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Autore: Neamh Moonstar    23/06/2022    1 recensioni
Bene e Male non possono toccarsi, letteralmente. Se angeli e demoni provassero ad avvicinarsi gli uni a gli altri, si ferirebbero a vicenda fino a consumarsi: è un dato di fatto. Per questo i Regni del Bene e del Male - con le loro rispettive armate - vivono e lavorano a distanza di sicurezza, affidando a gli umani il compito di combattersi a vicenda in una serie infinita di battaglie.
In questo mondo nettamente diviso e basato su tali certezze - un guardiano distratto, una bestia casinara e un gruppo di umani poco convinti, scopriranno cosa significa stare giusto nel mezzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'aria era cambiata di colpo, e Crowley se ne accorse nel modo peggiore possibile.

Stavano ancora parlando, appuntando migliorie al loro piano e scambiandosi opinioni. Al di fuori si potevano sentire i ragazzini giocare prima a nascondino nel boschetto, poi ad altre cose che secondo il demone non avevano granché senso.

Poi aveva sentito come un colpo di frusta dritto dritto sulla sua eterea schiena, come se Beel in persona fosse tornato a dargli un bel cazzotto. Ma non era lui, no: era molto molto peggio.

    Si irrigidì sulla sedia. Doveva aver acutizzato i suoi sensi un po' oltre l'invisibile confine della sua coscienza, dato che poté intravedere Aziraphale accanto a lui incassare la testa nelle spalle, improvvisamente a disagio. Ad un certo punto l'angelo si voltò persino a chiedergli: «Tutto bene?» Ma non gli rispose, non subito. Alzò solo un dito, come ad intimargli di fare silenzio. L'altro per fortuna capì, ma iniziò a guardarsi attorno con evidente preoccupazione.

Gli umani non si erano accorti di nulla, impegnati com'erano ad analizzare una serie di appunti appena scribacchiati da Anathema - la quale aveva iniziato a tirare fuori tutte le sue conoscenze in angelologia per calcolare eventuali punti d'accesso secondari all'Eden, nel caso l'idea di Crowley avesse presentato qualche falla.

    Il demone, però, non ascoltò nulla di più. Abbassò la mano che ancora aleggiava verso l'angelo e sussurrò: «Non senti nulla di strano?»

    «Direi di no» rispose Aziraphale, poco convinto. «Perché? Cosa c'è?»

Crowley non riuscì nemmeno a rispondergli, dato che un coro di grida proveniente dall'esterno lo fece per lui. Fu come far scattare l'allarme: l'attenzione dei presenti si spostò subito verso il cortile e tutti scattarono in piedi come molle.

    Si catapultarono fuori e fu Newton a porsi la domanda che tutti avrebbero voluto istantaneamente fare: «E quello che accidenti è?». In realtà, lui e forse tre quarti dei ragazzini se l'erano chiesto, dato che a tutti gli altri parve chiaro come il sole.

La grossa e sbavante bestia nera davanti a loro emise un ringhio, scoprendo i bianchissimi denti aguzzi. Era china in avanti, come se fosse pronta a fare un balzo e sbranarli, ma non si mosse. Sembrava osservare i presenti con curiosità e un certo languorino.

    «Che cazzo ci fa un cazzo di segugio infernale qui?» Sussurrò Crowley a denti stretti.

    «Questa è un ottima domanda» rispose Anathema, la quale aveva persino preso a respirare più lentamente, come se restare immobili fosse abbastanza da far credere al mostro che non ci fosse nessuno davanti a lui. In realtà era stata la prima idea di tutti e, paradossalmente, stava persino funzionando.

Il che non era normale, pensò Crowley. Non era assolutamente normale.

    «Mi sento come se avessi la parola "colazione" scritta in fronte» mormorò Aziraphale accanto a lui.

    «Perché per lui è così, posso assicurartelo.»

Le sensazioni di fronte ad una creatura del genere variavano esponenzialmente a seconda di demoni, angeli e le categorie a cui appartenevano. Demoni come Crowley se ne stavano ben alla larga, mentre quelli come Beel avrebbero potuto insegnargli a stare seduto o a rotolare senza troppe preoccupazioni. Per gli angeli la situazione era più semplice: tutti ne avevano paura, chi più chi meno. Forse, più eri in alto nella scala gerarchica più un segugio infernale ti trovava appetitoso - ma era solo una teoria dal momento che: uno, gli angeli avevano di meglio da fare che tentare un approccio con qualsivoglia essere oscuro (Aziraphale escluso); e due: alcune categorie di angeli non scendevano mai dal Paradiso, e se anche lo avessero fatto, rivedere il punto uno. Una cosa era certa: i segugi infernali sapevano chi potevano sbranare e non si facevano problemi a farlo; avevano solo bisogno di un ordine.

Tranne quello che avevano davanti, a quanto pareva: si limitava a digrignare e a studiarli, sicuramente per decidere chi uccidere per primo. Non si era mosso che di qualche millimetro, teso come una molla pronta a balzare per aria. I suoi asciuttissimi muscoli sembravano disegnati con il carboncino e pulsavano, così come i suoi occhi.

    «Sei tu l'esperto» sussurrò Aziraphale, tirando una veloce occhiata a Crowley. «Che si fa in questi casi?»

    Il rosso trattenne un'imprecazione. «Scusa, credo di aver dimenticato la mia copia di: "Come addestrare il tuo mortale cane demoniaco" nell'ufficio di Beel» ringhiò, ricevendo un'altra occhiata, storta stavolta.

    «Non sei d'aiuto, sai?» Gli rispose l'altro con rimprovero e una buona dose di frustrazione. Come biasimarlo: era una creatura divina a non troppi metri da una delle peggiori bestie infernali.

    Non che questo potesse fermare Crowley dal rispondergli a tono: «Non che tu stia facendo qualcosa.»

    «E cosa pretendi che faccia?»

    «Che ne so?! Accecalo con la tua splendente luce divina o che so io.»

    Aziraphale aggrottò le sopracciglia: «Sai che non succede a comando, vero? E poi sei tu quello che può trasformarsi in una serpe. Potresti anche-»

    Fu Anathema a mettere fine al battibecco. Non dovette nemmeno guardarli: si limitò a tenere lo sguardo fisso davanti a sé e il tono basso. «Piccioncini, quando avete finito, potreste gentilmente darci una mano?»

L'angelo non disse niente, limitandosi a chiudere la bocca. Crowley, dal canto suo, scoccò alla sua umana uno sguardo assassino, incespicando inutilmente nella sua stessa lingua. Decise ben presto che qualsiasi cosa avrebbe fatto aumentare a dismisura il suo già enorme imbarazzo, così tacque a sua volta e si mise ad analizzare la situazione.

Il gruppetto più avanti, seppur non troppo distante da loro, era quello formato da Tracy e i ragazzini tutti abbracciati l'un l'altro. Non poteva vederli in faccia, ma avrebbe scommesso quello che non aveva che erano giustamente terrorizzati. E i segugi infernali amavano il terrore: era come il caffè per loro.

Cercò di mettere in moto la sua mente per escogitare qualcosa di utile, ma una parte di lui gli stava urlando di correre, volare il più lontano possibile. Se avesse fatto un decollo abbastanza rapido si sarebbe salvato: i segugi infernali sono veloci ma per fortuna non hanno le ali, si disse. Se solo avesse capito chi era l'obbiettivo della suddetta creatura, sarebbe stato facile afferrarlo e portarlo abbastanza in alto da evitare che lo azzannasse - e sì, si stupì di quel pensiero incredibilmente altruista, ma tanto non lo avrebbe portato da nessuna parte visto che nemmeno il grosso canide sembrava sapere dove affondare i denti.

Non se ne stupì: alla fin fine anche le sue intenzioni non esattamente malevole erano destinate a finire in una nuvola di fumo. C'era un detto secondo il quale il male semina i semi della sua stessa disfatta - o cose del genere, insomma. In un certo senso era vero, almeno per quanto lo riguardava.


Erano in un vicolo cieco e prima o poi il mostro si sarebbe spazientito. Ormai era questione di minuti, se non di secondi.

Che fare? Si chiese Crowley con urgenza. Questo Dio non lo aveva previsto però, eh?

Diede persino un'occhiata ad Aziraphale, ma le sue piccole pozze azzurre erano a loro volta occupate a fissare la scena con preoccupazione crescente. Almeno erano sulla stessa lunghezza d'onda: magari almeno lui avrebbe potuto trovare una soluzione.

O magari no ed erano fottuti.


Si udirono dei passetti incerti. Crowley rivolse nuovamente l'attenzione all'area di cortile davanti a sé e per poco non cacciò un urlo.

    Vide Tracy allungare invano un braccio davanti a sé e sussurrare un impanicato: «Dove vai? Torna qui!»

Ma Adam si era staccato dalla sua stretta, strisciando via come una biscia. Sembrava tranquillo come sempre: nemmeno quella situazione sembrava intaccare la sua aurea ferma e pacata. Fece persino un altro mezzo passo verso il segugio, il quale - contro ogni aspettativa - non si mosse. 

Anzi.

Il ringhio si placò, facendosi sommesso: un leggero vibrato che gli gorgogliava e ribolliva nella gola. Più il ragazzino si avvicinava, più la creatura si rilassava, sciogliendo le membra e spostando tutta la sua attenzione verso il giovane umano.

La tensione del resto del gruppo, invece, non si sciolse proprio per niente: al massimo triplicò. Era ovvio, chiaro come il sole, che tutto ciò non poteva essere normale o una cosa positiva. Crowley stesso sentì tutto sé stesso tremare dal terrore intanto che la distanza tra Adam e il segugio si riduceva a pochi centimetri.

Ora ragazzino e bestia si stavano guardando, quest'ultima tranquillamente seduta come un qualsiasi cane ben addestrato. Da dov'era, il rosso poté osservare la mano di Adam alzarsi lentamente ma con sicurezza, per poi andare a poggiarsi sul grosso muso nero del segugio.

    «Non mi piace. Non mi piace per niente» sussurrò a nessuno in particolare.

    Fu Aziraphale a rispondergli, nonostante tutto: «Nemmeno a me.»

Ci furono tre secondi di puro silenzio in cui nessuno respirò né mosse un muscolo. Persino il vento si era fermato e, per un attimo, Crowley credette persino che fosse stata opera sua, ma non era il caso. Era troppo spaventato per fare qualsivoglia trucchetto, e capì cosa intendeva Aziraphale quando diceva che non era una cosa automatica.

Quei pochi attimi finirono nel modo peggiore che si potesse immaginare - e Crowley ne aveva immaginate di cose in quel breve frangente.

Vide Adam voltarsi verso di loro, mano ancora ben poggiata sul segugio. Per la prima volta da quand'era arrivato, la sua espressione era cambiata drasticamente: era passata dal sembrare un tranquillo specchio d'acqua accarezzato dal vento, al sembrare un mare in tempesta con tanto di tuoni, fulmini e lampi all'orizzonte. Il peggio, però, fu che quello stesso sguardo si era andato subito a posare tra lui e l'angelo. A quel punto gli fu chiaro chi fosse l'obbiettivo del segugio, o del ragazzino a quel punto... O di entrambi.

    Aziraphale lo capì meno. «Che gli prende?» Balbettò, ben conscio dello sguardo assassino che aveva addosso.

Crowley notò che anche tutti gli altri si erano voltati verso di loro, chi spaventato, chi stupito e chi (Shadwell e Anathema in particolare) gli stava silenziosamente urlando: "Che state facendo lì impalati, imbecilli?!"

    «Non lo so» si limitò a rispondere Crowley, subito distratto dalla figura di Adam che - come fosse la cosa più tranquilla e naturale del mondo - si era issato in groppa al segugio, il quale - come se se l'aspettasse - si era alzato fiero su tutte e quattro le zampe. «In ogni caso» continuò, il tono ridotto ad un sussurro che solo il suo vicino avrebbe potuto sentire. «Appena scattano, tu vola

Fu come pronunciare una parola magica.

Accadde tutto nel giro di un secondo. Adam e il segugio scattarono in avanti, gli altri umani scartarono di lato per evitare di venire travolti e Crowley fece il decollo più veloce della sua esistenza - e farlo da fermi senza rincorsa richiedeva uno sforzo non da poco. Poi, senza guardarsi indietro, mirò al tetto del cottage e vi si rintanò sopra, l'adrenalina a mille.

    Alcuni stentati battiti d'ali dopo, Aziraphale gli fu accanto: «Bene» disse, lo sguardo di chi aveva visto tutta la sua esistenza passargli davanti. «Adesso?»

    «Il mio piano si fermava qui» ammise Crowley, cercando di focalizzarsi sugli occhi dell'altro piuttosto che sul ragazzo e il cane sotto di loro, intenti a studiare un modo per raggiungerli. Non sarebbe durata a lungo: un'altra cosa che i segugi infernali sapevano fare bene era saltare, e gli altri umani non potevano nulla contro la bestia.

    Aziraphale si mise a fissarlo a sua volta, ma si vedeva che aveva messo la testa in moto. Era ovviamente terrorizzato, ma di certo non aveva nemmeno tanta voglia di finire mangiato da quel coso. «Ho una mezza idea» disse dando un'occhiata verso il basso. «Non ti piacerà.»

    Non che Crowley si aspettasse il contrario. «Va bene, spara.»

    «Sarebbe più semplice separarli,» disse l'altro indicando Adam e il segugio. «Hai visto cos'è successo? Il cane non si è mosso fintanto che il ragazzino non si è avvicinato.»

    Giusto. Crowley avrebbe volentieri voluto capirne il motivo, ma non era quello il momento di fomentare la curiosità. «Va bene, ma come pensi di fare?»

    «Potrei afferrare Adam e allontanarlo» propose l'angelo. Era un'idea simile a quella che aveva avuto il demone poco prima, anche se non poteva saperlo. «Questo in teoria dovrebbe bastare, ma nel caso, tu allontanati. Se davvero ce l'ha con noi, non ha motivo di attaccare gli altri, vero?»

    Crowley annuì: «Segue alla lettera gli ordini che gli danno» affermò. Poi guardò la sua controparte in modo assolutamente poco convinto: «Sei sicuro di quello che fai? Se quella bestiaccia decide di azzannarti, beh, diciamo che ti farà rimpiangere la mia presa sul polso.»

Per un secondo si chiese se non fosse meglio scambiarsi i ruoli. Da un lato pareva meno rischioso, ma era anche vero che quello veloce lì era lui e Adam era umano (o almeno credeva), ergo: Aziraphale non sarebbe mai riuscito a scappare dal segugio in caso le cose non fossero andate come previsto, mentre afferrare il ragazzino tenendosi a distanza era molto più fattibile - pur sempre rischioso per motivi che aveva già espresso, ma fattibile. Tutto sarebbe potuto andare storto, ma non avevano altra scelta: continuare a volare via era inutile e li avrebbe solo portati a sorvolare l'area - se non il globo - all'infinito. I segugi infernali erano instancabili: non si fermavano finché non avevano raggiunto il loro obiettivo.

    «Proviamoci» disse Aziraphale, cercando di apparire più convinto di quel che era. «Farò attenzione, e se alla prima non va ci riproviamo.»

    Con un sospiro, il rosso cedette: «Va bene. O la va o la spacca.»

Dando un'altra occhiata verso il basso, vide con sollievo che gli altri si erano allontanati fin oltre il recinto della proprietà e che Tracy stava già portando via i ragazzini rimasti. Un'altra cosa che contribuì a calmarlo appena fu l'immagine di Anathema che frugava nelle tasche della sua gonna. L'umana aveva un asso nella manica: ecco perché lasciava sempre a lei i casi d'emergenza.

In quanto ad Adam e al segugio, il ragazzo aveva fatto indietreggiare la bestia e stava già calcolando il salto. Il loro tempo era finito.

Si scambiò un'ultima occhiata con l'angelo e distolse lo sguardo non appena lo vide volare via dal tetto. Doveva concentrarsi, si disse. Doveva tenere d'occhio quella maledetta bestia e balzare via all'occorrenza.

Fu tutto così rapido che le cose si confusero davanti ai suoi occhi. Capì che Aziraphale era riuscito nel suo intento solo quando vide il segugio balzare sul tetto da solo, aggrappandosi alle tegole e facendone cadere una bella manciata. La sua traiettoria era stata compromessa: ciò significava che non solo l'angelo era riuscito ad afferrare il ragazzino, ma lo aveva fatto quando questi era già a metà del salto. Per mezzo secondo maledì la paura, la velocità disarmante dell'atto e la confusione; ma non c'era tempo per stare ad immaginare scene emozionanti. Doveva scappare. Anche senza il suo cavaliere, il segugio era ben intenzionato a sbranarlo - o a fare qualsiasi cosa gli fosse stato chiesto di fare.

Senza stare a pensarci ulteriormente, Crowley si voltò e volò via dal tetto. L'unica destinazione che aveva in mente era verso l'alto: più si alzava, più sarebbe stato difficile per il mostro raggiungerlo. Se lo ripeté come un mantra, iniziando a sbattere il più possibile le sue ali corvine.

Poi tutto crollò di colpo.

Sentì prima un grido di dolore e una stilettata di ansia, confusione, terrore e chissà che altro gli pervase le membra. 

Non lui, non poteva essere lui, doveva essersi sbagliato. Qualcosa doveva essere andato storto. Aveva preso il ragazzino, era andato tutto bene, giusto? Giusto?

Fu abbastanza da fargli perdere un battito d'ali, un solo, fatale battito che mandò tutto all'aria.

La seconda cosa che sentì furono i denti della bestia che affondavano senza pietà nella sua caviglia, seguiti subito dal dolore. Non era intenso come quello che aveva provato entrando in contatto con Aziraphale, ma faceva fottutamente male.

La terza cosa che sentì furono le sue care vecchie amiche vertigini intanto che veniva trascinato verso il basso. Incapace di risollevarsi, sbatté violentemente contro il tetto e sia lui che il segugio - ancora fermamente ancorato alla sua gamba - scivolarono verso il retro del cottage.

Arrivato con un tonfo nell'erba, Crowley capì di essere bello che morto. Gli faceva male tutto, sentì un rivolo partirgli dal naso e scendergli giù verso la bocca, e - ciliegina sulla torta - a giudicare dal movimento che sentì sotto di lui, capì che il mostro lo stava trascinando via di forza. 

Imprecò, si dimenò, ma la botta era stata troppo forte: non riusciva più nemmeno a pensare. Non era mai stato particolarmente resistente - in realtà lo era, ma lo era meno comparato alla maggior parte dei demoni - e si era fatto male con molto meno, ma ce ne voleva per ridurlo in quello stato. Ad un certo punto, il mondo attorno a lui si fece così vago e confuso da fargli arrivare alle orecchie solo dei passi affrettati. Il mastino si fermò un secondo solo, poi riprese a trascinarlo - più velocemente stavolta.

Chi? Cosa? Non avrebbe saputo dirlo.

Alla fine si arrese. Lasciò che l'erba, la terra, tutto gli graffiasse il volto, le braccia, la schiena, le ali... L'aria della Zona era così lieve, si disse, incapace ormai di formare anche solo un pensiero logico.

Chiuse gli occhi e aspettò che tutto passasse.


~•°•~


Aziraphale non avrebbe mai saputo dire come ci fosse riuscito, ma in qualche modo lo aveva fatto.

Era stato relativamente facile: era balzato in avanti nello stesso momento del segugio, aveva allungato le braccia e si era felicemente accorto del fatto che quel piccolo diversivo non se l'erano aspettato né Adam né il suo improbabile destriero. Così aveva semplicemente afferrato il ragazzino da sotto le spalle e aveva puntato al bosco oltre il sentiero che portava al cottage.

Fu lì che si rese conto di una cosa. Era un particolare così stupido, così minimo, così facile da non notare che la realtà lo colpì dritto all'ipotetico cuore.

Lui non aveva mai toccato Adam.

Lo aveva osservato di tanto in tanto mentre dormiva durante la notte, gli aveva sorriso mentre lo guardava scendere a fare colazione, lo aveva salutato prima di uscire con Newton e gli era rimasto accanto mentre scriveva. Non lo aveva mai toccato, né per rimboccargli eventualmente le coperte (non voleva disturbarlo), né per accompagnarlo fuori dalla porta (non ne aveva visto il motivo), né per qualsiasi altra cosa. 

Forse, se lo avesse fatto, si sarebbe accorto dell'inghippo.

E adesso aveva capito tutto. Peccato lo avesse capito troppo tardi.


Due secondi e subito il bruciore si espanse dai palmi delle sue mani fin sopra le sue braccia, dalle braccia passò alle spalle e persino sul suo petto - laddove la testa di Adam era involontariamente andata a sbattere - sfociò la sensazione di ustione e dolore più forte che avesse mai provato. Crowley aveva ragione: stava rimpiangendo la presa sul polso.

Sfrecciò verso gli alberi, si avvicinò a terra, mollò Adam e si lasciò cadere nell'erba. L'impatto fu quasi peggio del contatto e dalla sua gola uscì un forte, involontario, grido di dolore che doveva essersi sentito fin chissà dove. Si raggomitolò su sé stesso, tremante, dolorante, persino leggermente fumante.

Quel ragazzino non era umano. Avrebbe dovuto capirlo subito dal modo in cui aveva domato quella bestia, ma nella frenesia del momento la sua mente non aveva fatto bene i calcoli. Sarebbe stato decisamente meno doloroso tuffarsi direttamente nel fuoco dell'Inferno, si disse, cercando di ricomporsi.

Perché faceva così male? Perché bruciava così tanto? Chi o cos'era Adam?

A proposito. Alzando un po' lo sguardo, Aziraphale lo vide: era inginocchiato a pochi metri da lui, aveva le guance sporche di fango, respirava affannosamente e piangeva. Due grosse righe di lacrime gli ripulivano il volto e i suoi occhi lucidi lo fissavano intrisi di dispiacere. Ad ogni suo singhiozzo il cielo si rabbuiava, l'aria si faceva più pesante e sembrava quasi che il mondo intero si stesse rattristando con lui.

L'angelo rimase interdetto. Lo stesso ragazzino che si era scagliato contro di loro sembrava adesso crollato sotto il peso delle sue stesse azioni. Lo vide persino allungare una mano verso di lui solo per poi ricordarsi dell'effetto che avrebbe avuto.

A quel punto, tremante, Adam si passò un braccio sugli occhi, si alzò e corse via.

Aziraphale rimase solo con il suo dolore. Una pesante goccia di pioggia gli cadde sulla testa e capì che doveva rialzarsi se voleva capirci qualcosa, se voleva che quella storia avesse un lieto fine.

Mezzo movimento e il bruciore esplose di nuovo, costringendolo a terra. Le poche forze che aveva lo abbandonarono e lui rimase lì, inerme, lacrimante. Le parti di lui che di solito litigavano si erano ora messe a gridargli contro che doveva alzarsi, doveva muoversi, doveva svegliarsi. Non si era nemmeno accorto di aver chiuso gli occhi, ma poco importava ormai.

Faceva tutto troppo male. Nemmeno la pioggia fredda riusciva a placare il bruciore.

L'ultima cosa che sentì fu una voce che lo chiamava, in panico. Non si chiese di chi fosse, tanto non sarebbe riuscito ad identificarla.

Lasciò che l'oscurità lo ingoiasse e pochi attimi dopo non sentì più niente.

   
 
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