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Autore: crazy lion    20/06/2022    0 recensioni
Dopo aver partorito sotto le macerie della cattedrale crollata, alcune donne aiutano Aliena a rialzarsi e a ripulirsi. Seguitela mentre si occupa del piccino e impara a fare la mamma.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Ken Follett. La fanfiction non è a scopo di lucro.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA:
so che Ellen è andata a casa di Aliena a vedere il bambino, ma qui il contesto è un po’ diverso.
 
 
 

MAMMA ALIENA

 
Aliena tirò un gran sospiro di sollievo quando la trovarono sotto le macerie. Non aveva avuto la forza di gridare mentre scavavano ed era riuscita soltanto a togliere il muco dal naso e dalla bocca del bambino per farlo piangere. Lei e il piccolo erano sporchi di polvere e sangue. Alcune donne la aiutarono a rivestirsi e a rialzarsi, un’altra prese il bambino e poi glielo passò.
“Fate largo!” esclamò qualcuno.
Era Alfred.
“Dammi il bambino” disse quando lo vide.
Aliena tremò. E se gli avesse fatto del male? Glielo porse con mani tremanti. Alfred lo guardò.
“Ha i capelli rossi, guardate!” esclamò a gran voce e facendo piangere il piccino. “Non è mio figlio ma di Jack. È il frutto del peccato.”
“È successo prima di sposarti, Alfred. Poi non ti ho detto nulla perché ho avuto paura e ho nascosto la gravidanza portando vestiti larghi. Non fargli del male, ti prego, Punisci me, se vuoi, ma non lui, ti supplico! È innocente, non ha nessuna colpa.”
Molti si erano avvicinati per ascoltare. Alcune donne circondarono Aliena come per difenderla. Alfred le passò il bambino.
“Fuori da casa mia” sibilò e uscì dalla chiesa.
“Stai bene?” chiese il Priore Philip ad Aliena.
“Starei meglio se fossimo entrambi puliti” disse.
Quando Aliena fu cacciata di casa da Alfred, provò un grande senso di sollievo. Almeno non avrebbe più dovuto dormire su quel giaciglio di paglia ai piedi del suo letto, soprattutto ora che aveva il bambino. Lo stringeva fra le braccia come se fosse stato quanto di più prezioso aveva al mondo, ed era vero. Partorire sotto le macerie era stata una delle cose più brutte che le fossero mai capitate. La più terribile era stata di certo la violenza subita da William Hamleigh. Un brivido la percorse lungo tutto il corpo a quel ricordo.
“Non pensarci” si disse. “Concentrati sul tuo bambino.”
Il piccolo, che era stato ripulito un po’ dalle donne in chiesa, era ancora nudo e sporco di fango e polvere. Aliena si diresse più in fretta che poté nel quartiere povero dove aveva abitato prima di sposare Alfred, nella casa con una sola stanza che condivideva con il fratello Richard. Lui era già lì ad aspettarla.
“Aliena, come ti senti?” le chiese e le andò incontro.
“Sono spossata. È stato orribile, Richard. Ero venuta in chiesa per cercare aiuto perché mi si erano rotte le acque, ed è crollato tutto. Sono svenuta e poi ho partorito là sotto.”
“Mio Dio” mormorò lui. “Non riesco nemmeno a immaginare cosa devi aver passato. Siete tutti sporchi. Vieni.”
La fece sedere su una sedia.
“Dove vai?” gli domandò Aliena, vedendo che si allontanava.
“A chiamare la levatrice del villaggio. Hai bisogno di aiuto.”
Il bambino non faceva che piangere e per parlare i due avevano dovuto alzare la voce.
“Shhh, buono, piccolo” sussurrò Aliena al bambino.
Si inginocchiò e pregò.
Pater noster, qui es in caelis,
sanctificetur nomen tuum,
adveniat regnum tuum,
fiat voluntas tua,
sicut in caelo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
[…]
Pregò per suo figlio, affinché stesse bene, per lei stessa e per Jack. Chissà dov’era.
“Non sarebbe dovuta andare così” si disse la ragazza. “Il bambino sarebbe dovuto nascere in un letto pulito e io avrei dovuto avere Jack al mio fianco.”
E invece le cose avevano preso una piega ben diversa.
Il piccino si era calmato, per il momento.
In quel mentre entrarono la levatrice e Richard. Ognuno dei due reggeva un catino d’acqua.
“Era bollente quando siamo partiti da casa mia, ma ora è tiepida, perfetta per un bagno” disse la levatrice. “Lady Aliena, come vi sentite?”
“Non sono più una Lady” rispose lei con amarezza. “Starei meglio se fossi pulita.”
Richard uscì e la donna aiutò Aliena a spogliarsi, dopo aver adagiato il bambino in una cesta di vimini.
“Immergetevi nell’acqua” le disse la donna.
Aliena eseguì e subito il liquido diventò grigio a causa della polvere e della sporcizia. La levatrice la lavò, compresi i capelli, e la aiutò ad asciugarsi e a mettersi dei vestiti puliti.
“Ora sdraiatevi” disse.
Aliena si mise a letto. La casa era formata da una sola stanza e i due letti si trovavano in un angolo. La levatrice ripulì con un panno bagnato il bambino dalla polvere e dal sangue, poi lo avvolse in un lenzuolo bianco e glielo mise fra le braccia.
“È un bambino sano e forte” disse. “Potete stare tranquilla.”
“Ehi!” esclamò Aliena. “Come sei bello, e che bella voce hai.”
“Bella voce? A me sembrano strilli” disse Richard rientrando. “Posso?” chiese alla levatrice, incerto.
“Sì, venite pure.”
Il bambino non piangeva più, ma si dimenava sotto le coperte.
“Non riesci proprio a stare fermo, eh?” gli chiese Aliena con dolcezza.
“Datemelo, Aliena, devo vestirlo.”
In quel momento la ragazza si ricordò che non aveva comprato mai nessun abito per il bambino.
“Ci ho pensato io” disse Richard, come se le avesse letto nella mente. “Sono andato al mercato e ho preso degli abiti per un neonato e anche per un bambino un po’ più grande.”
Mostrò alla sorella due grandi sacchi che posò per terra.
“Ma quanta roba hai comprato?” gli chiese lei, e rise.
“Parecchia.”
La levatrice lo vestì con abiti leggeri, visto che era estate, e poi lo ridiede alla madre.
“Dategli il vostro seno” le  raccomandò. “Il latte si formerà fra qualche ora, ma è bene che lui si attacchi subito.”
Aliena diede il bambino al fratello mentre si toglieva la tunica e si scopriva i seni.
“Meglio che esca di nuovo” disse lui dandole il bambino e se ne andò.
All’inizio il piccolo non si attaccò al capezzolo e Aliena guardò preoccupata la levatrice. Che cos’avrebbe fatto se non si fosse attaccato? Avrebbe dovuto cercare una balia. E se non avesse funzionato nemmeno con lei?
Dovrei dargli il latte attingendolo da un secchio, con uno straccio per farlo succhiare pensò.
I frati avevano fatto così con Jonathan e il bambino era sopravvissuto.
“Dategli un po’ di tempo. Non tutti i bambini riescono a farlo subito. Dovete fare in modo che la sua boccuccia si attacchi a tutto il capezzolo.”
Le mostrò come fare e, finalmente, il bambino formò un cerchio perfetto con le labbra e iniziò a succhiare. Per un minuto restò tranquillo, poi cominciò a piangere.
“Ha fame,” disse Aliena, “ma io non posso dargli nulla per ora. Che facciamo?”
“Quello che i frati hanno fatto con Jonathan. Aspettate.”
La levatrice uscì e Richard rientrò. Aliena mise in bocca un dito al bambino affinché lo succhiasse e non piangesse.
“Dov’è andata?”
“A prendere del latte di capra da dargli finché io non avrò il mio.”
“È davvero un bel bambino, Alie” mormorò suo fratello.
“E somiglia a Jack, con i capelli rossi.”
“Già.”
Aliena sapeva che, all’inizio, tutti i neonati avevano gli occhi di un colore indefinibile e che nel tempo il colore poteva mutare, ma sperava che questo non accadesse a suo figlio e che avrebbe avuto gli occhi blu come Jack.
La levatrice rientrò reggendo un secchio e uno straccio.
“Volete darglielo voi?” chiese ad Aliena.
“Certo.”
La ragazza si mise a sedere, intinse lo straccio nel secchio e lo avvicinò alla bocca del bambino, che cominciò a succhiare avidamente.
“Funziona!” esclamò la ragazza.
Poco dopo fu ora di cambiare le fasce al bambino. Aliena ci provò da sola. L’operazione le richiese diversi minuti, dato che era la prima volta e, in tutta onestà, le fece anche un po’ schifo, ma ci riuscì. Legò con due nodi le strisce di lino e controllò che rimanessero ben salde al corpo del piccolo, ma che non fossero né troppo larghe, né troppo strette.
Quando le venne il latte, la levatrice se n’era andata promettendole di tornare il giorno successivo. Il bambino bevve dal suo seno senza grosse difficoltà e poi si addormentò. Richard aveva messo un  cuscino nella cesta di vimini e l’aveva posata accanto al letto di Aliena. La ragazza vi mise il bambino addormentato e lo coprì con una copertina leggera.
“È bello vederlo dormire” commentò Richard.
“Già, è un bambino meraviglioso.”
“Sono felice non sia figlio di Alfred.”
“Anch’io.”
“Dormite, Aliena” le disse la levatrice il giorno dopo. La ragazza era stata sveglia tutta la notte a causa delle poppate frequenti e dei continui pianti del piccolo. “Fatelo quando lui riposa, così recupererete le forze.”
Lei obbedì, si sdraiò e dormì un paio d’ore, ma poi il bambino si svegliò di nuovo.
“A volte basta cullarli e si addormentano, non hanno sempre fame” disse la levatrice.
Ma Aliena preferì allattarlo un po’ e non sbagliò, perché il piccino aveva fame.
Nel primo mese di vita del neonato Aliena non uscì mai di casa in quei giorni. Era Richard a cucinare e a tenere pulita e in ordine l’abitazione, tanto che la sorella lo prendeva in giro e diceva che era una perfetta donna di casa.
“Sei una perfetta donna di casa” la scimmiottò lui, cercando di fare una voce femminile.
Aliena rise.
Stringendo fra le braccia suo figlio, fece il giro della stanza.
“Ti piace quando la mamma cammina con te in braccio, vero?” gli domandò, visto che il bambino aveva smesso di piagnucolare.
“Gli ho comprato anche questo” disse Richard.
“Un orsetto di pezza? È piccolo per i giocattoli.”
“La donna che me l’ha venduto mi ha detto che, se ci dormi una notte insieme, si impregnerà del tuo odore e calmerà il bambino quando piangerà.”
“Davvero? Non ci avevo pensato. Va bene, farò così.”
Quella notte riposò con l’orsacchiotto fra le braccia e, anche se doveva alzarsi per le poppate frequenti, poi tornava sempre da quell’animaletto che, immaginava, per il suo bambino sarebbe stato tanto importante. Il giorno dopo, mentre lui dormiva, glielo mise vicino. Il bimbo si destò appena, accarezzò con una manina l’orsetto e poi gli si fece più vicino. Doveva aver riconosciuto l’odore della mamma. Aliena sorrise: Richard aveva avuto ragione.
La levatrice tornò quella mattina stessa.
“Come va?” chiese ad Aliena.
“Bene. Mangia e dorme, mangia e dorme, solo questo!”
“È normale, tutti i neonati fanno così.”
“Sì, lo so.”
“Ieri mi sono dimenticata di dirvi una cosa, Aliena. Per tre giorni bevete brodo di pollo con del pane inzuppato. Vi aiuterà ad avere latte più buono.”
“D’accordo.”
Il bambino si svegliò e la levatrice volle vedere come Aliena lo allattava.
“Brava, andate avanti così” le disse. “Ha un nome, questo fagottino?”
“No, vorrei aspettare suo padre per darglielo.”
Ma Jack potrebbe non tornare mai, pensò, e non posso lasciare mio figlio senza un nome per sempre.
A meno che lei non fosse andata a cercarlo, ma per ora era solo un’idea vaga che le ronzava in testa ogni tanto. Viaggiare con un bambino tanto piccolo non sarebbe stato facile e avrebbe potuto rivelarsi anche pericoloso per lui, e per nessuna ragione al mondo Aliena avrebbe voluto metterlo in pericolo.
“Be’, mi sembra che qui tutto proceda bene. Come va con il cambio delle fasce?”
“Bene, sto diventando più brava” disse Aliena.
“Perfetto! Tornerò per qualche altro giorno, per assicurarmi che il piccolo continui a crescere e a mangiare, poi non avrete più bisogno di me. Ora siete una madre e saprete occuparvi da sola del vostro bambino.”
Una madre pensò Aliena, e sorrise.
Anche se il bambino fosse stato frutto del peccato, come aveva detto Alfred, lei l’avrebbe amato ugualmente, sapendo che Dio l’avrebbe perdonata. Come si poteva non adorare un angioletto come lui?
Diventare mamma la faceva sentire più donna, l’aveva cambiata in meglio.
“Ma sei bellissimo!” esclamò una mattina guardando il piccolo che, nella culla, faceva qualche gorgoglio.
Ogni volta si stupiva di quanto fosse perfetto. Non aveva più la pelle grinzosa come da neonato, ora era liscio e perfetto. Ma lo era sempre stato.
“Facciamo una passeggiata?” gli domandò e prese il suo gorgoglio per un sì.
Lo sollevò fra le braccia e uscì con lui. Era una giornata di giugno, il sole era caldo e gli uccellini cinguettavano allegri. Aliena notò che il piccolo la guardava. Le toccò il viso con una manina paffuta e lei sorrise. Camminò per un po’ nel quartiere povero dove abitava e molti le fecero i complimenti per il bambino.
“È meraviglioso” dicevano.
Le chiedevano come si chiamava e lei rispondeva sempre:
“Ancora non lo so”,
e loro la guardavano straniti. Ma a lei non importava. Avrebbe tanto voluto dare un nome al piccolo, ma non senza che Jack potesse avere un’opinione.
“Andrò a cercarlo” si disse. “Non ora, ma ci andrò. Lo prometto.”
Non le importava se avesse dovuto viaggiare per mari e monti, l’avrebbe trovato. Ma non ora. Voleva viaggiare con il bambino ed era troppo piccolo, temeva che si ammalasse.
Arrivò nei pressi del bosco e incontrò Ellen che disse:
“Bene. Non ci sono dubbi sulla sua paternità. Come sta?”
“Non ha mai avuto niente… è piccolo ma robusto” disse Aliena con orgoglio. Poi soggiunse: “Come la nonna.”
“Non sono venuta da te prima perché temevo di disturbarti. Come ti senti?”
“Stanca. Questo piccolino mi fa dormire poco e male, ma sono felice di averlo.”
“Posso prenderlo in braccio?”
Aliena sorrise e glielo passò.
“È così simile a Jack!””
Ellen si commosse.
“Già, ha preso tutto da lui.”
Le due donne parlarono un po' del bambino, di come Aliena se ne prendeva cura, ed Ellen la lodò dicendo che stava facendo un ottimo lavoro.
“Sei una bravissima mamma” le disse.
Mamma Aliena pensò la ragazza.
Suonava bene.
Dopo un po', Ellen le ridiede il bambino.
"Verrò a trovarti" le promise.
"Va bene, ti aspetterò."
Tornò a casa e mise il piccolo nella culla, perché si era  addormentato. Seguendo i consigli della levatrice, si sdraiò anche lei per fare un sonnellino. Le parole Mamma Aliena le rimasero impresse nella mente e sorrise nel sonno-
 
 
CREDITS:
Pater Noster


la citazione in corsivo, quando Aliena incontra Ellen, è tratta da I pilastri della terra di Ken Follett.
   
 
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