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Autore: Enchalott    21/06/2022    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il volere di Belker
 
L’apparizione dell’epharat all’interno della piramide fu accompagnata da una violenta dispersione energetica. Si accasciò in preda alle convulsioni, il petto squarciato da una profonda fenditura. L’ergon si riversò a fiotti, inondando il pavimento.
Impassibile il dio della Battaglia le posò due dita sulla fronte, leggendone i ricordi.
Mahati.
Un tuffo in picchiata a lama sguainata, inattuabile per un mortale, proiezione di ombre che avrebbero dovuto risultare impalpabili, un inseguimento attraverso le fiamme, un taglio netto, come se avesse distinto il bersaglio.
«Come ci è riuscito?»
Floga rantolò, premendosi il torace in preda agli spasmi: ne aveva per poco, ma Belker ignorò l’agonia esigendo una spiegazione.
Llamea e Kaena emanavano una sottile aura di panico.
«Sommo imperatore, nessuna creatura umana è mai stata in grado di danneggiarci.»
«Attribuite a Mahati poteri celesti per coprire un fallimento? Impudenti!»
L’ambiente cristallino tremò in eco alla collera divina.
«No, mio signore, giace in fin di vita. È mortale come tutti i Khai.»
«Dunque?»
«Forse è dovuto al retaggio daamakha
«Sciocchezze! Nessuno dei suoi antenati vi ha mai percepite! Sono stato costretto ad assumere concretezza per trattare con quel cane di suo padre! È un vostro inammissibile errore!»
«Floga non ha commesso imprudenze, ha inibito il ladi secondo i vostri ordini…»
Belker rovesciò il braciere in un impeto di furia. Non trovare il bandolo lo pungolava sul vivo. Quell’assurda situazione lo costringeva a rivalutare la minaccia di Kushan e a contemplare la possibilità che il giovane demone fosse il famigerato erede.
Ogni ostacolo verrà rimosso. Nulla impedirà la mia ascesa!
«Minkar è in piedi, la missione non è compromessa. Siete certe che Mahati stia esalando l’ultimo respiro?»
«Sì, imperatore.»
«Assicuratevi che muoia.»
Mosse alcuni passi, rimuginando sulla necessità della decisione. Avrebbe perso un alleato fedele, la sua migliore spada, una mente priva di labirinti. Ma anche un possibile avversario.
Se il Signore dei Khai non fosse una leggenda, i miei progetti andrebbero a rotoli. La ferita di Floga potrebbe essere frutto del caso, ma sarebbe stupido ignorarne la singolarità.
«Dov’è Yotha?» domandò aspro.
«A Mardan. Sta seguendo Rhenn.»
«Rapporti in merito allo Shikin
«Non ancora, mio signore.»
«Se il primogenito lo intrepretasse, sarebbe un’altra complicanza.»
Riportò le iridi bronzee, prive d’empatia, sulla donna riversa al suolo.
«Che spreco.»
Levò la mano, assorbendo quanto restava dell’energia vitale dell’epharat, che si dissolse in fumo rossastro.
 

 
Kalemi ascoltò il dettagliato resoconto di Elkira ed effuse un sospiro stanco.
«Sarebbe semplicistico pensare di restituire acqua, quiete e amore ai Khai, vero?»
«Sarebbe perfetto, sommo celeste. Prima dovremmo scoprire come.»
«Valarde non lo ha suggerito?»
«No, maestà. Ma ha giurato di impiegare ogni risorsa ed è rimasta presso i Khai.»
«Le sono grato: nessuno è meglio di lei, dove i sentimenti sono banditi. Purtroppo il tempo non gioca a nostro favore, sebbene sia io a presiederlo. L’allineamento dei Tre Soli è prossimo.»
«È necessario considerare gli elementi destabilizzanti di quel mondo, quelli che Belker considera impedimenti. Seguirlo per passargli avanti.»
Kalemi espresse un amaro accordo.
Anche se governo il pantheon, non mi sono mai sentito tanto inutile. Belker mi sfida nel mio principio e sto per essere sconfitto. Provo un’immensa vergogna.
«Chiamate mia sorella.»
 
Azalee scese la scalinata al braccio di Eenilal. Tasmi li seguiva, le espressioni erano gravi. Il re degli dei allungò le mani e ricevette quelle diafane di lei.
«Non so come ha fatto» lo anticipò «L’acqua è il mio elemento, ma Bel non ha mai chiesto nulla e il mio potere è intatto se escludo Mardan.»
«Forse dovremmo concentrarci sul quando» suggerì il dio del Buio.
Kalemi indicò i seggi in modo che i convenuti si accomodassero.
«Manawydan sta rallentando il completamento della piramide» sintetizzò «Reshkigal non può assentarsi, dacché gli spiriti in stasi sono un’energia cui dio della Battaglia non deve attingere. Azalee, so che hai ripercorso mille volte i fatti, ma qualcosa ci è sfuggito. Dobbiamo riprovare o sarà la fine.»
«Non sono sicura di ricordare in dettaglio. Potresti riavvolgere la mia memoria?»
«Se non si trattasse di secoli. Il Tempo ha una sola direzione, invertirla comporta un rischio e possiede un limite. Gli eventi che hai vissuto sono troppo distanti e finché Belker si trincera nell’apeiron non riesco a intervenire su di lui.»
Azalee esitò prima di condividere il ricordo più penoso, ma ogni Superiore stava fornendo un contributo e lei, principio vitale dell’acqua, non si sarebbe risparmiata.
 
Le braccia di Belker erano vigorose, la sua pelle possedeva la sfumatura splendente del rame, i loro corpi avvinti nell’amplesso erano un armonioso contrasto. Labbra su labbra, il respiro diveniva uno e beneficiava del privilegio dell’eternità.
«Chi ti ha insegnato a incantare così un Immortale?»
«Sei stato tu.»
Lui aveva sorriso e gli occhi si erano accesi di una lucentezza che non era furia. Il dio della Battaglia che faceva l’amore con lei, respinta ogni difesa, era un miracolo. La sua delicatezza interiore un prezioso segreto, l’Arco letale abbandonato in un angolo un unicum.
«Mh… sono un dio guerriero, non un volgare stregone.»
Ridendo si era issato sui gomiti e la chioma scarlatta gli era scesa su una spalla. Sensuale e fiero nella sua nudità, come se averla fosse la sua più agognata vittoria. Azalee aveva liberato il fiato per l’intenso piacere provocato dal movimento. Si era allacciata al suo collo e gli aveva accostato la bocca all’orecchio.
«Ti amo.»
Lo sguardo passionale di Belker si era addolcito. Impossibile pensare che recasse la discordia nei mondi creati, che si dissetasse con la sofferenza e si cibasse d’odio.
«Lo so» aveva risposto, simulando la presunzione che gli era propria.
Lei lo aveva stretto a sé, l’unione si era approfondita e le essenze divine si erano compenetrate, risuonando all’unisono.
«Ah…»
Il gemito di beatitudine sfuggito al dio della Battaglia aveva accalorato entrambi.
«Bel?» aveva preteso trepidante.
Lui aveva sorriso senza impertinenza, oscurando in quell’atto il chiarore primigenio.
«Va bene, va bene… ti amo anch’io.»
«Allora non andare.»
«Resterò.»
Le loro dita intrecciate si erano serrate per sugellare la promessa, pur nella consapevolezza che non si sarebbe sottratto per sempre al richiamo della sua natura. All’adorazione che lo rendeva forte. Le rivalità umane, i soprusi, i desideri più bassi e prevaricanti dei mortali lo avrebbero attratto, avrebbe disertato il suo abbraccio per rituffarsi nelle ostilità, nella brama di gloria. Si sarebbero separati forse per non ricongiungersi mai o solo per strappare al continuum sfuggenti istanti di condivisione.
Il cuore aveva preso a dolerle come quello di un essere vivente e lo spasmo aveva investito l’aura sensibile di colui che aveva a lungo dimorato nei mondi creati. Belker si era fermato, accarezzandole la guancia.
«Dubiti di me?»
«Mai.»
Nondimeno aveva intuito le ragioni della sua repentina tristezza. Aveva osservato la faretra zeppa di dardi, gli abiti da guerra sul pavimento, il manto arancio con le piume di fenice. Anche lui era stato percorso da un’onda di disperazione.
«Se conosci un sistema, giuro sulla genesi che lo accoglierò.»
Azalee aveva ascoltato la strana dichiarazione d’amore, sospesa su un baratro: porre la parola sull’origine del cosmo era un atto solenne, spezzare la promessa avrebbe comportato l’implacabile punizione del sovrano degli dei o l’intervento del Distruttore in persona.
«Sposami, Bel.»
Quelle parole erano schizzate fuori per timore che gli accadesse il peggio. Lui aveva spalancato gli occhi, colto alla sprovvista, poi aveva emesso il fiato con prostrazione.
«Sono una divinità senza status, il modo in cui manifesto i poteri è… arcinoto. Almaktti non approverebbe.»
«Non necessito del suo consenso, inoltre a mio padre non importa!»
«Ma a me sì! Gli Immortali direbbero che la principessa reale ha scelto per marito un mostro e la mia condizione infangherebbe te! Non potrei tollerarlo!»
«Tu non sei così! Per me il rango non conta! Parlerò con mio fratello, chiunque osasse mettere in dubbio la tua integrità…»
«Il principe Kalemi non ha l’autorità per imporsi. Cerca di capirmi, Azalee, per quanto la tua proposta mi onori, non posso accettarla.»
«Perché? Ci sposerà Valarde! È mia amica, organizzerà in segreto e nel frattempo prepareremo il terreno per dare l’annuncio! Non pensare a me, Bel!»
Lui l’aveva stretta al petto, accarezzandole i capelli.
«No? Sei tutto ciò che ho, che amo, che desidero. Come posso condannarti a un’eternità al mio fianco?»
«La vera condanna è la stessa eternità lontana da te! Perché esiste un dio della Battaglia, se è destinato al disprezzo dei suoi pari?»
Belker le aveva asciugato le lacrime e aveva osservato la pioggia, che aveva lo stesso odore, cadere sui mondi con infinita malinconia.
«Neppure i Superiori sono equanimi. Non sono degno di te. Sono diverso, prima o poi soffriresti a causa mia. Esisto perché gli uomini auspicano che sia così, come per noi tutti. Sai che a decidere è il libero arbitrio, cui neppure gli dei osano opporsi.»
«Noi ci amiamo, questo non è sufficiente? Oppure mi hai mentito e…»
«È per amore che rifiuto! Quanto sta accadendo tra Amathira e Irkalla è un monito, non voglio che si ripeta!»
Azalee era stata percorsa da un brivido al nome del dio maledetto.
«Noi non siamo loro. Non ci tradiremo, non ci perderemo. Promettilo, Bel! Giuralo!»
Per un attimo, immersa nel suo sguardo, aveva pensato che avrebbe ceduto.
Il dio della Battaglia non aveva risposto: l’aveva rovesciata sul talamo ed era tornato a baciarla con ardore, l’aveva presa con forza, a lungo, l’aveva cinta nel suo abbraccio virile finché il sonno non aveva preso il sopravvento.
Quando si era destata, era scomparso.
 
«Non avrei dovuto insistere, forse si è sentito prigioniero. L’ho supplicato di fermare la guerra ma è stato vano. Ha detto che avrei capito, invece non comprendo le ragioni che conducono all’odio reciproco. Tra noi è sorto il silenzio, come se l’amore non fosse esistito, la promessa una chimera. In seguito alla ribellione di Kushan, quando è tornato al pantheon dopo aver affiancato il Distruttore, era irriconoscibile. Ho avuto orrore di lui, le caratteristiche peggiori che gli vengono attribuite si sono concretizzate davanti ai miei occhi, non era il Bel che ha conquistato il mio cuore.»
«Convocarlo è stato un male necessario» asserì il sovrano celeste «Nessuno ha sospettato che avesse intenzione arrivare a te.»
Azalee strinse le mani l’una nell’altra e riferì dell’incontro.
 
«Sono qui per rinnovare il giuramento» aveva mormorato il dio della Battaglia.
Gli abiti da guerra odoravano di ferocia e sangue, la faretra semivuota ondeggiava sulla schiena, la piuma arancio spiccava netta tra le sopracciglia aggrottate. Sotto di lui i Khai impugnavano le spade e mietevano vite, al suo fianco le epharat generate dal suo potere divoravano ogni singola goccia di esistenza.
«Che stai facendo, Bel?! Non ho mai desiderato questo!»
«Combatto. Ciò per cui esisto, per cui sono temuto.»
«I daama sono vinti da secoli, ferma la violenza! Torna da me!»
«Quando mi ripresenterò, onorerò la promessa e diverrò tuo marito.»
«Sposami adesso! Abbandona l’Arco!»
«È escluso. Quello che vedi è per noi.»
«Cosa!? La morte è il tuo dono di nozze?»
Negli occhi bruni di lui si era accesa una scintilla di dolore.
«No. È la via.»
«Non posso unirmi a te ed essere felice in un universo sconvolto per tua volontà.»
«Significa che ti rimangi la promessa?»
«No, Bel! Io ti amo, ma rinuncerò a te se è l’unico mezzo per farti desistere! Non ti capisco! Non so più chi sei!»
«Lo sai da sempre. Io porto l’inimicizia e la faida, deporre l’Arco non comporta dimenticare la mia indole. Non ti ho mai mentito, mi presento a te con l’amore del primo giorno. Nulla è cambiato, tranne la mia potenza.»
«Tutto è cambiato! Dov’è il tuo sorriso?»
Le dita di lui si erano artigliate all’arma, come se la risposta gli stesse costando.
«Ti chiedo un atto di fiducia, Azalee.»
«Come crederti, se rifiuti di ascoltare?»
«Farò l’amore con te. Non accade da tempo, tra le mie braccia rammenterai e muterai prospettiva.»
«No. Non voglio darmi a chi versa il sangue degli esseri umani!»
«Mi stai rifiutando?»
«Rifiuto le tue azioni.»
L’aveva fissata in silenzio, il respiro accelerato, il volto velato dalle chiome intrecciate.
«Siamo quanto compiamo, non quanto speriamo.»
«Allora parlami di te, Bel! Lascia che ti comprenda!»
Il dio della Battaglia aveva sollevato il capo. C’era nel suo sguardo un’ombra di tormento, perduta nel fuoco dell’intemperanza.
«Ho posto un giuramento sulla genesi. Sebbene ai tuoi occhi io non sia che un’infame mostruosità, non lo infrangerò. Piangi per me, se ti è di conforto. Saprò che non mi hai dimenticato.»
 
Kalemi prese a tormentarsi la treccia, riflettendo alla luce delle nuove scoperte.
Tasmi, ultimo ad aver presenziato al ragguaglio, parve ravvivarsi. Rimboccò la manica sinistra e mostrò il fregio argenteo che gli percorreva il braccio.
«Azalee, hai notato qualcosa di simile sul corpo di Belker?»
«La fenice sul petto e i segni di guerra sulle braccia, li ha sempre avuti.»
«Si sono modificati?»
«Mi sono sembrati più marcati, ma forse era l’effetto della luce esterna.»
«Niente affatto!» esultò il dio del Vento «Vanta un potere fluttuante, simile al mio. Quando concentro le energie, i miei contrassegni si intensificano. La differenza è che richiamo il potere a mio piacimento, mentre Belker deve trarlo dalla guerra.»
«Non è una novità» borbottò Elkira in un drastico calo d’entusiasmo.
«Lo è il “perché”» intervenne Eenilal «Vado per deduzione, Azalee. Belker lo sta facendo per amor tuo,»
«Ma è assurdo!»
«Lui ragiona in modo antitetico al nostro: non disporre di facoltà illimitate è motivo di bruciante vergogna. Se riuscisse a completare la perissologia e a sfruttare l’eclissi, il pantheon diverrebbe suo, ne sarebbe l’indiscusso dominatore. Tu saresti la sua amata regina. Ti prenderebbe in moglie portando in dono l’intero creato. Ha chiarito che non si sentiva degno di te. Sta provvedendo.»
«C-come? Eppure ho garantito che avrei rinunciato a lui! Così mi ha persa!»
«Sei davvero il dio della Luce, fratello» sorrise Kalemi «Rischiarante per noi tutti. Quanto al resto, è vano imporre a un innamorato di non amare. Belker è disposto a rischiare il cosmo per te e pensa di chiedere la tua mano una seconda volta, di riconquistarti quando l’eternità poserà tra le sue mani.»
«Troncherò le sue speranze!»
«Non servirebbe» osservò Elkira «Ora è anche una questione di coerenza e orgoglio personale. La priorità è capire in che modo ha operato. Il “come” che ci consentirebbe di arginarlo.»
Il sovrano celeste si alzò.
«Esatto. Me ne occuperò io. Ciascuno di voi entrerà nel divenire e impiegherà ogni sua risorsa per disintegrare la piramide prima che Minkar venga sconfitta.»
 

 
Il Distruttore sollevò il cappuccio a celare il volto, un gesto che non compiva da tempo. Nella quiete della notte gli occhi terribili baluginarono di consapevolezza: percepiva una minaccia, l’innalzarsi di una marea infida. Il pantheon aveva deliberato di non coinvolgerlo. Il motivo gli era familiare.
Obbedire non è mai stato il mio forte.
«Irkalla, ti stanno chiamando?»
Arrestò il movimento che l’avrebbe velato agli occhi dei mortali nello spaziotempo trascendente. Con indifferenza strinse il sigillo nel pugno.
«Non temere. Riposa.»
Una mano gli strinse il braccio con gentilezza.
«Tu non temere.»
 

 
«Elefter!»
Kamatar interruppe l’estatica contemplazione del tramonto sull’Haiflamur. Aveva imparato a riconoscere i guai ancor prima che venissero annunciati e non si trattava dell’atteggiamento del latore. Li fiutava come un segugio e grazie al sesto senso si era cavato dagli impicci in molteplici occasioni.
Per esempio al tempio di Belker, quando aveva affrontato Ishwin ed era stato colto sul fatto.
Sarà la discendenza daamakha… o la lama su cui ballo ogni giorno.
«Elefter! Notizie da Minkar!»
«Prendi fiato, Irhden, sta per scoppiarti una vena.»
«Il principe Mahati è ferito! I nostri al campo comunicano che è grave!»
Il capo hanran accusò, ma si sforzò di mantenere la calma.
«Siamo sicuri? Chi ha fatto rapporto?»
Il messo riferì il nome della spia e Kamatar cambiò atteggiamento.
Se l’informazione viene da Dharya, è come avervi assistito di persona.
«Grave quanto?»
«Si vocifera di un’arma invisibile.»
«Grave quanto!?» sbottò battendo il pugno sulla roccia.
«È… è al suo ultimo respiro. Sheratan ha cercato di contenere la notizia, ma ci sono troppi testimoni. Hanno già avvisato Mardan.»
Kamatar ringhiò un’imprecazione, scendendo a passi svelti nei cunicoli interni. Né Amshula né Danyal avevano parlato di eliminare il Kharnot o di un dannato marchingegno in grado di mettere i Khai fuorigioco.
Una pecca che analizzerò quanto prima. Se ci hanno preso in giro…
«Sellate i cavalli, partiamo per l’Irravin!»
Gli uomini spalancarono gli occhi: non era sua abitudine impartire comandi perentori senza consultare i collaboratori stretti.
«I Soli non sono calati, potrebbero avvistarci» obiettarono.
«Resta qui se hai paura!»
Indossò l’uniforme scarlatta e scrutò i presenti negli occhi.
«L’alleanza con i Minkari è a rischio. Per quanto sia una congiuntura spiacevole, diventa secondaria alla luce del fatto che il nostro principe sta morendo.»
I guerrieri ribelli congelarono, la disperazione si diffuse sui volti illuminati dal fuoco.
«Preferisco essere catturato, torturato e messo a morte con disonore piuttosto che restare fermo ad aspettare che Mahati si spenga! Se esiste una minuscola possibilità di salvarlo, tenterò. A costo di rinnegare il giuramento di non commettere atrocità. Se Danyal ci ha ingannati, pagherà con il sangue! Se dispone di un’arma, strapperò il segreto alle sue labbra languenti!»
Gli uomini si alzarono all’unisono, agguantando le divise piegate sulle mensole di roccia. Molti erano guaritori e il desiderio di assistere il Šarkumaar superò la cautela dovuta alla missione che li coinvolgeva come speranza degli oppressi. Senza il sovrano che desideravano, la lotta sarebbe stata vana.
Kamatar ne scelse una decina. Rispose alle domande dopo essere montato in arcione, le ombre dei cavalli al galoppo proiettate sull’argilla rossa del deserto.
«Come convincerai il generale minkari?»
«Non voglio accusarlo a priori. Spesso i regnanti non informano i sottoposti e Danyal potrebbe ignorare i fatti. Se risultasse coinvolto, saprei come farlo sciogliere.»
«Non intenderai usare Shaeta?»
Elefter gli riservò un’occhiata di fuoco e non rispose.
   
 
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