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Autore: The_Storyteller    27/06/2022    1 recensioni
Anche se è stato nominato Maestro Assassino, la vita di Arno Dorian non è cambiata molto: scoprire i piani dei Templari, eliminare bersagli, cercare informazioni. La solita routine, come le sue visite alla tomba di Élise.
Se non fosse che, una mattina d’inverno, uno strano incontro annuncerà un nuovo capitolo della sua vita.
Madeleine Caradec è una semplice ragazza bretone, un po’ ingenua ma di buon cuore.
Ciò che non sa, tuttavia, è che si trova in un gioco più grande di lei, pedina nell’eterna lotta fra Assassini e Templari. Cosa sarà più forte: una lealtà che dura da anni o i sentimenti nati da un nuovo incontro? Chi è il diavolo e chi l’angelo?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Arno Dorian, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Madeleine aprì debolmente gli occhi, infastidita da una strana luce, e fu colta da un senso di smarrimento.
Si trovava in un letto grande abbastanza da ospitare tre persone, in una camera con pochi mobili ma accogliente. C’era una sola finestra, dalla quale entrava la luce del sole.
Istintivamente si portò una mano al collo e si lasciò scappare un sospiro di sollievo nel trovare il suo ciondolo al proprio posto, ma così facendo notò che non indossava più i suoi abiti da viaggio, bensì una semplice camicia da notte.
La ragazza si sentiva inquieta e mille domande cominciarono ad affollarle la mente: cos’era successo? Dove si trovava? Ma soprattutto, chi l’aveva portata lì?
Si mise a sedere e guardò intorno a sé nella speranza di trovare qualche indizio su cosa potesse essere accaduto, quand’ecco che la porta si aprì ed entrò una donna di mezz’età.
-Ah, buongiorno cara! Finalmente ti sei svegliata- esordì con allegria.
Madeleine la osservò: era una donna piuttosto bassa e magrolina, vestita con abiti semplici. I capelli castani erano coperti da una cuffietta e vispi occhi nocciola la guardavano con curiosità.
-Come ti senti?- chiese la donna, mentre appoggiava un vassoio con del cibo su un comodino.
La giovane si guardò di nuovo intorno a sé, confusa: -Dove mi trovo?-
La donna rispose: -Sei in casa mia a Lanévry, poco più a est di Douarnenez. Hai dormito per due giorni di seguito. Cominciavo a preoccuparmi per te, sai? Dopotutto, eri conciata piuttosto male.-
-Due giorni?!- esclamò sorpresa Madeleine.
La donna annuì: -Già. Io ero qui bella tranquilla a chiacchierare con le mie amiche, poi arriva mio marito in fretta e furia e, sorpresa sorpresa, con una povera ragazza tra le braccia. “Ma cosa succede?” dico io, e quindi lui va a chiamare il dottore mentre io e le altre ti portiamo in camera. Era delle mie figlie, sai? Comunque, eri davvero ridotta a uno straccio. “Poverina, chissà cos’è successo” ci chiediamo tutte, poi arriva il dottore. Tutto a posto, dice, ha bisogno di calore e tanto riposo. Quindi abbiamo mandato via gli uomini e io e le altre ti abbiamo fatto il bagno. Oh, non arrossire, tra donne non c’è nulla da vergognarsi, e nessun uomo ti ha visto. Quindi ti abbiamo cambiato e messo a letto, e nel frattempo...-
-Fransiza, la stai stordendo- disse una voce profonda. 
 
Quello era probabilmente l'uomo più grosso che Madeleine avesse mai visto in vita sua: era molto alto, tanto che dovette chinarsi appena per entrare nella stanza, e dalla corporatura robusta. Pareva più anziano della donna, come suggerivano la barba e i capelli brizzolati. Ma la cosa che più aveva attratto l'attenzione della ragazza erano gli occhi sotto le sopracciglia cespugliose, di un grigio indefinito e dall'espressione inquisitoria. In generale, sembrava una persona che era meglio non far arrabbiare.
-Tutto bene?- chiese l’uomo, sempre col suo vocione. La ragazza, in quel momento, riconobbe la stessa voce della sera in cui era arrivata al villaggio.
-Siete stato voi a portarmi qui?- chiese con timidezza. L’uomo annuì con un cenno del capo.
-Vi ringrazio, signor...?-
-Briag Jézéquel, e questa è mia moglie Fransiza- rispose l’uomo presentando entrambi.
-Tu come ti chiami, invece?- intervenne la donna.
Madeleine stava per rispondere, ma all’ultimo si zittì. Poteva veramente fidarsi di quella coppia? Se avessero voluto farle del male lo avrebbero fatto, pensò fra sé e sé, e in generale i Jézéquel le ispiravano fiducia. Ma se ci fosse stato un Templare da quelle parti, magari un conoscente di madame Beauchesne?
Non poteva correre il rischio di venire riconosciuta, quindi s’inventò un nome: -Marie. Mi chiamo Marie Dubois.-
Negli occhi di Briag balenò un lampo di scetticismo, ma l’uomo non disse nulla. Fransiza, al contrario, strinse la mano alla giovane: -Molto piacere, Marie. Hai proprio un bel nome, ma così comune! Qui in Bretagna ne abbiamo di così belli: Rozenn, Aourellig, Gwenaela, Tualenn, per esempio. Queste sono le nostre figlie, poi abbiamo anche Morvan e Trestan, i maschietti. Peccato che siano andati tutti via da qua: chi a Parigi, chi in Canada, forse qualcuno anche nelle ex colonie britanniche, gli Stati Uniti o come si chiamano. E ci scrivono così poco, e...-
-Da chi fuggi?- la interruppe il marito.
Sia Madeleine che Fransiza si voltarono verso l’uomo: la prima aveva un’espressione terrorizzata, la seconda invece lo guardava con aria di rimprovero.
-Briag! Ma che razza di domanda è?!- esclamò.
Madeleine scosse la testa: -Vostro marito ha ragione. Vengo da Parigi, dove ero a servizio di una donna. Avevo scoperto che voleva fare una cosa molto brutta e... ho avvertito la vittima del suo piano. Sono scappata, ma ho paura che mi possa rintracciare per farmela pagare. Posso capire se non mi volete qui...-
I due bretoni rimasero in silenzio, sorpresi dal suo racconto. Ad un cenno dell’uomo, i due dissero alla ragazza di aspettare qualche minuto, quindi uscirono dalla stanza e si misero a parlottare fra di loro. Madeleine tentò di origliare la loro conversazione, ma la coppia stava parlando a voce piuttosto bassa.
Passò forse un quarto d’ora, quando finalmente la coppia rientrò nella stanza.
Fu Briag a parlare per primo: -Ascolta, Marie. Non so se ti chiami veramente così, non mi importa, so solo che hai bisogno di aiuto. Se vuoi restare qui per riprenderti del tutto prima di partire, saremo lieti di ospitarti il tempo che ti serve e poi sarai libera di andare dove preferisci- disse.
-Oppure– si intromise Fransiza, –Puoi restare qui, questa casa è così grande per solo noi due. Ci farebbe piacere avere compagnia. Possiamo aiutarti a trovare lavoro, farti conoscere il resto del villaggio... insomma, a cominciare una nuova vita. Cosa ne pensi?-
La ragazza rimase sbalordita dalla loro proposta e dalla loro generosità nel volerla aiutare, nonostante il nome falso. Finalmente, dopo giorni di dolore, cominciava a sentire dentro di sé una nuova speranza nel lasciarsi alle spalle il proprio passato.
-Credo che starò qui ancora qualche giorno, poi deciderò cosa fare.-
 
*****
Era trascorso un anno, a Lanévry. Un vento leggero portava l’odore salmastro del mare tra le strade del villaggio, preannunciando una bella giornata di primavera.
Madeleine si svegliò, sfiorata dalla brezza entrata dalla finestra socchiusa. Si stiracchiò, ancora assonnata, e si alzò in silenzio. Accostò appena la finestra e, muovendosi in punta di piedi, uscì dalla sua camera. D’altronde, non voleva certo svegliarla.
Scese le scale che portavano al piano terra in cucina, dove si trovavano già i coniugi Jézéquel: Briag beveva con calma il suo caffè, mentre Fransiza controllava il pentolino del latte canticchiando una canzone:
 
Nozvezh kentan ma eured me'm oa komadaman
Evit servijan ar Roue ret eo bezhan kontan.
Evit servijan ar Roue ret eo obeisso,
Met ma dousig Fransisa 'chom d'ar gêr o ouelo.
"Tevet, tevet, Fransozig, tevet na ouelit ket,
A-benn un daou pe un tri bloaz me 'deuï c'hoazh d'ho kwelet!"
Paseet an daou an tri bloaz ar berved 'zo ivez,
Nag ar vartolod yaouank ne zeu tamm da vale.
 
Ar plac'hig a oa yaouank hag a gave hir he amzer,
'Doa lakaet e-barzh e sönj da zimezin 'darre.
Na pa oa tud an eured diouzh an taol o koanio,
N'em gavas ur martolod 'ban ti a c'houl' lojo:
"Bonjour d'oc'h matez vihan, na c'hwi lojefe?
Me 'zo martolod yaouank 'tistreïn eus an arme"
 
-Demat, Marie! Hai dormito bene?- chiese la donna, non appena la vide.
Madeleine salutò la coppia, quindi prese posto a tavola. La donna le versò per prima il latte in una tazza, per poi servirsi a sua volta. Quindi si voltò verso un vassoio e lo portò al centro del tavolo: -Stamattina presto sono passata da Evan, il fornaio, e guardate un po’ cosa ho preso!– esclamò sorridendo, mostrando delle piccole tortine a forma di conchiglia: –Ta dah! Le madeleine!-
La ragazza, che stava bevendo, venne colta di sorpresa al sentire il suo vero nome, anche se per puro caso. Le andò il latte di traverso e questo le causò un attacco di tosse.
-Tutto bene, cara?- chiese preoccupata Fransiza. Anche Briag le rivolse silenziosamente la stessa domanda, guardandola con uno sguardo turbato.
-Tutto a posto, ho solo bevuto un po’ in fretta- si giustificò lei tra un colpo di tosse e l’altro.
Ma quei rumori improvvisi non passarono inosservati: dalla camera della ragazza, al piano superiore, si udì un lieve piagnucolio.
Madeleine sospirò e si alzò dal suo posto : -Vado a prenderla- disse sorridendo.
Pochi minuti dopo la ragazza fece ritorno in cucina: in braccio reggeva una bambina di tre mesi, con i capelli ramati e due grandi occhi marroni.
-Pralina mia!- salutò affettuosamente Fransiza.
-Buongiorno, Yannez- aggiunse Briag, sorridendo.
La bambina agitò un braccio, come se avesse voluto mimare un saluto. Madeleine si sedette di nuovo, reggendo la figlia tra le braccia, mentre Fransiza faceva le voci buffe per far ridere la piccola.
Era cambiato così tanto, in un anno, ma Yannez era stata di sicuro la sorpresa più grande.
 
Madeleine non si era mai sentita così male da quando era tornata in Bretagna. Dopo tre mesi presso i Jézéquel era riuscita a trovare lavoro da una sarta, ma spesso aveva nausea e mal di schiena. E quella mattina, inaspettatamente, aveva vomitato.
-Cosa ti succede, cara? Hai mangiato qualcosa di strano?- le chiese Fransiza, dopo che la ragazza si era ripresa.
-No, niente di niente- biascicò lei, ancora paonazza per il rigetto.
La donna si massaggiò il mento con un dito, pensierosa. Rimase in silenzio per un paio di minuti, quando ad un tratto il suo volto si illuminò. Fece segno alla ragazza di sedersi sul letto, quindi si mise al suo fianco per aiutarla a riprendersi.
Guardò la giovane con affetto, quindi iniziò a parlare: -Ascolta, Marie. Sei qui da un po’ di tempo e ti sei dimostrata una ragazza per bene. Per qualcuno può essere poco, ma ho imparato a conoscerti e ad apprezzarti e per questo voglio aiutarti. Devo farti un paio di domande e ti prego di essere sincera. D’accordo?-
Per quanto turbata da quell’ultima frase, Madeleine acconsentì alla sua richiesta.
Fransiza fece la prima domanda: -Quand’è stata l’ultima volta che hai avuto il ciclo?-
La ragazza sobbalzò, imbarazzata, chiedendosi il perché di quell’argomento. Rimuginò per qualche secondo prima di rispondere: -Non mi ricordo esattamente. In effetti, è da un po’ che non mi arrivano...-
Un lungo brivido le percorse la schiena. Come aveva potuto dimenticarsi di qualcosa di così importante?
Ma prima che potesse riflettere, la donna le chiese un’altra domanda a bruciapelo: -Hai avuto rapporti, ultimamente?-
La ragazza divenne rossa di imbarazzo a causa di quella domanda così personale. Abbassò lo sguardo, sperando che Fransiza non insistesse, ma lei continuava a guardarla in attesa di una sua risposta. Infine, muovendo appena la testa, rispose affermativamente.
Fransiza rimase di nuovo in silenzio, borbottando fra sé e sé, finché non prese di nuovo la parola: -Allora, Marie. Crampi addominali, mal di schiena, nausea, mestruazioni che non arrivano... non posso essere sicura al cento per cento, ma credo di essere giunta a una conclusione: sei incinta.-
Madeleine rimase pietrificata a quella parola: incinta. Com’era potuto succedere? La notte che aveva trascorso con Arno era durante i suoi giorni sicuri, e poi aveva fatto anche la lavanda!
Il panico cominciò ad impossessarsi di lei: sentì il respiro farsi più corto e affannoso, mentre grosse lacrime sgorgarono dagli occhi. Cominciò a singhiozzare, cogliendo di sorpresa la donna.
-Cosa succede, Marie?- chiese preoccupata, intanto che le porgeva un fazzoletto.
La ragazza tentò di calmarsi, ma la disperazione aveva preso il sopravvento: -Non è possibile, sono stata attenta! Oddio, cosa farò adesso? Mio Dio, mio Dio...- continuava a ripetere tra un singulto e l’altro.
Fransiza non sapeva cosa fare, quando a un certo punto arrivò Briag. Quest’ultimo vide la ragazza piangente e rivolse una domanda silenziosa alla moglie.
-Credo che Marie aspetti un bambino- disse mogia.
L’uomo prese una sedia e si sedette vicino alla ragazza. Le accarezzò con affetto la spalla, finché non si calmò un poco.
-Puoi dirci chi è lui?- chiese.
Madeleine tirò su col naso, e con la voce rotta dal pianto rispose: -L’ho incontrato a inizio anno. È l’uomo più dolce, gentile e coraggioso che abbia mia conosciuto in vita mia. L’ho amato, lo amo ancora...-
-Ma...- la incoraggiò lui.
La ragazza riprese a piangere: -Era la vittima del piano della mia padrona. Sono riuscita a lasciargli un avvertimento, ma è colpa mia se la mia padrona è venuta a conoscenza di un’informazione cruciale. Non potevo rimanere dopo quello che ho fatto, e scommetto che ora lui mi odia.-
-Quindi... non siete sposati?- intervenne Fransiza. La giovane scoppiò nuovamente in lacrime, dando così una risposta alla sua domanda.
Briag rimase in silenzio, mentre osservava sua moglie consolare la ragazza. Pensò a un modo per poterla aiutare, finché non gli balenò in testa un’idea.
-Sì che siete sposati. Anzi, lo eravate- esclamò. Le due donne lo osservarono attonite, in attesa che aggiungesse altro.
-Si chiamava Étienne Dubois e vi siete sposati a inizio anno. Purtroppo lui è stato 
assassinato dai giacobini e tu hai deciso di lasciare Parigi, timorosa che potessero farti del male. Hai venduto la tua fede nuziale per pagarti vitto e alloggio durante il viaggio, ed eccoti qui. Che ne pensi?-
Di nuovo, le due donne rimasero sbalordite dal piano di Briag. Era una storia verosimile, ma avrebbe funzionato?
Fransiza fu la prima a esprimere i suoi dubbi: -Mi sembra un po’ rischioso. E se qualcuno scoprisse la verità?-
-Basta non farlo sapere in giro- replicò l’uomo, scoccando un’occhiata alla moglie; alludeva silenziosamente alla sua proverbiale parlantina, e la donna gli rispose con uno sguardo offeso: -So benissimo quando stare zitta, Briag. E comunque, il prete potrebbe indagare.-
-Quale prete? Quello che c’era l’hanno ghigliottinato l’anno scorso, e non mi pare che ne sia arrivato un altro- ribatté lui.
Fransiza aprì di nuovo la bocca ma la richiuse subito dopo, non trovando altre domande da esporre. Si girò verso Madeleine, che aveva ascoltato in silenzio lo scambio tra moglie e marito. Le prese con dolcezza la mano e le accarezzò il dorso, quindi disse: -Ascolta, Marie. Lo so che questa faccenda ti spaventa, è normale. Ma noi siamo qui per aiutarti, qualunque sia la tua scelta.-
La ragazza si stropicciò un occhio, ancora sconvolta dalla sua ipotetica gravidanza: -Fransiza, Briag, non posso. Avete già fatto così tanto per me, ma un bambino...-
-Non devi preoccuparti di questo, cara la rassicurò la donna Noi due sappiamo cosa fare, ci siamo passati sei volte! Anzi, forse abbiamo ancora qualcosa, o possiamo sempre chiedere a qualcuno qui. Di sicuro troveremo vestitini smessi o altro di utile.-
-Siamo più che felici di aiutarti, Marie. Fidati di noi- aggiunse l’uomo con affetto.
Madeleine si ritrovò sopraffatta dalle emozioni: aveva ancora paura per ciò che le attendeva in futuro, ma sentiva che con i Jézéquel ce l’avrebbe fatta. Si asciugò le ultime lacrime e, finalmente, sul suo volto stanco apparve un sorriso commosso: -Grazie, grazie di tutto. Dio vi benedica.-
 
I nove mesi della gravidanza furono un’altalena emotiva: un giorno Madeleine si sentiva felice, il giorno dopo piangeva dicendo di assomigliare a una mongolfiera, e Fransiza faceva di tutto per convincerla che era semplicemente in dolce attesa. Ma il più delle volte Madeleine si sentiva malinconica: spesso restava sdraiata sul letto a pensare ad Arno. Si chiedeva come stava, cosa stava facendo in quel momento, se ancora pensava a lei.
Si era fatta prestare da Briag un vecchio orologio da taschino, e quando pensava all’Assassino apriva il coperchio e se lo avvicinava all’orecchio, immaginando che fosse quello di Arno. E man mano che la gravidanza proseguiva, e veniva sorpresa dai primi movimenti nella sua pancia, notò che il piccolo si calmava a sua volta quando ascoltava l’orologio.
Su consiglio di Fransiza cominciò a dialogare con la creatura che portava in grembo, tenendo l’orologio sulla pancia: parlava dei suoi genitori, della propria infanzia, di come aveva conosciuto Arno; narrava delle sue imprese, di come se ne fosse innamorata e di come lo aveva tradito per qualcuno che non lo meritava. Si immaginò che aspetto potesse avere, se sarebbe assomigliato di più a lei o all’uomo. In ogni caso, pregava ogni sera che fosse sano e forte.
E una mattina di pieno inverno arrivò il momento del parto: Madeleine sentì dei forti dolori al ventre, talmente forti che non riusciva a stare in piedi. Fransiza corse subito a chiamare la levatrice, mentre Briag l’accompagnò in camera sua e l’aiutò a sdraiarsi sul letto.
-Ho paura, Briag- gemeva tra una fitta e l’altra, man mano che l’ansia si faceva più pressante. Briag le passava un panno imbevuto d’acqua sul viso e la rassicurava: -Andrà tutto bene, Marie. Posso solo darti un consiglio che ho imparato da sei parti: ascolta il tuo corpo. Se ti dice di alzarti, di muoversi, di fare qualsiasi cosa, falla. E se la levatrice ti dice il contrario, mandala a quel paese.-
La giovane non ricordava granché del travaglio, a parte che fu piuttosto lungo. Ricordava però che a un certo punto doveva aver tirato un pugno alla levatrice, o forse aveva urlato un’imprecazione talmente volgare da far strabuzzare gli occhi persino a Briag, che l’aveva sentita da fuori la stanza.
E finalmente, dopo quella che era sembrata un'eternità, si ritrovò in mano un fagottino urlante: ne scostò un lembo e dentro c'era una neonata che cercava di liberarsi di tutta quella stoffa; ma non appena la sfiorò sulla guancia si calmò, e la bambina strinse con la sua piccola mano il dito di Madeleine.
Nuove lacrime, stavolta di gioia, sgorgarono dagli occhi della giovane; e mentre le donne lì presenti festeggiavano con giubilo, in un sussurro diede il benvenuto a sua figlia: -Ciao Yannez. Sono la mamma...-
 
*****
In casa Jézéquel era appena terminato il pranzo. Briag era andato a bere qualcosa al “Cinghiale d’oro”, la locanda del paese, e a chiacchierare un po’ con i suoi amici; Fransiza era rimasta in cucina, mentre Madeleine era in camera a cullare sua figlia per il riposino pomeridiano. Con il ticchettio dell’orologio da taschino di sottofondo, la giovane cantava la ninna nanna di sua madre stringendo dolcemente Yannez tra le braccia. All’inizio la bambina fece resistenza, cercava di liberarsi dalla coperta che l’avvolgeva e voleva afferrare a tutti i costi il ciondolo di sua madre.
-Sei proprio una curiosona, eh Yannez?- scherzava sua madre. Visto che le canzoni non funzionavano, Madeleine tentò con fiabe e racconti, e finalmente riuscì a far addormentare sua figlia. Le diede un bacio in fronte e la sistemò delicatamente in culla, quindi uscì dalla stanza e raggiunse Fransiza in cucina.
-Sbaglio o in questi giorni ci mette più tempo ad addormentarsi?- chiese la donna.
-In effetti è già da un po’ che ha il sonno agitato, ma spero che qualche fiaba l’aiuti a tranquillizzarla- rispose la ragazza.
-Dovresti provare con la leggenda di Ys. Qui tutti la sanno a memoria.-
-Non credo che una tragedia dai risvolti religiosi sia molto adatta a una bambina di tre mesi...-
-Non è mai troppo presto per imparare la retta via, Marie.-
La ragazza prese una brocca d’acqua e riempì un bicchiere, e solo allora notò che la donna stava lavorando a un impasto. Incuriosita, le chiese cosa stesse preparando.
-Giusto qualche biscotto, niente di complicato. Puoi prendermi la cannella, per favore? È nel ripiano in alto, a sinistra- disse Fransiza.
Madeleine andò a cercare nella credenza, ma il barattolo della spezia era completamente vuoto.
Fransiza si batté una mano sulla fronte, quindi si tolse il grembiule e si diresse alla porta: -Vado un secondo dalla vicina a farmene prestare un po’, intanto potresti continuare a mischiare l’impasto?- chiese, e quando Madeleine le diede una risposta affermativa uscì e richiuse la porta dietro di sé.
La ragazza iniziò a mescolare l’impasto, ma dopo pochi minuti la porta si aprì di nuovo e si chiuse velocemente. Alzò lo sguardo per dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola: un lungo brivido di terrore le percorse la schiena, quando vide che la persona appena entrata non era Fransiza.
-Quanto tempo, Madeleine...- disse Thérèse Beauchesne con una smorfia.
 
In quell’istante, il peggiore incubo di Madeleine era diventato realtà: non aveva idea di come avesse fatto a trovarla, ma ora la Templare era di fronte a lei. E certamente non aveva buone intenzioni.
-Non sei contenta di vedermi, mia piccola Madeleine? Io sì, sono davvero felice di rivederti- disse la donna. Aveva detto queste parole col sorriso sulle labbra, ma i suoi occhi erano pieni di odio.
La ragazza era pietrificata dall’orrore e non disse nulla. Pregò con tutto il cuore che Fransiza o Briag rientrassero il prima possibile, e nel frattempo la Templare continuava a parlare: -Sei stata davvero brava a nasconderti per così tanto tempo. E io che ti credevo una persona fidata. Invece no, mi hai tradito. Hai sputato nel piatto che ti ha sfamato per tutti questi anni... per cosa, Madeleine? Cosa ti ha promesso quel lurido Assassino?-
Per la prima volta, in quel momento carico di tensione, Madeleine aprì bocca: -Cos’è successo?- domandò tremando appena.
Thérèse fece un paio di passi nella sua direzione e cominciò a raccontare: -È passato quasi un anno, già. Un anno da quello che doveva essere il piano perfetto per liberarci una volta per tutte di Dorian. Era tutto pronto: i nostri agenti schierati al loro posto in attesa del nostro segnale; io e Gauthier con le pistole in pugno, nascosti ad aspettare che gli Assassini arrivassero. Era tutto perfetto, sarebbe bastato un colpo solo a Dorian per diventare Gran Maestra, ma poi successe qualcosa.-
-Fu un massacro: sembrava che centinaia di Assassini si fossero nascosti in tutti gli anfratti delle Tuileries, apparvero così all’improvviso che ci colsero impreparati. E poi il colpo di grazia: qualcuno aveva nascosto un barile di polvere da sparo nella nostra postazione e gli sparò. Puoi immaginare benissimo cosa successe: io riuscii a salvarmi per miracolo, anche se venni colpita dalle fiamme, ma Gauthier... non sopravvisse all’attacco.-
Il volto della Templare era contorto dalla rabbia, mentre si slacciava alcuni bottoni della camicia per mostrare i segni delle ustioni sulla parte sinistra del torso: -Il mio Gauthier, l’amore della mia vita, è morto fra le mie braccia, dopo che ero riuscita miracolosamente a portarlo in un luogo sicuro. Ed è solo colpa tua, Madeleine.-
La Templare le tirò all’improvviso uno schiaffo in pieno volto, talmente violento che Madeleine finì a terra. La guancia le bruciava e gli occhi cominciarono a lacrimare dal dolore, ma la donna le si avvicinò di nuovo. La prese per il colletto della camicia e la tirò a sé fino a pochi centimetri dal volto: -Sono stata mesi nascosta a Lione, per guarire e per sfuggire alla caccia degli Assassini. E, guarda un po’, non ti ho trovato lì come invece ti avevo ordinato. E allora ho cominciato a pensare a te, a ciò che mi avevi detto a Versailles, e alloro ho capito. Tu, piccola, ingrata Madeleine, mi avevi tradito- e, con forza inaspettata, sbatté la ragazza contro la gamba del tavolo.
Madeleine tratteneva a stento gemiti di dolore, mentre ormai le lacrime le scendevano dalle guance. Pregò con tutte le sue forze, in silenzio, che qualcuno o qualcosa fermasse la furia della Templare. Temeva che la Beauchesne volesse colpirla ancora, invece si allontanò di un paio di metri e, con grande orrore da parte della ragazza, estrasse una pistola da dietro la schiena.
-Geneviève è stata così gentile da raccontarmi come hai fatto a sapere del piano, dopo aver fatto una bella “chiacchierata” insieme- disse Thérèse con un sorriso crudele, mentre puntava la pistola contro la ragazza.
-Inutile dirti che, dopo aver spifferato tutto, ha pagato per il suo tradimento. Ma potrai chiederglielo tu stessa, all’Inferno!-
-E tu chi diamine sei?- disse una voce all’improvviso.
 
Fransiza era rientrata in quel preciso istante a casa sua e si ritrovò davanti a una scena inconcepibile: una sconosciuta, armata, che minacciava una ragazza innocente.
-Non so chi voi siate, ma vi ordino immediatamente di uscire da casa mia, se non volete...-
Fransiza non riuscì a terminare la frase: la Templare cambiò subito il bersaglio, puntò la pistola nella sua direzione e sparò.
La bretone, fortunatamente, riuscì a evitare il colpo, abbassandosi e indietreggiando oltre la soglia di casa. Cadde a terra, tra lo stupore dei passanti, e con un’espressione sconvolta in viso.
Madeleine era ancora scossa dalla storia che le aveva raccontato Thérèse e il terrore si era ormai impadronito di lei. E in quel momento la Templare fece una cosa ancora più terrificante: non appena Fransiza era caduta in strada, la donna sbatté la porta di casa e la chiuse a chiave. Adesso nessuno avrebbe potuto entrare o uscire.
-Dunque, dove eravamo rimaste? Sai, detesto quando vengo interrotta...- disse Thérèse giocherellando con la pistola, ma proprio allora si sentì un altro rumore: un pianto infantile proveniente dal piano superiore.
Madeleine spalancò gli occhi, rendendosi conto che Yannez si era svegliata a causa della Templare. E che ora era in pericolo anche lei.
Senza neanche pensarci, la giovane afferrò il primo oggetto che trovò sul tavolo e lo scagliò contro la sua ex padrona. Fortuna volle che fosse un mattarello, ma non fece caso se colpì effettivamente  la donna; corse immediatamente su per la scala con un unico pensiero in testa: doveva portare sua figlia via da lì.
Nel frattempo Fransiza tentò in tutti i modi di aprire la porta, ma era chiusa dall'interno. Batté con forza sul legno, e la sua rabbia si tramutò in disperazione non appena sentì il pianto della bambina da una finestra aperta. Cominciò a gridare, attirando l'attenzione dei passanti: -Aiuto, vi prego! C'è una pazza che vuole fare del male a Marie! Vi prego, c'è anche una bambina!! Mio Dio, qualcuno le aiuti!!!-
 
Madeleine corse più velocemente possibile, nonostante sentisse ancora il dolore per le percosse subite. Doveva muoversi in fretta, doveva portare Yannez al sicuro.
Corse in camera sua, dove vide sua figlia nella culla che piangeva e agitava per aria mani e piedi.
-Sono qui, Yannez! La mamma è qui- disse la giovane, prendendola fra le braccia. La bambina smise di agitarsi ma continuava a piangere, e guardava sua madre come a volerle chiedere cosa stesse succedendo.
A Madeleine piangeva il cuore nel vedere sua figlia così, ma ora doveva lasciare l'edificio. Si girò per uscire dalla camera ma si bloccò di colpo: davanti alla porta, sempre con la pistola in mano, stava madame Beauchesne. Sparò un colpo, ma la ragazza riuscì a evitarlo buttandosi a terra. La Templare avanzò nella stanza, torreggiando sulla giovane e facendola indietreggiare fino a un muro. Madeleine si guardò intorno, ma era bloccata nell'angolo tra due muri, accovacciata e con sua figlia tra le braccia.
Era in trappola.
Thérèse era ormai a un paio di metri da lei e osservava con stupore la bambina. Il suo sguardo passò da Madeleine alla lattante un paio di volte, poi parlò con acidità: -Hai avuto pure il coraggio di fare uno sgorbietto? E chi è l'idiota che ti ha...-
Si bloccò di colpo, come se stesse facendo dei calcoli mentali, finché non arrivò a una conclusione: -Dorian?!- esclamò esterrefatta.
Madeleine non replicò, ma la Templare aveva ragione: Yannez era la figlia di Arno. Glielo ricordava ogni giorno quando la guardava negli occhi, gli stessi occhi da cerbiatto di suo padre.
La Beauchesne fece una smorfia di disgusto: -Lo sapevo che in fondo eri una puttana. Vorrà dire che mi dovrò occupare anche di lei...-
-No, vi prego! Lei non c’entra nulla!- implorò la ragazza mentre stringeva ancora di più sua figlia, quasi a volerla nascondere agli occhi della Templare.
Thérèse la guardò con cinismo e un sorriso crudele le apparve sulle labbra: -Oh, tranquilla. Io e il tuo sgorbietto ci divertiremo molto insieme: potrei lanciarla dalla finestra, camminarci sopra, oppure gettarla direttamente nel caminetto! Quante belle idee che mi stanno venendo!-
Madeleine scoppiò a piangere, atterrita dalle sue parole: -NO! No, vi prego! Vi prego...-
La Templare la guardò con odio e puntò per la terza volta la pistola: -Addio, Madeleine.-
La giovane chinò la testa, ormai certa che quella sarebbe stata la sua fine. Guardò con amarezza sua figlia e i suoi occhi color cioccolato pieni di lacrime. Abbassò le palpebre e le diede un bacio in fronte: -Mi dispiace, Yannez- sussurrò tra i singhiozzi.
Thérèse prese la mira e, con un ghigno malvagio, sparò.
L’eco del colpo si sentì fino in strada, e Fransiza gridò tutto il suo dolore mentre batteva inutilmente le mani sulla porta.
 
Madeleine sobbalzò al frastuono dello sparo. Yannez piangeva ancora più forte, ma notò subito qualcosa di strano: il proiettile non l’aveva colpita.
Lentamente, la giovane volse la testa in direzione della Templare e rimase scioccata da ciò che vide: Thérèse Beauchesne era immobile, con un’espressione sorpresa sul viso. Aveva gli occhi strabuzzanti e la bocca spalancata in un grido muto.
Una mano inguantata premeva con forza sul collo della donna, dal quale colava una lunga scia di sangue scuro che tingeva di scarlatto la sua camicia. Un’altra mano, invece, teneva saldamente il polso che reggeva la pistola, che ora puntava il soffitto; sulla superficie era ben visibile il foro del proiettile destinato a lei.
Gli occhi della Templare erano fissi sulla ragazza, e dopo un ultimo rantolo la donna cadde a terra senza vita. Dietro di lei, subito dopo aver ritratto la lama, stava un uomo incappucciato e col fiatone: indossava una giacca blu con finimenti su polsini e spalle, e al suo fianco teneva una meravigliosa spada dalla foggia antica. Alzò la testa verso la bretone, e Madeleine riconobbe gli occhi color cioccolato che la stavano guardando con preoccupazione: -Arno...- sussurrò tremando.
L’Assassino scavalcò il corpo della Templare e si accovacciò al suo fianco. Il suo volto appariva sempre più preoccupato mentre diceva qualcosa, ma la ragazza non sentì nemmeno una parola: tutta la tensione accumulata in quei drammatici minuti avevano messo a dura prova la sua tempra. La paura per la morte incombente, il pericolo che avevano corso lei e sua figlia, e ora il ritorno dell’uomo che amava. Troppe emozioni tutte insieme: con le ultime forze rimaste, Madeleine strinse sua figlia al petto, mentre sveniva tra le braccia di Arno.
 
*****
Era successo tutto troppo in fretta.
Arno era arrivato il più velocemente possibile al villaggio di Lanévry, dopo aver saputo che era la destinazione della Beauchesne. Una volta giunto in paese ne aveva perso le tracce, ma all’improvviso le urla di una donna avevano attirato la sua attenzione.
Corse seguendo la gente in strada, e vide una donna di mezz’età battere con foga contro una porta. Attivò l’occhio dell’aquila e, attraverso i muri di granito, vide una figura dall’aura rossastra inseguire qualcuno lungo una scala. Doveva agire subito, o la povera vittima sarebbe di sicuro morta.
Notò una finestra aperta al piano superiore e, senza perdere un secondo, cominciò a scalare il muro per raggiungerla. Non fece caso ai passanti che lo osservavano con incredulità e in pochi attimi si ritrovò all’interno della casa. Udì le urla disperate di una ragazza e corse velocemente oltre il corridoio, raggiungendo in poco tempo la stanza dove si trovava.
Scoprì che l’aggressore era niente di meno che Thérèse Beauchesne e vide che stava minacciando la sua vittima con una pistola. Agì d’istinto: la raggiunse da dietro, afferrò la sua mano e la puntò verso l’alto, sparando al soffitto; contemporaneamente estrasse la lama nascosta e colpì al collo la donna, non lasciandole alcuna via di scampo.
Nel limbo delle sue memorie, Arno vide i ricordi della Templare: lei che piangeva sul corpo di Marchand e il suo giuramento di vendetta. Le torture che aveva inflitto alla povera Geneviève e la confessione che le aveva estorto. I suoi viaggi in incognito, le informazioni di un suo agente e, infine, l’ingresso a Lanévry con un desiderio di morte nel cuore.
Ora che la Templare era morta, l’Assassino si girò verso la ragazza ed ebbe un tuffo al cuore: davanti a lui, ancora sotto shock, stava Madeleine.
Arno tirò un sospiro di sollievo, ringraziando il cielo di essere arrivato in tempo per salvarla.
Si avvicinò alla giovane e tentò di chiederle come stava, ma la bretone svenne tra le sue braccia. Guardò il volto sofferente di Madeleine, ora senza conoscenza, e non poté evitare di vedere la bambina che stringeva a sé.
La ragazza aveva conosciuto un altro? Si era sposata? L’Assassino studiò velocemente la camera, ma non vide nulla che facesse intuire la presenza di un uomo.
Scosse la testa: non era il momento di farsi quelle domande. Ora doveva pensare a Madeleine, alla piccola e alla povera donna che stava fuori dall’edificio.
Con delicatezza, Arno spostò la mano della ragazza e prese in braccio la bambina per metterla nella culla.
-Torno subito, petite, vado ad aiutare la tua mamma- disse in tono calmo alla bambina, che continuava a piangere. Ritornò quindi da Madeleine e, sempre con cautela, la prese in braccio; percorse i pochi metri che separavano l’angolo del muro dal letto e vi appoggiò la bretone. Le tolse le scarpe e accomodò meglio la ragazza, poi la osservò per vedere se c’erano eventuali ferite, ma a parte un segno rosso sul viso non aveva altro.
Il suo volto si intenerì al rivedere la giovane: dopo un anno dalla sua scomparsa e innumerevoli ricerche, la donna che amava era davanti ai suoi occhi. Avrebbe preferito rivederla in un’occasione meno drammatica, e se non fosse stato per il suo intervento sarebbe sicuramente morta; se ciò fosse successo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Le sfiorò il volto con dolcezza, spostandole una ciocca di capelli dal volto, e si chinò per darle un bacio in fronte: -Va tutto bene, mon ange. Vado a chiamare i rinforzi- sussurrò.
Il pianto di Yannez lo riportò alla realtà. Arno si avvicinò di nuovo alla culla e prese nuovamente in braccio la bambina e, dopo aver dato un ultimo sguardo d’odio al cadavere della Templare, uscì dalla stanza e scese le scale il più velocemente possibile.
Durante il tragitto cercò di calmare la piccola, mormorandole parole di conforto e massaggiandole la schiena: Yannez non smise di piangere, ma almeno non si agitava più tra le braccia dell’Assassino.
Arrivò finalmente alla porta d’ingresso e girò la chiave ancora nella serratura: fece appena in tempo a spostarsi dall’apertura, altrimenti la donna che aveva visto prima in strada lo avrebbe travolto.
 
Non appena vide la porta aprirsi, la donna corse dentro casa sua. Aveva le lacrime agli occhi e continuava a chiamare una persona: -Marie! Marie!- gridava disperata.
Arno rimase confuso: perché chiamava Madeleine con un altro nome? Non fece in tempo a fermarla che un’altra voce attirò la sua attenzione: -Dov’è Marie?-
L’Assassino si girò verso il proprietario di quella voce baritonale e davanti a sé vide un uomo robusto con capelli e barba brizzolati. Aveva un’espressione a metà fra lo spaventato e il furioso, e dava l’impressione di poter decapitare a mani nude un uomo. In poche parole, sembrava qualcuno a cui era meglio non fare un torto.
Arno vide che guardava con apprensione la lattante, quindi gliela porse e rispose: -La ragazza sta bene, è viva ma svenuta. Serve un dottore per lei, e...-
Venne interrotto da un urlo di donna proveniente dal piano superiore.
-E un becchino per la pazza- concluse.
 
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La canzone presente in questo capitolo s’intitola “Fransozig” e a questo link potete ascoltare la versione del gruppo bretone Tri Yann: https://www.youtube.com/watch?v=XtlJKHIBWzE
Qualche informazione sulle madeleine: https://it.wikipedia.org/wiki/Madeleine_(gastronomia)
Qualche informazione su Ys: https://it.wikipedia.org/wiki/Ys_(isola)
   
 
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