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Autore: ValeDowney    02/07/2022    3 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UNA VITA IN GABBIA
 
 

  Capitolo VI: Guastafeste


 

Stephanie non era mai stata una persona molto mattiniera, seppur il padre la facesse svegliare presto. Ma quella mattina era decisamente di buon umore. Scese di buon’ora, preparando la colazione per sé e per Stephen.
In quel momento, l’ex stregone supremo entrò in cucina e, quando vide la figlia, rimase stupito. Lei lo salutò: “Buongiorno, papà. Hai dormito bene?”. E mise la colazione sulla tavola.
Stephan sbatté un paio di volte gli occhi. Poi rispose: “Bene. Grazie. Ma da quando in qua ti svegli così presto?”. E si sedette.
“Dici che mi devi sempre sbattere giù dal letto. Oggi volevo stupirti” disse.
“Suvvia, dimmi che cosa vuoi in cambio?” le chiese.
“Niente” rispose semplicemente, bevendo un sorso di latte.
“Quando ti comporti così è perché cerchi di addolcirmi per qualcosa. Avanti, non mi arrabbierò” disse Stephen.
“L’ultima volta che hai detto così, mi hai messo in punizione per una settimana” disse Stephanie.
“Ci credo: avevi spinto una tua compagna di classe nel fango solo perché continuava a ribadire che il suo papà era migliore di me” disse Stephen.
“Avevo cinque anni e poi quella là era molto antipatica” disse Stephanie.
“Volevo insegnarti l’educazione fin da bambina, ma ho apprezzato la tua presa di posizione. Noi Strange siamo fatti così” disse Stephen e bevve un sorso di caffè.
Stephanie finì di bere il latte e, dopo aver appoggiato la tazza, disse: “Ok, io vado. Oggi ho pratica in ospedale. Meglio che non faccia tardi”. Stava per uscire dalla cucina quando Stephen, alzandosi, le andò di fronte: “Tesoro, prima che tu vada, gradirei che prendessi questi”. E le mostrò quaderno e biro.
“Perché mai dovrei prenderli? Dici sempre che scrivere appunti è da principianti. E poi, mi basta leggere una volta le cose per memorizzarle subito” disse Stephanie.
“Lo so, sei come me ma, per questa volta, prendili. Ti saranno utili, vedrai” disse Stephen. Stephanie lo guardò stranamente, per poi prendere gli oggetti.
Poco dopo, Stephanie stava passeggiando accanto ad Irwin per i corridoi dell’ospedale, seguendo il Professor Thompson e il resto della classe: “Come mai hai quaderno e biro? Di solito tu non prendi mai appunti. Dici sempre che è da principianti”.
“Mio padre dice così ma, ogni tanto, mi piace usare le sue frasi. Stamattina era strano ed ha insistito che oggi prendessi appunti. Chissà come mai” disse Stephanie. Quindi si fermarono. Il Professor Thompson si voltò verso di loro: “Bene, ragazzi, ora vi lascio nelle mani della dottoressa che vi insegnerà oggi. È una delle più brave che ci siano in questo ospedale e non solo. Mi raccomando, prestate attenzione ad ogni sua parola, perché vi sarà utile per gli esami”. E, dopo averli salutati, se ne andò.
Arrivò la dottoressa, che si presentò sorridendo: “Salve, ragazzi”. Stephanie rimase a bocca aperta: “Mamma?!”. Abbassò lo sguardo e cercò di nascondersi dietro ad Irwin.
“Bene, se volete seguirmi inizieremo la nostra lezione” disse Christine e, voltandosi, si incamminò seguita dal gruppetto. In ultima fila c’erano Stephanie e Irwin. Questi disse: “Wow, che onore: abbiamo la dottoressa Christine Palmer come insegnante”.
“Ora ho capito perché papà abbia tanto insistito perché prendessi quaderno e biro: mamma vuole sempre che scriva appunti per ogni cosa” disse Stephanie.
“Be’, non ha tutti i torti. Prendendo appunti, potremmo imparare cose che non vengono menzionate sui libri” disse Irwin.
“Come avrà fatto mio padre a sapere che stamattina sarebbe stata la mamma ad insegnarci? Mi deve qualche spiegazione” disse Stephanie.
Christine li condusse dentro a una stanza, non chiudendo però la porta. Sopra a due lettini, vi erano dei manichini: uno alto, mentre l’altro più basso. Dietro ad essi c’era una lavagna con delle scritte su due colonne.
“Ok, chi sa dirmi di cosa si trattano?” domandò Christine.
“Che domande: sono due manichini. Persino un bambino dell’asilo saprebbe cosa siano” rispose una ragazzina.
“Certo, ma notate delle differenze?” chiese.
“Sono dei manichini. Che differenze mai potrebbero avere?” disse un’altra ragazza.
“Non lo vedi che hanno stature diverse? Servono per simboleggiare un adulto ed un bambino” rispose Stephanie, dal retro.
“Molto bene, signorina Strange” disse Christine, guardandola e sorridendole.
“Vi pareva: è la cocca della mamma” disse la ragazzina.
“Non si tratta di essere la cocca della mamma, signorina Peterson. Qua è solo questione di guardare meglio le cose e non di soffermarsi solo su ciò che si vuole solamente vedere” disse Christine e la ragazzina abbassò lo sguardo. Poi Christine aggiunse: “Ora, guardate sulla lavagna. Notate qualcosa tra i sintomi?”.
“Sono uguali per entrambi i pazienti” rispose Irwin.
“È vero, signorino Anderson. Ma cercate di guardare più attentamente. Cogliete ogni singolo indizio” disse Christine. I ragazzi si fecero più vicino ai due manichini, cercando di osservare meglio ciò che c’era scritto sulla lavagna, ma nessuno rispose. Tranne Stephanie: “I due pazienti hanno età diverse”.
“Cioè tutto qui? Non può essere così semplice” disse la ragazzina.
“Invece sì, se hanno appunto età diverse. I sintomi sono uguali per entrambi, ma agiscono in modo differente in base a quale organismo attaccano. Nel paziente più anziano, la malattia agirà più lentamente, ma morirà con più dolore. Nel caso contrario, nel paziente più giovane, la malattia agirà più velocemente, ma con meno dolore” spiegò Stephanie.
“In poche parole, ci sarà meno tempo per la cura nel paziente più giovane, perché le sue cellule lavorano più velocemente, rispetto a quelle di un corpo più anziano. Ci sarà più tempo, ma sarà più dolorosa” aggiunse Christine.
Ci fu silenzio. Poi Christine aggiunse: “Eccellente spiegazione, signorina Strange. Suo padre dovrebbe essere molto fiero di lei”.
“Be’, cerco di dare il massimo” disse Stephanie. Christine fece un piccolo sorriso, per poi continuare con la spiegazione.
Poco dopo, la lezione finì. Il gruppetto uscì dalla stanzetta e la ragazzina, con le sue fidate amiche, raggiunse Stephanie ed Irwin: “Ti piace sempre metterti in mostra, vero, Strange? Ma sappi che il mondo non gira sempre intorno a te”.
“Me ne ricorderò, quando tu verrai bocciata ed io ne gioirò” disse Stephanie. La ragazza stava per obiettare, quando arrivò il Professor Thompson che li chiamò, ma Christine disse: “Vorrei che la signorina Strange ed il signorino Anderson si fermassero. È possibile?”.
“Certo, dottoressa Palmer. Non c’è nessun problema. Grazie ancora per la sua collaborazione. Sono sicuro che i miei alunni abbiano imparato molto oggi” disse il Professor Thompson.
“Grazie a lei” gli disse sorridendo e il professore, insieme agli altri, se ne andò.
“Abbiamo fatto qualcosa che non va, dottoressa Palmer?” domandò Irwin.
“No, niente affatto, signorino Anderson. Anzi devo fare i complimenti ad entrambi” rispose Christine. Poi spostò lo sguardo su Stephanie ed aggiunse: “E dire a tuo padre di smetterla di spiarci. Può anche uscire”.
Stephanie e Irwin volsero gli sguardi, per vedere Stephen uscire da dietro un muro e raggiungerli. Mentre camminava verso di loro, disse: “Non ti chiedo neanche come hai fatto a scoprirmi. Sei sempre stata un passo avanti a me”.
“E nemmeno io ti domando perché sei qua. Posso immaginarlo. Ormai sei come un libro aperto per me” disse Christine, guardandolo e facendo un piccolo sorriso.
“Papà! Mi hai spiato per tutto questo tempo! Ecco perché stamattina eri così strano” ribatté Stephanie, guardandolo.
“Volevo vedere come te la saresti cavata con tua madre e, devo dire, egregiamente” disse Stephen. Poi guardò Irwin ed aggiunse: “Tu un po' meno” e riguardò Christine, che disse: “Certo che non cambi mai. Vuoi che tutto ruoti intorno a te e, come se non bastasse, non ti fidi nemmeno di come insegno a nostra figlia”.
“L’ho fatto solamente per constatare quanto fosse preparata. Ha studiato a fondo in queste settimane, e sicuramente passerà a pieni voti l’esame. Ha riempito di vergogna gli altri del gruppo” disse Stephen.
“Te l’ho già detto: Stephanie non è più una bambina. Devi smetterla di trattarla tale. Ha bisogno dei suoi spazi” disse Christine.
“Ti prego, non ritorniamo su questo discorso. Lei diventerà una neurochirurga e lo sta dimostrando giorno dopo giorno. Deve dimenticarsi le arti mistiche, perché portano solo a brutte conseguenze. Come credi che si sia fatti questi?!” replicò Stephen e, dopo aver preso il braccio sinistro della figlia, aggiunse: “Sotto questa fasciatura, ci sono tre profondi graffi provocati da un demone che, in quel momento, possedeva il corpo di questo ragazzino qua” e guardò malamente Irwin, che abbassò lo sguardo; poi finì, lasciando andare il braccio di Stephanie: “Lei salverà delle vite, ma non utilizzando la magia. Tu e Wong siete uguali: dovete smetterla di incitarla nel percorrere una strada non sua! Solo io so ciò che è meglio per lei!”.
“E’ anche per questo tuo egoismo che ci siamo divisi ma, almeno, hai avuto il buon cuore di non mettermi contro Stephanie e sono contenta che lei ci voglia bene in egual modo” disse Christine, guardando la figlia e sorridendole, che le sorrise a sua volta.
“Non sono mai stato crudele. Potevate stare insieme a weekend alternati senza nessuno mandato dai servizi sociali che vi osservasse per tutto il tempo” disse Stephen.
“Meno male, se no è come se fossi stata in prigione. Non sai che dolore è per una madre non poter stare con la propria figlia e vederla crescere da un padre che le detta la propria strada per il futuro, non facendole scegliere nulla. Non ti sei mai chiesto perché Stephanie non abbia degli amici? Perché hanno sempre avuto paura di te. Non hai nemmeno voluto portarla mai ad una festa e, se ci andava, rimanevi lì ad osservarla per tutto il tempo. I figli non vanno tenuti sotto a una campana di vetro” ribatté Christine.
“Stephanie ha sempre avuto tutto ciò che voleva. Bastava che chiedesse e io l’accontentavo. Invece tu, che facevi? Una volta ti ha chiesto se l’accompagnavi a prendere un giocattolo e tu le hai detto che avrebbe dovuto guadagnarselo, facendo dei lavoretti e ricavandone dei soldi. È venuta a casa in lacrime quel giorno. Ho dovuto consolarla per tutto il pomeriggio” replicò Stephen.
“Volevo che imparasse una lezione! Che non tutto le è dovuto con una richiesta. Non tutti hanno, purtroppo, questa possibilità e volevo insegnarglielo. Non bisogna fare delle differenze con le altre persone. Lei doveva imparare ciò che è bene e ciò che è male ma, a quanto pare, tu vuoi che lei prevalga su tutti. Che gli altri le siano sempre inferiori” ribatté Christine.
“Io voglio che lei sia perfetta. È mia figlia e niente e nessuno potrà cambiarla!” replicò Stephen.
“Basta! Finitela di litigare almeno davanti a me! Lo facevate anche quando ero una bambina. Pensavate che fossi andata a letto, invece me ne stavo sulle scale ad osservarvi e sentire le vostre urla. Dite a me che non sono più una bambina. Be’, anche voi non lo siete più, quindi comportatevi da adulti! E poi ci troviamo in un ospedale. Siete due dottori rinomati: dovreste capire di portare rispetto in questo posto” ribatté Stephanie.
I genitori non dissero altro. Fu Irwin a rompere quel silenzio: “Io… andrei”
“Signorino Anderson, prima che se ne vada, stasera do una cena e vorrei che lei e mia figlia veniste. Che cosa ne dice?” disse Christine.
“Assolutamente no! Vengo io!” rispose Stephen.
“Non ti ho nemmeno invitato” disse Christine, guardandolo.
“Mi autoinvito, che problema c’è?” le domandò.
“C’è che avevo invitato il signorino Anderson e Stephanie. Sicuramente tu ti annoierai a parlare con Charlie e so anche che, sotto sotto, lo odi” rispose Christine.
Stephen guardò Irwin: “Ma lui ha un impegno molto urgente, vero?” e lo fulminò con lo sguardo.
“Emmm… ora che ricordo… sì… sì… i miei genitori escono ed io devo occuparmi di mia nonna. Non posso lasciarla sola. Non è autosufficiente. Comunque, la ringrazio molto per l’invito, dottoressa Palmer. Sarà per la prossima volta” spiegò nervosamente Irwin.
“Non ti preoccupare. Stai pure con tua nonna: ha bisogno delle tue cure. Ci sarà tempo per un’altra cena” gli disse Christine, sorridendogli.
“Allora ci si becca in giro” disse Stephanie.
“Sì, speriamo presto” disse Irwin, guardandola. I due si sorrisero, quando Stephen scansò da parte il ragazzo, spingendolo via dalla figlia. Irwin si allontanò non aggiungendo altro.
“Era proprio necessario?” domandò Stephanie, guardandolo.
“Sai già la mia risposta. Quello meno ti sta accanto, meglio è” rispose Stephen. Poi guardò Christine ed aggiunse, facendo un piccolo sorriso: “Allora, ci vediamo a cena”.
Venne sera. Padre e figlia si stavano preparando nelle rispettive camere. Stephen era davanti allo specchio e stava finendo di mettersi la cravatta, quando Stephanie arrivò sulla soglia della porta: “E poi dici a me che sono lenta nel vestirmi”.
“Io non ho mai detto una cosa del genere. Ti confondi con tua madre” disse Stephen. Stephanie entrò e, mentre camminava verso di lui, disse: “Probabile, ma anche tu non sei affatto veloce nel vestirti”.
“È questa cravatta: non riesco a legarla” replicò Stephen. Stephanie lo fece voltare verso di lei e, mentre gliela legava, lui disse: “Il vestito che indossi è un po' troppo scollato, per i miei gusti”.
“Credimi, ho vestiti più scollati nell’armadio” disse Stephanie.
“Allora dovrò andare a dare un’occhiata e fare un po' di pulizia” disse Stephen, facendo un piccolo sorriso. Stephanie lo ammonì con lo sguardo, finendo poi di legargli la cravatta. Poi, mentre si metteva la giacca, la ragazza aggiunse: “Non è ora che ti cambi vestito? Lo hai indossato anche per la mia comunione”.
“Ti sembra uguale, ma non è lo stesso” disse Stephen, uscendo entrambi dalla camera.
“Secondo me è lo stesso, solo che non hai voglia di disfartene” disse Stephanie.
“Non ti piace, vero?” le chiese, mentre scendevano le scale.
“È carino, ma dovresti metterti qualcosa di nuovo. Se vuoi, quando siamo liberi entrambi dai nostri impegni, potremmo andare a fare shopping insieme. Ti farò cambiare stile” propose Stephanie.
Si fermarono nella hall. Stephen si voltò verso di lei: “Mi piace il mio stile, ma apprezzo la proposta. È bello passare un po' di tempo insieme, così almeno ti farò comprare meno vestiti scollati”. E, aprendo la porta, uscì. Stephanie roteò gli occhi, per poi seguirlo.
Poco dopo, stranamente la cena stava trascorrendo piacevolmente. Charlie rideva, ricordando il primo incontro con Christine: “Dovevate esserci. È stato molto divertente”.
“Peccato che eravamo entrambi blippati” disse Stephen.
Charlie smise di ridere; poi Christine, mentre prendeva un bicchiere di vino, disse: “Comunque, più che divertente è stato strano: noi due, in questa lavanderia a gettoni, che parlavamo del più e del meno mentre i nostri vestiti venivano lavati. È stato lì che abbiamo scoperto di avere molte cose in comune”. E bevve un sorso di vino.
“E anche che, ora, posseggo una camicia rosa” aggiunse Charlie, ridendo e Christine, per poco, non si strozzò con il vino.
“Che cosa ci sarebbe di divertente in una camicia rosa?” chiese Stephanie.
“Era la mia. Cioè… avevo per sbaglio messo una mia maglietta rosa nella lavatrice aperta di Charlie, non accorgendomi che era già occupata. Quando lui l’ha chiusa e fatta partire, ce ne siamo accorti troppo tardi. E ora, una delle sue camicie è rosa, perché ha preso il colore della mia maglietta” spiegò Christine.
“Solo che non l’ho mai buttata. Ho deciso di tenerla per ricordare il nostro primo incontro” disse Charlie e, dopo averle preso la mano destra, ne baciò il dorso. Christine gli sorrise.
“Non ci trovo nulla di romantico nell’avere il primo incontro in una lavanderia a gettoni, soprattutto in un periodo dove metà della popolazione – compresi me e nostra figlia – era stata ridotta in polvere” disse Stephen.
“Tu non trovavi romantico nemmeno quando tentavo di convincerti ad uscire insieme, solo noi due, per una cena al lume di candela” disse Christine.
“E mi dici a chi lasciavamo Stephanie?” domandò Stephen.
“C’era pur sempre la babysitter” gli rispose.
“Non volevo lasciare mia figlia con un’estranea! Chissà cos’era capace di farle! La mia piccola cucciola nelle grinfie di una sconosciuta e della sua mente psicopatica!” replicò Stephen.
“C’erano tante ragazze in cerca di un’occupazione” disse Christine.
“E che poi, magari, invitavano i loro fidanzati e facevano chissà cosa sul nostro divano, senza preoccuparsi che Stephanie potesse svegliarsi e vederli… non voglio neanche pensarci a cosa poteva accadere” ribatté Stephen.
Charlie si avvicinò un po' a Stephanie e, a bassa voce, le chiese: “Ma litigano sempre così?”.
“Questo è nulla in confronto a quello che si dicono le altre volte” gli rispose.
Charlie si schiarì la voce un paio di volte ma, notando che i due non stavano smettendo di litigare, guardò Stephanie, proponendole: “Che ne dici se ce ne andiamo sul balcone a berci qualcosa?”. E si alzò, così come la ragazza.
Fu in quel momento che Stephen li notò: “Dove state andando?” domandò.
“Visto che voi siete così intenti a litigare, ho pensato di fare prendere una boccata d’aria a Stephanie” rispose Charlie.
“Tu non la porti da nessuna parte!” replicò Stephen.
“Ehi, vacci piano, amico” disse Charlie. Stephen si alzò, ribattendo: “Non sono tuo amico!” Anche Christine si alzò: “Charlie voleva solo portarla un po' fuori. Niente di che”.
“E magari la voleva pure toccare!” replicò Stephen.
“Papà, era solo per stare lontano dalle vostre grida. E poi mi avrebbe offerto da bere” disse Stephanie. Stephen la guardò: “Noi ora ce ne andiamo a casa! La cena è finita!” E si diresse verso la porta. Christine lo seguì: “Ti stai rendendo ridicolo. Charlie voleva solo essere cortese”.
Stephen si voltò verso di lei: “E tu cosa ne sai?! Lo conosci così bene sotto ogni aspetto da capire se dica il vero o il falso?! Prima di portare Stephanie da qualche parte, doveva chiedere il permesso a me!”.
“Non è una bambina e non ci troviamo in un ristorante dove ci sono altre persone che possono assistere a tutto ciò! Siamo a casa mia e Stephanie – così come Charlie – può fare quello che vuole! Ma tu non lo capirai mai, questo. Non le lascerai mai i suoi spazi” disse Christine.
Stephen la guardò in silenzio. Poi il suo sguardo divenne furioso; guardò la figlia e replicò: “Stephanie! Muoviti!”. E, voltandosi, aprì la porta per poi uscire. Timidamente, la ragazza salutò Charlie per poi fermarsi accanto alla madre: “Scusami per tutto questo. A casa non era così”.
“Forse non avrei mai dovuto fare questa cena” disse Christine.
“È stata una bella serata e mi ha fatto piacere conoscere meglio Charlie. Sotto sotto non è così male, ma non credo piacerà mai a papà” disse Stephanie.
“Stephanie!” urlò Stephen dal corridoio.
“Sarà meglio che tu vada da lui, prima che si arrabbi ancora di più” disse Christine. Stephanie le sorrise; poi però l’abbracciò, mentre Charlie le guardava in disparte.
Ad abbraccio finito, madre e figlia si guardarono, sorridendosi. Poi Stephanie raggiunse il padre e Christine chiuse la porta, sospirando.
Poco dopo, Stephen e Stephanie stavano camminando fianco a fianco, costeggiando l’oceano. Da quando erano usciti dall’appartamento di Christine, non si erano detti una parola. Stephanie aveva cercato, più volte, le parole più adatte per iniziare una conversazione, non riuscendoci. Poi però Stephen deviò, fermandosi ad osservare l’oceano. In lontananza, la statua della libertà era ricoperta da ponteggi e tendaggi. Stephanie lo guardò.
“Non volevo reagire così, ma tua madre non sembra capire” disse Stephen.
“Forse non avresti dovuto prendertela così tanto con Charlie. Dopotutto non voleva farmi niente di male” disse Stephanie.
“Non è questo il punto. Tua madre sembra aver dimenticato cosa accadde anni fa. Ma io no” disse Stephen. Stephanie si affiancò a lui, domandandogli: “Cosa è accaduto?”.
Stephen si passò una mano tra i capelli. Sospirò e, infine, guardò la figlia: “Ti ho quasi persa. Come persi mia sorella”.
Stephanie sgranò gli occhi. Da quando suo padre aveva una sorella?








Note dell'autrice: Buongiorno ed eccomi qua con un altro capitolo. Grazie ancora infinitamente per tutte le bellissime recensioni. Non pensavo che questa storia avesse un così grande successo.
Finalmente mi collego a Doctor Strange nel Multiverso della Follia, ovvero che Stephen rivela alla figlia che aveva una sorella (poi non nel capitolo successivo, ma in quello dopo ancora le spiegherà come l'ha persa. Mentre in quello dopo capirete del perchè Stephen sia così iper protettivo nei suoi confronti)
Grazie ancora per chi sta seguendo la storia; chi l'ha messa tra i preferiti e tra le seguite e, ovviamente, chi l'ha recensita. Grazie ancora
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Vi auguro un buon proseguimento di giornata ed un buon week end
Un abbraccio
Valentina

 

 
  
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