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Autore: Lilium Noctis    04/07/2022    0 recensioni
Si narrava che i canti delle Masche risvegliavano le antiche leggende andare perdute.
Con la guerra di cinquant'anni prima, però, esse si sono dissolte e gli uomini ritengono che tutte le creature di Colle Salmastro siano solo delle storielle per i bambini. Tuttavia esistono città dove questi racconti sono ben radicati.
Il giovane Tommaso si stava abituando alle strane usanze di Borgovecchio, un paesino sperduto tra i monti della regione, quando il suo cuore decise di rincorre la bella Sofia.
Nel tentativo di raggiungere i loro desideri, Tommaso e Sofia si troveranno catapultati in un mondo che conoscevano solo tramite le fiabe.
Una storia ispirata in tutto e per tutto al folklore italiano!
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Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sofia era rimasta a vegliare Tommaso per parecchie ore prima di abbandonarlo qualche minuto per sgranchirsi le gambe. L'ansia nei confronti del ragazzo non era nulla rispetto al senso di colpa che sentiva per averlo convinto a saltare giù da quel dirupo; senza contare la fame che, da quella stessa mattina, le faceva brontolare lo stomaco.

Se prima aveva avuto paura per la loro sorte, ora era certa che se non fosse accaduto un miracolo sarebbero morti di freddo o denutriti.

Si voltò nella stessa direzione dove soffiava il vento, sentendo i caldi raggi del sole toccarle la pelle per quanto le fronde degli alberi lo permettessero. Aveva più volte provato a sforzare la vista per riuscire a vedere con esattezza dove stesse posando i piedi ma, purtroppo, era come se vedesse attraverso il fondo sporco di una bottiglia... quanto avrebbe dato in quel momento per un calice di vino.

Per quanto avesse provato a cercare dell'insalata matta, delle cicorie, dell'acetosella o anche solo una qualsiasi pianta che fosse commestibile, ma terra vedeva solo masse informi verdi e marroni. Anche se ci fosse stato del pane, non l'avrebbe notato.

Si riavvicinò al ragazzo ancora privo di sensi: avevano fatto poche decine di metri prima che svenisse ed era stata costretta a doverlo trascinare in un posto che le parve, per quanto possibile, riparato. Era rimasta lì con lui per tutto il tempo e aveva strappato parti della gonna quando aveva scorto delle macchie scure, forse di sangue, coprirgli le pallide gambe, le braccia e tutta la parte destra del volto.

Era sempre stata brava a medicare quand'era al castelletto, perciò pensava di essere bene o male riuscita a sistemare le sue ferite: si sedette posando con delicatezza il suo capo sulle cosce e controllò nuovamente le fasce strette, sfiorandole appena per poi accarezzare le morbide orecchie.

– Mh...

Il rantolio del ragazzo la fece sorridere e, involontariamente, lo avvolse in un abbraccio. – Grazie a Dio stai bene! – Sospirò sollevata sciogliendo la stretta, abbandonando qualsiasi formalità. – Come ti senti?

In tutta risposta Tommaso fece movimenti circolari con le spalle, sgranchendosi prima di alzarsi a sedere e strofinarsi il viso con le mani, mugugnando di dolore appena toccò la parte lesa del volto.

– Mi sento uno schifo... – Borbottò muovendo le braccia e ruotando le gambe per vedersi le ferite prima di voltarsi verso Sofia. – Tu stai bene? Siamo stati seguiti? E Atalanta?

Lei non gli rispose e non gli diede il tempo di porre l'ennesima domanda che lo abbracciò di nuovo, singhiozzando, lasciando che calde lacrime le scorressero sulle guance e il suo fine udito sentisse il cuore di lui accelerare di battito.

– Dio mio, per fortuna stai bene! Avevo temuto il peggio...

Capì che fosse tornato umano quando le sue mani la scostarono per accarezzarle il viso. – Grazie a te sto bene, non piangere... – Sussurrò schiarendosi poi la voce un po' rauca, asciugandole le lacrime coi pollici. – Grazie per avermi medicato.

– Era il minimo... – Scosse il capo arretrando di un poco, timida. – Ho provato a cercare qualcosa da mangiare in giro ma non vedo nulla e non mi sono allontanata, mi spiace non aver potuto fare molto.

La risata di Tommaso la colse alla sprovvista. – Tranquilla, dammi qualche minuto che mi riassesto e poi andiamo a cercare qualcosa da mettere sotto i denti! Ti ricordi, vero, che lavoravo alla taverna? Anche se la signora Berta mi inseguiva col mattarello ogni volta che mi avvicinavo alle pentole, sono bravo a cavarmela con qualsiasi ingrediente! – Quel suo strano e insensato buonumore la fece sorridere.

 

⊶ ⨗ ⊷

 

Atalanta non si era fatta vedere né nella mezz'ora che rimasero in quel rifugio di emergenza né quando sia lui che Sofia ripresero il cammino alla ricerca di cibo e di un corso d'acqua.

Avendo poi ripreso la forma semiumana che aveva al mattino, Tommaso si era ritrovato nuovamente scalzo a camminare in mezzo ai boschi; in più aveva delle fasce e delle bende sporche del suo stesso sangue avvolte sia alle gambe che alle braccia.

Sebbene una parte di lui l'avesse voluto farlo con l'unico scopo di essere romantico, teneva le dite strette in quelle della ragazza, facendole strada e aiutandola a camminare quando il percorso si faceva più irregolare.

Rimasero per lo più in silenzio, vigili all'ambiente e agli eventuali inseguitori che prima avevano rischiato di ucciderli mentre i sempre più deboli raggi del sole scomparivano: mancava davvero poco al calare della notte e voleva trovare un riparo il prima possibile.

Dopo una lunga camminata giunsero nei pressi di un piccolo ruscello dove, a poche decine di metri, trovarono una parete di roccia con una piccola caverna: non era molto profonda, giusto un paio di metri, e avrebbero dovuto dormire abbracciati per starci entrambi ma col sole ormai scomparso all'orizzonte, non avevano alternative.

In seguito ad aver mostrato e accompagnato Sofia verso il ruscello, le lasciò l'incarico di dare una ripulita ai vestiti mentre lui si occupò di recuperare della legna asciutta e delle foglie secche per accendere un fuocherello con della selce che aveva trovato per puro caso nella caverna.

Una volta alimentato e stabilizzato le fiamme, Tommaso perlustrò la zona alla ricerca di qualcosa da mangiare: sebbene non conoscesse molto bene quei boschi, individuò delle piantine d'aglio e quelli che chiamava "soffioni", ovvero dei fiori gialli che in estate cambiavano petali che, al minimo soffio di vento, volavano via. Guardando verso i rami aveva anche trovato qualche nido ma non se la sentì di rubare tutte le uova trovate, ne prese giusto qualcheduna.

Una volta ritornato al campo aiutò la compagna a stendere quel che ne rimaneva del panciotto e del suo bel vestito azzurro su un albero vicino. In attesa che si asciugassero si sedette al fianco di Sofia, coperta dalla sola sottoveste bianca perlopiù scucita, dinanzi al falò e iniziò a mangiare quel misero pasto. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per assaggiare lo spezzatino di Berta... quanto gli mancava il Signor Pepe, chissà cosa stavano facendo in quel momento.

Li immaginava tutti raccolti nella cucina dell'ostello, a chiacchierare di cosa fosse accaduto durante l'arco della giornata, e di sicuro quell'antipatica di Tessa si lamentava di aver lavorato più degli altri, cosa mai veritiera.

Non voleva pensare che stessero discutendo riguardo a lui; a suo parere il loro ricordo doveva restare qualcosa di accogliente e prezioso, un luogo dove rifugiarsi quando era triste, proprio come in quel momento.

Tornò ad osservare il fuoco scoppiettante davanti a sé, masticando con un po' di controvoglia quelle aspre piante, ignorando l'ambiente attorno: ora che la notte stava calando anche il suo umore era dello stesso avviso.

– Tutto bene?

La domanda di Sofia lo costrinse a guardare il suo volto illuminato dall'arancione delle fiamme. – Mi manca l'ostello.

– Anche a me manca casa... – Confessò. – però non abbiamo scelta se non quella di scappare.

– È da almeno un anno che non rimango nello stesso posto per più di qualche settimana. – Tommaso si rannicchiò abbracciandosi le gambe nascondendo il volto in esse. – Pensavo di aver trovato un po' di pace dopo tanto tempo.

Sentì con chiarezza il suo sospiro e non poté farci nulla. Sbuffò alzandosi da terra nascondendole gli occhi lucidi. – Faccio il primo turno di guardia, riposati.

Non le diede il tempo di rispondere che, con passi lenti e ancora un po' zoppicanti, si allontanò dall'accampamento osservando attraverso le fronde degli alberi il cielo che iniziava ad imbrunire.

 

 

Spazio Curiosità

Per scrivere questa storia ho usato un metodo da me inventato un po' particolare, ovvero il metodo del d20.
Il d20 è un dado a venti facce che solitamente si usa nei GDR come Dungeons & Dragons e simili ma, in questo caso, l'ho sfruttato per decidere la sorde dei personaggi. Sotto quasi ogni loro scelta, c'è il tiro di dado.
Un esempio è quello nel precedente capitolo: mi sono chiesta quanto Tommaso si sarebbe fatto male a fare un salto del genere e ho lanciato il dado per scoprirlo (... ho fatto un tiro un po' bassino). Un roll ha deciso l'orientamento sessuale di Sofia, un'altro ha convinto Tommaso ad entrare nella Cava delle Streghe (tiro positivo) ma di essere crollato dal sonno subito prima di riuscire a sentire chi parlasse (fallimento critico - ovvero 1).
Se non so cosa fare o se voglio scoprire i personaggi si rendono conto di alcuni dettagli, tiro un dado.
   
 
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