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Autore: Mistjca    08/09/2009    5 recensioni
Albus Silente è ancora preside. (E chi lo schioda.)
Il mondo magico è ancora in pericolo. (E quando mai no.)
Draco Malfoy, invece, è ufficialmente in crisi.
Nuove presenze venute da lontano -molto lontano- intaccano il delicato equilibrio di Hogwarts, che non è mai stato così in bilico.
Una ragazza nasconde un segreto, un'altra è disposta a giocarsi la vita pur di proteggere la cosa che ama di più al mondo.
E all'improvviso a mettere a ferro e fuoco la scuola ci pensano loro: gli studenti.
"E dimmi, Tom Riddle, la vittoria ti sembra ancora così vicina?"
(T.Riddle risponderebbe, secondo me:"No. Cioè, non lo so. Nel frattempo, passami i pop corn.")
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Campo Estivo. (Anche detto, un'altra delle eccelse idee di Albus Silente.)


Era sorto uno strano sole, aveva pensato Hermione Granger con lo sguardo al di là della finestra della tenda.
Troppo rosso, troppo insolitamente grande.
Si ricordò dei film babbani che guardava da bambina, la domenica pomeriggio.
Albe così, di solito, determinavano l’inizio di un’era.


L’alloggio di Hermione e Ginny, e quelli di tutti gli altri, erano montati in mezzo a una prateria sterminata che confinava con uno dei boschi più grandi d’Inghilterra.
In un enorme campo, che un tempo non troppo lontano dal nostro presente aveva ospitato i mondiali di Quidditch, la strana alba aveva lasciato il posto a un mattino mite e soleggiato e un immenso sciame di studenti si muoveva frenetico intorno a macchie colorate che in realtà erano tende. I genitori stavano ammassati tutti da una parte, ad ascoltare con vaga pazienza e blando interesse quanto la professoressa Minerva McGranitt aveva da dire loro.
“Silenzio, per favore!” gridò quella, sentendo una goccia di sudore gelarsi sulla fronte. “Se foste così gentili da prestarmi due minuti di attenzione, vi spiegherò in cosa consisterà la nostra permanenza qui al…”
Poco lontano, Madama Chips armeggiava con una serie di bende e boccette, che stipava febbrilmente in un armadietto all’apparenza senza fondo.
In mezzo a quel coloratissimo vivamaria di figure, una macchia nera attraversò d’improvviso tutta la lunghezza del campo con passo veloce e frettoloso.
Severus Piton cercava Silente.
Si guardò intorno, rispondendo con bruschi cenni del capo ai saluti di alcuni studenti, e lo individuò. Era sotto il gazebo adiacente la tenda di Horace Lumacorno; ridevano, e da quella distanza si sarebbe detto che il liquido ambrato che riluceva nei bicchieri fosse idromele barricato, e che avesse già lievemente intaccato il tasso alcolemico dei due maghi.
“Preside!” lo chiamò, avvicinandosi di gran carriera.
“Preside!”
Silente si voltò con estrema serenità, e lo fissò benevolo da dietro gli occhiali a mezzaluna.
“Preside, sono qui.” Concluse Piton, senza specificare esattamente a cosa si riferisse.
Silente fece schioccare la lingua in segno di approvazione.
“Lo so.”, rispose.
 


Ronald Weasley fece appena a tempo a poggiare il bicchiere di succo di zucca che vide una matassa bianca ondeggiare a mezz’aria, poco lontano dal tavolo dove lui, Hermione, Harry, Ginny e alcuni altri Grifondoro stavano facendo lo spuntino delle undici e mezza.
“Ma cosa…” disse, cercando di attirare l’attenzione di Harry con una possente gomitata nel costato, gesto col quale rischiò di accoppare il Prescelto togliendo a Voldemort tutto il divertimento.
Harry, quando si fu ripreso, alzò lentamente gli occhi per mettere a fuoco il punto che il suo migliore amico gli stava indicando.
Improvvisamente, la matassa bianca si voltò, rivelandosi per quello che effettivamente era: capelli.
Capelli lunghi oltre i fianchi, di un biondo così chiaro da sembrare bianco.
Capelli, che cadevano ai lati di un viso perfettamente affusolato, dalle labbra non troppo piene ma vagamente rosa, e soprattutto dagli occhi. Occhi grandi, chiarissimi, di un incredibile azzurro ghiaccio che spiccavano su un incarnato dal pallore etereo, quasi non fosse mai stato toccato dal sole.
Ron non fece neanche in tempo a chiudere la mascella, che i capelli e tutto quanto li concerneva si voltarono alla ricerca di qualcosa.
Quando la trovarono, il qualcosa era l’esatto opposto fisico dell’altra.
La carnagione dorata, capelli neri come la notte che le svolazzavano a metà schiena, grandi occhi gialli a mandorla e labbra piene che si muovevano impercettibilmente come a voler comunicare sottovoce un grande segreto all’amica.
“E quelle due chi sono? Faranno parte del corpo insegnante?”
“Ci mancava la cazzata delle undici e mezza.”
La voce che gli rispose non apparteneva certo a Harry. Infatti, Ronald si voltò ancora mezzo frastornato dalla visione e incrociò l’ultimo viso che avrebbe scommesso di incrociare sulla faccia della Terra.
Draco Malfoy, che sicuramente transitava di là con qualunque intenzione tranne quella di rivolgergli la parola, abbozzò un sorriso sbilenco rivolto al nulla mentre si avviava di gran carriera verso i due oggetti non identificati.
Al che Ronald, tirando Harry per il bavero della camicia, fu protagonista di un gesto dall’audacia tale da lasciare di stucco tutti i commensali.
Ruggendo impercettibilmente, e trascinando un Harry non troppo convinto dietro di sé, andò dietro Draco con passo marziale.
 


La sconosciuta bruna piantò gli occhi in un punto che sembrava ingrandirsi man mano che si avvicinava.
Toccò impercettibilmente la pelle del braccio dell’altra.
La bionda si voltò di scatto, prima verso l’amica e poi verso il punto.
Draco Malfoy camminava, una mano in tasca e l’altra lungo il fianco, inequivocabilmente, inesorabilmente verso di loro.
Quando gli fu davanti, la bruna lo guardò negli occhi.
Draco non potè evitare di sentirsi un po’ sotto esame, tuttavia sorrise con tutta la gentilezza di cui era capace.
Nessuno parlò, tanto che a Draco parve opportuno iniziare un qualche tipo di conversazione, passando gli occhi dall’una all’altra.
“Sono Draco Malfoy. Non vi ho mai viste, da queste parti.”
Le ragazze lo guardarono senza alcuna reazione visibile.
“Draco.- disse infine la bionda, con una voce suadente e antica- Ho conosciuto tuo padre.”
“Ah sì?- fece lui, lieto che qualcuno si fosse unito alla conversazione- e dove?”
“Eh, dove…”
Draco non fece neanche in tempo ad aggrottare le sopracciglia in segno di confusione, che da dietro gli spuntò una testa rossa.
“Salve ragazze, vi siete perse? Io sono Ron, Ron Weasley… e lui è Harry.”
“Harry Potter.”, concluse la bionda con espressione indecifrabile, prima che lui potesse finire.
Malfoy alzò gli occhi al cielo.
“Anche detto lo sfregiato.”
“Taci, Malferret.”
“Potter, prima ti pettini e poi mi rivolgi la parola.”
“Potresti prestarmi un po’ della bava di lumaca con cui ti pettini tu, cosa dici?”
Malfoy aprì bocca per ribattere, visibilmente irritato, ma un suono cristallino invase l’aria costringendolo a tacere.
La bruna, che fino ad allora non aveva aperto bocca, stava ridendo con una mano davanti agli occhi, e scuoteva la testa.
Tale fu il trauma che tutti zittirono.
La bionda accennò un sorriso, gettandole un’occhiata divertita.
“Io sono Malveria.”, disse la bruna, stringendo la mano di Malfoy, poi quella di Ron e poi quella di Harry.
“Lei- disse, indicando l’amica- è Aquamarine.”
Aquamarine si limitò ad accennare un gesto con la mano, rivolto a tutti e a nessuno in particolare.
Dopo alcuni secondi di pesante silenzio, Malfoy, appena diventato il genio internazionale della civil conversazione, sfoderò nuovamente la sua verve e chiese: “Da che scuola venite?”
“Siamo in fase di trasferimento.- rispose Malveria.- A Hogwarts.”
Draco le sorrise, ma quello che pensava fu chiaro agli occhi di Malveria.

Una risposta che non era una risposta.


“Ah, bene!” , rispose Ron. “Beh, spero di vedervi a Grifondoro.”
Aquamarine sorrise. “Lei sicuramente. Io, dubito.”
Tre paia di occhi (quattro, con gli occhiali di Harry), si voltarono a guardarla tra l’interrogativo e lo spaventato.
Malveria sorrise.
“La mia amica preferisce Serpeverde. Ritiene che il coraggio e la propensione per il salvataggio del mondo di cui si fanno portavoce i Grifondoro voglia solo dire che sono stati abbracciati poco da piccoli.”
Aquamarine scosse i capelli, rivolgendole un sorriso d’approvazione.
Un lievissimo suono pervase l’aria, troppo leggero per essere identificato.
Harry e Ron abbozzarono un sorriso timido, mentre Draco guardò Aquamarine, pieno di interesse.
“Bene. Noi andiamo, allora.”, disse Harry, strattonando la manica della t-shirt di Ron nella speranza di interrompere il coma vigile nel quale era sprofondato.
Aquamarine, vagando con sguardo curioso per l’orizzonte che le si parava davanti, identificò Severus Piton che si sbracciava tipo vigile urbano in lontananza, nel tentativo di attirare la loro attenzione.
“Mal. Dobbiamo andare.”, disse semplicemente, rivolgendo uno sguardo complice a Draco, che era ancora lì e incamminandosi verso il professore.

Ancora quel lievissimo suono.


“Tu sei un Serpeverde.” disse Malveria, guardando negli occhi il suo nuovo amico.
Draco la guardò sorridendo. “Si nota tanto?”, chiese.
“Un po’. Prevalentemente, dall’aria arrogante, i bei vestiti e il fascino del pericolo.”
Il sorriso di Draco si allargò. Era davvero divertito. Era così raro, che qualcosa lo divertisse.
“E tu sarai una vera Grifondoro.”
Malveria rispose al sorriso. “Dici?”
“Dico. Prevalentemente, dall’aria naturalmente gentile, da quanto ti sforzi di giudicarmi senza pregiudizi sul cognome o la Casa, e da quanta ironia ci hai messo a spiegare perché la tua amica preferiva i Serpeverde.”
Malveria tacque, abbassando gli occhi.
“Le voci che girano ti vorrebbero un tronfio, stupido figlio di papà viziato e codardo. Non lo sembri.”, soffiò d’un tratto, guardandolo.
Draco sorrise di nuovo. “Dici?”, chiese.
Quindi si voltò, alzando la mano in cenno di saluto.
“Cosa avranno tanto da dirsi quei due?”, chiese Ron sporgendosi sul tavolo verso Harry. “Lei sembrava una ragazza così gentile!”, soffiò, indignato.
“A te cosa interessa, Ronald?”, sibilò Hermione, voltando pagina al Profeta.
Malveria, invece, si era girata e si era avviata verso il punto in cui Aquamarine e Piton erano, a braccia conserte, chiaramente in sua attesa.
 


 

Io mi vesto da assassino col mio passato, ho esagerato ma è più forte di me…


 


 


Albus Silente osservava dolcemente le sue due ospiti.
La tenda era incredibilmente somigliante al suo studio a Hogwarts, piena di quadri e strani oggetti. Il preside Dippett li occhieggiava da una cornice, e Fanny piegava leggermente il capo, studiando la scena.
“Armando!”, sussurrò Aquamarine sottovoce al vecchio quadro, “Smettila di dimenarti e di lanciare occhiate inquisitrici! Ci metti tutti a disagio!”
Malveria ruotò con discrezione gli occhi verso il quadro, che stava sbuffando sonoramente davanti all’insubordinazione della bionda, quindi sorrise impercettibilmente.
“Il professor Piton mi diceva che avete già fatto amicizia.”, incalzò il Preside, spingendo gentilmente verso di loro una ciotola piena di liquirizie.
Malveria ne prese una, e Silente fece un cenno soddisfatto di approvazione.
“Sì. Abbiamo conosciuto Ron, Weasley, suppongo, Harry Potter e Draco Malfoy.”
Il Preside annuì.
“E che ve ne è parso?”
Malveria si strinse nelle spalle. “Non credo sia così spregevole e antipatico come dicono.”
Silente le gettò un’occhiata saggia e condiscendente.
“Io mi riferivo a Harry, Malveria.”
Malveria sorrise, imbarazzata. “Non è che abbia parlato molto.”
Il Preside annuì. “Avrai tempo per parlargli, stai pure tranquilla. Allora, nome e cognome qui sotto, per favore.”, concluse, porgendo alle ragazze due piume.
Malveria esitò.
“Signor Preside…?”
Il Preside alzò gli occhi, rivolgendole uno sguardo penetrante. “Sì, signorina Montague?”
Malveria non disse nulla.

Malveria Montague, scrisse in bella grafia sulla pergamena. Quindi, la porse ad Aquamarine.
La bionda esitò un momento, poi scrisse sotto il nome dell’amica.

Aquamarine Blane.


Il Preside sorrise, soddisfatto.
“Giocate a Quidditch?”, chiese a bruciapelo.
Malveria sorrise. “Certamente.”
Aquamarine annuì, distratta.
“Bene. Allora, quando verrete smistate nelle rispettive case, chiederete vostri Capitani. Malfoy per Serpeverde, Potter per Grifondoro, Mondrian per Corvonero e Moody per Tassorosso. Quest’anno abbiamo le squadre un po’ a corto di personale.”
Le ragazze sorrisero.
“E quando verremo smistate?”, domandò Aquamarine, fissando un punto al di là della spalla destra del Preside.
Il Cappello faceva bella mostra di sé su uno scaffale di legno scuro.
Il Preside sorrise.
“Anche ora, se lo desiderate.”
Aquamarine, che era rimasta con le braccia incrociate al petto tutto quel tempo, si mosse impercettibilmente sulla sedia.
“Se fosse possibile, magari. Non ho moltissima voglia di essere smistata insieme a un branco di undicenni terrorizzati.”
Detto ciò, sorrise con una gran faccia di tolla.
Il Preside, che l’aveva osservata con un’ironica alzata di sopracciglia fino a quel momento, rivolse lo sguardo a Malveria.
“Per me va bene.”, disse semplicemente lei.
Silente battè le mani. “Perfetto. Ci servono testimoni. SEVERUS!”
Piton balzò dentro la tenda.
“Sì?”
“Ci servono i quattro Capicasa e i quattro Capiscuola, cortesemente. Dobbiamo smistare queste ragazze.”
Piton annuì con la consueta aria schifata, quindi sparì oltre la porta.
“Professore… non crede che qualcuno si insospettirà, con tutta questa pantomima? Arriviamo al settimo anno, ci smistano in cerimonia privata, insomma, non stiamo dando un po’ nell’occhio?”
Il preside rivolse uno sguardo complice a Malveria.
“Non era nostra precisa intenzione, dare nell’occhio?”
“Sì, ma non sembrare una carboneria.”
Aquamarine, dal suo silenzio, se ne uscì con una risatina.
Silente sorrise alla bruna, condiscendente.
“Tuo padre mi diceva che hai un bel temperamento, qualche tempo fa.”
Malveria aprì bocca per ribattere, ma Minerva McGranitt spuntò dall’ingresso della tenda, e al suo seguito quattro studenti e tre professori.
Una donna tozza e gioviale che doveva essere la professoressa Sprite, Capocasa dei Tassorosso.
Un omino minuscolo con dei piedi enormi che o era uno hobbit o era il professor Vitious, Capocasa dei Corvonero.
Poi, naturalmente, Severus Piton.
Una ragazza con voluminosi capelli ricci che, quando sorrise, scoprì gli incisivi un po’ sporgenti presentandosi come Hermione Granger.
Gli inconfondibili capelli biondi di Draco Malfoy, accanto a Piton.
Un bel ragazzo con i capelli neri scalati e spettinati, mossi, lunghi fino alle spalle, il viso un po’ volitivo che si presentò come Cobus Mondrian, Caposcuola dei Corvonero.
Una ragazza piena di treccine afro di due tonalità di castano, una scura e l’altra quasi bionda, e gli occhi vispi che si identificò come Temperance Moody, Caposcuola dei Tassorosso.
Malveria aveva ancora gli occhi sulla sfilata di maghi, quando sentì qualcosa in testa.
Poi, la cosa iniziò a parlare.
“Che testa, che testa… e quanto coraggio… Ah! Amore… così non si ama più, lo sai? Sei giusta, ragazza, molto giusta… e sei buona… penso che non potresti essere assegnata che, sicuramente, ai GRIFONDORO!”
Hermione le sorrise cordiale, tendendole una mano che lei strinse, alzandosi.

La McGranitt le toccò maternamente una spalla, quindi tutti si voltarono verso la bionda che, già sotto il cappello, aveva l’aria estremamente annoiata.
“Tu?”, chiese il cappello.
“Sì.”
“Perché?”
“Affari miei.”
Il cappello, ammesso che potesse farlo, sospirò.


“Dove vuoi stare?”
“Lo sai.”
“SERPEVERDE!”, gridò il cappello, e Aquamarine rivolse un sorriso sufficiente agli astanti. Prese la mano che Draco Malfoy le aveva porto per aiutarla, senza che ce ne fosse alcuna necessità, ad alzarsi dalla sedia e neanche si preoccupò di guardare Piton.
“Ottimo, ottimo.”, disse il Preside.
I Corvonero e i Tassorosso svanirono velocemente, congedandosi con educazione.
Anche Piton, rivolgendo al Preside uno sguardo poco interessato, prese la via dell’uscita.
“Bene. Grazie signorina Granger, può chiamarmi cortesemente il signor Potter? Già che siamo qui, sistemiamo anche questa.”
Hermione, un po’ confusa, si affrettò ad obbedire.
Harry apparve due minuti dopo, facendo capolino dalla tenda.
“Che ho fatto?”, chiese.
Il Preside sorrise. “Niente. Vieni. Questa è Malveria Montague, è una tua compagna di Casa e mi diceva che gioca a Quidditch.”
Harry le sorrise, gentile.
“Ah, bene! In che ruolo giochi?”
“Cacciatore.”
Harry le appoggiò una mano sul braccio. “Mi serviva giusto un cacciatore da affiancare a Ginny! Ti andrebbe di farmi vedere cosa sai fare?”
“Certamente.”, ribattè Malveria.
“Un amichevole?”, chiese il Preside, spostando lo sguardo da uno studente all’altro.
Harry alzò gli occhi, con aria supplichevole. “E’ possibile?”
“Beh…”
“Io me la cavo da cercatore.”, disse Aquamarine rivolta a Draco.
“Allora puoi sostituirmi tu. Avevo deciso di passare al ruolo di cacciatore.”
“E perché?”
“Noia, suppongo.”
Aquamarine sorrise. A Draco non piaceva granchè il Quidditch, era evidente.
“Perfetto. – disse Silente, guardando i suoi allievi- Allora organizzate un amichevole Grifondoro-Serpeverde, e testate le abilità dei nuovi acquisti.”
Malveria si avvicinò al Preside.
“Scusate il candore, ma non credevo che l’aggettivo amichevole potesse associarsi a Serpeverde e Grifondoro.”
Draco le sorrise, di nuovo, divertito.
“Infatti.”, disse.
Lo sguardo di Albus Silente si indurì di quel minimo che faceva intuire che non ci sarebbe stato nulla da discutere.
“Il permesso lo avete. Comportatevi bene.”
Si congedarono con un gesto di saluto, e si avviarono verso l’uscita.
“Era una minaccia?”, sussurrò Malveria a Harry.
“Ho paura di sì.”, rispose il ragazzo.
Si sorrisero, mentre uscivano dalla tenda.
 

Tell a secret, watch it as it grows.

 

 


“Ma le hai viste?”
“Le ho viste.”
Questo rapporto domanda-risposta si reiterava da cinque minuti buoni, e Daphne Greengrass cominciava ad averne un po’ piene le palle.
Pansy Parkinson era chiaramente gelosa della ragazza bionda che sedeva accanto a Draco, giocherellando con la sua uva.
“Ma ti pare normale?”, tuonò ancora il Carlino, in piena fase dissotterramento ascia di guerra.
Daphne puntò serafica gli occhi verdi nei suoi.
“Cosa, precisamente?”
Poco mancava a che le orecchie di Pansy producessero getti di fumo come le caldaie dei treni.
“Tutto!”
Daphne cercava di leggere, in verità. Ma, grazie al tempestivo intervento del nostro carlino preferito, non era riuscita ad andare oltre la quinta riga di pagina otto. Continuava a tornarci ogni volta che la Parkinson cessava di parlare, nella muta speranza di capirne il senso. Non ci riusciva, perché appena iniziava a rileggere la riga quella ricominciava a borbottare come una pentola a pressione.
Ecco cosa faceva.

Borbottava.


“Pansy, stai dicendo un rosario?”
“Eh?”
“E che ne so, parli sottovoce così velocemente e in maniera così atona che o ti stai ripetendo una serie di avemarie oppure stai continuando a lamentarti di quelle nuove, il che mi farebbe mortalmente girare i coglioni. Mi spiego?”
Pansy si rimpicciolì, risentita.
“Ti spieghi. Ma se non parlo con te, con chi parlo?”
“Con Milly. Dov’è Milly?”, ribattè Daphne, guardandosi intorno speranzosa.
“Non lo so. È sparita.”

La Parkinson la stava guardando con aria supplichevole.
“Beh, valla a cercare!”, ribattè secca la bionda, “Oppure riprenditi il tuo uomo.”, rettificò, indicando Draco con un gesto lieve della mano curata.



Sì, sono io. L'autrice.L'HTML sta dando dieci minuti di numeri, mi scuso per il disagio. Riparerò al prossimo capitolo, ma non prima di aver mietuto vittime alla Microsoft. Baci e abbracci.
 


 

  
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