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Autore: Christine Cecile Abroath    15/07/2022    0 recensioni
[Crossover]
[Crossover]High School Story è una Fan Fiction interattiva adolescenziale che comprende i fandom di: XIII Apostolo, Bones, Friends, Senora Acero, Numb3rs, Gossip Girl, Without A Trace, The Good Doctor, One Tree Hill, El Chema, Dawson's Creek, The West Wing, El Senor de Los Cielos, Leverage e The Mentalist.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il calendario segnava dieci giorni in cui si sarebbero svolti gli esami, da martedì 13 a martedì 28 giugno. Erano esclusi ovviamente i sabati e le domeniche. Se non si contavano i primi due giorni e l'ultimo, gli stessi si sarebbero svolti la mattina alle ore 9 e il pomeriggio dalle 13 in poi. Con il foglio tra le mani Leonardo si sentì morire. Si poteva considerare un ragazzo fortunato perché a scuola aveva sempre avuto ottimi volti senza contare che anche a livello disciplinare non aveva mai avuto richiami. Sapeva cosa voleva dire tenere un basso profilo, tuttavia, gli eventi degli ultimi mesi gli avevano creato qualche difficoltà oltre che conflitto. Il rapporto altalenate di Elizabeth, la sparatoria, l'attacco del consiglio dei genitori verso lui e i suoi amici per farli espellere, aveva reso complesso concentrarsi. Ci aveva tenuto tanto a darsi un'occasione con Emma, non avrebbe mai dimenticato quello che lei aveva fatto per lui, ma... comprendeva anche la paura che i suoi genitori avevano provato. Non li biasimava che le avevano impedito di frequentarlo e che dopo gli esami l'avrebbero portata via fino a settembre a New York, sempre che non decidessero poi di rimanerci. Aveva avuto piacere a uscire con lei, a conoscerla, ma alla fine era stato ben contento di allontanarla. Voleva proteggerla, conosceva troppo bene il suo mondo per permetterle di farne parte. Era meglio spezzarle il cuore che farle rischiare di nuovo la vita.

Felipe era in una situazione molto simile all'amico, con l'aggiunta che dopo l'evento funesto che lo aveva visto protagonista con Bass, adesso sul suo fascicolo spuntava una nota rosso sangue che lo avrebbe messo in difficoltà con le domande del college. In camera sua, con Luzma stesa al suo fianco e con il viso appoggiato sul suo petto avevano parlato a lungo della cosa, prendendo senza mezze misure una decisione drastica. «Ai nostri genitori non piacerà…» mormorò lui fissando il soffitto, mentre dolcemente accarezzava i capelli della sua ragazza. «Lo so, dopotutto sperano e credono che il college sia una buona occasione per allontanarci da tutto… Ma la scelta è nostra e se non vogliamo andarci non possono obbligarci!» esclamò lei perentoria. Si sollevò un poco e poggiando il viso sulla mano che teneva sul petto di Felipe lo guardò negli occhi, quando lui si voltò per osservarla. Si guardarono profondamente innamorati e felici per poi baciarsi con intimità, confidenza e amore. Lei sorrideva ancora quando lui si scostò e guardandola le portò una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio. «Diciamo che il college è un bivio, per noi il prossimo sarà l’ultimo anno e poi…» «Potremmo essere liberi? Ma lo saremmo mai veramente? Da questo mondo non se ne esce Felipe e lo sai meglio di me, è una battaglia persa!» «Motivo per cui dobbiamo prendere il toro per le corna prima che questo ci infilzi!» «Ben detto Señor Quintanilla» disse lei con tono ironico e malizioso, per poi mettersi a cavalcioni su di lui e ben presto incontrarsi in un nuovo bacio. La scuola era finita e i primi tre giorni di esami già trascorsi, avevano il weekend per loro e non avevano intenzione di sprecarlo.

L'esame di matematica di venerdì era stato per Mileva una passeggiata, più complicato era stato inglese al lunedì. Le materie umanistiche le erano ostiche rispetto a quelle scientifiche, ma confidava comunque nel fatto che non aveva mai preso un’insufficienza dunque era abbastanza tranquilla che non avrebbe certo iniziato durante gli esami. La giovane si sentiva prosciugata e non era solo colpa del caldo afoso che impregnava la città con una cappa umida che impediva perfino di respirare. Le giornate erano infinitamente lunghe e il bollettino meteorologico era sempre in allerta, dopotutto quelli erano i mesi in cui il rischio che si incappasse in qualche uragano era dietro l’angolo. Studiare era dunque più difficile del solito, ma era molto felice di poterlo farlo con il suo nuovo gruppo di amici. Non ci credeva ancora di aver trovato persone così diverse da lei con cui andare così d’accordo. A scuola continuavano quasi a ignorarsi, ma fuori avevano creato con il tempo un legame vero e solido. Lo stesso non era condizionato solo da quello che facevano, ma anche dal profondo laccio di lealtà e fiducia reciproca che gli eventi aveva costretto loro a creare. Questo aveva permesso a ognuno, seppur in modo diverso, di affrontare i propri demoni e le proprie barriere. Chiacchierare con Georgina, ma anche Colin, l’aveva fatta riflettere molto su tutto ciò che in quei lunghi mesi l’avevano confusa. Si era allontanata da Huck, per la necessità di far chiarezza nei suoi pensieri, e aveva trovato loro e grazie a loro aveva raggiunto quelle risposte che tanto cercava.

Huck era quasi incredulo, quando l'ultimo giorno di esami prima che l'esame di scienze iniziasse, Mileva lo aveva avvicinato chiedendogli se alla fine avrebbero potuto vedersi al Karen's Café per parlare. Lui ovviamente aveva accettato senza remore, le mancava la sua migliore amica e le era costato molto averla lontana da lui in quel lungo periodo. Il locale era accogliente, dall'ambiente familiare ed era una bakery in cui poter mangiare un boccone al volo o gustare un dolciume fatto in casa. Visto il caldo, i due ragazzi avevano però optato per due banane split in stile anni '50 ed avevano aspettato a parlare solo quando la cameriera si allontanò dal tavolo. «Allora come ti sono andati gli esami?» chiese lei con naturalezza, cercando di rompere la tensione che sentiva esserci. Huck la guardò come imbambolato, era come se notasse solo in quel momento che c’era qualcosa nell’amica, anche se non avrebbe saputo dire cosa. Era più rilassata, sicura e dei due quello a disagio era lui non certo lei. «Non mi preoccupano, lo fanno solo i miei. L’anno prossimo dovrò iniziare a pensare al college e loro vogliono che vada a Washington D.C. come Molly, lei ovviamente già sa che farò giurisprudenza. Ma a me non interessa… vorrei rimanere qui sinceramente, fare il college dello stato e vedere dove la corrente mi porta… Molly sarà pur interessata al loro mondo fatto di politica, discorsi e apparenza, ma io no.» Mileva sorrise mentre ascoltandolo mangiava il suo gelato e comprendendo bene il suo cruccio. Ne avevano parlato spesso. Lei era fortunata, amava la materia e il mondo dei genitori motivo per cui per lei non era una costrizione seguire i loro passi, anche se nell’ultimo periodo delle cose erano cambiate… «Come sai io ero ben sicura della strada che volevo seguire e lo sono ancora, ma in questi mesi in cui non ci siamo frequentati ho rivisto un po’ le mie prospettive. Ho compreso meglio come vorrei usare le mie abilità e… anche quello che sento…» Su quell’ultima frase Huck si irrigidì, il cucchiaino ancora a mezz’aria. Erano arrivati al motivo del loro incontro. A fronte del suo silenzio, la ragazza proseguì. «Mi sono sentita sempre abbastanza sicura circa la mia sessualità… Sai che odio le etichette, motivo per cui non mi sono mai definita con un orientamento specifico. Non sono interessata a che forma o colore abbia chi mi farà battere il cuore, quando l’amore si paleserà di fronte ai miei occhi lo seguirò senza pregiudizi…» Huck assentì, con il cucchiaino continuava a prendere gelato che di fatto non arrivava mai alla sua bocca. Fu allora che Mileva allungò una mano e la poggiò sull’altra di lui, immobile giaceva appoggiata sul tavolo. «La verità? Non ho ancora mai vissuto ciò…» Lui la guardò sorpreso e confuso. «Huck io non ho mai avuto una storia, nemmeno un bacio. Solo tanti crush e tanta confusione… ma alla fine, non ho mai sentito dentro di me… niente…» «M-Ma Andrea?» chiese lui corrucciando la fronte. Lei sorrise e mordendosi un labbro sospirò, voltò appena il capo e fu allora che notò qualcuno seduto dall’altra parte del locale, qualcuno che Huck non aveva notato. Tornò a guardarlo e gli chiese: «Tu cosa hai provato quando ti sei baciato con la Acero?» «C-Cosa?» «Rispondimi!» lo incitò lei e lui si fece un po’ rosso in viso, ma poi rispose. «È stato inaspettato, ma… ecco mi sono venuti degli strani brividi… ma non è stato solo il bacio, anche il mondo in cui mi ha parlato, si è aperta… È… boh non so cosa dirti… mi è pure venuto il mal di pancia!» Mileva ridacchiò tirandosi indietro, ma non lo stava prendendo in giro. «E quando hai baciato me?» «M-Ma… I-Io…» «Rispondi!» «È stato diverso! Mi sono sentito agitato, preoccupato, ansioso… nella testa mi chiedevo continuamente come, quando e in che modo… ho analizzato attentamente la situazione, ho ragionato a lungo su come fare quando e…» «Ecco vedi!» «Cosa?» Mileva lo osservava con le braccia conserte e un gran sorriso. «Come io con Andrea ci siamo fatti tanti castelli in aria, innamorati più dell’idea di essere innamorati che di vivere poi il momento… Quando ho rimuginato sul bacio che le ho dato ho capito che non avevo provato nessun brivido, nessun mal di pancia…» disse lei facendogli il verso, lui parve capire. «Quando davvero per qualcosa si prova, il più delle volte nemmeno lo si sa… è come un temporale improvviso…» E così dicendo con il capo le indicò Elizabeth, che solo in quel momento Huck notò.

Una folta chioma bionda, che cadeva in una cascata di boccoli, riluceva alla luce del sole che dalla vetrina del cafè entrava. Stava sorseggiando un milkshake alla menta, mentre con un quadernino aperto davanti controllava quello che di fatto era un libro contabile scritto cifrato. Il giro di soldi falsi era un business che negli ultimi mesi aveva avuto un’impennata. Grazie alle entrate ricevute oltre al El Chico, i maton erano diventati ben cinque, tutti addetti alla sicurezza della cabaña e al funzionamento delle macchine di stampa. Avevano assunto anche alcune persone addette alla circolazione del denaro, ricevevano un quantitativo di soldi falsi che dovevano mettere in circolo, potevano acquistarci ciò che volevano, ma nulla di appariscente e mai usare cifre troppo alte nei solti posti. Con i resti ottenuti, in quanto di soldi veri, dovevano riconsegnare l’intera cifra a loro. Il giro d’affari tuttavia si stava ampliando, era incredibile notare che chi aveva maggior bisogno di grossi quantitativi di denaro fosse chi già lo aveva. In virtù di questo offrivano prestiti, senza alcun tipo d’interesse, in cui la somma doveva essere restituita semplicemente in denaro vero. Ingrandirsi e farsi un nome era importante, ma iniziava ad attirare – come era normale – attenzioni anche sgradite. I nemici cominciavano a crescere e perfino i loro genitori avevano iniziato a sentire parlare della loro attività. Ovviamente, non avevano la minima idea che i loro figli ne erano gli artefici, ma Elizabeth si disse che avrebbero affrontato un problema per volta. Chiuse il quadernino di scatto e si massaggiò le tempie, le mancava molto l’unione con gli altri. Non che avessero smesso di essere uniti, ma ovviamente con Felipe e Luzma fidanzati e con il suo rapporto con Leonardo raffreddato pareva quasi che qualcosa si fosse rotto. Alzandosi fece per andare a pagare, senza accorgersene si mise in fila alla cassa, proprio poco più avanti del tavolo di Huck e Mileva. I due infatti udirono una telefonata che la giovane ricevette, la stessa che fece saltare in mente alla Epps un’idea folle. Lasciando i soldi sul tavolino prese per mano Huck e lo trascinò con lei fuori dal locale, Elizabeth aveva appena messo giù quando le toccò la spalla. Quella si voltò sorridendo confusa ai due e salutandoli. «Ehm prima senza volere abbiamo udito la tua telefonata… un tuo amico ha bisogno di assistenza in Kansas?» L’Acero li guardò con le braccia conserte al petto, non le piaceva essere spiata né che altri si impicciassero degli affari suoi, ma per qualche motivo non ci riusciva ad essere arrabbiata con Huck che un po’ in imbarazzo la guardava. «Pensavamo solo che… ecco se avete bisogno di un passaggio… Io ho un grazioso furgoncino Volkswagen anni ’70, non è un fulmine, ma essendo noi in sei…» Huck ed Elizabeth parvero leggersi nella mente, perché entrambi la guardarono straniti. Il primo non voleva assolutamente sembrare un ficcanaso e la seconda non ricordava di averli invitati, tuttavia pensò velocemente che in effetti i loro genitori non li avrebbero lasciati andare. Avrebbero preteso la scorta per un viaggio così lungo, tuttavia se avessero detto di andare con loro due… Alla fine il viaggio in sei si fece. Tutti ne avevano da guadagnarci, Mileva poté convincere facilmente i suoi genitori e la madre di Huck, la sorella era a Washington D.C. dal padre e la donna era in tour elettorale non avrebbe lasciato il figlio solo, ma lui andava alla casa al lago degli Epps e dunque fu tranquilla. Charlie e Amita avevano accettato di buon grado che la figlia ci andasse per qualche giorno con il suo amico ritrovato. Al contempo, gli altri quattro dando la tranquillità di stare in un luogo isolato, tranquillo e con due amici che non si potevano dire certo al centro del ciclone di nessuna questione ebbero senza problemi il permesso di assentarsi.

Quello che era nato come la semplice richiesta d’aiuto di Niki – era stato fermato dai dei poliziotti in Kansas ed aveva bisogno che i suoi amici lo tirassero fuori – si era trasformato in un viaggio on the road non programmato. Mileva si era auto invitata per il chiaro tentativo di spingere Huck a far chiarezza con ciò che provava con Elizabeth, lei perché desiderava esplorare quel suo nuovo lato di sé che già con Georgina e gli altri stava ampiamento amando… ma anche per gli altri quattro componenti di quello strano gruppo era un’occasione. Luzma e Felipe non chiedevano di meglio per ritrovare l’armonia del loro quartetto indissolubile, Leonardo necessitava di cambiare aria ed Elizabeth desiderava tanto chiarirsi con lui, ma anche si era ritrovata inspiegabilmente eccitata all’idea che Huck si fosse unito all’avventura.

Ciò che si prospettò per i sei avventurieri erano 12 ore di viaggio, ciò significava che essendo partire nel tardo pomeriggio non sarebbero arrivati prima della mattina alla meta. Mileva era alla guida del suo furgoncino colorato, era celeste chiaro e bianco, al suo fianco Luzma si era proposta di occuparsi della musica. Dietro gli altri quattro cercavano di ignorare la bizzarria in cui si trovavano, seppur era più facile concentrarsi su quello che sulla tensione che c’era: Felipe osservò Elizabeth al suo fianco, Leonardo e Huck di fronte, bastò per capire che si sarebbe potuta tagliare con il coltello. «La casa al lago, a cui abbiamo fatto credere che stia andando, è a quattro ore e mezza da Cedar Spring, questo significa che se consideriamo l’andata e ritorno ed eventuale qualche imprevisto, la nostra scusa che saremo via per il weekend combacia con i tempi!» esclamò allegramente Mileva. Doveva ammettere che era stata una ragazza molto chiusa, restia ad aprirsi per fare nuove conoscenze. Fino a quel momento la sua amicizia con Huck le era bastata, ma l’allontanarsi da lui l’aveva aiutata a espandere la sua visione e comprendere che forse non sarebbe stato così spaventoso dare una possibilità alla miriade delle persone che aveva intorno e così aveva iniziato a fare scoprendo amicizie inaspettate. «Per la cronaca, come mai tuo fratello è stato fermato dalla polizia di Whichita?» chiese infine voltandosi verso Luzma, in una situazione diversa si sarebbe irrigidita per non complicare la loro già pessima reputazione, oltre che segreti, ma fortunatamente non era quello il caso. «Rissa. Tuttavia, di tutti i miei fratelli Niki non è tipo di questo genere di cose, lui come me infatti ha un pessimo rapporto con mio padre! Ci siamo parlati pochi minuti, ma da quello che ho capito difendeva una ragazza verso cui due ubriachi facevano avances, quelli lo hanno aggredito e lui si è difeso. Niki è maggiorenne, ma non aveva soldi a sufficienza per pagare la cauzione e non ci pensa minimamente a chiamare nostro padre!» La ragazza aveva risposto con semplicità, mentre sfogliava i cd che la giovane aveva per scegliere quale mettere e rimase sorpresa dalle playlist presenti: country, musica romantica, rock anni’80, reggeaton, ecc… «Non amo solo un genere, poi sai dipende dal mood del viaggio!» spiegò pratica Mileva, mentre Luzma si voltava e sorrideva come a chiedere da quando la Epps era un tipo così simpatico. «Sei sicuro che non avrai problemi a star con noi? Non vorremo mai…» a parlare era stato Leonardo che rivolgendosi ad Huck lo vide voltarsi quasi stentasse a credere che il giovane parlasse con lui. «Oh sì, insomma mia mamma in realtà sa che sto con Mileva, non sa di voi!» A quella frase Felipe fece un ghigno, Leonard alzò le sopracciglia grattandosi il capo ed Elizabeth distolse lo sguardo. Huck capì come sempre di essere stato indelicato e un’idiota e dunque tentò di rimediare: «La politica! Tsk, la odio… io non ho tutte quelle fisime, sai con chi devi parlare, come vestirsi… in casa mia tutto viene fatto in base a questo!» «L’apparenza è tutto, lo capiamo Zielger, tranquillo!» rispose piccato Felipe, mentre lui sospirava sentendosi peggio. «Huck non è come Molly!» disse improvvisamente Elizabeth, ce l’aveva ancora con lui, ma glielo doveva. Gli rivolse un piccolo sorriso ed era impossibile non notare l’imbarazzo tra loro. Il resto del viaggio proseguì tranquillo, si diedero spesso cambio alla guida e mentre ancora mancavano quasi cinque ore all’arrivo, ormai tutti si erano appisolati. Solo Leonardo, che guidava era sveglio, e Mileva che dopo aver fatto il primo turno si era svegliata da poco e aveva deciso di affiancarlo sul sedile del passeggero per fargli compagnia. Il giovane voltò appena il capo, quando notò del movimento al suo fianco, mentre la ragazza prendeva posto e stiracchiandosi un po’ osservava il rettilineo di fronte a sé. Rimasero per un po’ in silenzio e poi improvvisamente lei quasi dal nulla gli chiese come stesse senza nemmeno voltarsi a guardarlo. «Ehm… tutto bene, ho solo la testa affollata…» «Ti direi di sputare il rospo e sfogarti per fare chiarezza, ma dubito che Leonardo Venegas lo farebbe, tanto meno con un’estranea…» Lui la osservò con la coda dell’occhio colpito, ma sul chi va là e allora lei decise di voltare il capo verso di lui. «Lo so che la mia idea vi ha fatto comodo e avete accettato solo per questo, non siete tipi molto espansivi…» mormorò gettando un’occhiata al resto del gruppo addormentato. Elizabeth aveva la testa poggiata sulla spalla di Huck e Luzma era abbracciata a Felipe. «Dove ero rimasto io, nemmeno tu sei mai stata tanto estroversa…» la pungolò lui, le braccia tese sul volante. «Touché!» gracchiò lei con fare però leggero e scanzonato. «Credo che in questi tre anni di liceo sia stata tre persone diverse. Al primo anno ero timida e impacciata, mi prendevano tutti in giro e subivo in silenzio. Il secondo anno ho capito che la mia intelligenza innata non era qualcosa di cui vergognarsi e ho iniziato a fregarmene del giudizio altrui ostentando sicurezza e menefreghismo. Questo è stato invece l’anno dell’esplorazione sessuale, orgogliosa mi sono eretta sul mio piedistallo decisa a mostrare cosa volevo e come lo avrei ottenuto senza pregiudizi…» La voce di Mileva era andata tuttavia ad assottigliarsi, era sempre meno divertita e sempre più amareggiata. Si passò una mano sulla fronte, per poi abbandonare il capo sul poggiatesta. Leonardo non rispose, ma si ritrovò ad ascoltarla colpito da quell’improvviso suo aprirsi. «Il prossimo anno voglio solo essere me stessa…» concluse lei con un po’ malinconia. «Sono stanca di essere quello che gli stereotipi si aspettano che io sia, quello che devo ostentare di essere per farmi notare e ancor più quella che deve aggregarsi a lotte sociali per mostrare che ha valori. Tanto non potremo mai piacere a tutti no? Tanto vale piacere a noi stessi!» A quella frase sorrise, poi i due si guardarono senza dir nulla. Erano quelle classiche situazioni inattese, segrete e speciali ove cullati dal manto della notte ci si lasciava andare a stati animi che con la luce del sole si tentava di nascondere. «I problemi della vita non si risolvono su un pulmino vecchio e polveroso in viaggio verso il Kansas, dunque forse è meglio spegnere il cervello e rilassarci…» Quella frase non era stata gettata a caso e Mileva non la stava rivolgendo solo verso di sé, era chiaro che seppur Leonardo non le avesse detto nulla, il suo silenzio era carico di pensieri e riflessioni tali e quali a quelle che lei aveva espresso ad alta voce. Solo allora si permise di aprirsi a un sorriso più ampio e assentendo entrambi tornarono a guardare la strada lieti della compagnia silenziosa l’uno dell’altra.

L'area metropolitana di Wichita si dimostrò alquanto grande e popolosa, dunque sapere esattamente ove trovare Niki parve una sfida assai difficile. Come se non bastasse, il vecchio furgoncino Volkswagen aveva dato forfait all'entrata nella minuscola contea di Kingman. Lì, Leonardo – seguito da Felipe e Mileva – decise di attendere il carroattrezzi, mentre Elizabeth, Huck e Luzma decisero di andare nella piccola stazione di polizia nella speranza che potessero aiutarli. Nemmeno a farlo a posta, appena Luzma fece il nome del fratello il poliziotto disse che lo avevano arrestato la sera prima per aggressione e rissa in un bar. Rincuorata da un cotanto colpo di fortuna pagò la cauzione con la propria carta di credito e pochi minuti dopo erano fuori dalla stazione di polizia. Sul marciapiede di fronte, gli altri tre li attendevano. «Non mi aspettavo un comitato di benvenuto più due ospiti!» ironizzò lui salutando con confidenza Leonardo e Felipe con una forte stretta di mano seguito da un abbraccio e poco dopo non perse tempo per presentarsi ad Huck e Mileva, mostrandosi particolarmente charmant con quest’ultima. «Sono stati così gentili da fornirci un alibi, sai come sono i nostri… vigilanti come degli avvoltoi…» ironizzò Luzma stretta al fratello che le teneva un braccio intorno alle spalle. «Noi abbiamo parlato con il meccanico e il furgoncino non sarà pronto fino a domani, ma ci sono delle stanze libere in un motel, mi sono preso la libertà di prenotarle!» avvisò loro Leonardo. Le mani nelle tasche e lo sguardo perso nel guardarsi intorno. «Kingman, 8000 abitanti e ben poco da fare, come inganniamo il tempo?» chiese Felipe un po’ perplesso. L’idea venne a Mileva che alzando lo sguardo disegnò sul proprio viso un’espressione furba. «Andremo al ballo!» Tutti seguirono il suo sguardo ed Huck prima di chiunque altro la guardò di traverso: «Ti vuoi imbucare a ballo di Kingsman?» «Il nostro ha fatto schifo, tra un motivo e l’altro nessuno di noi mi pare se lo sia goduto…» Elizabeth aveva parlato guardando i suoi amici che effettivamente si trovarono a concordare con lei. «Io ho finito il liceo da un po’, ma perché no? Sarà divertente, ma dove prendiamo i vestiti?» «Guardate là!» Luzma indicò un negozio che vendeva orribili abiti vintage, alcuni da festa e cerimonia in puro stile anni settanta, erano così kitch da risultare esilaranti. «Che dire, ci andremo in vecchio stile!» disse con un sorrisino Leonardo, poi seguito dagli altri si incamminarono verso il negozio. Solo i fratelli Casillas erano rimasti indietro per parlare un attimo da soli. «La rissa è stata prima o dopo la consegna?» chiese lei alzando lo sguardo scuro sul fratello al suo fianco. Era ancora stretta a lui, con il braccio di Niki sulle spalle e la sua mano stretta in quella di lui. «Ero sulla strada del ritorno… dunque quella è andata a buon fine, ehi stavano importunando la cameriera… non potevo farmi gli affari miei!» La ragazza scossa i lunghi capelli castani, la frangetta si mosse leggermente. Niki era fatto così, sotto sotto era un gentiluomo. «Quindi non preoccupatevi per i vostri amici… la mia auto è ancora nel parcheggio del bar e dentro non vi è nulla di compromettente. Detto questo le cose stanno andando bene sorellina, dovremo solo parlare al nostro ritorno di come gestire la curiosità crescente delle nostre famiglie…» «Un problema per volta, ti va? Adesso siamo qui e non sarebbe male godersi qualche ora di totale e completa normalità…» Lo pregò lei, lui le fece l’occhiolino e dandole un piccolo bacio sul capo raggiunsero gli altri.

Nelle stanze del motel tutti si prepararono per la serata. Mileva aveva scelto un semplice abito bianco corto. Faceva molto disco anni '70 e bisognava dire che gli stivali color oro e la lunga collana dello stesso colore ne aumentavano l'effetto. Per questa ragione Luzma alle sue spalle le stava acconciando i capelli in modo coerente per essere ancora più bella con quello stile. «Sai stanotte ti ho sentito parlare con Leo…» la voce di Luzma era di chi decisamente con curiosità stava indagando al proposito, ma non era accusatoria, al contrario, un sorriso sornione le era comparso sul volto mentre guardava Mileva dallo specchio. «Oh sì devo dire che è un ragazzo… difficile?» «Vuoi dargli torto? La sua vita, come quella di tutti noi, ci impone di non aprirci molto con gli altri. La prima regola che ci insegnano appena nati è: non fidarti mai di nessuno!» «Il che lo posso capire, le persone hanno la brutta abitudine di deludere!» «Soprattutto quando a farlo e chi credevi fosse diverso!» Elizabeth era appena uscita dal bagno con indosso un bellissimo abito lungo color carta da zucchero. Era sbracciato, si legava dietro il collo e le lasciava la schiena completamente nuda. Con i tacchi che la slanciavano e i lunghi capelli biondi raccolti sul capo l'effetto era decisamente molto accattivante e lei pareva ancora più bella e misteriosa. Raggiunse le due e si sedette sul bordo del letto dietro Luzma, guardandole attraverso lo specchio. Stava combattendo con il cinturino di uno dei due sandali con il tacco a spillo. Risultava sempre allacciato troppo stretto o troppo largo. «Parli di Huck vero?» le chiese improvvisamente Mileva. «Non credo lo abbia fatto apposta, se può consolarti posso assicurarti che mai nulla di ciò che tu gli hai raccontato ad Halloween è uscito dalla sua bocca e lui parla solo con me…» «È che credevo… in realtà non lo so nemmeno io cosa credevo!» «Forse che qualcun altro oltre io, Felipe e Leonardo avrebbe potuto far parte del tuo piccolo mondo?» chiese Luzma ovviamente non riferendosi a ciò che faceva, ma alla realtà interiore dell’amica. Quella che teneva celata al mondo per proteggersi. «Tu gli piaci… credo non se ne fosse nemmeno reso conto, e ora che l’ha fatto ha così paura che tu lo odi che… non fa nulla!» Mileva aveva appena finito di parlare, quando guardando il risultato finale sorrise radiosa. Luzma era fiera del risultato, lei al contrario aveva lisciato ulteriormente i suoi capelli, aveva indossato un micro abito privo di spalline di pure pailletes, nere e azzurre, e delle semplici décolleté a tacco alto nere. Sempre nello stesso negozio aveva preso dei grandissimi orecchini cerchiati dorati e sporgendosi verso lo specchio fece per infilarli nel lobo delle orecchie. «Allora dovrai far qualcosa tu Liz… stanotte divertiamoci, non pensiamo a ciò che è stato fatto o no. A ciò che è stato detto o meno… qui siamo tutti e nessuno, qui non esiste la nostra reputazione scolastica o i pregiudizi su di noi… qui possiamo essere chi vogliamo e per questo realizzare ogni cosa!» Luzma aveva appena finito di indossare i suoi orecchini, quando dando le spalle allo specchio si era poggiata alla piccola scrivania marrone sottostante. Quella a cui Mileva era seduta e che lei guardò spostando lo sguardo di lato, prima di rivolgerlo a Elizabeth seduta sul letto di fronte a lei. A tutte piacquero quelle parole e sorridendosi a vicenda si dissero: «Perché no? Cosa abbiamo da perdere? Valeva davvero la pena perdere tempo e su cosa poi? Arrovellamenti inutili?»

Al ballo anche i ragazzi fecero la loro figura in un abbigliamento tanto assurdo da farli apparire affascinanti. Leonardo indossava un pantalone a palazzo nero, giacca di velluto scuro con risvolto di raso e una camicia giallo spento con dei ridicoli volant sul davanti. Aveva tirato i capelli indietro ed entrò con una sorridente Mileva nella palestra guardandosi intorno incuriosito. Era decisamente alla buona, rispetto al loro ballo, ma tutti sembravano divertirsi in modo molto più genuino. Felipe aveva optato per un classico smoking, a la giaccia era bianca panna profilato di nero, la camicia bianca era semplice. I capelli erano stati portati indietro con il gel e Luzma mano nella mano sorrise ai lampadari stile disco che gettavano bagliori di luce arcobaleno in tutta la sala. Huck, più dietro, era quello che si sentiva più goffo, con dei pantaloni di costine neri, giacca dello smoking color carta da zucchero con risvolti neri e infine una camicia del colore della giacca con volant. Il problema era che Leonardo risultava comunque figo, lui solo ridicolo. Elizabeth però al suo fianco, parve non pensarla allo stesso modo perché lo guardò sorridendogli con complicità. A chiudere la fila c'era Niki. Era il più figo di tutti con semplici pantaloni neri da vestito, camicia bianca e una favolosa giacca da smoking in jacquard a sfondo verde pavone e ricami dorati. All’ingresso furono subito placcati da alcuni ragazzi che li squadrarono da capo a piedi. «Siete usciti dagli anni ’70?» chiese uno corrucciando la fronte. «Vi siete imbucati?» chiese poi un altro. I sette si guardarono tra loro e poi Luzma prese la parola: «Per via di forza maggiore siamo bloccati nella vostra città fino a domani e pensavano che siccome il nostro ballo non è stato un granché…»¬ lasciò la frase a metà così che Elizabeth si aggregò: «Non ci tradirete vero?» I ragazzi davanti a loro gli sorrisero complici. «Tranquilli siete i benvenuti! Divertitevi!» Fu davvero bellissimo per tutti non dover tener conto di nulla, lì erano estranei, senza nome e senza storia. Nessuno di loro era giudicato per la loro reputazione o storia. Non esistevano né vinti né vincitori e questo li fece sciogliere, buttandosi in pista e ballando a più non posso che fosse da soli, in compagnia o in coppia un bel lento. Come stava accadendo in quel momento tra Elizabeth e Leonardo. «Mi chiedevo… cosa pensi davvero di me?» la voce della bionda era leggermente alticcia. Il punch l’aveva aiutata a lasciarsi andare e tutta la serata spensierata le avevano regalato una spensieratezza che non credeva potesse avere. Teneva le braccia intorno al collo di Leo, mentre lui le stringeva la vita. «Cosa intendi?» «Pensi davvero che io sia stata pessima? Con te intendo… sai ho pensato a molto a quello che mi hai detto…» «Ormai è storia vecchia, abbiamo chiarito…» «Lo abbiamo fatto?» lui alzò gli occhi al cielo pensieroso. Poco lontani Huck li osservava, era seduto scomposto su una sedia scomoda di legno di quelle pieghevoli e beveva punch sconsolato. «Mai lasciarti ingannare dalle apparenze!» quasi sobbalzò, quando Niki prendendo posto al suo fianco gli passò un braccio sulle spalle con fare fraterno. «Non serve a nulla stare qui a crogiolarti, alzati, va da lei e ballaci insieme…» «Ma-ma… io… v-veramente…» bofonchiò fissando Liz e Leo sospirando amaramente. «Hanno sempre avuto un rapporto speciale, tutti noi ragazzi lo abbiamo. Inutile dire che non abbiamo potuto mai permetterci altri frequentazioni senza rischi… Devi essere conscio, se lei ti piace veramente, di chi è e a che mondo appartiene. La domanda è ti interessa? Sei pronto a prenderti tutti i rischi del caso?» e con quella domanda Niki si alzò non prima di dargli una pacca sulla spalla. Come un novello Grillo Parlante lo mise di fronte alla realtà, ai motivi non solo politici per cui la madre e il padre gli avevano intimato di starle lontano. Ciò che era successo a Emma Geller-Greene era stato un monito. Leonardo, del tutto inconsapevole dello sguardo di Huck su lui ed Elizabeth si lasciò andare a un sorriso sereno, ampio, mentre osservava la sua più grande amica. «Gli amori come i nostri sono grandi Liz… ma non tutti gli amori sono romantici, esistono tante forme d’amore e ora lo sappiamo…» lei parve concordare, mentre arricciando il naso si spinse un po’ verso di lui e lo abbracciò forte. Luzma poco lontano non aveva potuto fare a meno di ascoltarli e vederli e stava ancora sorridendo quando Felipe la colse in flagrante. «Dovresti smetterla di origliare le discussioni altrui…» «Ehi balliamo a trenta centimetri da loro!» tentò di giustificarsi lei, per poi stringersi maggiormente a lui e gettare uno sguardo poco lontano ad Huck e Mileva che raggiungendolo gli portava del caffè preso dalle macchinette nei corridoi. Probabilmente per impedirgli di diventare un po’ troppo brillo per i punch ingurgitati. «Luzma…» «Che c’è?» chiese lei con tono innocente. «Smettila a giocare a fare cupido…» «E perché mai? Sento odore di amore nell’aria…» disse furba, avvicinando la bocca alla sua per poi baciarlo dolcemente. «Vuoi davvero coinvolgere gente come loro con gente come noi?» Le parole di Felipe non erano state cattive, semplicemente pensava che fosse una cosa su cui riflettere. «Non esiste gente come loro o gente come noi Felipe, ma solo delle zone grigie. Dimmi quello che vuoi, ma loro mi sembrano più simili a noi di quanto credi. Sono persone buone, che vanno oltre le convenzioni e che non credono che tutta l’oscurità celi del male…» «Detta così…» Lei alzò le sopracciglia con un cenno che stava a indicare che lei aveva ragione e non c’era altro da dire, motivo per cui la discussione si chiuse con un altro bacio.

Proprio come era accaduto alla notte di Halloween, otto mesi prima, a Leonardo non sfuggì come tra Huck ed Elizabeth ci fosse qualcosa. Lei era rientrata in stanza solo pochi minuti prima che lui le bussò e fu fatto entrare. Per lui le informazioni finivano lì, ma quella volta non sentiva gelosia o confusione, semplicemente sorrise decidendo di raggiungere il gazebo illuminato che nel parchetto davanti al motel si trovava e lì sedersi respirando l’aria fresca della sera. Si era tolto la giacca e sbottonato un poco la camicia, quando poco dopo venne raggiunto da Mileva che si sedette al suo fianco. «Serata indimenticabile eh?» «Sì devo dire che mi sono divertito!» Lei che aveva un braccio poggiato sullo schienale di legno della panca, aveva piegato una gamba, mentre voltando il capo osservava il ballatoio del motel. «Li hai visti?» «Huck e Liz? Sì! Spero smettano di giocare al gatto con il topo!» «Sì, anche a me tutto questo rincorrersi dà sui nervi!» sentenziò seria per poi scoppiare a ridere quando guardandolo lui fu il primo a non trattenersi. «Mi spiace…» esordì poi la giovane poco dopo, lui parve non capire. Con il capo poggiato sulla mano e i capelli scompigliati ampliò il suo pensiero. «Per Emma, lei ha fatto un gesto nobile per amore e poi non avete nemmeno avuto la possibilità di… di dar seguito a un possibile qualcosa. Ho sentito che forse l’anno prossimo cambia scuola.» Lui che guardava di fronte a sé aveva le gambe leggermente divaricate, le braccia molli tra esse. «Vuoi dargli torto?» chiese poi voltandosi a guardarla. «No, credo di no» rispose Mileva sincera. Rimasero a guardarsi in totale silenzio, quando senza un perché o un ma i loro visi presero ad avvicinarsi e le loro bocche a sfiorarsi. Quando Leonardo si scostò lei ancora stava saggiando il suo sapore sulle sue labbra. Aprì gli occhi poco dopo di lui. «Quelli come me non posso aspirare a più di questo…» «Di un bacio rubato nella notte?» «All’illusione di un amore semplice e puro…» «E chi ti dice che io sia semplice e pura?» Mileva gli rispondeva in modo diretto e secco. Non c’era timore o tentennamento nel suo sguardo e questo colpì Leonardo che si scoprì a vederla per la prima volta. «Se ti dicessi che sono molto di più di una semplice secchiona innamorata della matematica? Che so quale affare tu e i tuoi amici avete tra le mani e che anche io faccio parte di qualcosa?» Tutto ciò lasciò di stucco il ragazzo che improvvisamente prese una posizione più rigida, sollevò la schiena e anche lui si voltò sulla panca. Un braccio lungo lo schienale, la mano su quella di lei e lo sguardò sconcertato di chi non era certo di aver capito bene. «Ci sono i bravi ragazzi… ci sono i cattivi soggetti… e poi ci siamo noi. Senza definizione, ma nobiltà d’animo. A me questo basta e a te?» Lei pronunciò quelle parole con profonda verità e una consapevolezza che fece alzare l’altra mano di Leonardo verso il suo volto, solo per fargliela scivolare sulla guancia, verso il capo e perdersi tra i suoi capelli. Le stava ancora osservando le labbra carnose, quando di nuovo si persero in un nuovo bacio.

💃🏻Story By Cristina Petrini💃🏻

Elizabeth era sola in camera. Luzma aveva approfittato, ovviamente, per godersi la notte con Felipe e Mileva aveva detto che si sarebbe fatta una passeggiata, dunque quando bussarono si stupì di trovarsi Huck di fronte, ma fu lieta di farlo entrare. La stanza era piccola, un letto king size la occupava quasi tutta. La carta da parati era demodé e il bagno imbarazzante. Ma tutto sommato Liz non si lamentava, si era appena tolta le scarpe dunque aveva perso tutto il suo slancio e tornando quei pochi centimetri più bassa del suo interlocutore. Lo stesso che con le braccia lungo i fianchi se ne stava lì teso, probabilmente non sarebbe riuscito a rilassarsi fin quando non le avrebbe detto tutto quello che pensava. Gli occhi azzurri puntati in quelli di lei. «Tu mi piaci Liz» disse improvvisamente e la ragazza sorrise un attimo presa alla sprovvista. «Non lo sapevo, non lo capivo, troppo concentrato su quello che credevo di volere… Poi i miei e la sparatoria e…» «Tranquillo ti capisco, insomma nemmeno io ci proverei con una come me!» disse lei facendo un passo verso il ragazzo, ma lui alzò un braccio come a fermarla. Fece un passo indietro, Liz si stranì, ma lui continuò a parlare: «La verità è che non mi importa, cioè mi importerebbe se morissi, ma di fatto il resto no. Oggi ho capito che tu non sei una ragazza come le altre…» Lei si passò una mano sul collo a disagio ed Huck capì che stava facendo un disastro. Scosse il capo e annullando le distanze la raggiunse prendendole il volto tra le mani. «Tu mi hai visto Liz. Tu mi vedi come nemmeno io sono in grado di fare… e fanculo non me ne frega un cazzo della tua famiglia, di quel che fanno… perché credo a te, a quello che su di loro mi racconti… crederò sempre in te… alla tua parola… Quello che cerco di dire è che, voglio entrare nel tuo mondo se tu vuoi permetterlo, perché tu fai già parte del mio!» Ad ogni parola gli occhi di Elizabeth divennero sempre più lucidi. Poggiò le mani su quelle di lui e alzandosi sulle punte cercò le sue labbra. Si baciarono in modo lieve, poi sempre più profondo e infine le mani di lei erano già finite a sfilargli la giacca che cadde a terra. Si staccarono quel tanto affinché i loro visi fossero ancora vicini e i loro respiri si mischiassero. Le dita di lei stavano già combattendo con i bottoni della sua camicia e quelle di lui le sciolsero il nodo dell’abito dietro la schiena. Quando si trovarono sul letto, lei nuda sotto di lui, Huck non era certo che stava davvero accadendo. Aveva zero esperienza e temeva di fare qualche figuraccia, seppur le sue mani facevano tutto da sole. Il modo in cui la accarezzavano e la stringevano. «Ti voglio nel mio mondo Huck… entra dentro di me stanotte… oltre la pelle… fino al cuore… e non lasciami più andare…» gli sussurrò lei all’orecchio, mentre si aggrappava alle sue spalle. Fecero l’amore per la prima volta, l’uno con l’altro, ma anche in assoluto, eppure così non sembrò. Stretta sul suo petto Liz non smetteva di sorridere, mentre lui le accarezzava i capelli e la schiena nuda illuminata dalla luna. Lei alzò il capo e le loro bocche non resistettero dal cercarsi di nuovo. Huck faticava ancora a credere che tutto quello fosse vero. «Sai, sono curioso di scoprire cosa quest’estate ci riserverà… perché di una cosa sono certo, questo viaggio è stato un viaggio nel vero senso della parola. Torneremo tutti cambiati e consci delle promesse celate nei nostri cuori…»

   
 
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