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Autore: benedetta_02    07/07/2022    0 recensioni
Agata Giordano è una giovanissima ragazza che ha avuto l'onore di partecipare alla resistenza italiana che ora però ha solo bisogno di tornare nella sua città, Torino, per ricongiungersi con la sua famiglia e le sue vecchie conoscenze. Ma quello che troverà sarà solo morte, fame, terrore e così decide di ripercorrere passo passo la sua esperienza da partigiana attraverso i ricordi. Amori impossibili, segreti inconfessabili e un ruolo della donna sempre più di maggiore spicco, una donna stanca del passato e che ha un solo sogno: andare via.
Genere: Guerra, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Torino, 25 giugno 1951
 
“Salve Signor C.”
 
Andai direttamente verso di lui non appena finita quella sceneggiata che avevamo creato in quella sala convegni dell’hotel.
 
Il professore Marini aveva organizzato anche un rinfresco e una cena per il mio debutto nei circoli borghesi della città e ovviamente tutti i personaggi presenti alla presentazione della critica erano invitati a restare e così fu, fuorché Simari che si sentì umiliato.
 
Il Signor C. non perse tempo a restare e nonostante la sua uscita da paladino della giustizia durante il convegno, non ebbe il coraggio di venirmi a parlare, ma lo vidi per tutto il rinfresco fissarmi e sorridermi , anche quando conversava con qualche personaggio illustre con il rischio di apparire disinteressato e beffardo. Al mio arrivo inaspettato, sobbalzò solo sentendomi parlare e quando si girò lentamente per essere sicuro di aver sentito bene, mi regalò un sorriso a 32 denti. Che bel sorriso, Signor C.
 
“Signorina Giordano.” Mi prese la mano e me la baciò continuando a guardarmi negli occhi.
 
“Se non le dispiace, le vorrei fare qualche domanda. Così eh, di routine, ad esempio: Chi è lei?”Dissi io con fare ironico per non sembrare troppo scortese.
 
“Leonardo Conti, piacere.” Ridendo, mi porse la mano.
 
Finalmente riuscivo a dare un nome a quella immagine dislocata nei miei pensieri. Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che lo avevo visto, non era cambiato moltissimo, anzi era migliorato. Il suo corpo e il suo viso erano perfettamente in armonia e i suoi occhi color ghiaccio erano capaci di farmi sentire una ragazzina alle prime armi.
 
“Ciao Leonardo Conti. Domanda numero due.”
 
“Ciao Agata Giordano. Mi dica.”
 
“Come mi ha trovato? E che cosa ci fa un’azionista di borsa qui?”
 
“Il suo libro è in ogni libreria italiana. Passeggiavo tranquillamente per Milano, fin quando non ho visto il suo viso esposto in una vetrina e mi sono innamorato per la seconda volta. Così tramite amici che lavorano nel suo stesso campo, ho scoperto di questo evento e poi il suo libro mi è piaciuto.”
 
“Lei è un abile adulatore.”
 
“E lei è un abile scrittrice.”
 
Sorrisi come se mi avesse detto che fossi la donna più bella del mondo, ma non mi sarebbe importato. Un uomo mi aveva scelta perché ero brava nel fare qualcosa, perché mi trovava intelligente.
 
“Rimane a cena?”Dissi io con tranquillità.
 
“Vorrei, davvero mi piacerebbe tanto, ma devo ritornare a Milano.”
 
“Ci stiamo separando di nuovo Signor Conti?” Dissi io con un velo di tristezza.
 
Lui mi prese le mani e se le avvicinò alle labbra per baciarle e poi mi guardò negli occhi. “No. Ti ho già persa una volta per uno sciocco scherzo del destino, adesso sono stato io a dirigere il destino e non ho nessuna intenzione di lasciarla andare via ancora una volta.”
 
“E allora che facciamo Leonardo?”
 
“Ti invito a cena. Al “Sol”. Il prossimo sabato. Non prendere impegni. Potrei offendermi.”

”Ci sto.”
 
E mi diede un bacio sulla guancia, andando via come se avesse un impegno inderogabile 2 minuti più tardi. Quell’uomo non faceva altro che scappare. Ma io ne ero sempre più affascinata.
 
Nonostante la felice apparizione dell’uomo che da pochi minuti avevo imparato si chiamasse Leonardo Conti, ero serena. Ero fiera di me stessa come lo ero stata poche volte nella mia vita. Avevo creato uno squadrone di giovani donne dedite alla lotta femminista, avevo portato una figura femminile fragile e la avevo fatta diventare un’eroina.
 
Tuttavia, sono consapevole mio malgrado, che molte donne nonostante abbiano letto il mio romanzo non abbiano avuto la forza di dire no al loro carnefice o al loro padre-padrone. O che alcune siano state uccise o massacrate proprio perché erano state beccate a leggere il mio libro. Ero diventata lo scandalo di Italia e avevo diviso la nazione in due fazioni: Chi leggeva il mio libro e lo amava e chi leggeva il mio libro e lo odiava.
 
Ero diventata di dominio pubblico. Ormai tutto quello che facevo e dicevo era sotto gli occhi di tutti, anche se molte volte le mie parole venivano travisate da qualche giornalista bisognoso di fama.
 
Mio figlio era stato preso d’assedio da giornalisti e da docenti troppo curiosi. Veniva preso di mira dai bambini delle mamme che mi odiavano, qualcuno era arrivato a dire che io, sua madre, facevo i bambini con tutti e poi li vendevo. E un bambino di 5 anni, cosa ne può capire? Ad oggi abbiamo già cambiato due scuole.
 
Ma c’è anche la parte bella. Sono invitata da molti giornali di rilievo e da tante emittenti televisive serie, il mio libro è su tutte le vetrine delle librerie e persino un grande magazzino, ha usato “Una donna come me”come slogan della sua ultima collezione di pantaloni femminili facendo riferimento a me e al mio libro, ovviamente pagandomi i diritti.
 
E anche questo mi rende grata di quello che sono diventata. Vengo retribuita bene, tra i diritti, le vendite, le interviste, i convegni sono riuscita ad acquistare quell’appartamento che tanto desideravo con Milena, sono riuscita a far andare Salvatore e Michele nelle migliori scuole di Torino e vivo una vita che già conoscevo ma che non pensavo mi sarei riguadagnata così.
 
Milena è soddisfatta quanto me di tutto quello che sta succedendo nelle nostre vite, anche se da solita pessimista quale è, dice sempre di non vivere come se stessimo nuotando nell’oro, perché prima o poi la ricchezza svanisce e le persone che rimangono senza un soldo poi non sanno più farne abbastanza.
 
Nonostante io le ripetessi di stare tranquilla, ero consapevole che aveva ragione. Nemmeno quando vivevo ancora a casa con i miei genitori, avevo avuto così tanto denaro fra le mani. Non avevo limiti, ad oggi avrei potuto comprare un auto o una barca e il giorno dopo non me en sarei pentita, ma sapevo che la ricchezza è effimera e prima di scadere in una retorica quasi borghese, avrei preferito iniziare a mettere i soldi da parte per il piccolo Michele, per la sua carriera universitaria se mai vorrà intraprenderla o per qualunque cosa lui abbia mai bisogno.
 
La cena di quella sera si svolse in maniera tranquilla e naturale. Non volevo cambiare la mia indole solo perché avevo avuto un brusco e veloce cambiamento sociale. Io ero venuta dalla borghesia, sono passata per la povertà, ho riconosciuto il successo e l’ho afferrato per ritornare in alto, ma posso sembrare cadere di nuovo giù.
 
Mi adeguerò se necessario, ho deciso che voglio trasformare questa mia passione per la lettura in un lavoro. Con l’appoggio del professor Marini, ormai un padre severo ma buono, so che posso riuscire a fare ogni cosa che voglio.
 
Torino, 1 luglio 1951
 
La mia camera semibuia tappezzata da una carta da parati orribile scelta da Milena è il mio nascondiglio segreto ormai da una settimana. Non esco mai dal mio covo, se non per andare in bagno. Questa solitudine mi ricorda i periodi della guerra, o quando ero da sola non appena arrivata a Torino dopo due anni. Sto provando a scrivere di nuovo, per trovare uno scopo nella vita, ma finora i miei sforzi sono stati vani.
 
Proprio sopra la scrivania c’è un enorme quadro di mia madre che mi guarda con il suo sguardo languido e malinconico quasi critico. Come se mi stesse giudicando, mentre scrivo di tutto su quel mio quaderno e i raggi di sole filtrano direttamente dalle veneziane al foglio.
 
Sento il rumore della radio nell’altra parte della stanza, suona “Parlami d’amore Mariù”, mente Teresa, la donna che ci pulisce la casa di pomeriggio, intona la canzone in una maniera mediocre ma non fastidiosa. Sebbene l’estate sia appena iniziata. Torino è stata presa di mira da un caldo, un caldo torrido quasi secco. Quel caldo che ti fa mancare quasi il respiro. I bambini sono stati mandati in vacanza in montagna, insieme ai figli di Emilia. Quindi quando Milena lavora o è fuori casa, la maggior parte delle volte, io rimango da sola.
 
A me piace stare da sola, in questa casa si respire un’aria tranquilla, quasi mite. Ma nel mio io c’è di tutto tranne che la calma. Non so definire se io stia bene o male e il che mi spaventa. Ma basta ricordarmi quello che è successo una settimana prima per far ritornare in me la serenità. Ma questa serenità a cui aspiro fortemente si rivelerà poi una semplice cosa effimera.
 
Questa sera ho un incontro con Leonardo Conti. Ero quasi tentata da lasciar perdere, di non far nulla. Ma poi mi sono fermata a pensare e mi sono chiesta “Da quanto tempo non ti senti donna?”. E la cosa più tragica è che non sono riuscita a trovare una risposta esatta, una risposta che mi facesse pensare all’ultima volta che ho avuto un rapporto reale con un uomo. Così evitai di farmi inutili paranoie, evitai di rovinare tutto come ero abituata a fare. Decisi di prendermi cura di quest’uomo sincero e vero, decisi di provare ad amare ancora una volta.
 
Leonardo è una persona buona e sincera. Non mi sembra uno di cui non potersi fidare, credo di poter ricominciare la mia vita da lui. Dal mio libro. Posso riprovare a vivere adesso. Questo pensiero mi portò immediatamente un’ispirazione che dovetti trascrivere tutte le mie emozioni contrastanti e cercare un filo conduttore del mio prossimo libro.
 
Una volta Virgilio, nelle sue Bucoliche, scrisse “Amor vincit omnia et nos cedamus amori”. Che letteralmente sta a significare “L’amore vince su tutto, e noi ci arrendiamo all’amore”. Non poteva essere più preciso il mio vecchio amico Virgilio. Per quanto possiamo provare ad evitarlo, possiamo provare a farne a meno, a convincerci che non ci serve, che non è necessario, ognuno di noi ha il bisogno di abbandonarsi ad un sentimento puro come l’amore. Io lo ho provato ed ho sofferto. Ma adesso, voglio ritentare. Voglio riprovare ad arrendermi all’amore e voglio che l’amore mi faccia sua.
 
Il momento dell’appuntamento era arrivato e decisi di indossare un vestito nero, un po’ stretto ma che non risultava volgare. Leonardo è una persona di gran classe , non la avrebbe presa benissimo. Legai i capelli in uno chignon un po’spettinato ed evitai di truccarmi per essere il più semplice possibile. Scesi le scale di casa e ad attendermi come ogni sera c’era Milena, che vedendomi agghindata come una vera diva dei film americani rimase sbigottita.
 
“Madre mia” Esordì con i suoi soliti modi di fare esagerati che però ti fanno sempre sbucare un sorriso inevitabile.
 
“Allora?Che ne pensi? Troppo volgare? Troppo succinto? I capelli? Stanno bene? Che dici?”
 
“Ma allora ci piace veramente sto Signor Conti.”
 
Accennai un sorriso e la abbracciai forte quasi come se la pregassi di non lasciarmi andare a quell’appuntamento. Io un vero appuntamento non lo avevo mai avuto. Con Michele non avrei mai preteso di ottenere una cena a lume di candele, ma neanche prima, seppur corteggiata da qualche figlio dell’alta borghesia torinese, qualcuno aveva mai osato andare da mio padre a chiedere se la figlioletta fosse disposta ad uscire con uno di loro.
 
Mi incamminai verso la porta di uscita, mi lasciai il grande portone di casa alle spalle e mi preparai a percorrere quella grande scalinata che mi divideva dall’uscita del palazzo. Dopo tanto tempo ero di nuovo terrorizzata. Ma questa volta in termini positivi. Ero elettrizzata di poter concedermi del tempo per me stessa, avere del tempo da passare in compagnia di un uomo che non fosse un amico. Di un uomo che finalmente mi guardasse come se fossi la donna più bella del mondo e che riservasse alcune attenzioni solo per me. Presi coraggio e finalmente arrivai al termine di quella lunga scala. Percorsi gli ultimi metri che mi separavano dal portone e finalmente lo vidi. Leonardo era fuori dalla sua auto parcheggiata dall’altra estremità della carreggiata, indossava uno splendido completo blu e una camicia bianca, fumava una sigaretta e il lampione gli illuminava solo parte del viso. Era bello. In quel momento sembrava un attore, era quasi in posa, come se sapesse che la gente lo avrebbe osservato o addirittura qualcuno lo avesse fotografato.
 
Mi incamminai verso la sua macchina e lui non appena si accorse di me, mise via quella sua espressione sovrappensiero che ritenevo fosse molto affascinante. Gettò via la sigaretta e mi regalò uno dei più bei sorrisi che un uomo può donare alla propria donna, e io non ero neppure la sua donna. Si infilò nell’auto subito dopo che io feci lo stesso dal lato passeggero, sapeva perfettamente che non avrei mai voluto che mi aprisse la portiera.
 
“Sei decisamente in ritardo, Agata.”esorti lui provocandomi con una nota di ironia.
 
“Sei particolarmente affascinante quando fumi la tua sigaretta sovrappensiero.”
 
Mi guardò sorridendomi. “Sorvoliamo su questo ritardo.”
 
La cena trascorse ovviamente in maniera piacevole. Sembrò quasi come la prima volta che parlammo in treno. Sembrava quasi come se nessuno dei due volessimo far terminare quella cena, era inspiegabile il senso di appartenenza che nutrivo per quest’uomo e che senza nessuna ragione mi spingeva ad avere una sete sempre più incessante di lui. Riuscivamo a trovare sempre più argomenti di discussione e anche se doveva esprimere dissenso nei miei riguardi, non lo faceva mai con maleducazione ma come un vero signore mi sorrideva e mi spiegava la sua idea. Questo era il tipo di amore che ho sempre voluto, ma continuo a vivere con la costante paura che un giorno questo bell’uomo possa trasformarsi in una fotocopia scadente di mio padre e del signor Mario.
 
“Io penso che dovremmo andare via perché siamo rimasti solo noi e i camerieri iniziano a guardarci molto male.” Disse lui sottovoce ridendo.
 
E allora ci alzammo e dopo aver pagato ci incamminammo verso l’uscita. Dopo qualche secondo di paralisi da parte di entrambi, Leonardo si avvicinò sempre di più alla mia bocca, avevo intuito che bramasse un mio bacio quasi quanto io bramassi le sue labbra, ma per me era troppo precario. Non era il contesto giusto e con leggerezza evitai che accadesse.
 
“Hai da fare questa notte?” Dissi io.
 
“Si, passare la serata con una splendida donna.”
 
“E allora lascia che questa donna ti faccia fare un tour guidato.”
 
Lo presi sotto braccio e dal Sol ci incamminammo verso le strade di Torino. Gli mostrai tappa per tappa tutte le cose più care della mia vita. La mia casa di infanzia e gli raccontai tutta la mia storia, dalla mia nascita fino alla partenza per Bologna. Passammo davanti casa Giraudo e gli raccontai di Giovanni, della nostra profonda amicizia e del legame che da sempre ci ha unito, gli ho raccontato della sua omosessualità e come questo lo abbia portato a preferire la morte piuttosto che combattere per essere felice. Passammo davanti la panetteria dove lavorava Ginevra e la staccionata di fronte la caserma dove solavamo passare le nostre giornate e della fine che lei abbia fatto, punita per essere sterile. Poi passammo dal convento, gli raccontai di Suor Costanza e di come questo posto sia stato il mio porto sicuro, come mi abbia portato fino a Milena e poi finalmente davanti al Partito.
 
“Da qui anni fa è cambiata la mia vita.”esitai un secondo, per rimandare indietro le lacrime, ma poi continuai “Feci tutto per rivalsa, adesso con una certa maturità me ne rendo conto. Ero un incosciente a mettere a repentaglio la mia intera esistenza solo per dimostrare alla gente che io ero una che poteva farcela. Però non posso pentirmene, perché oltre ad avermi regalato momenti meravigliosi e anche altri molto spaventosi, mi è servito per conoscermi. Io non sapevo chi fossi, mi vedevo come una ragazzina curiosa sempre alla ricerca di qualcosa di più, tendevo sempre a voler fare un passo avanti, e poi quando sono tornata, mi sono resa conto di aver costruito una donna che non ha ancora smesso di compiere il suo passo avanti. Quando ero lì ho conosciuto un uomo, Michele, ne ero perdutamente innamorata e lui lo era di me sebbene gli inizi non siano stati dei più rosei, ma poi me lo hanno ucciso, a due passi dalla vittoria. Io avrò sempre il suo ricordo vivo in me e finché ne avrò le forze sono sicura che lui continuerà a vivere grazie a me.”
 
“Hai detto delle cose bellissime.”
 
“Ma non è tutto.”
 
“Non avevo dubbi.”Disse accennando una risata.
 
“Michele vivrà anche grazie alla creatura che mi ha regalato prima che lui potesse anche solo saperlo. Ho un figlio, Leonardo. Io spero che per te questo non sia un problema, perché tu mi piaci davvero tanto ma è evidente che io ho delle priorità.”
 
“Problema? Agata ma cosa dici? Questo non fa che confermare che tu sei la donna più straordinaria che io abbia mai conosciuto in vita mia. “
 
“Adesso dovresti baciarmi.”
 
“Non aspettavo altro da quel giorno sul treno.”
 
E mi cinse la vita come se non volesse lasciarmi più andare, mi stampò un bacio appassionato dritto sulle labbra concedendomi anche qualche frivolezza da ragazzini, prese a baciarmi sempre con più insistenza, costringendomi a lasciarmi andare totalmente a lui. Mi baciò sul collo, sul petto, sul lobo, per poi ritornare sulle labbra coinvolgendomi nell’esplosione che stava avvenendo tra le nostre labbra. Ero sua e non desideravo altro. 
   
 
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