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Autore: Severa Crouch    11/07/2022    2 recensioni
Tom Riddle è il CEO della Legilimens Inc., rinomata società di software, famosa per le sue attività di profilazione approfondita. Pare che il programma della Legilimens sia in grado di conoscere i segreti più oscuri degli ignari utenti del web. Tom Riddle, però, ha anche un lato oscuro, è un famoso hacker noto nel dark web come Lord Voldemort che non esita a utilizzare le proprie risorse per abbattere la concorrenza o per procurarsi nuovi affari.
Per lui sognano di lavorare molti talenti, protagonisti delle one-shot di questa raccolta.
La prima storia "Come to the dark web" partecipa al contest “Vorrei incontrarti tra Cent’anni” indetto da Nirvana_04 sul forum Feriscelapenna.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Mangiamorte, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache babbane - Muggle!AU'
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Third parties disclosure

Rodolphus/Alexandra

 

Rodolphus aprì gli occhi e non appena realizzò di non trovarsi nel suo appartamento, sorrise. Si voltò su un fianco per incontrare lo sguardo ancora assonnato di Alexandra. 

“Bonjour, chérie,” le sussurrò prima di sporgersi per darle un bacio a fior di labbra.

“Buongiorno,” gli rispose con un sorriso sulle labbra. Alexandra si stropicciò gli occhi ancora sporchi di matita, segno che la sera prima non le aveva lasciato nemmeno il tempo di struccarsi. Era sempre così, nonostante le settimane che erano trascorse da quella prima notte insieme. Rodolphus aveva ricevuto persino la benedizione dei suoi genitori che trovavano “adorabile” la sua nuova ragazza e delle Risorse Umane che consideravano corretta la politica di comunicazione della loro relazione. Staccarsi da lei era difficile.

“Oh, cielo, non mi sono struccata!” ridacchiò guardando il soffitto. “Sono proprio stordita.”

“Potrei essere colpevole di questa tua dimenticanza.”

“Sarà meglio rimediare, non vorrei che mi confondessi con un panda.”

“I panda sono adorabili.” Ridacchiò per l’occhiataccia che lei gli rivolse mentre correva in bagno. 

“Se ti serve il bagno, ce n’è un altro in corridoio,” si premurò di avvisarlo mentre chiudeva la porta alle spalle. Rodolphus si sollevò sulla schiena e osservò la stanza intorno a sé. Non aveva prestato molta attenzione la sera prima, troppo preso dalla voglia di stringere Alexandra e di riempirla di baci e di fare l’amore con lei, ma adesso, nella penombra che filtrava dalle tende oscuranti, era incuriosito.

La prima cosa che notò fu la differenza tra occupare un posto e abitarlo. Si rese conto che se lui occupava il suo appartamento, quasi come se fosse un ufficio a lui assegnato, Alexandra lo abitava. 

La stanza era piena di libri e di oggetti che raccontavano le sue passioni. C’erano i gadget nerd, una bacheca con le foto di Alexandra che lo convinse ad alzarsi per osservarle. Raccolse i suoi boxer grigi che erano finiti sotto il letto, sorrise nel ritrovare anche la lingerie di Alexandra e la posò sul letto mentre indossava la camicia azzurra della sera prima. 

La bacheca era posizionata sulla parete accanto alla finestra, tra un tavolo che doveva essere la scrivania e delle mensole cariche di libri che mescolavano gli studi giuridici alla passione per la tecnologia. Osservò le fotografie incuriosito. In una c’era una giovane Alexandra con delle ragazze, fu inevitabile domandarsi se fossero le sue amiche, se un domani sarebbe stato presentato a loro. Che tipe erano? Cosa avrebbero detto ad Alexandra di lui? Era difficile capirlo da una foto in cui le quattro ragazze brindavano su una tavola piena di piatti giapponesi. 

C’erano altre foto. Una era della laurea di Alexandra. Era con Barty e con Regulus, dovevano essere i suoi migliori amici e, poi, c’era un ragazzo biondo dagli occhi azzurri che abbracciava Alexandra e una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi chiari. Rodolphus avvertì una punta di gelosia. Non gli piaceva il modo in cui quel biondino baciava la guancia della sua Alex. Perché quella foto era ancora su quella bacheca?

Lo scrosciare dell’acqua della doccia si interruppe e Rodolphus si allontanò dalla bacheca e andò in bagno. Non voleva essere considerato un ficcanaso, ma il pensiero di conoscere così poco Alexandra iniziò a tormentarlo. Ancora di più, l’immagine di quel ragazzo, il modo in cui la stringeva a sé, continuava a infastidirlo.

Il secondo bagno era un trionfo di bianco e colori neutri. 

I teli erano di un celeste chiaro, quasi grigio, che addolciva il rigore del bianco dei mobili. Alle pareti c’era uno scaffale su cui erano ordinatamente piegati gli asciugamani e sull’ultimo ripiano c’era una bottiglia di profumo per ambienti alla lavanda. Si infilò nella doccia dal box in cristallo immacolato e lasciò scorrere l’acqua. Fu inevitabile domandarsi quanti ospiti ricevesse Alexandra per avere una casa così pronta ad accogliere qualcuno. Era abituata a trascorrere la notte con conoscenze occasionali? Aveva avuto dei compagni? Rodolphus si accorse di conoscerla troppo poco. La paura che si rivelasse una delusione come lo era stata Bellatrix si affacciò in lui. Forse non doveva correre.

Indossò nuovamente i vestiti della sera prima e mentre usciva dal bagno sentì suonare il campanello. La voce di Alexandra che si domandava ad alta voce: “Chi sarà mai? Non aspetto nessun corriere… Mi sono forse dimenticata di aver ordinato qualcosa?” gli strappò un sorriso.

Uscì dal bagno e la voce di lei e del visitatore - un uomo - gli arrivò forte e chiara. Una fitta di fastidio gli strinse la bocca dello stomaco. La voce di Alexandra, però, era altrettanto infastidita. 

Rodolphus sapeva che non doveva intromettersi, che la loro relazione era agli inizi e che, dopo tutto, doveva fidarsi di lei che gli aveva dimostrato quanto fosse innamorata di lui. Le settimane trascorse a ignorarsi, la tristezza composta che avvertiva quando dovevano lavorare insieme gli tornarono alla mente. Come poteva essere una finzione?

“Cosa vuoi?”

“Ti vedi con qualcuno?”

“Non sono affari tuoi, sparisci.”

“Se non volevi farmelo sapere, non avresti postato quelle storie su Instagram!”

“Ah! Ma che presuntuoso! Secondo te, io decido cosa pubblicare in base a come potresti reagire tu? Desmond, è finita, fattene una ragione e sparisci!”

“Ma almeno dimmi se ti frequenti con qualcuno!”

“Perché dovrei dirtelo? Io non ti voglio a prescindere da qualsiasi frequentazione! Non ti vorrei nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla faccia della Terra! Sparisci!”

“Alex!”

“Togli la mano dalla porta, Desmond!”

Rodolphus decise che ne aveva fin troppo di aspettare. Quel Desmond doveva imparare a stare al suo posto. Decise di interrompere quella conversazione. Così, fingendo di non aver sentito nulla, scese le scale che portavano all’ingresso ed esclamò: “Chérie, faremo tardi per il brunch!” 

Finse di fermarsi a guardare l’uomo davanti a lui: alto, capelli scuri, occhi azzurri, una leggera barba a contornare il viso. Lo odiava. “Ci sono problemi?” domandò cambiando espressione e avvicinandosi ad Alexandra che lanciava sguardi carichi di odio al suo interlocutore.

“Il mio ex voleva sapere se, dalle storie che postavo su Instagram, vedessi qualcuno. Credo che abbia appena avuto le risposte che cercava. Vero, Desmond?”

“Beh, Alex è una ragazza speciale, volevo accertarmi che stesse bene,” quasi balbettò quel Desmond - quel nome era appena entrato nella sua lista nera - nascose le mani nelle tasche del suo completo in tweed marrone, segno che non ci si potesse fidare di lui. 

Rodolphus sorrise, come era solito fare in tribunale o con le controparti. Tirò fuori tutta la sua diplomazia nel dire: “Molto gentile da parte tua ma, come vedi, sta benissimo.” Una parte di lui gli domandava perché non lo stava sbattendo fuori a calci. “Scusaci, ma abbiamo l’agenda fitta di impegni.” 

Gli chiuse la porta in faccia.

“Non era necessario che corressi a salvarmi, Rod,” sospirò Alexandra.

“Hai sprecato fin troppo tempo con quello lì,” le disse. Si fermò a osservarla meglio e diede voce al tarlo che gli stava lacerando la mente da quando aveva visto le foto sulla bacheca. “C’è per caso ancora qualcosa tra di voi?”

“Cosa?” domandò Alexandra incredula. “No! Assolutamente no! Quel verme si è anche sposato, ma ora prova a strisciare tornando da me, ma è  finita! Non voglio più nemmeno sentire il suo nome e sai una cosa? Hai ragione, ho sprecato fin troppo tempo con lui e quindi spero che non dovremo più tornare sull’argomento.”

“Come? No, mi interessa, perché vi siete lasciati? Perché lo odi così tanto?”

“Perché mi ha tradita. Con una che credevo fosse una mia amica.”

“Sul serio?”

“Sul serio. Ti sembra un motivo sufficiente per odiarlo?”

“Beh, sì.” Il ricordo di Augustus e Rosalie gli tornò alla memoria, ma si decise a scacciarlo.

Si trovavano al piano di sotto e quella era un’altra differenza tra il posto che occupava Rodolphus e quello che abitava Alexandra. Se lui aveva scelto un modernissimo appartamento in un grattacielo, Alexandra viveva in una tipica casetta inglese. Era una strada residenziale piena di case a due piani dalle facciate bianche e le porte colorate, quella di Alexandra era di un bel verde scuro. La porta del sottoscala in legno laccato di bianco lasciava intravedere una bicicletta, indizio che Alexandra amasse muoversi in bici. Venne condotto in un salotto piccolo e confortevole dalle pareti chiare, i mobili in legno chiaro e i colori altrettanto tenui: grigio, rosa cipria, bianco. Una parete era interamente occupata da una libreria accanto alla quale c’era un mobiletto basso con un giradischi e dei vinili, seguito da un carrello con dei liquori. I divani erano in tessuto, pieni di cuscini e coperte piegate in modo ordinato. La stanza era decorata da stampe astratte che stilizzavano alcune viste di Londra. La televisione con una serie di consolle da gioco era al centro del divano. Sul tavolino c’erano alcuni libri di fotografia di interni dedicati al minimalismo, allo stile scandinavo e uno intitolato Hygge. Dovevano essere l’ispirazione per quegli ambienti. In fondo, una piccola veranda affacciava sul giardino curato.

Alexandra lo guidò nella piccola cucina bianca con alcuni accessori come il frigorifero dei colori pastello della sala. Aprì uno sportello per estrarre due tazze e versò due generosi dosi di caffè. Quel gesto, senza dover chiedere nulla, fu il primo momento in cui Rodolphus rivide affiorare quella complicità che era naturale nel suo appartamento. 

Alexandra iniziò a preparare i pancake e Rodolphus si lasciò distrarre da alcune fotografie fermate al frigorifero con delle calamite. C’erano sempre le sue amiche, Alexandra che stringeva alcuni bambini e poi, nuovamente, il ragazzo biondo. Questa volta era lei a baciarlo mentre lui si laureava. Doveva essere molto importante per lei.

C’erano anche i genitori di Alexandra, segno che il rapporto doveva essere proprio stretto. 

“Quella l’abbiamo fatta alla laurea di mio fratello,” esclamò Alexandra che lo aveva sorpreso a fissare quella foto. “La tengo perché è una delle poche foto che ho con la mia famiglia al completo. I bambini che vedi nelle foto, Edward e Annie, sono i miei nipotini!”

Rodolphus nascose il sorriso dietro la tazza di caffè. Il sollievo che provò nel sapere che il biondino era solo un fratello, migliorò di molto l’umore. “Non vi assomigliate molto,” notò mentre Alexandra cuoceva i pancake.

“No, in effetti no. Lui è identico a mia mamma, io a mio papà.” 

Rodolphus tornò ad osservare meglio la foto con i genitori e notò che la mamma di Alexandra era una bella signora distinta dai capelli biondi e gli occhi glaciali, mentre il padre aveva gli stessi colori caldi della figlia e la stessa aria gentile.

Un ex idiota, un fratello, due amici gay che conosco, delle amiche che presto o tardi conoscerò. Rodolphus fece mente locale sulle informazioni che aveva acquisito in quella mattina turbolenta, iniziò a rilassarsi e godersi la colazione al tavolo in legno chiaro della cucina di Alexandra. 

“Pensavi che Robert fosse un mio ex?” gli domandò Alexandra ridacchiando dopo aver mandato giù un boccone di pancake. La domanda gli fece cadere un po’ troppo sciroppo d’acero. Sollevò lo sguardo perplesso. Robert era suo fratello?

“Sai,” lo anticipò Alexandra continuando a ridere, “quell’idiota di Desmond, il tizio che ha suonato prima, la prima volta che ha visto la foto in camera mia, mi ha fatto una scenata pensando che fosse un mio ex.”

Rodolphus nascose la vergogna per aver avuto lo stesso pensiero simulando del sarcasmo: “Mi stai paragonando a quell’idiota?” Alexandra scosse la testa ridendo e si sporse per dargli un bacio. Rodolphus assaporò la bocca che sapeva di sciroppo d’acero e pancake e le sorrise. “Vorrei passare da casa e cambiarmi e poi potremmo andare a pranzo a Chelsea in quel ristorante con il giardino interno e poi fare una passeggiata al parco, cosa ne pensi?”

“Sarebbe splendido!” esclamò allegra. 

Quando Rodolphus rimise piede nel suo appartamento minimalista, lo sentì vuoto e tremendamente freddo. Non c’erano coperte sui divani, non c’erano foto alle pareti, non c’erano libri. Tutti i suoi ricordi, i libri, tutto ciò di cui necessitava era nella tasca dei suoi pantaloni o nella borsa da lavoro, comodamente conservato nel cloud. Si vestì in modo informale, con un maglioncino sotto la giacca del completo spezzato, cambiò la camicia, calzò le scarpe scamosciate del weekend mentre Alexandra lo aspettava in soggiorno.

“Il tuo appartamento è molto più confortevole,” le disse mentre la raggiungeva.

“Sì, è lo stile nordico. Hanno questa filosofia, hygge, che vuole descrivere quella sensazione di felicità e benessere che si prova quando sei a casa, con una coperta sulle gambe, una tazza di tè, mentre fuori piove e tu hai gli amici, o un bel film, o quello che vuoi e non ti serve niente.”

“Dimostra quanto sei premurosa. Vuoi far star bene i tuoi ospiti. Ne ricevi molti? Il bagno era super organizzato.”

Alexandra sorrise. “In realtà non molti, ma una mia amica è stata trasferita a Barcellona per lavoro e almeno due volte al mese viene qui a Londra e si appoggia nella stanza in fondo al corridoio e usa il bagno che hai usato tu. Magari la prossima volta che viene a Londra organizziamo una cena e te la presento. Lizzie è sposata con un ragazzo inglese cresciuto in Spagna, Ezra, molto simpatico.”

Man mano che Alexandra gli raccontava aneddoti della sua vita, Rodolphus iniziava a conoscere e intravedere altri aspetti del suo carattere e della sua vita privata. Notò quanto fosse discreta sul lavoro considerato che, in tutti gli anni di lavoro insieme, non le aveva mai sentito far riferimento né al fratello né ai nipoti e nemmeno alle amiche.

“Sei piena anche di foto dei tuoi nipoti. Ti piacciono i bambini?” le domandò. Bellatrix era sempre stata contraria alla sola idea di diventare madre. Rodolphus era convinto che presto o tardi avrebbe cambiato idea, allo stesso modo Rabastan che, insieme a Bellatrix, si prendevano gioco del fatto che a lui non sarebbe dispiaciuto, un giorno, diventare padre.

“Mi sembra un po’ prematuro come discorso, non trovi?” gli domandò.

“Beh, dipende, metti che abbiamo visioni completamente diverse. Sarebbe utile per non farsi pressioni o coltivare aspettative. Solo per curiosità.” Rodolphus la osservò con la coda dell’occhio mentre era intento a parcheggiare. Attese la sua risposta prima di scendere. Non voleva metterle fretta ma nemmeno costringerla a rispondere. 

Alexandra sospirò: “Prometti di non prendermi in giro?”

Rodolphus sorrise mentre scendevano dall’auto. Notò l’aria risentita di Alexandra che, non appena vide il sorriso sul suo volto, esclamò: “Ehi! Le premesse sono pessime, non so se potrei fidarmi di te, dopo tutto, sei un legale!”  

“Proprio come te,” rise Rodolphus stringendola a sé. “Sai che non mi permetterei mai di prenderti in giro,” aggiunse aprendole la porta del ristorante. 

“La risposta è sì, almeno due,” gli rivelò, “ma tutti mi dicono che di questi tempi devo essere pazza.” 

Rodolphus fece cenno al cameriere di volere un tavolo per due e vennero condotti lungo la sala ristorante che iniziava ad affollarsi di avventori. Lungo il percorso, Alexandra si fermò esclamando: “Mamma, papà! Che sorpresa! Robert?”

Rodolphus osservò il tavolo e notò che i protagonisti della foto sul frigorifero, più vecchi di diversi anni, erano lì presenti. “Buongiorno,” li salutò sentendosi osservato. 

“Siamo di ritorno da un convegno medico, Robert ci ha portato a pranzo in questo ristorante molto carino. Tu cosa ci fai qua?”

Rodolphus osservò Alexandra imbarazzarsi. “Beh, Rodolphus mi ha invitata a pranzo in questo posto.” Robert lo squadrò attentamente e domandò alla sorella: “È il tuo ragazzo?”

“Robert!” esclamò la madre, “Non metterla a disagio, magari è solo un amico!” 

“No, mamma, ha ragione Robert,” disse Alexandra, “Rodolphus è… beh… noi abbiamo iniziato a frequentarci da qualche settimana, quindi possiamo dire che sia… sì, insomma, che sia il mio ragazzo.”

“È un vero piacere, signori Turner,” intervenne Rodolphus che fino a quel momento si era limitato a osservare la scena. 

“Molto piacere, Rodolphus, e dicci cosa fai, sei un medico?”

Rodolphus rimase sorpreso per la domanda. “No, sono un legale. A dire il vero io e Alexandra siamo colleghi di lavoro alla Legilimens. Sono diversi anni che lavoriamo insieme.” Il disappunto che lesse sul volto della madre fu eloquente. Notò che nessuno di loro li invitò a sedersi al tavolo così Rodolphus aggiunse: “È stato un piacere, signori Turner, temo però che daranno via il nostro tavolo se non raggiungiamo il cameriere.”

“Volete unirvi a noi?” domandò il padre.

“Oh, no, Ed, abbiamo quasi finito. Loro non vorranno sorbirsi il commento del congresso. Lasciali al loro pranzo!” esclamò la signora Turner sporgendosi verso il marito. Alexandra e Rodolphus sorrisero imbarazzati e, mentre salutavano con un cenno del capo, la signora Turner richiamò la figlia: “Alex, mi raccomando, non esagerare con il dessert, ti conosco.”

Rodolphus sorrise cortese e mise una mano sulla spalla di Alexandra per guidarla verso il tavolo. L’aria allegra e spensierata che avevano prima di entrare in quel posto era stata sostituita da un velo di imbarazzo. Rodolphus prontamente le disse: “Sai che mi viene voglia di ordinare solo dessert dopo quel commento?”

“A me rischia di passare la fame,” commentò versandosi un bicchiere d’acqua per calmarsi. “Sono mortificata, i tuoi genitori sono stati così adorabili con me. Il brunch con loro è stato meraviglioso, mentre i miei…”

“Non preoccuparti, magari quel convegno era veramente interessante.”

Alexandra alzò gli occhi al cielo per mostrare il suo scetticismo e Rodolphus si divertì a pungolarla: “Scommetto che avrebbero voluto che studiassi medicina.”

“Sì, o che sposassi un medico. Sappi che rivelando di essere un legale ti sei giocato tutti i punti con mia madre.”

“Noi legali siamo abituati a questi pregiudizi,” le rivelò scrollando le spalle. Alzò lo sguardo dal tavolo e notò che, fortunatamente, i Turner non erano visibili, abilmente nascosti da alcune piante in vaso che delimitavano i corridoi di quel giardino d'inverno. 

I tavoli erano di legno laccato nero, apparecchiati con posate dorate e piatti sulle tinte del verde petrolio, del prugna e altri colori che ricordavano la terra. In piccole ampolle di vetro grigio scuro c’erano dalie e peonie che risaltavano in quel contrasto. Intorno a loro, palme, piante sempreverdi dalle foglie larghe, rose, dalie, peonie ricreavano l’idea di una serra rigogliosa, mentre dal soffitto pendevano lampadari circondati di fiori chiari. Il posto era bello proprio come aveva raccontato Rabastan. 

Fu mentre si guardò intorno che quasi non gli andò di traverso il vino nel vedere a qualche tavolo di distanza Augustus Rookwood e sua moglie Rosalie Yaxley. Erano stati amici, un tempo, quando lui usciva con Augustus e Rosalie era la sua ragazza. 

Alexandra, di fronte a lui, si accorse della reazione e gli domandò preoccupata: “Non dirmi che si stanno avvicinando i miei genitori?”

Rodolphus scosse la testa.

“Non dirmi che mia madre sta fingendo di andare in bagno per vedere cosa ho nel piatto?”

Rodolphus sorrise ancora e le disse: “No, ma a quanto pare oggi è la giornata degli ex.” Indicò con lo sguardo il tavolo in cui Augustus e Rosalie pranzavano e sospirò: “Anch’io ho un’ex che si è messa con qualcuno che era un mio amico.”

“Ma quello è Rookwood dell’Ufficio Marchi e Brevetti?”

Rodolphus si sorprese che Alexandra lo conoscesse. “Come fai a conoscerlo?”

“Lo vedo ogni volta che vado nel suo ufficio per per il rinnovo del marchio o quando depositiamo i loghi delle app. È in gamba, e anche molto simpatico.” Alexandra si rese conto di quanto aveva appena detto e si affrettò ad aggiungere: “Beh, tu sei molto meglio. Lei ti ha lasciato per lui?”

“No, io l’ho lasciata per Bellatrix, lei ha provato a tornare e poi si è lasciata consolare da Augustus e i due si sono anche sposati.”

“Beh, è meno imbarazzante di quanto è successo con Desmond,” gli disse accarezzandogli la mano per tranquillizzarlo. Alexandra sospirò e gli domandò: “Torniamo alla spensieratezza che avevamo prima di entrare in questo posto?”

Forse fu merito del vino, o del pesce arrosto con contorno di patate che il cameriere servì accompagnato da una salsa deliziosa, ma riuscirono a ignorare la presenza di Rosalie e Augustus, quella dei genitori di Alexandra e Rodolphus riuscì persino a dimenticare il ghigno odioso di quel Desmond che continuava ad affiorargli in mente. Detestava il pensiero che quello lì avesse messo piede nell’adorabile casa di Alexandra.

“Quindi almeno due bambini,” disse riprendendo il filo del discorso che era rimasto interrotto. Quel pensiero lo rallegrava. Tutte le ragazze che aveva incontrato gli avevano sempre detto che “al massimo, un figlio,” mentre lui avrebbe amato avere una famiglia numerosa.

“Ti ho avvisato, non voglio essere presa in giro,” intimò Alexandra puntandogli contro una forchetta con un pezzo di torta infilzato.

“Non sarei credibile, Rabastan e Bellatrix, e persino Rosalie là giù, mi hanno sempre preso in giro per lo stesso motivo. Dicono che è da pazzi voler rinunciare alla bella vita per mettere su famiglia e finire come i nostri genitori.” 

“Oh, cielo, io spero proprio di non diventare come mia madre!”

“Non la conosco, ma da quel che ho visto, non avete molto in comune.”

Quanto accaduto quella mattina aveva fatto fare un passo ulteriore al loro rapporto. Decise di togliersi uno sfizio, prima che quel pranzo terminasse. 

“Facciamo una foto,” le propose raggiungendola dal suo lato del tavolo. Presero i calici di vino e brindarono alla fotocamera. Rodolphus si chinò a baciarla e poi caricò le foto su Instagram taggandola. Desmond, e qualsiasi altro Desmond, avrebbe saputo di non doverla più disturbare.

“Oh, Rod, ma perché mi hai taggato?” domandò Alexandra. “Adesso tutti sapranno che stiamo insieme.”

“C’è qualcosa che non va?”

“No, ma hai idea di cosa succederà a breve?” Alexandra non fece in tempo a finire la frase che il telefono iniziò a suonare. Le amiche di Alexandra, dalle varie parti del mondo e di Inghilterra, iniziarono a riempirla di messaggi. L’autostima di Rodolphus salì nel momento esatto in cui lesse l’anteprima di un messaggio che esordiva “chi è quel figo?”

Ciò che non calcolò fu che nello stesso momento anche il suo telefono iniziò a ricevere messaggi da parte dei suoi amici con apprezzamenti più o meno velati alla sua nuova ragazza. Rosalie e Augustus alzarono lo sguardo dal loro tavolo e prima di andare via passarono a salutarlo. Così, anche l’ultima barriera era caduta e anche Alexandra ebbe modo di conoscere Rosalie che, a differenza di Desmond, fu compita. Lei e Augustus si congedarono dopo poco, lasciando che Rodolphus e Alexandra continuassero il loro pomeriggio con la passeggiata al parco, seguita da una birra, una cena e un’altra notte insieme.

 
   
 
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