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Autore: Neamh Moonstar    04/07/2022    1 recensioni
La giovane Ann adora fermarsi a leggere nella calda e polverosa libreria del signor Fell. Una volta è persino riuscita a farsi prestare un libro, e già questo avrebbe dovuto farle sospettare che qualcosa non andava.
Quando il distinto e gentile libraio sparisce nel nulla e nessuno ne parla, però, tutto prende una piega inaspettata. Tra loschi figuri sotto le finestre, un pub che chiude dall'oggi al domani, pettegolezzi e una punta di stregoneria, Ann si ritroverà a scoprire qualcosa di incredibile su sé stessa, sul mondo e su un serpente.
°°
Outsider POV/Giallo
Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non furono loro a chiamare Mary, ma Mary a chiamare loro.

Era mattina, Zac si era finalmente alzato dal divano per andare a far colazione con Ann in cucina. Non avevano ancora ripreso a parlare degli eventi della sera prima, e il silenzio attorno a loro venne improvvisamente interrotto dallo squillare del cellulare di Ann. 

    Già si immaginavano il classico: "Come state? Tutto bene? Siete andati da un medico?" Ma nulla di tutto ciò accade. Anzi, neanche il tempo di mettere il vivavoce che: «Non crederete mai a cos'è successo» esordì Mary.

    Ann e Zac si guardarono stralunati e fu lei a rispondere: «Ehm, cos'è successo?»

    «Sono andata a spostare un appuntamento dalla parrucchiera,» iniziò l'altra. In sottofondo si sentivano chiaramente il rumore del traffico e quello dei suoi tacchetti sull'asfalto. «E lì ho incontrato una vecchia amica. Si chiama Tracy e non ci vedevamo da anni! Se n'è andata via tempo fa con il nuovo amore della sua vita per allontanarsi dalla città.»

    «Beh, buon per te» commentò Zac con un sorrisetto ed una scrollata di testa.

    Mary ridacchiò: «Oh, ma non sono ancora arrivata alla parte interessante. È tornata per fare un favore ad un paio di amici: dice che sono occupati e non c'è nessuno che badi alla loro bambina.»

    I cugini si fissarono di nuovo, occhi sbarrati e un'ansia generale già annidata nei loro stomaci. «U-un paio di amici?» Ripeté Ann.

    «Esatto. Un paio di amici che, a quanto pare, sono al momento impegnati nella tua libreria preferita perché il proprietario non c'è. Appena me l'ha detto, ho capito che saresti stata interessata». Stava usando il tono da uccellino canterino che adottava quando una questione la attraeva particolarmente. Forse convincerla sarebbe stato più semplice del previsto. «D'altronde» continuò, «Ha detto che li conosce e si sentono da ormai cinque anni, e che il suo uomo ha lavorato per un sacco di tempo per la famiglia del signor C. Sembra proprio che Londra non sia grande come sembra, eh?»

    Quindi c'erano molte più persone implicate in quella storia del previsto. Dopo un cenno da parte di Zac, ormai sul bordo della sedia, Ann chiese: «E ti ha per caso detto dove siano andati il signor Fell e il suo amico?»

    «No, ma stai certa che lo scoprirò» canticchiò Mary. «So come far chiacchierare Tracy. A dirla tutta: so come far chiacchierare chiunque.»

I due sorrisero: era bello sapere che, di tanto in tanto, la vita ti viene incontro.

    «Ehi Mary» esclamò poi il rosso. «Cosa ne pensi del paranormale?»

    «È bizzarro che tu mi abbia fatto questa domanda» rispose la donna con fare furbetto. «Perché me lo chiedi?»

Se c'era una cosa che Mary amava oltre al raccontare storie, era il sentirsele dire. Senza scendere nei dettagli più bizzarri, i cugini la informarono di come Ann avesse conosciuto i due della libreria, di Anathema e del suo lavoro; cosa che parve suscitare un certo stupore nella donna dall'altra parte della cornetta.

    «Anche Tracy lavorava nel paranormale, così come il suo uomo e, a rigor di logica, la famiglia del signor C» spiegò poi quest'ultima. A giudicare dal rumore ora più ovattato, era ovvio fosse entrata in negozio. «Non è intrigante? Mi chiedo se i vostri uomini scomparsi non siano finiti in mezzo a qualche strana trama da film horror.»

    «Preferivo l'Intelligence» commentò Zac sottovoce, ora un po' mesto.

    Ann, dal canto suo, si disse che - a quel punto - doveva ovviamente essere per questo che le cose stavano prendendo una strana piega. Normalmente avrebbe fatto un sorrisetto confuso davanti a certe storie, ma date le condizioni di suo cugino - e in parte anche le sue - era persino disposta a crederci. Come disse Sherlock Holmes: "Quando hai eliminato l'impossibile, quello che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità". «Hai detto cinque anni fa?» Chiese poi, mettendo in background la chiamata e aprendo le solite note.

    Mary emise un "mhmh". «Esattamente. Che se non sbaglio è anche l'anno in cui ha aperto il pub.»

    Zac annuì: «Cinque anni fa, subito dopo l'estate. Il terzo colloquio di lavoro in una stagione non si scorda mai.»

    «Sono felice di sapere che volete indagare con me» riprese l'altra. «Magari vi distraete un po'. A tal proposito: tutto bene? Siete andati da un medico?»

Per quanto sapessero che prima o poi sarebbe stato necessario metterla al corrente su tutto, Ann e Zac optarono di fare con calma - un po' anche per paura di mandare Mary in confusione dopo l'occasione che si erano ritrovati davanti. Mentirle sarebbe stato inutile, perciò le dissero che non ce n'era stato bisogno (che in parte era vero), che Zac stava già meglio (fortunatamente, anche quello era vero) e che era bastato un po' di riposo e il tutto si era risolto.

Mary parve soddisfatta e li lasciò con un paio di baci dal momento che doveva correre da un cliente. 


    Poco dopo, davanti al pc di Ann, Zac si mise subito a rimuginare: «Quindi mi stai dicendo che sei tizi un sacco strani si sono incontrati tutti cinque anni fa. E guarda caso, cinque anni esatti dopo iniziano a succedere cose altrettanto strane che li riguardano più o meno tutti». Sospirò, si passò le mani sugli occhi e continuò: «Non può essere un caso, vero? Nemmeno il nostro coinvolgimento. E purtroppo non può esserlo nemmeno il fatto che più della metà di loro è coinvolta nel paranormale, o lo è stata, per quel che conta.»

    «Significa che dobbiamo iniziare a pensare fuori dagli schemi in qualche modo. Fuori dai binari della normalità.» rispose Ann iniziando a ticchettare sulla tastiera. «Prima di tutto, cinque anni fa. Vediamo un po' cosa riusciamo a trovare.»

    Tutti gli anni sono caratterizzati da eventi particolari. Ce ne sono alcuni che lasciano l'impronta più di altri ed entrano nella storia per i motivi più disparati, e la ricerca dei cugini fece risollevare più di un ricordo - il che fu un sollievo, soprattutto per Zac. «Oh aspetta,» disse infatti. «Ricordi? L'anno in cui hanno sparato tutte quelle baggianate su Atlantide.»

Uscivano sempre fuori notizie del genere, ma quell'anno fu davvero un casino. Il più degli avvenimenti venne catalogato come una voce, una bufala, una svista o una storiella ben architettata da qualche blogger fantasioso. Nel giro di una settimana era passato tutto e nessuno ci aveva più pensato.

    Ann sorrise: «Cielo, sì. Perché, ricordi la storia degli alieni?»

    «Sai, la cosa mi rincuora. Non è che magari abbiamo a che fare con sei teorici del complotto?»

    «Continui a dimenticare la tua amnesia e la mia strana conoscenza di cose che non dovrei sapere?»

    Zac sbuffò: «Mi piacerebbe poterlo fare, ma no» commentò. Poi aggrottò le sopracciglia: «Senti, tanto ormai abbiamo capito che nulla ha più senso, perciò: non è che se ti sforzi puoi farti venire in mente qualcos'altro?»

    Ann non era granché convinta: «Non è esattamente un super potere, sai?»

    «Almeno provaci.»

Non funzionò, soprattutto perché Ann non sapeva bene a cos'avrebbe dovuto pensare. Fino ad allora tutti i dubbi, le sensazioni e le conoscenze le erano arrivate in automatico, senza che lei si sforzasse. Lo spiegò anche a Zac: la pasticceria che non aveva mai visto ma della quale sembrava conoscere l'ubicazione e tutto il resto che si era appuntata la sera prima. Non aveva dormito che qualche ora, perciò aveva avuto tutto il tempo di ripensarci - e così facevano due notti insonni, si disse, ma non era stanca e tantomeno lo sembrava. Decise di omettere quest'ultima parte: suo cugino ne aveva sentite già troppe.

    «Va bene, evitiamo che esploda la testa anche a te» si arrese alla fine il rosso, rimettendosi a pensare. «Altra cosa assurda: il fatto che io e i miei colleghi ci siamo dimenticati del pub - o almeno, loro di sicuro - e il fatto che nessuno ti ha vista entrare in libreria, non ti danno come l'impressione che quei due posti non siano mai esistiti? Insomma pensaci: dire che una persona è andata via per qualche motivo è facile, ma far sparire un intero luogo no.»

    Ann sbarrò gli occhi: «Oh mio Dio, hai ragione. Questo spiegherebbe il senso di vuoto e desolazione. Stanno cercando di sparire?»

    «Forse non loro, o almeno: io mi sarei dimenticato del mio capo e non avremmo trovato mezzo profilo social. Ma i luoghi dove lavorano sì... Per qualche strano motivo.»

    Come per fare la prova del nove, Ann aprì una mappa virtuale e iniziò a girovagare per Londra. Incredibilmente, nessuno dei due fu così stupito nel vedere che né il pub né la libreria erano più segnati. Al loro posto c'erano due bei buchi vuoti attorniati da bar e altri edifici tra attività e appartamenti. «Va bene: ed ecco perché la coppia non si aspettava visite. Guarda caso, però, l'amica di Mary si ricorda della libreria. Quali possono essere i motivi per fare una cosa del genere?» Chiese poi lei.

    Zac scosse la testa: «Non lo so. Nascondere qualcosa? O nascondere qualcuno.»

    «O entrambe.»

Stamparono un po' delle pagine più bizzarre che avevano trovato riguardo agli avvenimenti di cinque anni prima. Poi decisero di frugare un po' di più nei social, ma i due della libreria erano gli unici ad avere più di dieci foto - ed erano tutte di loro stessi, di Grace e di qualche gita. Una cosa era certa: avevano bisogno di più informazioni se volevano svelare i segreti dietro a quella storia.

    «Forse ho un'idea» disse Ann dopo aver riletto qualche bizzarro articolo su un reattore nucleare scomparso - che si era rivelata una montatura. «Ma non so se ti piacerà.»

    Zac, che ne frattempo aveva fatto un secondo giro nel profilo del suo capo, la guardò preoccupato: «Perché? Che vuoi fare?»

    «Ti ho promesso che non sarei più entrata nella libreria di nascosto» rispose lei con un sorriso tirato. «Ma non ti ho detto che non sarei entrata di nascosto nel pub, no?»

    Il rosso aggrottò subito la fronte: «Questa storia sta facendo uscire di testa anche te.»

    «Eddai Zac, ragiona. Quei due posti non esistono più: sarà come diventare invisibili». Invisibili come quel reattore, si disse poi.


**


    «Ricordami perché ti sto dando corda» lamentò Zac davanti alla serranda chiusa del pub.

Faceva particolarmente freddo quella mattina. Entrambi erano ben imbacuccati, immobili davanti alla sinuosa figura del serpente. Dietro di loro - Ann ci aveva dato un'occhiata - la libreria era chiusa ma la macchinina della coppietta era tornata, perciò loro dovevano essere all'interno.

    «Dobbiamo trovare il modo di entrare» disse la ragazza, ignorando la lamentela del cugino. «Non so se quei due possano vederci, o meglio: non so se lei possa vederci, ma mai dare le cose per scontate.»

    «Strega o no,» commentò il rosso guardandosi attorno, «avevi ragione sull'invisibilità. Il trucchetto pare funzionare alla grande». Provò persino a mettersi davanti a un signore al telefono, salvo spostarsi all'ultimo, ma questi lo ignorò completamente, andando per la sua strada. «È fichissimo e spaventoso allo stesso tempo.»

Qualsiasi tipo di strana magia fosse - sempre che fosse magia in primis - doveva essere entrata in funzione la sera in cui Ann aveva visto la famigliola la prima volta. Ricordava benissimo come Mary avesse notato il pub chiuso la mattina dello stesso giorno, chiedendo ad Ann se ci avesse fatto caso. Zac l'aveva persino elogiata per quell'attenzione ai dettagli, e si era chiesto se anche Mary - ora che era infilata a sua volta nella questione - sarebbe stata vittima degli strani eventi. Decisero di tenere d'occhio anche quel dettaglio e andare avanti.

    Ann annuì all'affermazione del cugino. «La serranda ha una maniglia» disse poi. «E non è nemmeno bloccata. Temevo fosse automatica» ammise con una punta di timore. Era una di quelle pesanti serrande aperte, la cui griglia frontale le aveva dato la possibilità di osservare i dettagli della facciata. Se ci si metteva in mezzo alla strada, le linee rosse sulla griglia formavano l'ormai familiare serpente. Invisibilità o meno, aprirla era pur sempre un reato, e Ann aveva già fatto arrabbiare suo cugino una volta.

    «Sì, ha fatto strano a tutti all' inizio. Il signor C ha detto che anche aprendola sarebbe impossibile rompere il vetro, o la porta» spiegò Zac, facendo spallucce. «Non che ci sia molto da rubare in un pub, comunque. Men che meno adesso che possiamo vederlo solo noi». Detto ciò, andò ad afferrare la maniglia. Ann si propose di dargli una mano, ma lui disse che era troppo pesante e si sarebbe fatta male. Gli ci volle un bel po'di sforzo, ma alla fine riuscì a sollevare la serranda. «Ed ecco perché di solito ci pensiamo io e Sam. Che fatica.»

Ann a quel punto fissò l'elegante porta d'ingresso sul quale, ovviamente, era stato messo un altro bel serpente rossastro. Niente nomi, niente indicazioni: solo quel logo ancora e ancora.

    «E ovviamente la porta è chiusa» fece notare Zac dopo aver tentato di aprire anche quella. «E le chiavi ce le ha Sam. Hai una forcina per capelli?»

    Ann alzò un sopracciglio: «Da quando scassini porte?»

    «Da mai» precisò lui. «Ma hai altre idee?»

Ann riprese a fissare l'ingresso e le venne in mente un'altro pensiero inconscio: se aveva funzionato con la libreria, allora poteva funzionare col pub. Non aveva senso ed era molto improbabile che fosse così - la libreria era rimasta aperta per sbaglio, si disse. Ma di nuovo, il suo braccio fece da sé, andando a sbloccare la maniglia come se nessuno l'avesse mai bloccata in primis. L'ingresso si aprì senza un rumore, senza un cigolio. Davanti a loro si stagliò una scura stanza vuota che odorava di pulito.

    Entrambi rimasero in silenzio, inebetiti. «Cosa sei, un passpartout?» Chiese Zac, guardando davanti a sé come se si trovasse davanti ad una delle sette meraviglie del mondo.

    «Immagino di sì» bisbigliò Ann, entrando per prima.

Un bancone, qualche tavolo, la tv, uno spazio rialzato a mo' di palco... Tutto era perfettamente pulito e in ordine, nonostante nessuno passasse a riordinare e controllare da ormai da poco più di un paio di giorni. Inoltre, incredibilmente, Ann non sentì il senso di vuoto che aveva sentito nell'edificio di fronte. L'unica cosa strana che aleggiava nell'aria lì dentro era uno strano senso di ansia, ma la giovane non riuscì a capire se fosse il suo stato d'animo o qualcos'altro.

    Si riscosse quando sentì la spalla di Zac contro la sua. Era tornato pallido e si guardava attorno con timore. «Tutto bene?» Gli chiese, prendendogli un braccio. Avevano pensato che potesse sentirsi male già prima di uscire, tanto che Ann aveva riconsiderato più volte l'idea di venire da sola. Il problema era che Zac conosceva il pub, perciò poteva darle qualche dritta - e poi si era categoricamente rifiutato di farla andare via senza di lui.

    Il rosso annuì: «Sì, scusa. È che ho come l'impressione che non dovrei essere qui.»

    «Diamo un'occhiata in giro e andiamo via» propose Ann, iniziando a cercare, beh, qualcosa. Lasciò che suo cugino si staccasse da lei, ma continuò comunque a buttare un occhio su di lui di tanto in tanto.

    «Sembra tutto come lo abbiamo lasciato» disse quest'ultimo facendo scivolare le dita sul bancone di mogano. «Odio doverlo dire, ma potresti fare la tua magia sulla porta dell'ufficio. Il capo lo chiude sempre a chiave prima di andarsene.»

Zac accompagnò Ann oltre i bagni. Da lì si apriva un breve corridoio che dava su due porte: secondo il rosso, a destra c'era la stanza dei dipendenti - laddove lasciavano borse e cappotti prima del turno - e a sinistra la proibitissima tana del serpente - era così che chiamavano l'ufficio.

    «Non ci siete mai stati?» Chiese Ann guardando la bella e lucida porta nera davanti a sé.

    Zac fece spallucce: «Nah, non ne abbiamo mai avuto motivo. Ma se fossi nel signor C, è lì che nasconderei qualcosa all'occorrenza.»

    E così Ann decise di abbassare anche quella maniglia. «A questo punto, ho come l'impressione che la libreria fosse effettivamente chiusa ieri» disse, aprendo anche quella porta.

    L'altro scosse la testa: «Ormai non mi stupisco più... beh, più o meno. Ho comunque la pelle d'oca.»

Entrarono senza far rumore ed Ann si rese conto di essersi aspettata chissà cosa. L'ufficio di Crowley era scuro, ordinato e pulito: tre cose che ormai aveva capito essere parte integrante della sua personalità. C'erano un elegante tavolino con due sedie, scaffali pieni di liquori dall'aspetto lucido e addirittura invitante, qualche cassettiera e una scrivania in fondo, proprio davanti alla finestra. Su di essa erano poggiate alcune foto incorniciate, un libro e un pc cosi sottile da sembrare un foglio. Accanto alla finestra c'erano persino due belle e floride piante - del tutto simili a quella che Ann aveva visto in foto il giorno prima - che non sembravano aver sofferto né la poca luce soffusa, né la mancanza di acqua.

    «Dici che è stato qui?» Chiese Zac indicandole. «Il terreno nei vasi dovrebbe essere secco a quest'ora.»

    «Se è così, sarà meglio sbrigarsi» affermò Ann. «Anche perché non hai una bella cera.»

    L'altro non poté essere più d'accordo. Qualsiasi cosa ci fosse attorno a quel posto sembrava farlo stare male, ed Ann era decisa a voler trovare una soluzione. «Siediti qui» gli disse, facendolo accomodare sulla morbida sedia da ufficio dietro la scrivania.

    Zac si sedette, quasi affaticato. «Ma tu guarda,» disse poi, prendendo una delle foto. «Non sono Ana-come si chiama e il suo compagno?»

    Ann diede subito un'occhiata: «Loro, il signor Fell, il signor C e Grace, sicuramente non molto dopo la sua nascita. Beh, volevamo la conferma? Eccola qui. Si conoscono.»

    Poi lo sguardo di entrambi cadde sulla foto più vicina. Fu Ann a prenderla. «Sbaglio o sembra bella vecchia?»

    «Non sbagli. Sembra di guardare nell'album del nonno» commentò Zac.

Ritraeva i loro due misteriosi ricercati felici e contenti al tavolo di un bar, o un altro pub. In effetti l'immagine era consunta, sui toni del grigio, una di quelle che trovi nelle soffitte delle persone anziane.

    «Tu quanti anni daresti al tuo capo?» Chiese Ann, comparando la sua foto con quella in mano al cugino.

    Zac, che si era messo a fare la stessa cosa, sembrò avere un groppo in gola. «Non saprei. Una cinquantina? Poco meno? È difficile da dire.»

    «Quindi significa che è nato nel settanta? Settantacinque?»

    «Ann, questa foto sarà del settanta, settantacinque» affermò il rosso, dando voce ai pensieri di entrambi. «Quindi le cose sono due: o assomigliano terribilmente ai loro parenti, o qualcosa qui non quadra.»

    La giovane continuò a fissare le foto, ma si rese conto che l'unica vera differenza era la lunghezza dei capelli di Crowley. Per il resto, era chiaro come il sole che i soggetti fossero gli stessi: Fell aveva lo stesso sorriso cordiale che lei stessa gli aveva visto in volto un sacco di volte, gli stessi abiti eleganti dall'aria datata - con lievi variazioni - e persino lo stesso identico taglio di capelli. «Chi accidenti sono questi due?» Sussurrò, incredula.

    Zac si era poggiato un braccio sulla fronte, la foto in grembo e lo sguardo verso il vuoto. «Ah guarda, a questo punto potrebbero essere vampiri, o zombie, o che so io.»

Ann avrebbe voluto ribattere, ma non sapeva più cosa dire. Rimise la foto apposto, rimettendosi a pensare. Che ci fossero forze oscure dietro quella storia era chiaro, ma dovevano capirne la natura e capire cosa centrassero loro due in tutto ciò. Era come se qualcosa li stesse attraendo in mezzo al marasma, anzi: era come se qualcuno volesse che lei stessa svelasse l'arcano. In fin dei conti, Zac sarebbe dovuto restare all'oscuro di tutto, ed era solo per via del suo messaggio che si era accorto che qualcosa non andava. Vero era che lo stesso trucchetto non sembrava funzionare anche con i suoi colleghi, però...

    Non sapendo che altro fare, il rosso decise di prendere il libro accanto a sé: «Beh, sei tu la lettrice: ti dice qualcosa?» Chiese, passandolo alla cugina.

    Ann scosse la testa. «No, ma sembra un thriller» affermò, dando una veloce occhiata al retro. Lo aprì delicatamente e sbarrò gli occhi: «C'è un messaggio» disse. Era scritto a matita nel corsivo più dolce e pulito che avesse mai visto.

    «Ah sì? Cosa dice?»

    «L'ho visto stamattina dietro ad una vetrina. Sembra aver avuto successo e sembra anche una delle poche cose che leggeresti volentieri» lesse Ann. «Fammi sapere cosa ne pensi, firmato-» Quel nome si stagliò davanti ai suoi occhi come se fosse appena comparso sulla pagina. Suonava particolare, bizzarro e incredibilmente familiare. Tanto, troppo familiare.

    Zac sbatté gli occhi un paio di volte: «Che c'è?» Chiese, alzandosi a fatica.

Ann non rispose: si sentiva bloccata sul posto, quasi congelata. Sentì suo cugino avvicinarsi per dare un'occhiata al messaggio e il suo sguardo si posò sul computer. Le informazioni dovevano essere lì, si disse, mettendo distrattamente il libro nelle mani di Zac e andando ad afferrare il leggerissimo pc.

    L'altro non ci fece subito caso, troppo occupato a decifrare il corsivo: «Ma c'è qualcuno che abbia un nome normale da queste parti?» Commentò. «Aziraphale? Andiamo. Mai sentito in vita mia.»

    «Nemmeno io. Eppure sono sicura di conoscerlo» disse Ann, mettendosi la refurtiva sotto braccio.

    «Come con Grace?» Chiese Zac. Poi alzò lo sguardo su di lei e divenne più pallido di prima: «Non lo vorrai rubare?» Chiese, indicando il pc.

    «Beh, direi che è un po' tardi» rispose lei andando verso la porta.

Zac ebbe un po' da ridire mentre uscivano, ma fu subito chiaro che ormai avevano compiuto il furto con scasso più strano della storia. Alla fine si era portato il libro dietro, un po' perché era rimasto stupefatto dagli eventi, un po' perché tanto ormai si sarebbe potuto portare via una bottiglia di whisky e non sarebbe cambiato granché.

Si curarono solo di chiudere la porta e si avviarono verso casa.

    «Mi sento decisamente meglio» commentò il rosso a metà strada. «Tu? Sembravi scossa prima» chiese, evidentemente preoccupato.

    Ann annuì, cercando di apparire il più tranquilla possibile. «Sai, la libreria sembra innaturalmente vuota e il pub sembra pervaso da una strana nebbia di, beh, ansia e disagio» Spiegò. «Ricordi quando hai detto che se avessi dovuto dire che fine avesse fatto il tuo capo, avresti detto che era andato ad un funerale?»

    Zac annuì: «Perdere qualcuno è devastante. Anche io avrei chiuso tutto e avrei liquidato il personale se mi fosse successo.»

    «E se fosse così?» Propose Ann. «E se fosse quello il motivo per il quale ha voluto farvi dimenticare il pub? Magari ha perso qualcuno, ha deciso di chiudere, e col tempo vi sareste dimenticati anche di lui.»

    «E magari è per quello che mi sono sentito come se non avessi dovuto trovarmi lì...» ragionò lui. «Aspetta, ma hai detto "ansia e disagio" no? Non tristezza, lutto o che so io. Sempre se ho capito come funziona.»

    Ann spostò lo sguardo verso il thriller in mano al cugino. Lui seguì e si fermò in mezzo al marciapiede, costringendo lei a fare altrettanto. «Però hai anche detto che la libreria sembra vuota» Realizzò. «Come se...». Riaprì la pagina con il messaggio, rimirandolo.

    «Aziraphale,» ripeté Ann. «L'insegna della libreria dice che il primo nome del signor Fell inizia per "A".»

    «Nome ridondante» commentò Zac. «Aspetta... Vuoi dirmi che quello davvero scomparso è lui?» Concluse.

    Ann annuì: «Avrebbe senso. Pensaci: hai detto che sono amici, e a giudicare dalle foto si conoscono da chissà quanto di quel tempo. La libreria sembra desolata, oltre che in mano a due persone che stanno mettendo tutto a soqquadro, e posso assicurarti che secondo Fell c'è un posto all'inferno apposta per chi lascia i libri in giro - testuali parole». Si fermò per lasciare che suo cugino si facesse una risatina, poi continuò: «In sostanza, è ovvio che il proprietario sia sparito ed è doppiamente ovvio che Crowley lo stia cercando in ansia.»

    «Quindi ci stiamo basando sulle tue sensazioni? Va bene, posso accettarlo» concluse Zac. «Mettiamo caso che sia vero: sono amici, ciò spiegherebbe il coinvolgimento del resto del gruppetto. Ora la domanda è: cosa centriamo noi in tutto ciò? Va bene, un tizio-barra-essere sovrannaturale di qualche sorta è sparito. E quindi? Siamo comuni mortali noi: a cosa serviamo?»

    «Tu lavoravi nel pub» ragionò Ann. «E grazie al mio messaggio sei l'unico ad essere sfuggito all'amnesia totale. Io, beh... Non posso fare a meno di pensare che il libro che mi è stato prestato centri qualcosa.»

Ripresero a camminare.

    «Va bene, proposta» disse Zac dopo qualche minuto di silenzio. «A casa rivediamo di che tratta il libro che ti ha dato Fell e frughiamo nel computer del mio capo. Dopo aver mangiato, però. Stare lì dentro mi ha distrutto.»

Ann acconsentì e insieme tornarono in appartamento.

   
 
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