetta di Spandam.» osservò, calando la visiera del cappellino.

«Chapapa, vi hanno portati via.» mormorò Fukuro tristemente. Poi scoppiò a piangere e rotolò sedendosi a terra. «Chapapa, mi dispiace… mi dispiace tantissimo, non ho potuto fare niente… non sapevo nemmeno esattamente dove foste…»

«Lascia perdere le sceneggiate, Fukuro.» disse Jabura con una sfumatura di compassione, sedendosi accanto a lui.

«Chapapa… ma Spandam non doveva!!» ringhiò offeso Fukuro. «Grazie ai miei contatti nel giornale, ho scoperto che è stato lui! Con Spandine!!» scoppiò di nuovo a piangere di rabbia. «Io e Kumadori avremmo dovuto resistere!!»

«Aspetta, aspetta.» lo interruppe Kaku. «Cosa c’entrano Spandam e Spandine, con quello che ci è successo dopo la partenza da Catarina?»

Fukuro si asciugò il moccio col dorso della mano. «Vi hanno venduto al Germa 66 per degli esperimenti sui possessori di Frutti del Diavolo.»

Silenzio degli agenti. Non era una completa sorpresa, ma ora le loro ipotesi avevano preso forma.

Ecco cosa ci facevano al laboratorio di Under City.

Si erano tenuti una serpe in seno per tutti quegli anni. Non solo li aveva traditi, denunciando il loro tentativo di sfuggire al Governo, ma quando questo era caduto non aveva perso tempo, e aveva venduto la pilota agli schiavisti e gli agenti agli scienziati più spietati del mondo. 

Bene faceva Rob Lucci, dopo i fatti di Enies Lobby, a volerlo uccidere e terminare la faccenda: ma le cose erano andate diversamente. 

Finora.

Jabura guardò Rob Lucci, che gli restituì l’occhiata: ci avevano visto giusto. Dalla loro espressione, era più che evidente a tutti che Spandam non sarebbe rimasto tra i vivi ancora per molto.

Fukuro strinse minaccioso gli occhietti e avvicinò alla bocca la sua tazza di cioccolata. «Chapapa, Spandine ha fatto carriera. Ora è ai vertici dei servizi segreti della Grande Armata, vive a Marijoa.»

«Quindi con tutta probabilità è nella cerchia stretta degli Astri.» osservò Kaku.

Lucci annuì. Vero, Im e Spandine erano sulla stessa isola. «Continua.» disse poi tagliente il leader, invitando Fukuro a terminare il suo racconto.

«Chapapa, io e Kumadori siamo stati portati entrambi nella colonia detentiva di Tequila Wolf, ma a molti chilometri l’uno dall’altro. Non vedo Kumadori dal giorno in cui ci hanno arrestati.»

Nel Mare Orientale, a Tequila Wolf, venivano impiegati migliaia e migliaia di detenuti per costruire un ponte immenso, che doveva collegare varie isole della zona; ma era una tela di Penelope: il ponte non finiva mai, la distanza da coprire era immensa, i lavoratori morivano sotto il peso delle frustate, le mareggiate ogni tanto inghiottivano interi metri di cantiere. Chi veniva imprigionato lì, raramente poi riusciva a rivedere la libertà.

«Ma lì le cose sono andate piuttosto bene, per me. La fatica di costruire un ponte è una sciocchezza, rispetto agli allenamenti a cui siamo abituati, chapapa. E poi, con il Tekkai non sentivo le frustate. Aspettavo solo il momento adatto per scappare.»

«Kumadori è ancora lì?» domandò Jabura, con le mani nei capelli, visibilmente preoccupato.

«Sì. È difficile scappare da Tequila Wolf.»

«E allora come hai fatto a uscirne?» chiese Kaku.

«Una ribellione nel mio settore! Molti schiavi si sono coalizzati contro i carcerieri, hanno rubato le armi, ed è arrivata la Grande Armata per sedare la rivolta. E ovviamente…» indicò l’edificio della redazione di Morgans, sul promontorio alle spalle di Lucci. «Anche i reporter del Giornale Mondiale dell’Economia. Si sono mischiati ai rivoltosi con le macchine fotografiche, facendo domande e scattando fotografie. Mi hanno chiesto se facessi parte dei ribelli, io ho detto sì e ho raccontato tutto il loro piano per evadere. Così per gratitudine mi hanno liberato.» e poi si serrò la zip.

Jabura fu il primo a prendere la parola: «Hai spiattellato i piani dei prigionieri, li hai fatti arrestare, e ti hanno liberato?»

«Chapapa.» mormorò tutto contento Fukuro, riaprendo la grande zip. «Miss Amanda, la vicedirettrice, ha detto che ho molto occhio per i dettagli e che sono bravo a raccontare i segreti! Quindi ha patteggiato per la mia liberazione, visto che grazie a me la Grande Armata è riuscita a sedare la rivolta.»

«Non so se dire che sei un infame, o un genio.» disse Kaku.

Fukuro stilettò Jabura: «E tu che te la prendevi con me, quando raccontavo i nostri piani in giro!»

«SIAMO AGENTI SEGRETI!!» saltò su il Lupo prendendolo per il bavero della camicia a righe. «PER COLPA TUA SALTAVANO TUTTE LE COPERTURE!!»

Rob Lucci non perse di vista il motivo della visita. «Kumadori dov’è? È rimasto a Tequila Wolf?»

«Chapapa, temo di sì. Da solo, era impossibile farlo evadere.»

«Noi invece abbiamo il vantaggio numerico e dell’aereo.» ricordo Kaku a Lucci.

Lucci si alzò in piedi, scrollandosi i lunghi capelli neri, e piantò gli occhi di ghiaccio addosso a Fukuro. «Vieni con noi?»

Fukuro rapidamente posò il biscotto che stava mangiucchiando. «Certo. Non sono mica prigioniero. Però dovrò informare Morgans.»

 

~

 

A novecento metri di altezza, il Canadair sorvolava il mare blu, portandosi nella sua carlinga gialla gli agenti del Cipher Pol, che finalmente stavano riformando con fatica il loro gruppo. Il rombo dei motori Pratt&Whitney era un sottofondo rassicurante e stabile, e tutti si rilassavano durante il viaggio, chiacchierando e mangiucchiando i pacchi di biscotti comprati in un negozietto dell’Isola di Wight prima di decollare.

Lucci poteva sembrare distaccato e freddo, seduto sul sedile del co-pilota, mentre studiava le carte nautiche e discuteva a bassa voce con Kaku e Fukuro sulla conformazione del territorio di Tequila Wolf, ma in cuor suo era felice e si vedeva: bastava osservare come le sue mani si muovevano sul piumaggio bianco di Hattori, con che cura assecondasse i movimenti dell’uccellino che riposava tranquillo e pacioso sulle sue gambe. Finalmente insieme, avevano ritrovato quell’equilibrio che l’Apocalisse dei Frutti del Diavolo aveva spezzato, due anni prima; la separazione per Lucci era stata penosa, ma non era durata che poche settimane; per Hattori doveva essere stata devastante, lì da solo a Catarina per così tanti mesi, senza nemmeno sapere se avrebbe mai rivisto il suo amico.

L’uccellino era così rilassato e felice che era diventato una sorta di palla piumosa che quasi faceva le fusa, a sentire le dita di Lucci che vagavano sui suoi ossicini cavi e sulle sue piume delicate.

«Corrispondente dall’estero? Ha detto proprio così?» chiese Jabura, steso sul pavimento, a Fukuro, seduto su una delle brandine usate a mo’ di panche, che correvano lungo il fianco dell’abitacolo.

«Chapapa, gli manderò gli articoli via gabbiano. La storia di Caro Vegapunk! Del fosco Im! Non posso lasciarmela scappare!»

Lucci si voltò per fulminare Fukuro con una gelida occhiataccia: «Non spiattellerai a Morgans tutta questa storia prima che Vegapunk sia in mano nostra.»

«Chapapa, chappapa…» cantilenò Fukuro, poi concluse con un: «Agli ordini.»

Hattori era estremamente sollevato dal fatto che Lucci avesse raccontato a Fukuro tutta la faccenda solo dopo il decollo: a farlo prima, quello stupido chiacchierone avrebbe di sicuro compromesso l’esito della missione, informando Morgans dei loro piani!! 

Lilian sollevò lo sguardo verso gli indicatori di pressione e del livello del carburante. Chiese a Lucci di controllare l’orizzonte a ovest con il binocolo.

«Fronte temporalesco.» le confermò il boss. Era immenso e abbracciava tutto l’orizzonte, mentre in alto le nuvole persistevano fino al cielo, quasi nere, e i fulmini si abbattevano sul mare e tra i cumuli più alti.

La pilota guardò le bussole: il magnetismo locale era molto instabile, gli aghi tremavano impazziti, il mare sotto di loro si arricciava in onde bianche. Il vento aumentava, la turbolenza svegliò Jabura e Kaku si affacciò in cockpit, preoccupato.

«Aggiralo.» ordinò Lucci alla pilota. «E continua verso Tequila Wolf.»

«Boss, le chiedo una pausa dopo che l’avrò aggirato. Dovrebbero esserci delle secche disabitate, stando a quello che ci ha detto Morgans, e ho bisogno di riposarmi. Inoltre preferisco non rischiare di surriscaldare l’aereo.»

Lucci la guardò severamente. Era presto per essere stanchi, per i suoi standard. Ma si rendeva conto che gli standard di un uomo con più di seimila Doriki non potevano essere gli standard di una civile e di un aereo rimesso in aria alla bell’e meglio; così per evitare di schiantarsi in mare per un colpo di sonno, concesse alla pilota la pausa che chiedeva.

«Quanto manca per la destinazione?» le domandò.

Lili controllò la carta nautica e fece un rapido calcolo. «Meno di quattro ore. Possiamo passare la notte sulle secche, se è d’accordo, e domani prima dell’alba decollare per arrivare a Tequila Wolf.» Lucci si dichiarò d’accordo.

«Bisogna cominciare a pensare a un piano per recuperare Kumadori.» osservò Kaku.

«So dove l’avevano rinchiuso due anni fa, chapapa, ma potrebbero averlo spostato.»

«Dobbiamo scoprire dov’è. La cosa migliore è infiltrarci.» propose Jabura.

«Non abbiamo l’attrezzatura di scena qui.» fece notare loro la pilota, mentre aggirava il grande fronte temporalesco con un’ampia virata.

L’aereo si inclinò di lato e per qualche istante la vista dal parabrezza fu interamente illuminata da una pioggia di fulmini scintillanti, pericolosamente vicini al muso del Canadair, ma poi la ragazza completò la manovra e una grande luce spazzò il cockpit: avevano superato le nuvole, il temporale era sotto i loro piedi e il sole splendeva davanti a loro.

«Niente costumi, niente abiti formali, niente make-up scenico. E a questo giro non so dove procurarveli.» continuò lei come se niente fosse stato, mentre gli agenti erano ammutoliti per il vuoto nello stomaco e avevano le unghie conficcate ai sedili.

 

~

 

Il piccolo falò era rassicurante, e illuminava una modesta spiaggia dove soffiava una brezza leggera dal mare, mentre la foresta alle spalle era silenziosa, e ogni tanto si levava il richiamo di qualche uccello notturno. L’aereo era stato tirato in secca dalle braccia forti degli agenti e ancorato sulla sabbia, con i cunei sotto le ruote perché non affondasse.

Avevano deciso di avvicinarsi a Tequila Wolf prima dell’alba, quindi potevano riposare tutta la notte, ed essere pronti a scattare il giorno successivo.

Erano rimasti sulla spiaggia, sotto una delle ali del Canadair per ripararsi dall’umidità che scendeva dal cielo, e che faceva appiccicare i vestiti alla pelle.

Le onde del mare sciabordavano a riva, e la luce del fuoco illuminava le piccole creste bianche, mentre il buio inghiottiva i cavalloni al largo e il mare si perdeva nel nero delle profondità del cielo.

«Chapapa, quindi adesso non avete più i poteri dei Frutti del Diavolo.» mormorò Fukuro.

I cinque agenti mugugnarono contrariati. 

«A lui è andata meglio così.» disse Jabura indicando Kaku col pollice.

«Per l’ennesima volta: a me piaceva trasformarmi in giraffa.» ripeté pazientemente l’agente più giovane.

«Puoi dirlo, non ti giudicheremo male, può capitare di avere sfiga con il potere del Frutto…» insistette il Lupo prendendo un morso dalla fetta di pane con il formaggio che gli aveva passato Blueno.

«Inutile pensarci. Ormai non è rimasto più niente. Fine della storia.» chiuse il discorso Lucci con una pietra tombale.

In realtà lui era il primo a rimpiangere la sensazione di superiorità e potenza d’attacco che gli dava il Felis-Felis, però sapeva benissimo di non poter cambiare quella nuova e triste realtà delle cose.

A Fukuro però venne in mente un’altra cosa: «Se il potere si è esaurito, ora potete nuotare?»

Il mare calmo era lì a pochi metri da loro.

«Me l’ero chiesto anche io, ma non abbiamo avuto modo di provare.» disse Kaku.

Lucci, Blueno, Kaku e Jabura si avvicinarono al bagnasciuga, incalzati da Fukuro. Anche Califa li seguì pigramente, a qualche passo di distanza. Lili non si era alzata dalla sua stuoia accanto al fuoco, si limitava a osservarli da lontano.

Jabura si sfilò le ciabattine di tela nera ed entrò con i piedi nell’acqua.

«Senti niente?» chiese Lucci.

«Pensavo fosse più fredda.» rispose il Lupo. Poi ammise: «Accidenti, erano almeno venticinque anni che non la toccavo.»

«Già, era la classica scusa per non metterti sotto la doccia.» lo stilettò il leader.

«EHI!»

Kaku non li ascoltava, e contò rapidamente: «Io solo da sette.» disse togliendosi le scarpe da ginnastica e abbassandosi i pantaloncini.

«Che stai facendo?» muggì Blueno.

«Non lo indovini?» rise Kaku, liberandosi anche della felpa e del berretto con la visiera.

«Non lo fa…» mormorò Jabura scettico.

«Lo fa, lo fa.» disse Lucci, che conosceva benissimo Kaku.

Kaku rimase in boxer, entrò nell’acqua bassa e si tuffò di testa; riemerse dopo un paio di metri e si allontanò verso il largo con ampie bracciate.

«Contento lui.» commentò Lucci. Lui e Califa erano stati gli unici a non togliersi le scarpe, rimanendo a guardare gli altri che si divertivano a muovere i piedi nell’acqua e Jabura che cercava di affogare Fukuro.

Tornarono al falò gocciolanti come cani dopo un temporale, e si sedettero accanto al fuoco per asciugarsi mentre cenavano: Fukuro tagliava una bella pagnotta di pane casereccio, e Blueno infilzava le fette su un lungo forchettone e le abbrustoliva sul fuoco; Kaku ci metteva su una fetta di caciotta, Lucci tagliava il salame con un lungo coltello, e Jabura era l’addetto agli alcolici. Ma andandoci piano, l’aveva ammonito il boss. Poi si era preso anche lui un bel bicchiere di vino portato dalla cantina di Blueno. La pilota, stanca per le ore di volo, mangiava in silenzio, pregustando il proprio sacco a pelo e la tranquillità che le dava la vicinanza degli agenti mentre dormiva. Sperava di riuscire a dormire abbastanza, di non essere divorata dagli incubi anche quella notte.

«Nei mesi che sono stato a Tequila Wolf» spiegò Fukuro «Arrivavano schiavi di continuo. Con la Marina che non argina più il traffico, adesso non solo i Nobili Mondiali, ma anche le persone abbastanza ricche da permetterselo possono comprare degli schiavi senza temere la legge.» raccontò.

«Quella sporca storia non è finita.» rimuginò Jabura prendendo un morso dalla fetta di pane con il formaggio che gli aveva passato Kaku. «E i Rivoluzionari? Rompevano le balle con la storia della libertà, in questi due anni sono morti tutti?»

«I Rivoluzionari non sono nient’altro che un branco di ribelli organizzati meglio.» affermò duro Lucci, che aveva affrontato i loro capi molto spesso, in passato. «E questo ne è la conferma: tanti proclami, ma nessuna sostanza.»

«Penso che la faccenda dei Frutti del Diavolo sia sfuggita anche al loro controllo, chapapa.» ragionò Fukuro. «Kaido, che li produceva per conto suo, non ha avuto nessun problema, i Rivoluzionari non sono riusciti a tenergli testa… certo un’apocalisse su scala mondiale era al di fuori delle loro previsioni.»

«E quindi anche a Tequila Wolf gli schiavi al ponte sono aumentati?» domandò Kaku.

«Sì, lì ci vanno gli schiavi e quelli che vengono arrestati, come me e Kumadori.» confermò la fluente penna del Quotidiano dell’Economia. «E ormai gli schiavisti assaltano sempre più spesso le navi di passaggio, visto che la nuova Grande Armata non è efficiente come la Marina.»

Lilian aveva smesso di masticare, guardava il pane che aveva in mano come in trance e aveva affondato la testa nel bavero della grande felpa.

«Ehi, stai bene?» la risvegliò Jabura toccandole il braccio. 

Lili alzò la testa di scatto. «Sì. Tutto ok…» balbettò, alzandosi in piedi così di scatto che persino Lucci e Hattori si voltarono nella sua direzione.

«Chapapa, sei proprio sicura?»

«Sì. Ho dimenticato una cosa nell’aereo. Scusatemi.» disse in fretta, asciugandosi il sudore dalla fronte. Risalì la scaletta, aprì il portello e lo richiuse alle sue spalle.

«Forse ha un’urgenza…» ipotizzò Blueno.

«Non essere stupido, non c’è il bagno a bordo.» lo freddò Lucci. «Le sarà venuto sonno all’improvviso. L’importante è che domani si svegli in condizioni decenti.»

«Come vogliamo procedere, dopo il salvataggio?» domandò Kaku. «Andare direttamente a Water Seven mi sembra una mossa azzardata.»

«Guarda che non la puoi rimandare in eterno.» canterellò Jabura.

«Non la sto rimandando!» si piccò Kaku.

«Concordo, serve una tappa intermedia dove metterci al sicuro dopo aver fatto evadere Kumadori.» intervenne Califa. «Bisogna recuperare le forze e anche seminare eventuali inseguitori.»

«Che forze ci sono a presidio del ponte?» chiese Lucci, versando del buon whiskey nel bicchierino di Hattori.

«Bisognerà stare attenti.» sussurrò cospiratore Fukuro. «Sono cambiati tutti i piani alti! Hanno chiamato una squadra che prima lavorava a Impel Down! Sapete, due anni fa c'è stato uno scandalo: sembra che un prigioniero molto importante sia stato ucciso nella sua cella, e ci sia stata un'evasione di massa. Era già successo subito dopo che siamo andati via da Enies Lobby, vi ricordate…?»

I presenti annuirono.

«Quindi il Governo Mondiale ha deciso di togliere da mezzo la prigione sottomarina e trasferire tutti quelli che vi lavoravano, chapapa! E sono tutti al ponte di Tequila Wolf!»

«Abbiamo i dettagli?» chiese Blueno.

Fukuro scosse la testa: «Pochi. Ma avevano tutti dei Frutti del Diavolo, quindi ora non credo che rappresentino una minaccia seria.»

«E poi? una volta preso Kumadori? serve un piano di fuga.» ricordò Jabura.

«Prendete una carta della zona.» ordinò Lucci.

Blueno aiutò Fukuro a stendere carta del Mare Orientale in modo che tutti la vedessero, e che non prendesse fuoco. La carta che avevano era una vecchissima edizione da due soldi, approssimativa e datata, ma purtroppo le lussuose edizioni della “TangEarthines”, una ditta nata da pochissimo tempo e specializzata in carte nautiche di tutto il mondo, erano letteralmente introvabili: per comprarne una bisognava prenotare con mesi di anticipo lumacofonando ai laboratori di un’isoletta nel Mare Orientale.

Per qualche secondo tutti rimasero a osservare le isole disegnate, orientarsi, ricordare posti dov’erano già stati e valutare la distanza con Tequila Wolf, che Fukuro aveva già cerchiato in rosso. 

«Fukuro.» chiamò Jabura. «Sei il più informato di tutti. Cosa proponi?»

«Chapapa, se ve la sentite di sopportare il freddo, direi qui, senza dubbio.» cinguettò, puntando un dito con la mappa con così tanta violenza che per poco non fece un buco.

«Drum?» fece Blueno. «Ci sono stato durante questi due anni. Non esiste nemmeno un porto. E la media stagionale è cinquanta gradi sottozero.»

«È vero che abbiamo i vestiti pesanti a bordo, ma non converrebbe andare in un posto più temperato? C’è il Regno di Alabasta alla stessa distanza.» osservò Rob Lucci.

«Chapapa, sì, ma Alabasta non è più un posto tranquillo.» disse il cronista dell’Eco del Mondo. «Dopo la morte di Cobra Nefertari, la regina Bibi è sparita. Al momento c’è la reggenza del Ministro dell’Ambiente, un ex ribelle, ma il popolo rivuole la sua regina e lui fa fatica a tenere a bada i commilitoni, che vorrebbero chiarezza sulla sparizione della regina, o almeno nuove elezioni.»

«Quindi rischiamo di infilarci in un posto che ribolle come una pentola.» mormorò Califa, legandosi i capelli in una coda bassa.

Bibi Nefertari, aveva pensato Lucci. L’aveva conosciuta all’ultimo Reverie. Era una donna ambiziosa e con la testa calda, facile pensare che fosse coinvolta in qualcosa di losco. Comunque, non erano affari suoi, e accantonò la faccenda dando ragione a Fukuro.

«Il Regno di Drum è freddo, ma è sempre tranquillo, chapapa! Nessuno verrà a farci domande strane!»

«E per il porto?» sussurrò la pilota, ridiscendendo timidamente le scalette dell’aereo. «Dove lo mettiamo…?» disse, intendendo l’aereo. Accettò l’aiuto che Jabura le offriva per gli ultimi pioli, visto che non si era ancora ripresa del tutto per lo scivolone nel bosco.

«C’è un fiordo dove possiamo ancorarlo. Da lì, c’è un breve cammino per il villaggio più vicino. È una sorta di porto naturale, chapapa!» spiegò Fukuro issandosi sulle punte e improvvisando un balletto.

Poteva andare. Avrebbe fatto freddissimo, ma avevano ancora l’attrezzatura da neve comprata a Karakuri. Era un prezzo tutto sommato onesto per assicurarsi la tranquillità: il fatto di poter sorvolare le Fasce di Bonaccia, poi, li metteva completamente al sicuro da eventuali inseguitori. E avevano già la rotta: tra gli Eternal Pose presi da Jabura nel vecchio laboratorio di Caro Vegapunk ce n’era proprio uno di Drum.

«Perfetto. Prenota già da ora otto singole nel miglior albergo della città.» ordinò subito Rob Lucci alla segretaria-pilota.

Lilian si stranì e considerò timidamente ma con fermezza: «Boss… e come? Chi chiamo? Non ho nessun numero di lumacofono.» A Catarina, quando lavorava alla torre, bastava chiamare il centralino del Governo o andare in un’agenzia di viaggi per avere tutti i dati necessari, ma lì su un aereo, da soli, in mezzo al mare, era impossibile!

«Fukuro?» si rivolse a lui Lucci.

«Chapapa, sono un reporter, mica un centro informazioni turistiche!» replicò il silenzioso agente, un po’ indignato.

Califa intervenne: «Questo lo risolveremo una volta arrivati a Drum. Adesso che abbiamo venduto la barca, i soldi non ci mancano.»

Infatti, quando erano arrivati a Catarina, lei e Rob Lucci avevano letteralmente dato fuoco alle polveri nelle boutique dell’Isola dell’Autunno, e addirittura Califa si era concessa una giornata alle terme dell’Isola dell’ovest. Anche Jabura e Kaku avevano investito qualche soldo in dei pantaloni comodi, rasoi elettrici e oggetti personali, visto che i loro appartamenti e tutto ciò che contenevano erano andati distrutti.

Chi invece era tornata in possesso, a sorpresa, di tutti i suoi averi era la pilota: con il volto nascosto dall’ampio cappuccio di una felpa, si era fatta accompagnare sull’Isola dell’Est, dove viveva. Lì aveva rintracciato la sua padrona di casa, la signora Estela Monica De Sosa. E lei le aveva consegnato due grandi scatoloni e le aveva spiegato che esisteva una legge che prevedeva proprio che, nel caso in cui un inquilino fosse sparito nel nulla, il padrone di casa doveva conservare i suoi oggetti; ed era proprio quello che Estela Monica De Sosa aveva fatto, visto che Lilian Yaeger era sempre stata una affittuaria seria, e la sua sparizione improvvisa l’aveva messa molto in pensiero. Il minimo che poteva fare, pur dovendo affittare di nuovo l’appartamento, era conservare i vestiti, i giochi e gli oggetti di Lilian, nella speranza che un giorno sarebbe tornata a riprenderseli.

Se ci fosse stato anche Kumadori, il quadretto del dramma sarebbe stato completo, aveva pensato Jabura guardando le due donne che si abbracciavano in lacrime.

Comunque, nonostante avesse di nuovo il suo guardaroba completo, aveva comprato qualche nuovo pantalone e delle felpe, visto che a causa dell’esilio nella foresta era deperita tantissimo, come Blueno, e ci sarebbe voluto un po’ per tornare in forma. 

Poi gli agenti avevano comprato anche dell’attrezzatura per il Canadair, tra cui materassini su cui dormire, cuscini, e un comodissimo forno a microonde che li avrebbe salvati dal dover cucinare su un falò a ogni tappa.

«Basta che a Drum ci sia un posto dove riposarvi prima di andare a Water Seven.» chiuse la questione Rob Lucci. «E ora spegnete il fuoco e andate tutti a letto. Si parte all’alba. Non voglio ritardi.»

 

~

 

Quella che gli agenti del Cp0 definivano “alba” non era il momento in cui il sole spuntava dal mare: in questo modo, ci si sarebbe svegliati intorno alle sei del mattino. Loro invece intendevano quel momento in cui la notte cominciava a degradare, quando dall'orizzonte faceva capolino il primo schizzetto di freddo celeste che preannunciava il cielo terso di due, tre ore più tardi. Il Sole, insomma, era ancora ben distante da rischiarare direttamente la terra su cui posavano i piedi. 

«Previsioni?» domandò alla pilota.

«Forte vento da est, ma niente che non possiamo controllare. Il nubifragio che abbiamo evitato ieri ha lasciato strascichi importanti nella direzione di Tequila Wolf, il mare sarà mosso o molto mosso.» rispose assonnata la pilota accendendo il quadro elettrico dell'aereo e controllando gli indicatori di pressione. 

«Come se facesse differenza, non andremo mica a nuoto.» disse Jabura stiracchiandosi. 

«Se chiamano soccorsi, ci impiegheranno più tempo ad arrivare, col mare mosso.» saltò su Kaku, già bello vispo di primissimo mattino.

Jabura sbuffò. «Non ti credere migliore solo perché fai il saputello» disse. «Io farò in modo che nessuno possa chiamare i soccorsi!» promise, leccandosi le fauci. 

«Fa' come vuoi.» disse l’altro senza dargli peso, ripiegando la coperta che aveva usato come materasso la notte appena trascorsa. 

Avevano dormito tutti insieme sull'aereo, sul pavimento della carlinga, per non perdere tempo al momento della sveglia e mettersi subito in viaggio. La notte era trascorsa con tranquillità, e l'unico rumore che si era sentito era stato il minuscolo turbare di Hattori, che si era annidato nel cilindro di Rob Lucci. Tutto intorno era silenzio, mentre la notte solitaria di quelle secche passava fuori dall'aereo. 

Rob Lucci diede un ultimo sguardo a quello che rimaneva dell'accampamento, per essere sicuro che non dimenticassero niente a terra; ma la verità è che avevano così poche cose, che era molto difficile dimenticarsi qualcosa: qualche padella, la moka del caffè, la griglia per la brace, qualche stuoia. Le buste con i vestiti e le scatole con i viveri rimanevano al sicuro nel Canadair. 

«Decolliamo.» ordinò il leader alla pilota quando Blueno chiuse il portello dopo che l'ultimo degli agenti si era imbarcato. 

Le grandi pale cominciarono a girare, il rumore dei motori riempì l'aria e le ruote, libere dai cunei di sicurezza, iniziarono pesantemente a girare sulla sabbia dura. L'aereo si girò con la prua in direzione del mare aperto e cominciò la sua rincorsa. 

Superò la terraferma e si staccò dalla superficie blu del mare, e infine decollò con il muso puntato verso il cielo, in direzione di Tequila Wolf. 

 

 

 

Dietro le quinte...

perdono! perdono! scusatemi tutti! dovevo aggiornare mercoledì, ma sono stati due giorni complicati. 

Ciancio alle bande, che già è tardi così.
Bene! abbiamo preso anche il nostro cialtronissimo Gufo Silenzioso, Lucci è tornato con Hattori, Nami ha fondato una casa editrice specializzata in carte nautiche e sembra che all'orizzonte si profili il buon odore di Magellan! Ah! cosa potrebbe mai andare storto? 

Grazie come al solito a tutti, vi si vuole bene ♥ se volete lasciate una recensione, sarò felice di rispondervi!

A presto

 

Yellow Canadair

 

 

  
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