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Autore: Marilu2003lulu    27/06/2022    0 recensioni
Inghilterra, inverno 1940. Due giovani e ardimentosi piloti dell'aviazione militare britannica, Edward Jones ed Albert Smith, trascorrono le loro giornate abbattendo aerei da caccia tedeschi, facendo a gara a chi ne colleziona di più. I due sono legati da un indissolubile sentimento di amicizia e stima reciproca, e condividono la dura vita del campo sostenendosi e spalleggiandosi a vicenda. Ma quando un Messerschmitt tedesco viene abbattuto a poche centinaia di miglia dal campo, i due dovranno fare i conti con una serie di complicanze suscitate dagli occupanti di quell'aereo, che metteranno a dura prova le loro vite..
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Il sole era ancora basso all'orizzonte e fuori l'aria pressoché ghiacciata quando, nel bel mezzo della notte, Edward Jones aprì gli occhi. Provava uno strano senso di inquietudine, era certo di aver fatto un brutto sogno anche se non riusciva a ricordare cosa fosse avvenuto o, quantomeno, la ragione per la quale si era svegliato completamente sudato e con il cuore a mille, quando la sveglia del campo cominciò a risuonare incredibilmente. Una battaglia aerea, ecco cos'aveva elaborato la sua mente, quella notte. Ma non era uno scontro come tutti gli altri. Quella volta si era ritrovato in grande difficoltà ed aveva quasi rischiato di schiantarsi al suolo con il suo velivolo. E nel mentre che stava precipitando, aveva pensato che gli sarebbe piaciuto sapere, quantomeno, il nome della persona che era riuscita a spedirlo all'inferno.

Si alzò vivacemente dal suo giaciglio e buttò uno sguardo in direzione del suo amico. Albert russava come suo solito, completamente ignaro del fatto che fosse quasi l'alba e che avrebbe dovuto essere sveglio quantomeno un quarto d'ora fa. Edward fece un mezzo sorriso alla vista pietosa del suo amico che dormiva con una gamba fuori dal letto e le coperte tutte aggrovigliate, e gli si avvicinò cautamente, posandogli una mano sulla spalla per scuoterlo a dovere.

<< Albert, apri gli occhi, dobbiamo andare a fare colazione. Dai, amico, avremmo dovuto alzarci mezz'ora fa! >>

Albert sollevò svogliatamente una palpebra e subito la richiuse al suono di quelle parole. Quella mattina era decisamente più stanco e sfiancato delle altre volte. Desiderava esclusivamente starsene a letto e non fare nulla l'intero giorno. Ma era conscio che non poteva, naturalmente. Se non ci pensavano loro ad abbattere quei miserabili crucchi, chi altro se ne sarebbe occupato? D'altronde, era giunta da poco la notizia al loro plotone di un'altra strage perpetrata dai soldati nazisti a danno di alcune centinaia di abitanti di un piccolo borgo situato nella zona meridionale del territorio francese. Non avevano risparmiato nessuno, ed era circolata la voce, non si era ancora a conoscenza se fosse veritiera o meno, che fosse stato assassinato, con un colpo di pistola in faccia, anche un bambino di appena tre mesi. E quell'informazione aggiuntiva aveva, letteralmente, sconvolto la mente e il cuore del povero Albert, provocandogli una rabbia ed un rancore tali da averlo fatto urlare a perdifiato per i corridoi che conducevano alla loro camerata. Infatti, se ci fosse stata una persona in grado di comprendere l'immenso dolore che, presumibilmente, aveva dovuto provare la mamma di quel povero infante, quella era Albert. Il povero ragazzo soffriva incredibilmente a causa della lontananza che gli impediva di ricongiungersi alla sua famiglia, alla sua compagna, che considerava oramai alla stregua di una moglie, e a suo figlio, il quale aveva da poco festeggiato il suo secondo compleanno. Albert, sfortunatamente, non era riuscito a farsi concedere una licenza per rientrare in città e trascorrervi, quantomeno, le ore necessarie che avrebbe dovuto e voluto dedicare ai suoi cari, e, non l'avesse già fatto precedentemente, la sera stessa in cui gli era stato impartito di restarsene nel circondario del loro distretto, buono e fermo, senza lamentarsi minimamente, era stato in grado di farsi trovare da Edward in uno stato d'animo assolutamente intrattabile. Il suo compagno aveva però inteso perfettamente i suoi sentimenti, e lo aveva lasciato tranquillo senza tartassarlo di domande, permettendogli di calmarsi e di non farsi accecare dalla tristezza e dal dispiacere.

<< Allora? Ti muovi? >> lo rimbrottò Edward, e gli tirò in faccia, contemporaneamente, la sua canottiera, che era tra l'altro sporca e intrisa di uno sgradevole odore.

Albert continuò a persistere sulla sua branda e non dava idea di volersi sollevare. Allora Edward decise di passare alla persuasione e gli si sedette accanto.

<< E se ti dicessi che, ieri sera, è arrivata una lettera della tua graziosa donzella? >>

Albert, sentendo Edward pronunciare quella frase, per poco non si mise a gridare. Iniziò a strattonare il suo amico quasi con ferocia, chiedendogli per quale motivazione non lo avesse avvisato subito e come mai avesse indugiato sino alla mattina successiva.

<< Smettila di spintonarmi in questo modo, stupido, mi è già venuto il mal di testa. Non te l'ho detto semplicemente perché, quando sono tornato al nostro alloggio, stavi già ronfando sotto il piumone ed eri immobile come un sasso. Ho creduto fosse preferibile lasciarti riposare, sapendo la stanchezza che ti attanagliava. Comunque, ho detto ad Evans di lasciarla nel suo ufficio, che saresti andato a recuperarla non appena ti fossi destato. Ma, considerato il fatto che hai deciso sia più conveniente continuare a poltrire su questo materasso..>>

Ci mancò poco che Albert non lo facesse cadere per la fretta con cui si drizzò in piedi. Correndo al loro cassettone, quello in cui era contenuta la quasi totalità dei loro averi, afferrò rapidamente l'uniforme pulita che indossò il più in fretta possibile, precipitandosi alla porta e aprendola di scatto.

<< Hai dimenticato di metterti le scarpe, idiota! >>

<< Maledizione, quegli orridi scarponi! >> ed immediatamente ritornò indietro per infilarseli. Quando ebbe terminato la vestizione, se la defilò animosamente, chiedendo al suo amico di attenderlo nella stanza, in quanto non ci avrebbe impiegato molto. Edward non ne fu pienamente certo, ma gli fece ugualmente cenno di sbrigarsi, ed Albert se ne andò, sbattendo contro l'uscio.

Edward seguì per qualche secondo la sagoma del suo amico che si inoltrava, correndo, nei corridoi, e successivamente si sedette alla loro scrivania. Aveva intenzione di scrivere anche lui una lettera, ma non destinata all'altra metà del suo cuore, bensì alla sua famiglia. In particolar modo alla madre e alla sorella, non perché non fosse legato o non volesse bene a suo padre, esclusivamente per il rapporto più stretto che intercorreva fra lui e le figure femminili della sua famiglia. Gli era venuto in mente il fatto che non li sentisse da almeno due settimane, infatti non gli erano giunte missive nell'ultimo periodo, né lui si era premurato di spedire alcunché. A dire il vero, non c'era molto da raccontare. La guerra procedeva inesorabilmente e nessuno degli schieramenti avversari sembrava aver assunto, per il momento, una posizione di vantaggio. Per quanto riguardava lui, stava bene, non gli era occorso alcun avvenimento spiacevole, salvo quello di percepire una grossa mancanza di casa, accompagnata da un profondo desiderio di mollare tutto e farvi rientro. Fortunatamente, la presenza di Albert contribuiva a rendere meno dura e gravosa la sua persistenza in quel luogo. Salvo quando si innalzavano in cielo per estirpare dal mondo miserevoli erbacce tedesche, non davano l'idea che il peso del conflitto gravasse particolarmente su di loro, e, quando non erano impegnati nei combattimenti, ridevano e scherzavano insieme, quasi come se si fossero trovati nelle rispettive abitazioni e quelli fossero giorni come tutti gli altri.

Edward era molto contento che Margaret si fosse finalmente fatta sentire. Ultimamente aveva visto Albert molto giù e proprio non sapeva come fare per tirargli su il morale. Il fatto che la persona che amava gli avesse mandato una traccia, un pensiero, parole dolci e affettuose che avrebbero potuto consolarlo e farlo stare meglio, gli riempiva il cuore di gioia. Contrariamente al suo compagno, infatti, lui una persona da amare non l'aveva, e non l'aveva mai avuta. Certo, c'erano state molte frequentazioni negli anni precedenti con ragazze che aveva potuto trovare carine, con alcune di loro aveva avuto anche contatti fisici, e non lo si poteva definire un ragazzo senza alcuna esperienza. Ma, in fin dei conti, non si era mai innamorato realmente di nessuna di loro. L'amore, l'amore vero, era un concetto che gli era assolutamente estraneo. Ed osservando la felicità che aveva sperimentato l'amico all'arrivo di comunicazioni provenienti dalla sua consorte, non aveva potuto che provare gelosia. Anche lui desiderava avere al suo fianco una persona in grado di suscitargli, nell'animo, tali sensazioni. Un qualcuno che gli stimolasse la passione, che lo facesse sentire vivo, che gli sconvolgesse l'intera esistenza positivamente. Ma, fino ad allora, e malgrado i suoi innumerevoli sforzi, non era giunto ancora nessuno.

Edward poggiò distrattamente la penna sul tavolino che aveva affianco, in quanto aveva terminato di scrivere, e si apprestava a chiudere la lettera quando Albert fece capolino all'interno della loro stanza in maniera talmente inaspettata ed improvvisa che l'amico quasi non sobbalzò per via dello spavento.

<< Però, questo è un evento! E' in assoluto la prima volta che mantieni una promessa. Avevi detto che saresti tornato subito, ed effettivamente così hai fatto. Sono molto soddisfatto. >>

Albert lo fissò torvo un istante, per poi scoppiare a ridere ininterrottamente, e gli porse eccitato la busta contenente la missiva di Margaret che stringeva in mano.

<< Belle notizie, dunque? >> chiese Edward.

<< Potrebbe andare meglio ma non mi lamento. Dice che l'eco dei bombardamenti risuona spesso in città, e lo avvertono quasi quotidianamente. Ma la situazione, fondamentalmente, è piuttosto tranquilla, non ci sono state chiusure e non è stato adoperato il coprifuoco. C'è, naturalemente, agitazione, anche se mi racconta che, evitando di leggere i giornali e non ascoltando quello che dice la radio, si può avere, in alcuni momenti, la sensazione che nulla di tutto questo stia avvenendo attualmente. Il bambino sta molto bene, è cresciuto un sacco, ha iniziato perfino a dire le prime frasi, e Margaret gli parla frequentemente di me. Mi descrive come un eroe e ribadisce sempre il fatto che presto tornerò a casa. Dichiara che le manco incredibilmente e che pensa a me di continuo. Spera che il conflitto si esaurisca nel giro di qualche mese, in modo che io possa rientrare. Ha detto che mi aspetterà fino alla fine dei suoi giorni, se sarà necessario. >>

Edward sorrise genuinamente sentendo il suo amico confessargli il contenuto del dispaccio. Ma avvertì, contemporaneamente, anche il bisogno e la necessità di abbassare lo sguardo, in modo tale che Albert non si rendesse conto del profondo dispiacere che lo aveva pervaso riflettendo sulla sua situazione. Non voleva che l'amico dovesse preoccuparsi per i suoi malesseri interiori, come se non avesse avuto già sufficienti cose a cui pensare, d'altronde quelli appartenevano solo ed esclusivamente a lui, e non credeva fosse la cosa più saggia condividerli, esternandoli al mondo intero. Ma ad Albert, a dispetto del volere di Edward, non passò inosservato il suo stato d'animo decisamente inconsueto e singolare, e gli domandò apertamente cosa avesse. 

<< Che hai, amico, non sei felice per me? E' successo qualcosa? Hai ricevuto brutte notizie, per caso? >>

Edward si sentì un autentico imbecille per essere riuscito a palesare, alla perfezione, ogni suo pensiero. Tanto valeva, a quel punto, confessargli la verità.

<< Albert, naturalmente lo sono, l'avevi forse messo in dubbio? Mi fa davvero molto piacere, e sono assolutamente sincero. Stavo solo vagheggiando e, ecco..io, in verità, ragionavo sul fatto che..insomma, mi piacerebbe avere al mio fianco una persona da amare..da amare veramente, con trasporto, passione..ecco quello che vorrei..in sostanza. >>

Albert lo fissò con espressione incredula. Non credeva che Edward avvertisse mancanze e bisogni del genere, naturalmente non riteneva neanche che il suo amico avesse un cuore di pietra, ma quella rivelazione, fatta in quel modo totalmente inaspettato, gli aveva, letteralmente, tolto le parole di bocca. Edward, osservando la reazione del compagno, credette di aver detto una sequela di stupidaggini e di vagheggiamenti imbarazzanti, e si adoperò nel tentativo di trovare un sistema per rinnegare tutto.

<< Scusami, io..a dire la verità, stavo solo fantasticando. Mi chiedo con quale coraggio, considerata la nostra situazione attuale. Figurati se ho tempo, adesso, di trovarmi una ragazza.. >>

<< Un giorno troverai il tempo. >>

Edward alzò i propri occhi e li puntò in quelli del suo migliore amico. Il cuore cominciò ad accelerare, ad intermittenza, e arrivò addirittura a pensare di non aver capito bene.

Albert, di rimando, gli fece l'occhiolino e gli poggiò una mano sulla spalla.

<< Ho detto che un giorno troverai il tempo. Anzi, non avrai più modo di pensare a nient'altro. Incontrerai qualcuno che ti farà desiderare di stringerlo per sempre tra le tue braccia, non lasciandolo andare per nessuna ragione al mondo. Una persona che sarà in grado di tirare fuori il tuo lato migliore e che ti vorrà bene per ciò che sei realmente, non per quello che auspichi a diventare. L'amore non è una cosa che si può insegnare, né, tanto meno, la si può apprendere..è quel meccanismo che ci fa sentire vivi, e riesce a farci apprezzare ogni momento vissuto. E quando questo accadrà, perché succederà anche a te, Edward, la tua anima se ne renderà conto, e lo saprai per primo. >>

Edward sentì la commozione scaturirgli fin dal midollo. Non era mai stato tipo da commuoversi con facilità, piangeva raramente e, in genere, preferiva non esternare direttamente le proprie emozioni. Ma le parole di Albert avevano, in qualche modo, avuto un effetto lenitivo, erano riuscite a tranquillizzarlo e fargli pensare positivo.

<< Grazie, amico, davvero. Non so proprio cosa farei se non ci fossi tu qui, con me. >>

<< E che me lo dici a fare? Rilassati, ne sono già ampiamente a conoscenza. Comunque, dobbiamo sbrigarci, Edward. Per oggi la colazione salta. Ci stanno aspettando all'esterno e, stando a ciò che mi hanno riferito, Collins sta dando di matto. Andiamo. >>

Fu con più di un'ora di ritardo che Edward e Albert riuscirono a presentarsi nel luogo in cui, ogni mattina, decollavano con i propri aerei. Quel giorno il clima era mite, non tirava vento e si avvertiva, nell'aria, una deliziosa brezza che preannunciava l'arrivo della primavera. A dispetto di ciò, le temperature continuavano ad essere basse e il freddo penetrava sin dentro le ossa, ma, contrariamente alle settimane precedenti, si percepiva che qualcosa fosse sul punto di cambiare.

Edward gettò un rapido sguardo nei dintorni nel mentre che si apprestava a raggiungere il suo superiore e, notando che due giovani sul punto di decollare lo stavano salutando dal finestrino del velivolo, sorrise alzando il braccio a sua volta. Collins li attendeva al limitare del campo, ed aveva un braccio appoggiato all'aereo di Albert, un Hawker Typhoon, mentre, in bocca, stringeva un lungo bocchino dal quale fuoriusciva del fumo nero. Appena scorse le loro figure, iniziò ad incamminarsi nella loro direzione, ed Edward pensò, con un misto di timore e deferenza, che la sua espressione non promettesse nulla di buono.

<< Dove diavolo eravate, razza di scalmanati? Dovrei farvi frustare per la vostra inadempienza! Credete forse di essere in vacanza? Nessun problema, perché ho intenzione di redarguirvi a dovere! Ci tengo solo ad informarvi che, nel mentre eravate occupati in non so quali assurde mansioni, tre dei vostri compagni sono stati abbattuti non lontano da qui da un Messerschmitt tedesco non ancora identificato. Avete inteso, ragazzi? Su, datevi una mossa e partite il più in fretta possibile. Jones, affido a lei l'incarico di buttare giù quel dannatissimo crauto. Smith, per quanto riguarda lei, invece, cerchi solo di non essere fatto fuori per quest'oggi. Mi è stato riferito della sbronza occorsa una settimana fa, sa? E mi sono appena ricordato che devo ancora convocarla nel mio ufficio! >>

Detto questo, si allontanò a gran passi lasciando dietro di sé una scia di fumo grigiastro. Albert rimase a fissarlo intontito per qualche secondo, per poi girarsi in direzione del suo amico.

<< Cavolo, come avrà fatto a scoprirlo? Sono sicuro che è stato quel bastardo di Oliver a riferirglielo. Quel piccoletto presto o tardi me la pagherà. >>

<< Hai visto come era ridotto? Stavo sul punto di scoppiare a ridere ma mi sono trattenuto. Non sia mai che decida di farmi fare le ricognizioni di notte, penso che morirei. Se non mi dovesse capitare di morire quest'oggi, naturalmente. A proposito, sai che stasera Josh festeggia il compleanno? Ci ha invitati nella sua stanza, ha detto che ci sarebbero stati tutti. >>

Nella foga del discorso Edward non si era neppure reso conto che Albert non lo stava nemmeno ascoltando, in quanto si era già allontanato di molti metri, e stava dirigendosi in direzione del suo aeroplano.

<< Mi raccomando, non andartene all'altro mondo prima che arrivi la tua ora! Non sopporterei di condividere la camera con quegli imbecilli del Devonshire! >>

Edward rise sonoramente in risposta alla battuta del suo compagno, per poi girarsi ed iniziare a camminare in direzione del suo aereo. Trovò Davies, il meccanico, intento a rifornire il serbatoio di carburante e gli rivolse un cenno di saluto.

<< Tutto apposto, Paul? >>

<< Per ciò che riguarda me, potrebbe andare di gran lunga meglio, ma non ci lamentiamo. L'aereo, invece, sta meravigliosamente. Rifornito e pronto per stroncare anche oggi le vite di quei debosciati nazisti! >>

Edward approvò con il capo. Cominciò a percepire una forte scarica di adrenalina infuriargli nel corpo nel mentre che prendeva posto ed iniziava ad accendere tutti i meccanismi che gli avrebbero poi permesso di innalzarsi in volo. Decollò in perfetta sincronia con l'aereo di Albert. Vide il suo velivolo salire per un paio di metri, per poi scendere bruscamente ed avviarsi verso lo stretto della Manica dove avrebbero incontrato gli aeromobili tedeschi, che, come loro, circolavano frequentemente in quella zona, al fine di evitare che la presenza inglese si intensificasse più del dovuto. Edward mantenne, per il tempo che durò la traversata, una linea piuttosto coordinata, senza bruschi cambiamenti di rotta o manovre azzardate, ma, quando giunse in prossimità della zona contemplata, dovette cambiare velocemente strategia in quanto scorse un caccia tedesco che, puntando visibilmente nella sua direzione, gli stava venendo incontro. L'inglese percepì una scarica di colpi che andarono a colpire parte della sua fusoliera, ma, apparentemente, senza provocare danni eccessivi, e questo gli diede la motivazione per effettuare una manovra che gli permise di abbassarsi notevolmente rispetto al velivolo tedesco, iniziando a contraccambiare il favore emettendo una serie di spari talmente tanto violenti che, avendo preso una parte fondamentale del motore, non impiegarono molto affinché quello, perdendo il controllo, si trovò a cadere in picchiata, schiantandosi al suolo con un tonfo assordante.

Edward tirò un sospiro di sollievo, non aveva dovuto trattarsi di un pilota particolarmente abile ed esperto, solitamente i tedeschi erano in grado di mostrare maggiori capacità. Ma non gli fu concesso di rilassarsi nemmeno un istante perché, nemmeno il tempo di essersi lasciato alle spalle l'aeromobile precedente, notò altri due aeroplani tedeschi che miravano verso di lui.

'' Fatevi sotto, canaglie. ''

 

 

 



 
   
 
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