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Autore: Giglian    27/06/2022    1 recensioni
Nell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l'unico filo che conduce alla salvezza. Ma, per chi giura di non avere buone intenzioni, nulla sa essere semplice.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei Malandrini.'
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Riassunto:


Abbiamo lasciato il nostro Sirius Black alle prese con il tentativo dei genitori di impadronirsi della sua mente… dopo il fallimento della gita con la spietata vampira Lydia Tolouse a fare da chaperon sotto le sembianze del professor Barrie Walsh, la famiglia ci riprova facendogli recuperare la memoria con la speranza che si convinca di essere irrimediabilmente uno dei loro. E’ stato infatti a grazie a lui che si è chiusa la Stella del Diaspro, il passaggio per le soglie infernali (il Necronomicon). Ma questo non è un bene perché la chiusura può essere realizzata solo tramite la lettura di un libro di pelle umana, che fa diventare pazzo chiunque cerchi di leggerlo...tranne qualcuno che ha compiuto di recente un’azione terribile.
E quale azione è più spaventosa del cercare di uccidere il proprio migliore amico e trarne piacere? Ciò sconvolge Sirius, che tenta di unirsi ai Serpeverde pensando di essere definitivamente perduto.
Fortunatamente, intervengono dapprima Regulus e dopo Silente, che impone a lui e a James lezioni di Occlumanzia.
Il mondo dei maghi è sempre più sconvolto da una serie di crimini che portano la firma di uno strano nome, impronunciabile e vago… Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, in grado di unire creature oscure di vario tipo.
Ad Hogwarts intanto, fanno la loro comparsa misteriosi personaggi come “La strega più potente del mondo”, custode del Necronomicon e del libro usato per chiuderlo, un nuovo misterioso Capo Auror che tira le fila da dietro le quinte, e prendono sempre più piede strane teorie su un presunto collegamento fra il Primo Ministro, che basa la sua campagna elettorale sull’aumento dei Dissennatori, e il mago oscuro che li ha creati, Ekrizdis, colui che diede origine alla Lega dei Dodici, una setta di famiglie malvagie che fanno della purezza del sangue e della ricerca della magia selvaggia il loro unico credo, comprendenti i vari Black, Malfoy, Lestrange…
Intanto ad Hogwarts, Lily e James si sono finalmente messi assieme...anche se non tutti i segreti vengono svelati. Quale sarà il mistero dietro il colore degli occhi di James? E perché Liu Chang, che conosce il suo segreto, ne sembra ossessionata?
I nostri protagonisti affrontano ora le prime sfide di una relazione mentre Piton, sconvolto dalla rivelazione, accetta finalmente il Marchio Nero.
Una strana collana caduta dal cielo inoltre,non promette niente di buono… così come l’arrivo degli studenti stranieri per un Erasmus, di cui fa parte una misteriosa ragazza che sembra essere collegata al passato di Sirius e motivo della sua rottura con il fratello.
Nel frattempo, James e Piton si confrontano a lezione di Occlumanzia, Liu CHang sembra decisa a voler stregare il nostro Ramoso con l'ausilio delle ultime Rose dell'Oblio che Lumacorno e Lily studiano in segreto (mica tanto) e strane presenze negli specchi sembrano seguire la nostra Evans da quando Silente le ha preso la collana...





 




Merda.
Fu questa la prima parola che sfrecciò nella mente di Lily Evans quando aprì gli occhi...e si ritrovò sommersa da risatine cinguettanti.
Merda.
“Arthur è un ragazzo fortunato!”
“Ma quanto ci hai messo a farla?”
“Dite che McGonnagal li accetterà quest’anno?”
Merda.
Né il delicato aroma di burro caldo che aleggiava tutt’intorno al suo letto né il clima festoso ed eccitato delle sue compagne riuscirono a cancellare dalla sua testa quel loop di imprecazioni mentali.
“Lascia perdere.” Mugugnò da qualche parte alla sua sinistra Giuly, sdraiata a pancia in giù e con la guancia sprofondata nel cuscino. “Sono solo in brodo di giuggiole per la torta di Molly.”
Merda.
“Ma non è troppo calorica?” si scandalizzò Monique da qualche altra parte.
“Ma pensi solo alla dieta, tu?!”
“E tu solo ai carboidrati, Bell?”
Giuly sogghignò, guardando Lily di traverso.
“Alice se l’è scampata quest’anno, eh? Quasi quasi è meglio Durmstrang.” bisbigliò, stiracchiandosi come un gatto.
Merda.
Lily Evans si sollevò dal letto...e piantò gli occhi sulla loro camera. O meglio, su quella che era stata la loro camera fino alla sera prima. E che ora era stata trasformata in una specie di show-room da reality di cucina.
Fornelli accesi, piani da lavoro, taglieri, mestoli, pacchi di lievito, fiori ovunque e torrette di cioccolato incartato in leziose bustine di cartapesta alte fino al soffitto.
Merda.
Fischiettando allegra, Molly Prewett si girò a darle il buongiorno con un dolce sorriso mentre sistemava gli ultimi fiocchetti di pan di zucchero su una torta monumentale che torreggiava sopra qualsiasi altra cosa. Aveva una macchia di cioccolata sulle guance piene ed arrossate, e negli occhi la luce febbrile che viene a tante ragazze in un giorno come quello.
“Che ne pensi?”
“E’ bellissima.” sospirò Lily, e nella sua faccetta desolata ci fu qualcosa che fece ghignare tutte sotto i baffi.
“Ahh, sei senza speranze!” sbuffò quella, lanciando un’occhiataccia alle altre serpi. “Dopo se vuoi, ti do una mano io, ok?”
Furono tre le considerazioni che fece la povera Evans quella mattina fissando la glassa lucente che ricopriva quella bomba al colesterolo.
Numero uno, Molly sarebbe stata una moglie perfetta.
Numero due, lei non era portata per niente che riguardasse la cucina. Sarebbe stata capace di avvelenarsi anche solo preparandosi una tazza di latte.
Numero tre, quel giorno era San Valentino.
E lei era fidanzata ufficialmente per la prima volta in vita sua. Fidanzata con James Potter.
Merda.




DRIIIIN!
La sveglia suonò e James la scaraventò letteralmente fuori dalla finestra. Con precisione millimetrica.
Remus, abituato a questi suoi scatti, afferrò la bacchetta, corse alla finestra e la riagguantò prima che toccasse il terreno.
“Potevi ammazzare qualcuno, cretino.” sibilò, fissando poi i suoi migliori amici uscire dalle tane con l’aria dei condannati a morte. “Dai, non fatela tanto brutta.”
Black non disse una parola e si defilò in bagno, contò fino a tre mimando il gesto con le dita e poi aguzzò le orecchie.
“Io non mi alzo.” sentenziò infatti Ramoso, perentorio.
“Piantala. Abbiamo lezione.”
“Da retta a tua madre, Jam!” frecciò sarcastico da dietro la porta, mentre quello iniziava la sua scenata, aggrappandosi al letto mentre Lupin lo afferrava per i piedi.
“Non voglio! Non voglio! Questo è il giorno più orribile dell’anno!”
“Pi-a-nta-la!”
“Vedila così, avremo scorte di dolci da farci esplodere!” ridacchiò da qualche parte Peter.
Black ritornò in stanza dopo essersi lavato i denti e si rispecchiò appieno nelle orbite disperate del suo migliore amico.
“Quelle sono pazze, Codaliscia! Matte da legare! E quella emerita cretina della Harpies sta architettando l’ennesima pagliacciata, lo so! Mi rifiuto di farmi tormentare pure quest’anno!”
In effetti, c’era da dire che a San Valentino la fauna femminile di quella dannata bettola dava il peggio di sé… per non parlare di quei maledetti filtri che qualche infame faceva circolare, molto di moda soprattutto tra le primine.
Sparava alle ingenue fanciulle gli ormoni a mille, rendendole più simili a delle scimmie affette da rabbia che a delle ragazze...con la conseguenza che, più che pieni di dolci, i maschi ne uscivano fuori pieni di lividi! Ogni anno, quel giorno somigliava più a una sfida survival che a una festa degli innamorati! Roba da far venire l’urticaria dallo stress!
“Cosa credi, che a me piaccia?” sbuffò Lupin, alzando gli occhi al cielo. “Ti devo ricordare la rissa di due anni fa?”
“Oh poverino, due belle ragazze pronte a rifilarti muffin al cacao e che fanno a botte per le tue virtù distruggendosi le camicette.” ironizzò Peter, guardandolo in tralice. “Proprio un giorno da dimenticare, eh?”
“Sì, peccato che mentre eri lì a farti ipnotizzare dai loro palloni hai mancato di notare che mi sono beccato in pieno un morso per cercare di dividerle!” sbottò acidamente il biondino. “La prima volta nella storia in cui è una ragazza a mordere un licantropo!”
“Sei la vergogna della tua specie, in effetti!” sghignazzò Felpato, beccandosi un dito medio in faccia. “Comunque io mi seppellirò da qualche parte con Cristhine e tanti saluti. Ma sono d’accordo sul tenere i sensi bene all’erta, perché ci sarà sicuramente una fregatura pronta ad attenderci fuori di qui.”
Manco a dirlo, qualcuno bussò alla porta facendoli saltare per aria tutti e quattro.
“Sono le primine! Sicuro!” alitò James, terrorizzato a morte forse per la prima volta in vita sua. “Non aprire, quelle ci mangiano vivi!”
“Guarda che non sono zombie!” rimbeccò Remus, ma anche lui esitava...fino a quando, da dietro la porta si levò una voce ben nota.
“Aprite, sono io.” sbuffò pacatamente Lily, alzando gli occhi al cielo. “Le ho mandate tutte da Madama Chips a farsi controllare...o sarebbe meglio dire disintossicare.”
Ahh, beata salvezza!
A James brillarono gli occhi mentre la sua adorata entrava più incazzosa che mai.
“Se becco chi è il cretino che spaccia quei dannati filtri ogni cavolo di anno, giuro che lo affatturo sul posto!” sbottò, esasperata. “Una ha pure vomitato! Ogni volta la stessa storia! Ma com’è che le fanno tutte deficienti, ste ragazzine?!”
Ed ecco l’unico motivo al mondo per il quale avrebbe tirato i piedi fuori dal letto quel San Valentino.
Oh sì, non avrebbe patito i tormenti da solo, no signore. Ce l’avrebbe trascinata dentro questa volta.
La puntò con gli occhi da rapace facendola sbiancare.
“Ciao Rossa!” cinguettò, tutto di zucchero. “Allora, i miei cioccolatini dove sono?”
Oh sì, pensò, vedendola soffocare con il suo stesso ossigeno e diventare tutt’uno coi capelli. Almeno quello, sarebbe stato fottutamente divertente.
“Ma non odiavi questa festa, tu?!”
“Non da quando posso festeggiarlo con te, dolcezza! Anzi, perché non cogli l’occasione al volo e mi dici anche quelle due paroline che desidero tanto sentire?”
“Uhh, questa sì che sembra interessante…” sghignazzò Minus, portandosi le braccia al petto e godendosi ogni momento di boccheggio e sudore freddo della poveretta, che balzò all’indietro come una lepre.
“Avrei dovuto lasciarti alle marmocchie arrapate, sai?!”
“Fammeli avere non prima delle cinque, Rossa, grazie. Sai, il cioccolato di sera mi fa venire mal di stomaco.”
“Io… non…!”
Stava seriamente per sparargli contro qualche maledizione, quando dalla porta spuntò la testolina rosa di Tonks.
“Sapete che faremo una lezione tutti assieme oggi?” annunciò, elettrizzata. “Ho sentito i professori che ne parlavano!”
“Ma va? Con quelli del Quinto? Non ne sapevamo niente.” si stupì Remus, indicando lui e Lily. “Di che può trattarsi?”
“Spero un corso di sopravvivenza a festività cretine.” mugugnò Sirius, già schifato mentre osservava palloncini rosa che volteggiavano sopra le loro teste nella Sala Comune, scoppiettando petali di rosa e brillantini… senza sapere, però, che il peggio doveva ancora venire.
Ed infatti, a colazione c’era uno strano fermento e quelli del Comitato sembravano in fibrillazione in modo alquanto sospetto.
“Disgustoso.” Mugugnò James, nauseato.
“Patetico.” Continuò Sirius, senza alzare gli occhi dal piatto.
Remus sospirò, decidendo saggiamente di ignorare il loro malumore a cui lui, tra l’altro, non era nemmeno estraneo...anche se in quel momento, era altro che lo rendeva particolarmente ansioso.
Tonks mangiava tranquilla al suo fianco. Non aveva detto nulla di particolare, ma di tanto in tanto la beccava a fissarlo con una strana espressione, gli occhioni un po’ troppo brillanti per passare inosservati!
“Allora, che c’è?” sospirò quando non resse più il peso del suo sguardo addosso, visto che gli aveva fatto cadere di mano per ben tre volte la forchetta.
“Mi dicono che tu non accetti mai i cioccolatini, a San Valentino. Come mai?” chiese la ragazzina, ignorando il suo repentino imbarazzarsi.
“Non sono mica come questi tre.” e indicò i Marauders. “Non mi piace illudere le ragazze, tutto qui.”
“E far loro buttare via i pasticcini ti sembra più caritatevole?” abbaiò acido Black.
“Quante scuse! Voi volete solo rimpinzarvi come suini, ecco la verità!”
“Però ha ragione, le ragazze ci mettono tanto impegno a preparare i dolci.” commentò Tonks, un po’ severamente. “Dovresti perlomeno apprezzare lo sforzo!”
“Accettare significherebbe dare un messaggio sbagliato...o una conferma ad aspettative. No, grazie, meglio di no.”
Ed ecco la fregatura. La trappola in agguato.
“Da me li accetteresti?” fece lei, seria seria, ignorando l’improvviso ringhiare di Sirius.
“Eeh?”
“Voglio regalarti dei cioccolatini.”
“Ma...perchè?” c’era una nota di disperazione viscerale e ben poco virile nella vocina stridula che gli uscì fuori dalla gola. Una richiesta di grazia a cui nessuno diede retta.
“Ti faccio fuori. Giuro.” avvisò minaccioso Black, ma prima che Remus potesse rispondere, Tonks gli si fece più vicina facendo gli occhioni.
“Nessuna aspettativa! Promesso!” supplicò, aggrappandosi al suo braccio e facendogli venire la tachicardia a mille. “Ma non ho mai regalato i cioccolatini di San Valentino a nessuno, durante questi anni! Voglio provare quest’esperienza! Eddai! Ti sembra educato farti pregare così da un’amica, eh?”
“Va bene, va bene…” cedette lui, esausto. “Certo che sei una bella testona!”
“Evvai!” esultò lei, alzando il pugno al soffitto con un sorriso a trentadue denti. “Cosa preferisci, pistacchio o caramello? Oppure qualcosa di classico? Potrei…!”
Un’amica, eh? Vedendo la sua aria felice ed emozionata, si chiese se non avesse commesso uno sbaglio… ma l’arrampicarsi sul podio della Harpies riuscì a distrarlo da quella punta di euforia che stava lentamente crescendogli nel petto, gomito a gomito con il senso di panico come ogni volta che si parlava di lei.
“Un momento di attenzione, prego!” sfondò loro i timpani con l’Ampli-voce. “Noi del Comitato gradiremmo fare un annuncio!”
Merda.
Ora era James a pensare quella parola, perché dal silenzio che ne seguì riuscì a percepire una sola cosa. Lily ridacchiava in modo isterico sotto i baffi, cercando – senza riuscirci – di non farsi beccare.
“Innanzitutto vorremmo fare un minuto di silenzio per i nostri compagni partiti in erasmus a Durmstrang.” continuò quella, schivando abilmente arance e zucchine che già qualcuno le stava lanciando dietro e facendo come se niente fosse.
“Signorina Harpies, non sono mica morti.” masticò fra i denti la McGranitt dietro di lei, senza alzare gli occhi dalla colazione e con l’umore già sotto i tacchi visto che odiava quanto i Marauders quelle pagliacciate. Sollevò lo sguardo solo per vedere un palloncino fluttuante scoppiettare sopra di lei e riempirle i muffin di cuoricini rosa, prima di fulminare con lo sguardo Silente che invece, rideva come un pazzo.
Mandy sospirò con esagerato dramma scuotendo i boccoli freschi di messa in piega, lasciando ben intendere la fine che pensava facessero tutti quelli che varcavano le soglie della scuola ungherese.
“Ricordiamo anche che a breve verranno qui alcuni studenti di Durmstrang e Ilvermorny, con la speranza che ognuno di noi faccia del proprio meglio per garantire un’immagine della scuola decorosa. Ma veniamo a fatti più piacevoli!” tagliò corto, visto che le zucchine e le arance stavano diventando meloni e angurie. “Come saprete oggi è San Valentino! E noi del Comitato abbiamo organizzato una splendida sorpresa per gli innamorati di tutte le età!”
Il ghigno di Lily non prometteva davvero niente di buono ma fu quando Remus si lasciò sfuggire uno sgomento: “Oh, cavolo. L’hanno fatto sul serio.”, che i sospetti di James si trasformarono in realtà.
Merda.
Si chinò sulla ragazza con gli occhi fuori dalle orbite e la fifa ben stampata sul viso.
“Ok, cosa stai tramando?!”
“Io? IO non ho fatto niente.” ma continuava a ridacchiare, in modo anche parecchio adorabile per cui era pure difficile cercare di minacciarla con lo sguardo!
“Evans, guarda che a sto giro diamo fuoco alla scuola.” mugugnò lugubre Black. “Veramente, giuro che…”
Tacque improvvisamente, osservando incredulo una fila di elfi selvatici fare la loro entrata davanti al tavolo professori con tanto di ali piumate e aureole in testa.
Erano gli angioletti più brutti che si fossero mai visti: occhietti maligni, nasi bitorzoluti, tunica bianca sui corpi molto più bassi e tarchiati di quelli dei loro simili domestici, e soprattutto tutti quanti armati di un arco stracolmo di frecce rosa dalla punta a cuore che prometteva di fare parecchio male!
“Questi sono i nostri Cupidi ragazze!” trillò la Harpies, tanto estasiata tanto quanto erano inquietanti quei cosi. “Consegneranno i vostri doni d’amore a chiunque vogliate! E non mancheranno mai un colpo, vi assicuro! Per ciò, fate largo all’amore!”
Era calato un silenzio denso di nausea per tutta la scuola, un tacere allibito che passava tra tutti come una corrente elettrica mentre Mandy sorrideva al vuoto più maniacale che mai.
Poi, il caos. Tutto assieme.
“MA SIETE SCEME?!” Ruggirono James e Sirius in coro, dando il via a una lunga fila di grida e proteste da parte di qualunque uomo sopra i dodici anni lì dentro. Solo i Serpeverde non si unirono al boato ma era anche peggio, perché stavano silenziosamente lisciando i dorsi delle loro bacchette con aria parecchio pericolosa…
“Quella ha perso completamente la ragione!” ringhiò Sirius, battendo il pugno sul tavolo e facendo rovesciare una tazza di latte che Cristhine afferrò al volo senza smettere di leggere il suo quotidiano. “Io do fuoco al loro ufficio, basta! Chi si unisce?!”
“L’avevo detto che l’avrebbero presa maluccio.” commentò solo, fissando Lily che batteva anche lei pugni sul tavolo, ma dal ridere, mentre Black senza tante cerimonie dava il via a una spedizione punitiva con un folto gruppetto armato di torce e picconi.
“Non ci lasceranno in pace per due secondi!” gemette Remus, con brividi belli grossi mentre parecchie ragazzine lo puntavano sibilando come bisce.
“E sono bruttissimi!” soffiò Lily, tenendosi un fianco.
“Ridi ridi, quelli ci faranno il fondoschiena a pezzi!” James la guardò acido indeciso se farla fuori o congratularsi con lei per la contromossa. “Sono pazzi, hanno superato ogni limite! Come possono credere che a noi ragazzi faccia piacere una schifezza del genere?!”
Lily non resistette più e le sue risate diventarono ululati al pensiero di un James Potter che scappava inseguito da uno stormo di elfi volanti.
“E TU comunque dovresti essere gelosa!” puntualizzò il Marauders, poi indicò Tonks che si era già piazzata al fianco di Remus con la bacchetta sguainata sfidando chiunque a provare ad avvicinarsi. “Tipo così!”
“Scusa, scusa…” cercò di dire lei tra i singhiozzi, asciugandosi una lacrima con il dito. “Vuoi...che...ti difenda?”
“No…” James sospirò, già dannando l’intera esistenza. Farsi difendere da lei era pure peggio che farsi pungere il deretano da quei mostriciattoli. Aveva avuto tutta l’intenzione di darle il tormento ma a quanto pare, la vittoria era già stata dichiarata. Oppure no? Poteva ancora giocare qualche carta. La guardò di sbieco e sogghignò. Poteva sedurla per tutto il giorno, ad esempio...fino a farla impazzire. E magari, sarebbe riuscito anche a farsi dire “Ti amo”. Alla fine, aveva il mantello dell’invisibilità e conosceva ogni angolo della scuola, ogni passaggio segreto, ogni anfratto...in fondo, cosa avrebbero mai potuto fare quei cosi con le ali in confronto alle capacità mimetiche del leader dei Marauders?


PUNZ!
“AHI!”
Sirius si tirò via l’ennesima freccetta dal povero fondoschiena, guardando l’elfo con una strana espressione omicida.
“Ancora?! Non ne posso più!” ringhiò istericamente, quando l’elfo gli porse una lettera fissandolo col muso arcigno.

PUNZ!

“E che cazzo!” sfasò Potter, cercando di colpirne con un pugno in testa e non riuscendoci affatto.
“E’ inutile.” sorrise Cristhine, scuotendo la testa mentre ne schivava un altro che, veloce come un levriero, prese a rincorrere un poveretto di quindici anni. “Sono più rapidi di voi.”
“E più furbi.” bofonchiò Lily, la bocca piena dell’ultimo pacco di cioccolatini che Potter le aveva malamente mollato in mano.
Era dannatamente vero.
Quei piccoli bastardi oltre ad essere brutti come la fame, riuscivano a scovarli ovunque si infilassero! Nemmeno il mantello dell’Invisibilità riusciva a fermarli! E quelle frecce facevano un male del diavolo, perché non si limitavano a consegnare la posta, no…dovevano anche giocare al tiro con l’arco usando le loro natiche come bersaglio! Hogwarts si era trasformata in un delirio di sibili, bestemmie e gemiti maschili!
“Non riuscirò a sedermi per una settimana! E quegli stronzi del Comitato hanno riempito l’ufficio di incantesimi ignifughi!”
RI-PUNZ!
“BASTAAAA!!!” Sclerò Sirius, facendo voltare mezzo corridoio. “Non ne voglio! Chiaro? Basta lettere! Stop! Nada! Io sto con lei! CON LEI!”
Ma l’elfo, ignorando il suo indicare Cristhine, gli ficcò in mano una busta e sparì dietro una colonna veloce come un razzo.
“Ma non esiste un veleno da spargere negli angoli, come per i topi?!” sibilò a denti stretti Black, beccandosi una occhiataccia da Remus.
“Stanno solo eseguendo il loro lavoro! Non trattarli cosi!”
Manco a dirlo, lui era l’unico stronzo con il mastino da guerra in gonnella ad avere ancora il deretano intatto.
Tonks infatti riusciva, non si sapeva come visti i suoi gravi problemi di equilibrio, a intercettare tutte le frecce.
Le bastava semplicemente ingrandire la mano e coprirgli il patrimonio di famiglia a mo’ di paletta.
“Ma non ti fai male?” chiese per l’ennesima volta Lupin, guardando parecchio preoccupato l’ennesima freccia colpirle il palmo.
“E’ la mano di Hagrid! Sono come stuzzicadenti contro la sua pelle!” ribatté agguerrita quella, che tra l’altro stava anche iniziando a divertirsi nel dare fuoco a qualsiasi lettera gli venisse consegnata. “Non ti scoccia, vero Rem?”
Guardò lo sguardo da pazza che le era venuto nelle pupille, i sui capelli sparati per aria e i denti digrignati... e ridacchiò in un misto fra ansioso e imbarazzato.
“Hem… no, tranquilla… E’ che non vorrei ti facessi delle nemiche…”
“Oh, non preoccuparti di quello…” sibilò lei, con una luce omicida negli occhi che non le avevano mai visto. “Tra amici ci si aiuta, d’altronde…”
“Sì, peccato che tu stia aiutando solo Remus!” berciò Black acido, fulminandoli con lo sguardo.
“Non per molto…” gli sussurrò Potter all’orecchio, prima di sganciare in mano a Tonks un pacco di bignè.
Incredibile come dei dolci riuscissero a cambiare la situazione così drasticamente. Quella emise un versetto adorante e smise di assomigliare ad un bulldog incazzoso, ficcando il naso dentro il sacchetto senza riuscire a resistere e smettendo di prestare attenzione a chiunque altro.
“Guarda Moony, ne sta venendo uno per te!” trillò Ramoso, mentre quello, perso il suo scudo umano, diventava di granito e si guardava attorno in pieno panico. “E ora, che intendi fare, eh?”
“PISTAAAA!!!”
Un secondo dopo, e di lui c’era solo l’immagine residua.
“Fermo! Remus Lupin! A te!”
Ma non aveva tenuto conto del fatto che, oltre ad essere una scheggia, l’elfo aveva pure le ali.
Guardarono con un po’ di sadismo il loro casto e innocente lupo mannaro filare tra i corridoi inseguito da uno di quegli sgorbi, prima di riconcentrarsi su ciò che li aveva riuniti.
“Quindi è vero, eh?” a Potter brillavano gli occhi. “C’è una lezione speciale...proprio con lui? Non mi stai prendendo in giro?”
“Per l’ennesima volta, Jam, è vero.” sospirò Lily, rovistando fra le scartoffie nella sua borsa in cerca degli orari. “L’ho saputo tardi perché con i preparativi per l’elezione del Caposcuola, l’ufficio Prefetti è un po’ in disordine...però sì, è tra mezz’ora nella sala Est.”
“AH! CHE FIGATA! Quell’uomo è un mito!” esultò Peter, dimenticando il dolore alle chiappe che, con sorpresa di tutti, gli aveva fatto venire un elfo consegnandogli una misteriosa lettera che aveva incenerito prima che potessero rubargliela e leggerla.
“In effetti anche io sono emozionata...non capita tutti i giorni di ascoltare una leggenda vivente… tu che dici, Sirius?”
“Bah, Evans, io ci ho mangiato per anni assieme a due Auror leggendari.” Lui fece spallucce, indicando James. “Non capisco tutta questa euforia.”
“Sai, per essere uno che vuole diventare Auror, non sembrano andarti particolarmente a genio!”
“Hey! Sono loro a detestarmi! E poi...e poi...hey, che fai?” Cambiò radicalmente espressione e si voltò incuriosito la fidanzata.
C’erano tre fattori che fecero capire a Lily cosa stava per tirare fuori, con suo sommo orrore.
Il primo era il violento rossore sulle sue guance.
Secondo, le mani un po’ frenetiche.
Terzo, un sorriso timido, appena percettibile, che la rendeva incredibilmente dolce.
“L’avevo messa qua…ah, ecco!”
Porse al ragazzo un pacchetto che profumava di cioccolato.
“Oh beh, non mi sono abbassata ad usare gli Elfi Cupidi, ma è San Valentino e il regalo te lo devo fare!” sorrise, porgendogli la confezione azzurro pastello. “Ho pensato fosse una idea carina…anche per me è la prima volta!”
Lo videro prendere come inebetito la confezione, fissarla ammutolendosi come se fosse una pietra preziosa.
Era sorpreso, e si sentiva anche particolarmente strano.
Non…non aveva mai ricevuto…da nessuna fidanzata un regalo di San Valentino. Un sacco dalle corteggiatrici, certo. Ma mai nulla di ufficiale. In effetti, nessun fidanzamento durava mai per più di qualche mese.
Era…strano.
Però…gli piaceva.
L’odore della cioccolata che filtrava dalla carta colorata, il sorriso della ragazza…sì, era piacevole.
Come qualcosa di tiepido e soffice alla bocca dello stomaco.
“Ecco…io…grazie…” mormorò.
James ghignò: in un’altra occasione l’avrebbe schernito, ma vederlo in quello stato era decisamente raro. Non era mai stato timido, nemmeno una volta, con nessuno. Ed ora…
Cristhine riusciva a tirare fuori un lato di lui che nessuno aveva mai visto. Era speciale, diversa da tutte coloro di cui Black si era sempre circondato, nascosto tra seni prosperosi e profumi intensi.
Per la prima volta, da quando lo conosceva…lo vedeva felice con una ragazza, felice realmente, senza tetre finzioni, inutili forzature.
Anche Lily sorrideva, anche se avrebbe preferito non essere lì presente… ed infatti, James le si appoggiò ad una spalla con un’espressione sorniona.
Il suo fiato profumato le sfiorò il collo.
“Io preferisco il cacao amaro.”
Accidenti a lui. Accidenti a San Valentino. Accidenti al fatto che, per quanto facesse la sostenuta, desiderava davvero consegnargli della stupida cioccolata e vederlo altrettanto contento, nemmeno fossero negli anni cinquanta!
C’era solo un piccolo problema, di cui Potter non era al corrente. Lei non era brava in cucina. Per niente.
Lui inarcò un sopracciglio nel vederla mettersi le mani nei capelli.
Che poteva fare?
Sicuramente se gli avesse preparato dei dolci…sarebbe morto per avvelenamento!
Fortunatamente, la McGranitt spuntò fuori da un angolo sbarrando loro la strada e togliendola d’impiccio.
“Hey!” abbaiò, torva.
“Non siamo stati noi.” risposero di getto i Marauders, facendole digrignare i denti.
“Coda di paglia, eh?” Alzò gli occhi al cielo, sistemandosi il largo cappello a punta. “Vedete di darvi una mossa, la lezione specialistica sta per cominciare.”
Calò un velo di referenza, palpabile, mentre si avviavano silenziosi verso la torre Ovest. La prima vittoria del loro piccolo Consiglio studentesco. La prima volta che venivano ascoltati per davvero. E la prima vera lezione di Difesa contro le arti oscure. Quella, ne erano certi, sarebbe stata un’ora che non avrebbero scordato facilmente.
Ma fu solo quando lui - seduto mollemente sulla cattedra e avvolto da un’aurea di indefinibile potere - sollevò lo sguardo verso di loro… che quella certezza divenne assoluta.
Sarebbero stati finalmente pronti per combattere.


“Lasciami! Fermo!”
Remus Lupin tirò uno strattone pazzesco, ma la presa dell’elfo era ferrea. Anche troppo.
L’aveva agguantato per lo zaino e non l’aveva più mollato, puntando i piccoli piedi contro il pavimento e diventando pesante quando un macigno.
“Pacco per il signor Lupin!” gracchiò di nuovo.
“Non voglio ricevere nulla! Non qui!” Sibilò tra i denti Lunastorta, voltandosi da tutte le parti con le guance scarlatte.
Era nel bel mezzo di una folla, e stava dando anche fin troppo spettacolo.
Avrebbe voluto sprofondare dall’imbarazzo! Si passò una mano sugli occhi con il solo risultato che alcune ragazzine squittirono intenerite dalla sua timidezza. Prevedeva altre punture sulle chiappe.
E purtroppo, le sfighe non vengono mai da sole… visto che, preceduto dalla sua bora micidiale, appena girata una curva si ritrovò Malfoy davanti.
Quello si fermò fissando la scenetta con malcelato disgusto, poi stirò un sorriso gelido che non si allargò agli occhi.
“Ti conviene prenderla.”
“Sta zitto Malfoy!” ringhiò Remus tra i denti, più per abitudine che per altro. “E tu lasciami!”
“Lettera per il signor Lupin!”
Il sorriso di Malfoy divenne più ampio e più freddo. Stava diventando una situazione spinosa, lì, con un mostriciattolo attaccato al deretano e uno dei loro peggior nemici a godersi la scena, per cui, sconsolato, afferrò quel dannato pacco di cioccolata.
“Presa! Contento? Sparisci!” sospirò, desiderando solo allontanarsi da quel dannato corridoio.
Malfoy continuava a fissarlo senza emettere un suono...gli occhi come due scaglie di ghiaccio liquido che sembravano sondarlo. Ed improvvisamente, Remus non riuscì a sostenere quello sguardo.
Odiandolo a morte, e odiando se stesso, fece per superarlo con una spallata ma la mano del Serpeverde si strinse attorno al suo braccio come una morsa.
L’aria parve crepitare. Diventare densa, di cemento.
L’occhiata boreale che trapassò il Serpeverde da parte a parte avrebbe dovuto in qualche modo terrorizzarlo.
Sapeva. Lui sapeva.
E non fuggiva. Non aveva paura. Era Remus, invece, a tremare.
“Lettera d’amore per il signor Malf…”
L’elfo si bloccò, paralizzandosi, quando Lucius ostentò la sua superiorità degnandolo appena di una sbirciata siberiana che bastò a pietrificarlo sul posto.
Lo osservarono allontanarsi inciampando sui propri stessi piedi, le ali che sbattevano comicamente contro la sua schiena bitorzoluta. Faceva quasi pena.
“Vedi?” mormorò infine quello. “E’ così, che vanno trattate le creature inferiori.”
“La-scia-mi.” sibilò Lupin, scoprendo i denti. Fu un riflesso che derivò dal puro istinto...assieme ad un ringhio sordo che gli gorgogliò nella gola. Il Serpeverde si staccò, scoprendo i denti perlacei in un ghigno crudele.
“Ed eccola qui.” mormorò. “La tua vera natura.”
Il marauder non rispose. Si limitò a fissarlo...le spalle che si alzano e abbassavano al ritmo del suo cuore, ora frenetico. Sentiva tra le gengive i canini pizzicare in modo fastidioso...e un sapore ferroso sulla lingua.
“Se mi tocchi ancora ti ammazzo.” sentenziò solo, gelido. Gli voltò le spalle, prima che le parole di Malfoy gli paralizzassero i piedi.
Mostro.” Lucius si appoggiò morbidamente alla parete, la voce di velluto, gentile ma traboccante di un odio sferzante, insopportabile. “Il solo fatto che abbiano permesso ad un essere come te di dormire fra noi, di sentirsi uno di noi, non mi dà pace.”
“E allora perché non mi denunci?” sibilò, girando appena il viso oltre la sua spalla. “Perché coprite tutti il mio segreto? Cosa avete in mente?”
La sua risata gli fece venire i brividi. E ciò che disse gli frantumò il cuore.
“Perché non serve! Non vedo davvero l’ora di vederti fare in pezzi tutta la tua vita, lupo. Non hai bisogno di essere denunciato per essere distrutto. Lo sai anche tu, no? Con la Evans ci sei andato così vicino… quanto ci metterai, fuori dalla tutela di Silente, a fare del male a qualcuno che dici di amare? A Potter, o Minus, o magari, la piccola Black che ti segue ovunque come un cagnolino…”
“Non devi nemmeno osare nominarla…”
“Calma, calma.” lui alzò le mani, sarcastico, vedendolo aizzarsi. “Consideralo il consiglio di un vecchio compagno. La marmocchia ha comunque sangue blu, nelle vene. O per meglio dire, sangue nero. Sarebbe un peccato vederlo sprecato sotto le tue fauci...”
“Tu non sai niente.”
“So che fuori da qui sarà molto più difficile reperire quelle pozioncine che ti piacciono tanto.” la bocca pallida si distese nel toccare quel tasto scoperto. “Qui Silente ha la sua personalissima scorta di Anti-lupo, ma là fuori...là fuori le voci corrono. Là fuori, richieste del genere vi possono portare alla rovina. Alla gogna pubblica. Ed ogni anno, sarà sempre peggio. Date la colpa a noi per le nostre idee ma perlomeno noi siamo coerenti... tutta quella brava gente che tanto amate difendere non li vuole, quelli come te, né li vorrà mai! Perché pensi che le nostre fila si stiano ingrossando sempre di più? Voi feccia subumana state per prendere finalmente il posto che vi spetta… al servizio sotto i tacchi delle nostre scarpe. Perché dentro di te sai anche tu che quello sarà l’unico posto dove riuscirete a salvarvi la pelle. Siete tutti così impegnati a godervi Hogwarts e la vostra piccola bolla per capire che il mondo sta cambiando, là fuori. O per ricordare le condizioni in cui quelli come te sono sempre stati costretti a vivere.”
Una stanza...una stanza con delle catene.
L’odore del sangue, della pietra spessa. I polsi scorticati, la pelle lacerata dai suoi stessi denti. La solitudine, il dolore, la vergogna. E due occhi freddi, fissi nei suoi, attraverso quella maledetta porta.
Lui che guardava sempre. Ogni volta. Lui che assisteva a tutto, per tutta la notte. Lui che avrebbe preferito vederlo morto.
“Ti ricordi, eh?” Lucius si beò del suo pallore, dei suoi occhi ora cerchiati, resi torbidi da profonde ferite. “Goditi i tuoi momenti ora, Remus Lupin. Goditi le amicizie, le attenzioni di quelle piccole e spocchiose mezzosangue che ti circondano...goditele finché puoi. Perché prima o poi la fame arriverà. La tua vera natura emergerà. Qui potrai anche trattenerla al meglio che puoi...ma là fuori, oh, là fuori non la si potrà fermare di certo.”
Se ne andò così. Ridendo, con i lunghi capelli argentei che brillavano nella luce della mattina, le occhiaie profonde sotto gli occhi e i segni di mozzicone di sigaretta sul dorso delle mani.
Si allontanò, lasciandogli il cuore in una morsa feroce.







Aveva un occhio finto.
Era di un blu elettrico, che faceva a pugni con quello vero, piccolo e scuro. Non solo perché si muoveva in un modo anomalo rispetto a quello sano, ma perché non sembrava bruciare con la stessa intensità. Doveva essere una ferita recente. Con il tempo, quella strana biglia color oceano avrebbe assunto la stessa personalità dell’altro, memorizzando segnali inviati dal cervello con precisione millimetrica. O forse no. Forse nessun medi-incanto al mondo avrebbe potuto rendere giustizia al crepitio dello sguardo dell’uomo che ora stava davanti a loro.
La sua sola presenza trasudava dentro l’aula, riorganizzata ad auditorium, in modo quasi soffocante. L’aria era come satura di magia, densa, oleosa. Satura di potere.
Sotto una cascata di folti capelli, un viso volitivo, pieno di cicatrici. Una bocca sottile lievemente piegata in un smorfia che poteva essere noia, oppure apatia, oppure divertimento. Era difficile decifrare la sua espressione.
Sarebbe stato un ottimo giocatore di Poker.
Lily non aveva mai visto un Auror leggendario prima di allora. Ne era ipnotizzata. Ne erano tutti ipnotizzati. Ma nessuno lo fissava con la stessa intensità di James.
La Grifoncina lo guardò di nuovo con la coda dell’occhio, incuriosita da quell’atteggiamento. James non era mai stato molto attento in classe, tanto da farle credere negli anni che avesse un chissà quale deficit dell’attenzione o un iperattivismo segreto, ma ora era appoggiato sul tavolo con le mani sotto il mento e fissava l’Auror con un ardore tale che si chiese come facesse a non andare a fuoco.
Nessuno sarebbe riuscito ad ostentare una tale indifferenza allo sguardo dorato e bruciante di un Potter, eppure l’uomo sembrava davvero non essersene accorto.
Si tolse il sigaro di bocca, mettendo a tacere finalmente i colpettini di tosse della McGranitt che aveva ignorato fino a quel momento, e si stiracchiò come un gatto da sopra la cattedra, guardandoli nello stesso modo in cui avrebbe guardato degli insetti.
“Quanti di voi vorrebbero diventare Auror?” disse infine, placidamente. Un numero consistente di mani si sollevò in aria.
“Bene.” Alastor Moody ghignò. Tutto il suo viso indurito dal sole di tanti campi di battaglia si contorse in una maschera crudele. “Sappiate allora che quasi la metà di questa classe tirerà le cuoia.”
“Moody.” avvisò la McGranitt, mentre nell’aula si sollevava un mormorio scioccato. “I patti erano chiari. Il Ministero ha accettato a patto che tu non li traumatizzassi.”
“Fanculo il Ministero.” la zittì quello, rientrando immediatamente nella top ten delle persone preferite da parte di qualsiasi studente. “Il fatto che abbiate avuto le palle per rimettere in riga quei pomposi damerini da strapazzo e stravolgere qualche vecchia regola che vi vuole conficcati in un mondo finto fatto di rose e unicorni mi fa ben sperare che forse, i prossimi anni non saranno così disastrosi e non sarò circondato da totali incompetenti. Ma è bene che sappiate a cosa andate incontro.” si sporse in avanti, divertito. I suoi movimenti avevano una sorta di legnosità, nonostante l’età giovane. “C’è una guerra, là fuori. Dal momento in cui varcherete le soglie dell’Accademia dell’Alba, dovrete imparare a difendervi tutti i giorni, su più fronti, a livello fisico, a livello magico e anche a livello mentale, il tutto cercando di sopravvivere e di non fare ammazzare i vostri compagni quando siete in missione… e magari non sarebbe male se faceste nero qualche figlio di puttana ogni tanto. Il meglio che possa capitarvi, in ogni caso, è che perdiate qualche pezzetto per strada.” Si indicò l’occhio blu con malcelata ironia. “Simpatico, eh? Ma al mio collega è andata peggio. Ha perso entrambe le gambe sotto le fauci di un lupo mannaro. Volete sapere perché?”
Batté il piede sul tavolò e fletté il busto su di loro.
L’attenzione ora era assoluta, così come il silenzio. Remus si irrigidì sotto quell’occhio blu che, alla parola ‘lupo mannaro’, puntò su di lui trapassandolo come se fosse fatto di burro.
Quasi che sapesse… o era solo paranoia?
Le parole di Malfoy erano ancora coltelli affilati conficcati nella sua testa. A malapena ascoltava, sentendo quasi fisicamente il dolore che gli aveva procurato.
Si girò verso Tonks, che quel giorno aveva i capelli di un verde pistacchio. La sua pelle di burro che sapeva di fragole appariva più morbida e delicata che mai. Malocchio sapeva, che accanto agli studenti c’era una creatura assassina, un mostro? Sapeva riconoscerlo a vista, dal momento in cui aveva ammazzato così tanti dei suoi simili? Avrebbe ucciso anche lui, prima o poi? La sola idea di poter diventare un Auror era ridicola. Non avrebbe dovuto nemmeno alzare la mano.
Il peggior nemico di un Mangiamorte è uno specchio.” La frase dell’uomo cadde su di loro come una mannaia. “Per riuscire a sconfiggere il male, dovrete essere il male. Non è certo ciò che il Ministero vorrebbe che vi insegnassi, ma l’unico modo in cui riuscirete a cavarvela là fuori sarà quello di essere fottutamente più cattivi di chi vi sta di fronte. Scordatevi il mondo di eroi e gloria che tanto solletica le vostre menti infantili quando vi immaginate con la spilla appuntata al petto. Dovrete pensare come loro, sempre. Anticipare ogni mossa, ogni pugnalata, ogni parola che uscirà dalle loro bocche. E per farlo, c’è un solo modo: perdere parte di voi stessi. Diventare uguali a ciò che combattete...ma riuscire a rimanere a galla nella melma in cui vi immergerete quel tanto che basta per esserne diversi.”
Rimase a godersi l’effetto che quelle parole avevano avuto sugli studenti, quasi sadicamente. Alastor Moody era giovane, ma c’era qualcosa in lui che ricordava un uomo molto più anziano. Il modo in cui combatteva gli era costato più di un richiamo ed i giornali andavano a nozze con praticamente qualsiasi parola gli uscisse di bocca, ma da quando i Potter si erano ritirati era rimasto l’unico Auror ad essersi guadagnato il titolo di “Leggendario” in circolazione. Una carriera appena cominciata ma già lastricata di successi. Una risorsa tanto preziosa e rara quanto macchiata di sangue. Uno dei pochi pilastri rimasti a tenere lontana l’oscurità.
E lo faceva con una passione inquietante. Moody era una vera e propria macchina da guerra, lo definivano inarrestabile, instancabile.
Il fatto che si fosse preso una pausa solo per poter venire fin lì a dire quelle esatte parole era significativo.
Eppure, Lily non riusciva a comprenderle ed accettarle del tutto. C’era qualcosa che strideva. Quanta melma aveva sommerso quell’uomo?
E soprattutto...anche la famiglia di James era così? Anche loro si erano immersi nell’oscurità perdendo pezzi di sé?
Lo guardò di nuovo ma il suo ragazzo era una statua di sale. Immobile, silenzioso, totalmente concentrato su Malocchio che, invece, continuava a ignorare il suo sguardo. Anche lui era d’accordo? O pensava, come lei, che ci potesse essere una via migliore?
“A tal proposito, oltre a lezioni pratiche di combattimento che, oh, ve l’assicuro, vi lasceranno col culo per terra,oggi vorrei proporvi un piccolo esperimento.”
Quando puntò di nuovo lo sguardo su Remus, ci fu qualcosa nel suo modo di fare che gli fece avere la certezza assoluta. Lui sapeva.
“Tu, ragazzo.” lo chiamò infatti, facendogli ghiacciare le vene. “Accetteresti assieme alla tua graziosa compagna di farmi da cavie?”
Avrebbe voluto indietreggiare, rifiutarsi, ma Tonks si alzò in piedi come un uragano anticipandogli ogni azione e, con una sfacciataggine che lasciò basito chiunque, se ne uscì con un allegro “Ma certo, Ally!”.
“Mocciosa, ti ho già detto di non chiamarmi così.” brontolò quello, vedendola inciampare nei suoi stessi piedi e non facendo assolutamente nulla per impedirlo.
“Conosce la signorina Tonks, Moody? Non lo sapevo.” si stupì pure la McGranitt, vedendola rialzarsi e attaccarglisi al braccio come avrebbe fatto con un vecchio e adorato zio.
“Il caso di sua madre. Me ne sono occupato io.” sintetizzò lui, scrollandosi Tonks di dosso come se fosse un moscerino. “Tutto stranamente sempre liscio come olio, così alla fine ho solamente avuto la sfortuna di dover fare da balia a questa qua.”
“Abbiamo giocato a Gobbiglie per un sacco di tempo!” cinguettò lei, tutta di zucchero e facendogli digrignare i denti in un modo che avrebbe terrorizzato a morte chiunque altro.
Remus si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. Avrebbe mai avuto paura di qualcosa nella sua vita, quella ragazzina?
Di te. Avrà paura di te, prima o poi.
Malocchio non pronunciò affatto quelle parole, eppure quando lo guardò gli si piantarono nella testa come se l’avesse urlato. Il suo occhio blu lo trapassava.
Serrò le mandibole, irrigidendosi. I Marauders si agitarono sulla sedia.
“Che succede?” bisbigliò Lily, chinandosi su Peter e notando la sua bocca stretta in una linea pallida.
“Rem.” sussurrò solamente lui di soppiatto, gli occhi fissi sul compagno come due biglie.
C’era qualcosa che non andava. Il lupo mannaro se lo sentiva sotto la pelle, un filo di corrente elettrica che gli ronzava lungo le braccia, dietro il collo.
Moody conosceva Tonks.
“Mi sei mancato un sacco, sai? Quand’è che torni a trovarci?”
“Preferirei farmi mordere le palle da un troll, mocciosa.”
Moody era affezionato a Tonks. Lo seppe con certezza assoluta.
“In Accademia usano molto un giochetto chiamato ‘principio dello scambio equivalente’.” lui sorrise, fissando la sala con il suo occhio nero...mentre quello blu continuava a puntare fisso su di lui, in modo dannatamente inquietante. “Per aumentare i riflessi di combattimento, e la capacità di ragionare come l’avversario durante i momenti di stress. Come ti chiami, ragazzo?”
“Lupin, signore.” la voce gli uscì roca, come se non fosse la sua.
“Che gli prende al nostro principino?” chiese un Grifondoro nelle retrovie, con aria maligna. “Non lo facevo così codardo! Sembra che stia guardando dritto in faccia un fantasma!”
“Taci se non vuoi essere tu, il prossimo fantasma che guarderà in faccia.” lo zittì immediatamente Black, in un mugugno lugubre. Lily si sporse appena su di lui, corrucciata. Sirius aveva una mano sopra l’altra, appoggiata in modo apparentemente casuale ma, notò, quella di sopra stava segretamente cercando di trattenere l’isterico tamburellare di quella di sotto. Una specie di tic nervoso che non proveniva da lui. Era ansia pura e, anche se non faceva parte del branco, iniziò a sentirsi agitata pure lei.
“Bene...LUPIN.” Moody gli agguantò una spalla con una presa d’acciaio. L’aria sembrò ribollire davanti a loro. L’avrebbe ucciso? L’avrebbe smascherato? “Ora scambierò le vostre sensazioni. Ciò che provi tu sarà suo, e ciò che prova lei sarà tuo. E poi proverete a lanciarvi qualche banale incantesimo. Andrà tutto a posto nel giro di un’ora...evitate solo di alterarvi o litigare. Non finirebbe bene.”
“NO.”
Sapeva. Moody sapeva. E voleva proteggere Ninfadora da lui.
Tonks alzò gli occhi, stupita. Remus cercò di tirarsi indietro, pallido come granito, improvvisamente nel panico. Non ci riuscì, perché la presa di Alastor si fece più serrata. Che gli prendeva? Perché era così spaventato?
“Preferirei di no, professore.” cercò di calmarsi il ragazzo, deglutendo piano. Aveva le mani chiuse in stretti pugni e le spalle più rigide di quelle di una statua, tutto il bacino proteso in avanti. Sembrava quasi pronto a colpirlo...o a fuggire via.
“Spiacente.” miagolò l’Auror, con un sorriso ora spietato. “Non sono abituato a chiedere.”
Fu un battito di ciglia. La luce parve avvolgerli. Non si erano nemmeno accorti che aveva tirato fuori la bacchetta...anche perché non era una bacchetta. Moody aveva un bastone nodoso, che batté per terra prima che potessero fare alcunché.
Tonks sentì caldo, poi freddo...un freddo angosciante.
Ed improvvisamente, la sua testa, le sue emozioni...non erano più sue.
Il cuore iniziò a batterle forte, le mancò il fiato.
Alla sua caviglia si materializzò un cornicello argentato, così come uno identico, ma d’oro, si strinse piano al polso di Remus. Non se ne accorse nemmeno.
Era un’intrusione spiacevole, come essere infilata a forza nell’anima di qualcun altro.
O meglio, era l’anima di Remus ad infilarglisi a forza dentro. Ed era un’anima tormentata.
Dolore. Solitudine. Angoscia. Rabbia. Si riversarono in lei come un fiume in tempesta.
Lo fissò negli occhi, scioccata. Il viso del ragazzo era una maschera di cera.
Bugiardo.
Dietro ogni sorriso. Dietro ogni risata. Dietro ogni sguardo buono, e gentile. Dietro ogni compostezza, dietro ogni educata cortesia.
Bugiardo.
Non erano sentimenti di quel momento in particolare, o di una giornata negativa. No, era qualcosa di radicato. Un dolore antico, potente, costante. Dietro tutta quella finta felicità...c’era quello.
Bugiardo...
Come poteva...come poteva mentire in quel modo? Perché...perchè si era lasciato abbracciare, sulla riva del lago? Perché fingeva con lei che fosse in qualche modo utile, che potesse anche in minima parte alleviare un’infelicità così assoluta? Lei non era niente. Lei non poteva essere niente...non di fronte a quel dolore...
Remus le vide scendere una lacrima sola, lungo la guancia di porcellana. Si scambiarono un’occhiata che valse mille parole.
Poi, il Marauders uscì dall’aula sbattendo la porta.
“Alastor!” abbaiò la McGranitt, nel vociare che esplose tutto intorno a loro. “Avevamo detto niente traumi!”
“Va a sederti.” Moody le batté una mano sulla testa, ignorando la sua espressione assente. “Andrà meglio tra qualche minuto. Stare lontani aiuta.”
“Sappiate che per essere Auror…” abbaiò poi alla classe, a voce alta. “...Questo è niente. Ci saranno allenamenti molto peggiori di questo. I vostri compagni non hanno retto, questa volta...ma non mi aspettavo diversamente. Lo faranno, se vorranno andare avanti. Lo farete tutti voi. O soccomberete.”
Di nuovo il silenzio. Che durò a lungo.
Lily si stava giusto chiedendo cosa accidenti fosse preso a Remus e quando qualcuno avrebbe di nuovo osato anche solo respirare senza permesso in quella stanza, quando, finalmente, Moody si chinò su Potter. La sua attenzione bruciante allora, non era passata inosservata.
Piazzò il suo piede sul tavolo e chinandosi appena su di lui, si appoggiò al ginocchio con un sorriso sardonico. James rimase in silenzio, gli occhi fissi nei suoi. Sembrava non desiderare altro al mondo che fissarlo.
Lily fu colpita dalla scarica elettrica che passo fra i due, quasi una forma di amore, di venerazione.
“Potter, uh?” Disse Moody. “Ci si aspetta grandi cose da te, ragazzo.”
E poi, il fracasso della sedia che si rovesciava all’indietro fece saltare sui banchi tutti quanti.
Fu tutto così rapido che la Grifoncina ci si mise qualche istante a realizzare quanto stava accadendo… a metabolizzare l’attacco a sorpresa di James verso il loro professore, lo schianto del suo corpo sotto le braccia di Moody, i cui movimenti furono così rapidi da risultare quasi invisibili.
“Ottimi riflessi. Ma ci vorrà un po’ di tempo per far sì che tu possa diventare degno di essere un Auror!” Rise a gran voce quello, per nulla turbato, mentre il suo ginocchio schiacciava Ramoso, il loro Ramoso, contro il pavimento, impedendogli di muoversi.
Poi il suo erano occhio blu puntò verso la bacchetta di Lily, alla sua sinistra. Si era alzata senza nemmeno accorgersene, ed ora torreggiava su di lui, in piedi sul banco.
Avrebbe dovuto essere inorridita dal fatto che la sua bacchetta stesse sfiorando la giugulare di un professore come se fosse una lama, invece, forse per lo shock, forse perché aveva agito per uno strano istinto che sembrava essersi risvegliato dentro di lei, Lily ricambiò lo sguardo con una strana calma, quasi fredda.
“SIGNORINA EVANS!” Tuonò la professoressa di Trasfigurazione, la bocca comicamente aperta a formare una “O” perfetta.
Moody in ogni caso, sembrava non essersela presa troppo. Anzi, era quasi soddisfatto. “E tu chi sei, ragazza?”
Ritrovare la voce fu difficile. Stavolta veniva espulsa davvero.
“L-Lily Evans; signore.”
Lui lasciò improvvisamente andare James, che prese aria e tossì. Poi le abbassó la bacchetta con la mano come se fosse una mosca fastidiosa.
“E tu invece sei il randagio dei Black.” cinguettò allegro, adocchiando Sirius dietro di lei. Anche lui e Peter erano balzati in piedi, il primo con aria ribelle, il secondo pallido come un fantasma. “E tu, invece, pisciasotto?”
“M-M-M-Minus...”
La calma tornò bruscamente così come se ne era andata.
Cosa accidenti era successo?!
Remus che fuggiva dall’aula come se stesse prendendo fuoco, James che balzava al collo a quel tizio… e lei che si proiettava come un’idiota a minacciare uno dei più grandi Auror della storia!
Era l’unica ad essere sotto shock?!
Si guardò attorno, con gli occhi sgranati e l’aria un po’ folle.
Nemmeno il suo ragazzo sembrava troppo turbato, e poteva scommettete che gli altri, in quel momento, percepivano solo un po’ di delusione per come si era fatto mettere sotto in così poco tempo. Peter ad esempio, aveva le palpebre più pesanti, una lieve smorfia non sua gli segnava la bocca anche se cercava di trattenerla. E le mani di Sirius tremavano ancora, e poteva giurare che fosse eccitazione. Quell’idiota aveva voluto mettersi alla prova. Avrebbe voluto strangolarlo!
Moody guardò Lily e poi James ed infine, gli altri due, come se fossero cavie di un bizzarro esperimento.
“Niente male, quest’anno.” Mormorò a bassa voce.
Poi, la campanella suonò.





“James Potter ti giuro che se fai ancora una cosa del genere…!”
L’inizio della sequela di insulti di Lily fu frenato sul nascere. Le balzò il cuore in gola mentre James si voltava di scatto verso di lei, l’afferrava per i fianchi e le premeva le labbra contro le sue.
Fu così sorpresa che non riuscì nemmeno a ribellarsi e poi...e poi era terribilmente piacevole baciarlo quando ancora bruciavano di adrenalina.
Gli tremò appena contro, sentendosi le gambe di burro mentre la mano del mago risalì piano lungo la sua schiena fino ad accarezzarle il collo ed infrangere le dita lisce fra i capelli sulla nuca, premendo i loro visi ancora di più.
La sua bocca era leggermente screpolata dal vento ma allo stesso tempo, morbida come seta.
Le ci volle qualche secondo per riuscire a parlare di nuovo.
“Non potrai cavartela sempre in questo modo, sai?” mormorò, sentendolo sorriderle sulla bocca.
“Mi piace quando cerchi di difendermi. Eri tenera e buffa allo stesso tempo.” soffiò lui, divertito.
“Sei impossibile!” lei alzò gli occhi al cielo, ma era già della stessa consistenza della marmellata. Lui continuava a tenerla tra le braccia, mentre attorno a loro gli studenti sciamavano come un fiume in piena per i corridoi.
Nemmeno ci facevano caso...il mondo intero era sparito di nuovo. Poi, ridendo e senza smettere di stringerla fra le braccia, James camminò all’indietro fino a raggiungere il dorso di una statua.
“Ora sta’ ferma.” le ordinò con delicatezza, con gli occhi accesi come bracieri.
“C-che fai?”
Lui la guardava curioso come un gatto.
Tracciò con la punta del dito una linea sul suo viso, a partire dalle scapole. Risaliva piano, lentamente, fino a sfiorarle il mento, le labbra. Sembrava volerla studiare, e sapeva che la sua pelle si stava arrossando laddove la toccava, cosa che sembrava deliziarlo.
Quando la baciò di nuovo, fu incredibilmente dolce. Le sue mani premettero contro la pelle dei suoi fianchi con un possesso nuovo, lento, seducente. Sembrava quasi un massaggio, che le spingeva il corpo contro il suo senza che riuscisse ad opporvisi. E poi, stretto a lei come non lo era mai stato, James mosse appena i fianchi continuando ad accarezzarle la schiena.
Fu così che, forse complice l’adrenalina, forse complice il modo in cui lui si muoveva contro di lei, Lily si ritrovò a sperimentare un sentimento nuovo, improvviso quanto lo scoppio di un temporale. Ansimò appena, cercando di essere il più silenziosa possibile, ma poi non riuscì a resistere.
Gli passò le dita fra i capelli, sempre ribelli, sempre in disordine, e senza più un briciolo di raziocinio inarcò il bacino, seguendo quel movimento che assomigliava quasi a una danza, un’onda. Non riusciva a capire più nulla, se non che quel piacere nuovo sembrava scioglierla da dentro.
Lo sentii ridere leggero sulla sua pelle, e poi staccarsi da lei.
I suoi occhi liquidi luccicavano.
“Oggi ti farò impazzire, Rossa.” annunciò, trionfante. “Ma ora ho bisogno di capire che accidenti è preso a Rem. E credo che Tonks abbia bisogno di un’amica vicina, in questo momento.”
“S-sì...Remus...Tonks...”
Il ragazzo le prese il mento, soddisfatto e quasi trionfante nel vedere il suo profondo imbarazzo… anche se poi, quella visione lo intenerì.
Le lunghe dita della Grifoncina si coprivano l’espressione cercando di celare il rossore delle gote, il gonfiore delle labbra. Ansimava dietro quelle mani chiuse a coppa sul viso, con gli occhi spalancati sorpresi come quelli di una bimba.
E dire che voleva solo stuzzicarla un po’...sembrava sconvolta...e se faceva quella faccia, resistere alla sua innocenza sarebbe stato incredibilmente difficile!
Le sfiorò la fronte con le labbra, cercando di controllarsi.
“Ti amo, Lily.” disse piano, sorridendo colmo di una felicità mai provata prima d’ora, nemmeno in sella alla sua scopa, quando cavalcava le correnti del vento. Lei era meglio del volo. Lei era meglio di qualsiasi altra cosa. “E non vedo l’ora di mangiare la tua cioccolata!”
La piantò lì così, e l’improvvisa distanza sembrò come raffrescare l’aria, anche se dentro, le vene della Grifondoro bruciavano...ed il suo cuore sembrava ora fatto di miele caldo.
Che accidenti le era preso? Aveva...totalmente perso la testa. Il controllo.
Si morse le labbra, sospirando.
Dannato Marauder. Accidenti a lui.
Quello sì, che era stato un vero colpo basso…
Dove cavolo si era cacciata Tonks?! E dove accidenti si rimediava del cacao amaro lì dentro?!








Bugiardo.
Sirius aveva cercato di acchiapparla, Peter, Lily...ma Tonks si era divincolata in fretta e si era mimetizzata tra la folla come solo un Metaformagus è in grado di fare. Ed ora, correva per quei corridoi con un solo obbiettivo in mente.
Bugiardo.
Tutti lo stavano cercando, ma la Mappa del Malandrino era tra le sue mani. Non importava, in ogni caso.
Lei sapeva dov’era. Sentiva le sue sensazioni farsi più forti dentro di lei, insopportabili, come se fosse diventata un radar. Da lei, lui non poteva nascondersi.
Bugiardo.
Era così arrabbiata… e così confusa, che non avrebbe saputo dire dove finiva la sua rabbia e dove iniziava quella di Remus.
Salì le scale della torre di Astronomia quasi volando. Quando spalancò la porta sulla terrazza circolare, non avrebbe saputo distinguerlo dalle altre statue di pietra se non fosse stato così incredibilmente bello. Fissava l’orizzonte con una immobilità che era quasi inumana, la pelle di marmo bianco, il profilo rigido come una moneta, gli occhi lontani anni luce. Il sole pallido giocava con i suoi capelli chiari, facendoli scintillare come fili di perle.
Di nuovo quell’espressione apatica. Finta.
Una maschera orribile che avrebbe voluto strappargli dalla faccia.
Di nuovo ingannatore.
“Bugiardo.” ansimò, mentre lui voltava quello sguardo spento su di lei...e animando il suo viso in un campanello d’allarme che non riusciva a decifrare.
Come poteva fargli paura lei, in confronto a ciò che provava dentro?
Lupin si guardò le mani, sorpreso. Era già riuscito a riprendere il controllo… a chiudersi dietro il suo invalicabile muro. Ma poi, era arrivata Tonks. E le sue mani ora tremavano.
Perché tremavano?
Oh..oh no...
“Tu...tu hai sempre mentito.”
Lui voltò il viso da un’altra parte.
“Calmati.” disse solamente.
“NO!” Sbottò la ragazzina, avvicinandosi di altro un passo. “Perché Remus? Perché ci chiudi fuori così?”
“Calmati.” ripeté Remus. La sua voce aveva assunto un tono imperativo.
Non avrebbero dovuto discutere...Malocchio se ne era raccomandato, ed ecco il motivo.
Ciò che sentiva lei, era di lui. Ciò che sentiva lui, era di lei.
Stava facendo da cassa di risonanza alla rabbia di Tonks!
Non era come quando uno del branco perdeva la testa e influenzava gli altri. Questa era una sensazione intrusiva, forzata e...sbagliata, in qualche modo. E non riusciva a gestirla.
“Pensavo fossimo amici!” ora lei urlava, singhiozzando e tremando, i piccoli pugni stretti contro i fianchi. “Pensavo che avessi davvero bisogno di me, quel giorno, sul lago! Ma erano tutte bugie, non è così? Io...io non posso aiutarti...perché ora lo so, che tu non me lo permetteresti mai!”
Remus si lanciò su di lei con un tale impeto che barcollarono all’indietro, sbattendo contro la colonnata. Le afferrò le spalle, le incollò la faccia a un centimetro dalla sua.
“Calmati!”
Tonks non capiva se l’ordine fosse rivolto più a lei o a sé stesso. Non capiva più nulla...tranne una cosa sola.
Ciò che l’aveva sconvolta più di tutte.
Remus la voleva.
In mezzo a quel dolore angosciante, a quella solitudine profonda...c’era un desiderio disperato che le era corso sotto la pelle riempendola di una nuova, dolorosa consapevolezza. Remus la voleva. Remus le aveva sempre mentito, sempre. Con la freddezza di uno spietato assassino mentre lei, in lacrime, lo supplicava di amarla.
“Me ne sarei fatta una ragione, prima o poi!” pianse, afferrandogli i polsi e piantandoci dentro le unghie. Cercava di respingere quel corpo che la schiacciava ma più si dimenava, più si sentiva stringere.
“CALMATI! CALMATI!” Ora la voce di Remus rasentava il panico.
“Mi sarei accontentata di rimanerti vicina! Ma ora… ora io non so cosa fare! Io non riesco a capirti! Perché? Perché mi rifiuti?! Perché soffri in quel modo orribile?! Perché questa recita?! Perché non lasci che nessuno ti…”
L’avrebbe colpita. Non riusciva più a contenere ciò che sentiva Tonks… la sua rabbia e la sua disperazione straripavano dentro di lui...e veniva amplificato. Era come un diapason vivente.
Sentiva le sue stesse unghie affondare nella pelle della ragazza, lasciare i primi segni. I lividi. Non faceva altro che riempire quella morbida pelle di lividi e la sfiorava appena...ed ora non riusciva a trattenersi!
Cercò di staccarsi, di provare colpire qualsiasi altra cosa, ma non riusciva a scollarsi dalle sue spalle. I canini gli pizzicavano le gengive, assetati di carne.
“Lasciami!”
“DEVI CALMARTI! TONKS, DEVI CALMARTI!”
“NO!”
L’avrebbe colpita, si rese conto sentendosi gelare mentre la strattonava senza volerlo. L’avrebbe morsa. L’avrebbe...dilaniata...
E così, Remus Lupin fece l’unica cosa che avrebbe concentrato tutta la sua attenzione in un’unica direzione, certa come la forza gravitazionale di un buco nero, potente come un’esplosione nucleare.
C’era solo un impulso che era più forte della fame, della rabbia...di qualsiasi altra cosa.
Le afferrò il viso stringendole le guance tra gli indici, tenendole ferma la testa con una impetuosità tale da rasentare la violenza.
C’era solo una soluzione al non morderla. Solo una.


Remus la baciò.

 
   
 
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