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Autore: Violet Sparks    17/07/2022    14 recensioni
Ushijima Wakatoshi pensa di sapere tutto.
Pensa che la sua vita sia una strada dritta, precisa, incontrovertibile. Un percorso duro, forse, ma perfettamente definito, un segmento geometrico con un punto di partenza e un'unica meta, da tenere sempre a mente.
Ma Ushijima Wakatoshi ha dimenticato che, sopra alla strada, esiste il cielo, con un sole bollente che brucia e illumina e non vuole essere ignorato.
La domanda è: lui sarà pronto ad alzare lo sguardo?
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Una notte come tante, dopo la sorprendente sconfitta della Shiratorizawa, Wakatoshi incontra Hinata Shoyo in circostante bizzarre ed è costretto a trascorrere con lui la notte più assurda della sua vita.
Wakatoshi prova una ostilità viscerale nei confronti del piccolo corvo e non vede l'ora di dividere nuovamente le loro strade.
Peccato però, che il mocciosetto non sia del suo stesso avviso.
E stia per stravolgere completamente la sua vita.
[USHIHINA - Ushijima Wakatoshi x Hinata Shoyo]
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tendo Satori, Wakatoshi Ushijima
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO XVI
… e la testa immersa nell’acqua cheta
 
 
Ti può spaventare scoprire che ti sei sbagliato su qualcosa,
ma non dovremmo avere paura di cambiare idea,
di accettare che le cose sono diverse,
che non saranno mai più come prima,
nel bene o nel male.
Dobbiamo essere pronti a rinunciare a quello che credevamo.
 
 
 
Si era sbagliato, Shoyo.
Si era sbagliato su tutta la linea.
Ushijima Wakatoshi non era la divinità austera e irraggiungibile che appariva.
Non era il condottiero fiero e affidabile che si mostrava sul campo, accanto alle sue aquile.
Non era il liceale maturo, serio e coscienzioso che ostentava con tanto rigore, quando giudicava gli altri, cinto dalla sua corona preziosa.
Ushijima Wakatoshi era un ragazzo come tutti gli altri, forse solo un po' più selettivo rispetto ai suoi coetanei.
Un ragazzo che si faceva incantare da qualche moina, da un sorriso smagliante e un paio di movenze feline, se provenienti dalla persona giusta.
Un ragazzo che non dava confidenza a nessuno, a stento parlava coi compagni di squadra o con la sua stessa famiglia, eppure non si faceva problemi a seguire in bagno una perfetta sconosciuta.
Bugiardo.
Bugiardo! Bugiardo! Bugiardo!
“Quindi erano vere le voci che giravano sul suo conto! Il nostro capitano non è poi così di ghiaccio come potrebbe sembrare!”
“Onestamente, ho sempre pensato che si trattasse di dicerie inventate di sana pianta da chi voleva darsi delle arie…”
“Io ho sentito spesso persone vantarsi di essere uscite con Wakatoshi! Averlo baciato o cose simili…”
“Più di una cheerleader giura di esserci stata a letto!”
“Pure nel club di teatro e di cucina c’è chi dice di essere stato insieme a lui in quel senso! E scende molto nei particolari…”
“Alla fine, però, si sono sempre rivelate un bel mucchio di fandonie, o sbaglio?”
“A questo punto, credo proprio che in mezzo a tante fandonie, ci sia almeno un po' di verità! Insomma, per seguire in bagno una sconosciuta…”
“Una sconosciuta che di mestiere fa la fotomodella! Ragazzi, ma l’avete vista?! Venderei l’anima al diavolo per essere al posto di Ushiwaka in questo momento…”
“Già, peccato che una così non guarderebbe di striscio nessuno di noi!”
“Secondo voi, stanno facendo davvero… quello?”
“No, Goshiki, piccino! Stanno facendo un puzzle sulla tazza del gabinetto!”
Risate.
Altre chiacchiere.
Altre congetture.
E in mezzo a tutto quel trambusto, il cuore di Hinata che lentamente si riempiva di crepe, si sgretolava sotto i fumi delle paranoie che gli stavano invadendo il cervello, come il canale di scolo di una discarica di liquali.
I fatti erano chiari, non c’erano molti dubbi al riguardo: mentre loro se ne stavano lì, a formulare le loro mirabolanti ipotesi, Ushijima Wakatoshi stava facendo sesso con Layla nel cubicolo di un bagno, anche se l’aveva conosciuta soltanto venti minuti prima, anche se, probabilmente, non l’avrebbe mai più rivista, anche se per lei, lui era stato un gioco, un premio, una scommessa. Ushijima la stava baciando, la stava toccando, la stava spogliando per scoprire il suo corpo raffinato e tonico, la sua pelle di velluto, perfetta in ogni affranto. E, dall’altra parte, le stava permettendo di accarezzarlo, di assaggiarlo, di dargli piacere, magari tra un gemito e un sospiro appagato, inconsapevole, o forse semplicemente incurante del dolore che stava causando in quel momento… che stava… la distruzione… che… che lui… stava…
Shoyo si ridestò di colpo, asciugò in fretta e furia le lacrime con il dorso della mano, quindi allontanò da sé il piattino con il suo pranzo e raddrizzò la schiena.
Non voleva farsi beccare in quello stato pietoso dagli altri, lo faceva sentire un completo idiota il modo in cui stava reagendo, eppure non riusciva a placare i nervi. Era come stare fermi sul ciglio di un burrone: se solo avesse aperto gli occhi nell’abisso, l’oscurità lo avrebbe ghermito, lo avrebbe masticato nelle sue fauci per poi risputarlo sulla sabbia - rotto, spaccato.
Che senso aveva tutto quel dolore?
Che senso aveva tutta quella rabbia?
Shoyo non riusciva a darsi una risposta.
Shoyo temeva di darsi una risposta.
Razionalmente, Ushijima era libero di fare ciò che voleva, non era tenuto a dare conto a nessuno delle sue azioni o dei suoi desideri, men che meno a lui, un perfetto sconosciuto piombatogli in casa che aveva dato prova di mal sopportare in più di un’occasione.
Forse era quello il problema.
Forse Hinata si era illuso di essere riuscito ad andare un pochino oltre con Ushijima Wakatoshi, di aver istaurato un qualche legame, di averlo capito un briciolo in più rispetto agli altri, a cui era concesso soltanto di ammirarlo dal basso del suo trono di gemme. Invece aveva frainteso ogni cosa, non aveva costruito niente. Ushijima Wakatoshi era e sempre sarebbe stato un segreto per lui, mentre Shoyo sarebbe rimasto un inconveniente capitatogli tra capo e collo, un fastidio da dimenticare il più in fretta possibile.
Ma che cosa pretendeva, alla fine?
Che cosa voleva davvero?
Che il sogno stupido, imbarazzante, che aveva avuto quella mattina potesse trasformarsi in realtà? Che Ushijima Wakatoshi, prima o poi, riservasse a lui le attenzioni che probabilmente stava riservando a Layla? Voleva essere al posto di quella ragazza? Voleva essere toccato da Ushijima? Voleva essere baciato? Notato? Lui? Magrolino, insignificante, dall’aspetto ancora così infantile, che non aveva mai dato un bacio o solo accarezzato un’altra persona?
Non lo sapeva.
Non lo voleva sapere.
L’unica cosa certa, in quel momento, era che quei pensieri lo stavano mangiando vivo e lui non riusciva a fermarli, il cuore gli batteva fortissimo, la testa girava forsennatamente, le lacrime si addensavano ancora sulle palpebre appannandogli la vista, lo stomaco gli ribolliva.
Grazie al cielo, l’indomani, la loro convivenza sarebbe giunta al termine.
“Prendi un bicchiere d’acqua, ti sentirai meglio.” pronunciò una voce alla sua destra all’improvviso, facendo riemergere Shoyo dalle coltri oscure in cui stava lentamente affondando. Voltò il capo di scatto; Tendou Satori non lo stava guardando, tuttavia gli stava porgendo un bicchiere d’acqua fresca e un fazzolettino pulito “Dai, se proprio non vuoi finire quel sandwich, almeno riprendi fiato.”
Con un po' di titubanza, Shoyo fece come gli era stato consigliato, a capo chino, prendendo un sorso d’acqua e tamponandosi il viso in prossimità della zona oculare, “È che mi fa male la pancia, forse ho mangiato qualcosa di guasto a colazione…” mormorò quindi, cercando di giustificarsi.
Vide che Tendou sollevava gli angoli delle labbra in un sorriso smorzato, molto diverso da quello diabolico che era solito elargire ai suoi avversari sul campo, “Qualsiasi cosa sia, prenditi un momento. I ragazzi sono andati a fare una partita a ping-pong, siamo rimasti soli, puoi dire e puoi fare quello che vuoi.”
“Grazie.” rispose Shoyo, rigirandosi il bicchiere tra le dita “Perché tu sei rimasto qui?”
“Perché ti ho visto turbato, mi stavo preoccupando!” spiegò semplicemente, scrollando le spalle, poi prima ancora che Hinata avesse il tempo di aprir bocca, “Tranquillo! Non sto cercando di leggerti questa volta!” aggiunse “Niente trucchetti, lo giuro! Se preferisci, vado via anche io.”
“N-no, rimani, va bene.”
Rimasero in silenzio, Hinata a placare il subbuglio che avvertiva dentro, Tendou a divorare gli onigiri che aveva ordinato insieme a un cocktail analcolico con ben tre ombrellini di carta.
Doveva essere piuttosto stravagante vederli così tranquilli, loro che di solito erano un’esplosione di scintille e di colori e, in effetti, Hinata per primo era alquanto sorpreso di quella inedita vicinanza con Satori Tendou, del tatto e della gentilezza che gli stava dimostrando in maniera assolutamente gratuita.
Quante cose stava scoprendo sui membri della Shiratorizawa.
“Piuttosto singolare il comportamento di Wakatoshi, non trovi?” chiese a bruciapelo il ragazzo dalla chioma scarlatta, prima di prendere un generoso sorso dalla propria bevanda.
Hinata sussultò, “Non così tanto, a quanto pare…” mormorò afflitto “Da quello che dicono i ragazzi, girano molte voci su Ushijima in questo senso.”
“E tu dai per scontato che siano vere?”
“No! Cioè, non lo so… non so cosa pensare…”
“Ti fa così male la possibilità che Wakatoshi stia con qualcuno?”
Shoyo non ebbe la forza di ribattere.
Tendou aveva perfettamente ragione, stava avendo una reazione esagerata, da bambino, eppure sentiva tutta quella negatività dentro di sé, non sapeva cosa farsene, dove e come indirizzarla, era come un acido corrosivo che bruciava ogni grammo di lucidità.
Due lacrime calde – fatte di rabbia e frustrazione- scivolarono lentamente lungo le sue guance, inseguendosi fino alla linea del mento.
Fu Tendou a raccoglierle con il dorso dell’indice, prima che cadessero oltre il suo viso.
“Mi dispiace, gamberetto, non posso rassicurarti sulla veridicità o meno di quelle voci: pur essendo il mio migliore amico, Wakatoshi rimane un gran mistero anche per me.” gli disse, con un sorriso comprensivo. Poggiò il gomito sul tavolo, abbandonando la guancia sul palmo aperto in modo quasi indolente, tuttavia lo sguardo che mantenne su Hinata aveva un’intensità tangibile, accentuata ancor più dallo stravagante colore scarlatto di quelle iridi grandi e tonde.
All’improvviso, Shoyo rammentò tutti gli epiteti che accompagnavano il nome di Tendou Satori attraverso i corridoi dei tornei di pallavolo: mostro, indovino, demone.
Come poteva definirsi in modo tanto maligno un ragazzo, solo perché sopra le righe? Tendou aveva un aspetto e un atteggiamento un po' stravaganti, certo, ma era anche divertente, brillante e, a quanto pareva, inaspettatamente sensibile, cosa di cui le persone si sarebbero potute accorgere, se solo si fossero prese la briga di andare più a fondo con lui.
“Però una cosa la so - e credimi, la so molto, molto bene, perché l’ho provata su questa mia stessa pelle…” continuò il giocatore della Shiratorizawa, con tono dolceamaro “La gente farebbe di tutto per un briciolo di potere, anche alimentare dell’odio immotivato verso una persona diversa, solo per sentirsi parte di un gruppo. Oppure, come in questo caso, sfruttare la luce riflessa di qualcun altro per dissimulare il proprio vuoto assoluto.” scosse la testa, afferrò un ombrellino a caso tra quelli ammassati nel proprio bicchiere e ne succhiò la punta bagnata, dopodiché prese a giocarci, facendolo roteare sul legno del bancone “Wakatoshi è una sottospecie di rockstar, Hinata! Ed esattamente come una rockstar, la gente vuole sempre qualcosa da lui. Il problema è che, quando non riesce ad ottenerla, sceglie la via più semplice e più vigliacca di tutte: inventa.”
Hinata si morse le labbra, fortemente colpito dal discorso di Tendou.
Ancora una volta, innanzi a lui si palesava l’estrema difficoltà che nascondeva il successo scintillante di Ushijima: non potersi fidare di nessuno, essere attorniato da malelingue, bugie, da gente cattiva che pensava di poter prendere la sua vita e manipolarla come meglio credeva.
“Stai cercando di dirmi che sto prendendo un granchio?” chiese quindi, confuso.
“Sto cercando di dirti di non fermarti alle apparenze, uccellino, niente di più.”
“Ehi, voi due! Ne avete ancora per molto?! Venite con noi, avanti! Vogliamo fare una gara di nuoto!”
La voce squillante di Goshiki colse di sorpresa sia Hinata che Tendou, ma mentre il primo si affrettò a dissimulare la tristezza sul suo viso, nascondendosi dietro il bicchiere d’acqua gocciolante di condensa, l’altro scese con un balzo dallo sgabello e si sbracciò in direzione degli amici. “Andate! Vi raggiungiamo subito!” urlò, saltellando “Che dici, Hinata? Ti va di distrarti un po'? Non serve a molto rimanere qui a rimuginare!”
Hinata stirò le labbra in un timido sorriso e annuì.
Forse liberare la mente sarebbe servito ad alleggerirgli anche il cuore.

 
***  


“Allora, è molto semplice: il primo che tocca una delle boe e torna a riva, vince!” spiegò Reon davanti a loro, disposti a semicerchio sul bagnasciuga.
Hinata lanciò un’occhiata ai suoi avversari: tutti i ragazzi si stavano preparando con piccoli esercizi di stretching, così decise di imitarli, facendo qualche piegamento sulle gambe.
Si sentiva ancora intontito dal turbinio di emozioni negative provate al chioschetto del lido, come fosse stato risputato dal centro esatto di un uragano, tuttavia impose a se stesso di concentrarsi soltanto sulla sfida imminente e non lasciarsi affondare di nuovo sotto al peso di quel marciume, stanco di venire schiacciato dal peso di sensazioni che non gli erano mai appartenute prima.
“Ehi! Guardate un po' chi è tornato!” esclamò Semi, scrutando in lontananza.
Hinata si voltò insieme agli altri, d’istinto, ma non appena identificò la figura che si stava dirigendo verso di loro, avvertì i propri organi interni venire stretti in una morsa: Ushijima procedeva a grandi falcate attraverso la sabbia calda, la mascella contratta, i pugni serrati lungo il busto.
“Che state facendo?” chiese il capitano, non appena fu loro accanto.
Sembrava irrequieto, vagamente nervoso, i suoi occhi palleggiavano sui suoi compagni di squadra senza soffermarsi davvero su nessuno di loro, solo quando arrivò su Shoyo parve indugiare un momento, cosa che fece rivoltare lo stomaco del più giovane come un calzino.
“Stiamo per fare una gara di nuoto, capitano! Partecipi anche tu?” gli rispose Reon, gioviale.
“Sì, d’accordo.”
“Se partecipa anche Wakatoshi, stiamo freschi!” si lamentò Tendou, grattandosi la nuca.
“Io non mi farò di certo intimidire!” si impettì invece Goshiki.
“S-scusa Wakatoshi,” si intromise Yamagata, di punto in bianco, con malcelato imbarazzo “hai… beh, hai l’elastico del costume in disordine!”
A quel punto, tutti i presenti puntarono automaticamente lo sguardo verso l’indumento di Ushiwaka, il cui orlo in effetti appariva spiegazzato su se stesso, all’altezza dell’inguine, come se qualcuno ci avesse appena infilato la mano dentro o come se fosse stato indossato in fretta e furia.
I ragazzi si lasciarono andare ad una serie di risatine maliziose e occhiate ammiccanti.
Shoyo sentì il proprio cuore cadere al suolo e frantumarsi in mille pezzi.
Le emozioni negative questa volta non si limitarono a inondarlo, lo subissarono, gli tennero la testa giù, sotto gli urti violenti della collera, facendolo affogare in un flusso di pensieri tossici, insensati, pesanti come gocce di catrame. Al segnale di Reon si mise in posizione insieme agli altri, coi piedi puntati nella sabbia umida e il busto arcuato per preparare lo slancio, ma la verità era che Shoyo non era davvero lì, insieme a loro, era rinchiuso in un alveare brulicante dove ognuna delle api che gli ronzava intorno era un’immagine pungente – le mani di Wakatoshi sul corpo di Layla, le gambe di lei intorno ai suoi fianchi stretti, le sue labbra rosse, lucide di lipgloss, lungo il collo del campione a farlo arcuare, a farlo gemere dal piacere.
Quando Reon fischiò la partenza, il sale delle lacrime di Hinata si confuse con l’acqua del mare.
Non fermarsi alle apparenze - gli aveva suggerito Tendou- non credere alle voci.
Cazzate!
Ci aveva visto giusto Shoyo: Ushijima aveva fatto davvero sesso con quella fotomodella, e data la scioltezza con cui si era approcciato alla situazione, chissà quante altre volte doveva aver fatto la stessa, identica cosa! Forse era quello il suo modo di allentare la tensione! Era quello il premio che si concedeva dopo gli allenamenti estenuanti che seguiva! E chi poteva biasimarlo, dopotutto? Aveva diciotto anni, era bellissimo, era potente! E le ragazze con cui andava a letto, se somigliavano a Layla almeno un pochino, erano tutte meravigliose e più che consenzienti… allora qual era il problema?
Il problema era che Shoyo non aveva capito niente di lui.
Il problema era che Ushijima non era affatto la persona che si aspettava.
Il problema era che lui non sarebbe mai stato una di quelle fotomodelle disponibili e affascinanti.
Il problema era che Ushijima non lo avrebbe mai desiderato come Shoyo voleva.
Si bloccò all’improvviso - le braccia che bruciavano per lo sforzo, il sangue che vorticava ferocemente, irrorando i vasi sottopelle.
Si guardò intorno, spaesato, mentre le onde lo sballottolavano senza tregua.
Cavolo, preso com’era dalle sue elucubrazioni, si era completamente dimenticato della gara in corso: dov’erano gli altri? Per quanto aveva nuotato? Non avrebbe dovuto toccare una delle boe?
Cercò di asciugarsi il viso - dal mare o dalle lacrime non avrebbe saputo dirlo ormai – comunque non appena la sua vista si schiarì quel tanto che bastava a distinguere di nuovo il mondo circostante, con suo sommo disappunto si rese conto di essersi allontanato molto dal limite delle boe e di essere finito nella zona in cui passavano le barche, oltre l’insenatura protettiva di Shirahama, a qualche metro dalla costa.
Sospirò, buttando i capelli all’indietro.
Doveva tornare subito a riva, era pericoloso rimanere lì: le onde erano decisamente alte in quel punto, e pure la corrente era piuttosto intensa, infatti stava trovando serie difficoltà a mantenersi a galla.
Prese un respiro profondo, pronto ad immergersi e tornare verso la spiaggia, quando qualcuno emerse dalle onde in maniera così repentina che per un pelo Hinata non ci andò a sbattere contro.
Prima ancora che avesse il tempo di processare che quello innanzi a lui era Ushijima, il giovane asso lo afferrò bruscamente per un polso e lo strattonò.
Era furibondo.
“Hinata! Perché ti sei allontanato dalle boe! È pericoloso stare qui!” gli urlò contro, grondando acqua a fiumi dalle ciocche e dagli spigoli del viso.
“Io… non me ne sono accorto, stavo tornando indietro…” balbettò il più piccolo, stordito tanto dalla presenza di Ushijima quanto dalle sue parole.
“Che cosa volevi dimostrare, eh?! Che sai nuotare meglio di noi?!”
“I-io non volevo dimostrare niente… non…”
“Non pensi mai prima di agire! Come al solito ti comporti da irresponsabile! Sei soltanto un bambino!”
Hinata non ce la fece più.
Un interruttore scattò dentro di lui, un mattoncino venne meno, e così anche l’ultimo baluardo della sua resistenza crollò sotto le trame scarlatte della rabbia.
Si liberò con forza dalla presa di Wakatoshi, quindi puntellò le mani sul suo petto ampio e lo spinse via, dimenandosi quando l’altro, stranito dalla sua reazione, provò ad afferrarlo di nuovo, in una battaglia di acqua e braccia resa soltanto più febbrile dalla corrente che li scuoteva.
“Hinata, fer-…”
“E tu sei soltanto un ipocrita!”
“Cosa?”
“Ti credi tanto meglio di noi! Tanto maturo, tanto perfetto! Invece sei solo un bugiardo!”
“Basta! Smettila di agitarti!”
“Mi sono sbagliato sul tuo conto, la verità è che sei un idiota superficiale!”
“Di che cosa st-”
Ma Ushijima non terminò la frase.
Non la terminò perché un’onda anomala lo investì, ghermendolo nelle profondità del mare, allora Hinata sussultò per lo spavento, ridestandosi di colpo dallo stato di trance in cui era caduto in preda alla collera.
Subito si immerse alla disperata ricerca del ragazzo. Avanzò di qualche bracciata, cercò di aprire gli occhi sotto la superficie nel tentativo di individuarlo, ma si dimostrò un’impresa praticamente impossibile a causa della corrente che sollevava la sabbia e trascinava il suo corpo dove voleva.
Tornò su, “Wakatoshi! Wakatoshi!” cominciò a urlare, nel panico.  
Si stavano allontanando sempre di più dalla costa.
Da quanto era sotto Ushijima?
E se avesse battuto la testa?
E se si fosse impigliato da qualche parte e non stesse riuscendo a risalire?
Era tutta colpa sua!
Provò nuovamente a calarsi giù, in profondità, tuttavia il risultato non fu diverso: Wakatoshi pareva scomparso nel nulla, come fosse stato inghiottito dall’abisso.  
All’improvviso, una mano sulla sua spalla quasi gli fermò il cuore.
“Hinata…” sibilò Wakatoshi, respirando affannosamente.
Shoyo si sentì così sollevato che trattenne a stento l’impulso di abbracciarlo.
“Japan! Japan, stai bene?” si affrettò a dire, la voce che tremava dalla paura “Mi dispiace! Non volevo allontanarmi così tanto! È stato un incidente!”
Gli pizzicavano gli occhi, se per la felicità o per i rimasugli dell’angoscia non avrebbe saputo affermarlo: di base, ce l’aveva ancora con Ushijima per ciò che era successo, non poteva negarlo, eppure Shoyo aveva scoperto che l’idea di perderlo gli risultava del tutto insopportabile.  
“Ho capito, va bene…” rispose allora l’asso, alquanto provato “Andiamo adesso, potremmo farci male se restiamo qui!”
“Sì, va bene! Fammi str-“
Fu come prendere uno schiaffo violento dietro la nuca.
Hinata sentì solo un colpo fortissimo all’altezza del cranio e quando riaprì gli occhi, non aveva più il cielo terso sopra di sé ma acqua - acqua che gli invadeva le narici, acqua che gli invadeva la bocca, acqua buia che filtrava la luce del sole e lo teneva prigioniero, acqua che rallentava i suoi movimenti e non aveva alcuna intenzione di lasciarlo respirare.
Provò a nuotare.
Serrò le labbra, tappò il naso.
Una spinta delle gambe.
Una bracciata, un’altra ancora.
Ma l’aria sembrava non arrivare mai.
Sembrava non arrivare mai!
Era avvilente.
Più nuotava e più la profondità lo attirava verso il basso.
E più la profondità lo attirava verso il basso, più la sua lucidità traballava.
E più la sua lucidità traballava, più il fiato diminuiva e il panico aumentava – ancora, ancora!
Era difficile.
Era troppo difficile…  
Quando la luce lo investì di nuovo, Shoyo aveva quasi perso conoscenza.
“Hinata! Hinata!” gridava qualcuno di fianco a lui, ma la sua voce era sovrastata da un fischio acutissimo, stordente. La testa gli pulsava furiosamente, i muscoli dolevano e l’ossigeno, che aveva inseguito con tanta disperazione, adesso era fuoco nei polmoni – grattava la gola, ustionava i dotti nasali, bisticciava col liquido in eccesso che intanto sputava fuori.
“Hinata, respira! Siamo vicino alle boe ormai! Siamo al sicuro!” continuò la voce accanto a lui, l’unica cosa che sembrasse possedere una consistenza reale, insieme alla presa che avvertiva intorno al proprio corpo.
Dopo qualche secondo, finalmente, Shoyo riuscì quantomeno a mettere a fuoco il viso preoccupato di Ushijima, accanto al proprio.
“Ja… Japan…” mormorò a fatica, tossendo come un forsennato. Capì che il capitano della Shiratorizawa lo stava mantenendo da dietro, contro il proprio petto, probabilmente per nuotare e trascinarli contemporaneamente in direzione della costa, comunque, a quel punto, il giovane asso lo allontanò da sé e lo aiutò a girarsi, in modo che fossero faccia a faccia.
Anche nelle sue condizioni, Shoyo notò che la maschera di imperscrutabilità che copriva sempre i tratti di Ushijima Wakatoshi, si era incrinata, lasciando spazio per la prima volta ad un’espressione di angoscia autentica e tangibile.
Stava respirando a bocca aperta, ancora provato dall’ingente sforzo di affrontare la corrente e portare entrambi al sicuro oltre le boe, ma la sua presa intorno ai fianchi di Shoyo era salda, immobile.
“Ti tengo… ti tengo, Hinata… non tremare…” disse, e le sue iridi verde scuro somigliavano ad una tempesta.
Hinata non ricordava di averlo mai visto così turbato da quando lo conosceva “Non tremare… respira… respira, tranquillo…” continuò a ripetergli senza sosta, stringendo di tanto in tanto le dita sulla sua pelle.
Shoyo riuscì a smettere di tossire solo dopo un lasso di tempo che gli parve infinito, quindi si aggrappò al petto di Wakatoshi e tentò di riprendere il controllo di sé, come meglio poteva.
Prese dei respiri profondi.
Osservò Ushijima di fronte a sé.
Era strano. La spinta del mare permetteva loro di stare alla stessa altezza, uno di fronte all’altro, come mai erano stati prima. Le onde, adesso calme, non li scuotevano, li cullavano, facendo cozzare di tanto in tanto le loro gambe, le loro ginocchia. All’improvviso, Shoyo si rese conto che sembravano incastrati in una sottospecie di abbraccio e un po' gli venne da ridere, visto tutto quello che era successo in precedenza, salvo poi fermarsi di colpo quando si accorse di un particolare.
Wakatoshi gli stava fissando le labbra.
Wakatoshi gli stava fissando le labbra e loro erano vicini, vicini al punto che avrebbe potuto contare le gocce di mare ferme sul suo viso scolpito, vicini al punto che Hinata scoprì che l’asso aveva due minuscoli nei sotto l’occhio sinistro, così chiari da poter passare per delle lentiggini, e un lieve accenno di barba nella parte bassa delle guance che lo rendeva soltanto più adulto, più virile.
Wakatoshi gli stava fissando le labbra e per un attimo – un attimo soltanto, infinitesimo, piccolissimo- Hinata ebbe la netta impressione che l’altro stesse per baciarlo.
Due fischi ravvicinati, prolungati, li fecero trasalire.
Wakatoshi si allontanò di scatto, Shoyo invece si limitò a mantenersi a galla, frastornato.
“Ehi, voi due! Guardate che vi ho visto nuotare oltre le boe! È pericoloso! Siete due pazzi!” li rimproverò il bagnino, un uomo sulla quarantina dai capelli brizzolati e la pelle seccata dal sole, accorso con la scialuppa di salvataggio insieme a due colleghi “Forza, salite! Vi riportiamo a riva! State bene, almeno? I vostri amici si stavano preoccupando!”
“Io sto bene, lui è stato sotto per un po', ha bevuto molto acqua.” fu la risposta pragmatica del capitano della Shiratorizawa, mentre si approssimava all’imbarcazione con l’intento di salire.
Hinata lo seguì, in perfetto silenzio.
Non si rivolsero la parola per tutto il resto del tragitto.  

 
 ***
 

“Sei sicuro di non voler andare in ospedale, marmocchio?” gli chiese per l’ennesima volta il bagnino, squadrandolo di tanto in tanto con fare sospettoso, frattanto che metteva da parte il kit di primo soccorso.
“Sì, davvero, sto benissimo!” ribadì Hinata, sperando di convincerlo attraverso il più smagliante dei suoi sorrisi. Era stato fatto accomodare su una sdraio messa a disposizione dai proprietari del lido, dopodiché sia i ragazzi della Shiratorizawa che altri bagnanti si erano affaccendati intorno a lui per assicurarsi che fosse a posto e recuperasse le energie. Hinata era lusingato da tanto premura, però – insomma- lui stava benissimo! Aveva bevuto un po' d’acqua, okay, e si era preso un gran bello spavento, ma non era successo niente!
Niente a parte il suo litigio con Ushijima e… beh, quella cosa
Alzò lo sguardo sul giovane asso, intento a parlare con Reon e Shirabu sul bagnasciuga.
Ushijima stava davvero per baciarlo mentre erano in mare o era stata soltanto una sua illusione?
No, non aveva alcun senso, doveva esserselo immaginato!
Allora perché non riusciva a toglierselo dalla testa?
“Ehi Wakatoshi, non per farmi gli affari tuoi…” proruppe Eita, all’improvviso, proprio quando il bagnino e gli altri curiosi del lido si erano allontanati, lasciando il gruppetto da solo “Ma è successo qualcosa con Layla, per caso? Perché mi sembra un pelino ostile…”
A quelle parole, Hinata seguì la direzione dello sguardo di Eita, imitato dagli altri, individuando quasi subito la bella ragazza seduta sotto il chioschetto, insieme alle sue amiche.
Onestamente più che un pelino ostile, sembrava assolutamente inviperita.
Era difficile capire che cosa stesse dicendo, non tanto per la distanza, quanto per l’utilizzo della lingua materna, tuttavia dal fervore con cui stava gesticolando in direzione di Wakatoshi, era facile intuire che non gli stesse riservando alcuna parola gentile.
Quando Hinata si voltò nuovamente verso l’asso, lo trovò con la mascella contratta e un’espressione di evidente irritazione.  
“Definirla ostile è un eufemismo, Semi! Penso che se avesse un coltello, lo farebbe a fette!” affermò Yamagata, dando voce al pensiero di tutto il gruppo.
“Che dica e faccia quello vuole, è una gran maleducata.” fu la gelida risposta dell’interessato.
“Perché maleducata? Che cosa ha fatto?” domandò allora Shirabu, circospetto.
L’atteggiamento di Wakatoshi era piuttosto bizzarro: rispetto all’esplosione che aveva avuto con Hinata in mare, poco prima, sembrava pervaso da uno sdegno palpabile, qualcosa di più simile al disprezzo che alla semplice stizza.
“Mi è saltata addosso non appena siamo arrivati in prossimità dei servizi.” spiegò, infastidito “E quando ho cercato di fermarla, mi ha baciato sulla bocca e mi ha messo una mano nel costume.”
Ci fu un momento di silenzio.
Hinata sbatté le palpebre un paio di volte, perplesso ed era sicuro al cento per cento che stessero facendo la stessa cosa anche i ragazzi della Shiratorizawa intorno a lui.
“Scusami, Wakatoshi, credo di non aver capito bene…” intervenne dunque Reon, cercando di suonare il più gentile possibile, nonostante l’aria dubbiosa dipinta sul suo viso “Volevi essere tu a fare il primo passo con lei? Ti ha messo a disagio che fosse così intraprendente?”
“In che senso?” chiese a sua volta l’asso, arcuando la fronte.
“Wakatoshi, tu perché hai seguito Layla in bagno?” proruppe a quel punto Tendou, con un tono di voce decisamente enigmatico. A differenza degli altri, non sembrava particolarmente confuso dalla situazione, anzi se ne stava un po' in disparte, a braccia conserte, come se stesse assistendo ad una scenetta teatrale.
Wakatoshi inclinò il capo, “Perché me lo ha chiesto lei.” rispose semplicemente “Mi ha detto all’orecchio se mi andava di accompagnarla in bagno ed io le ho detto di sì, non volevo essere scortese.”
“E secondo te perché voleva essere accompagnata al bagno?”
“Perché non sapeva dov’era, no?”
Di nuovo calò il silenzio sulla spiaggia di Shirahama.
Un silenzio ricco di tensione però, da parte di tutti i componenti della Shiratorizawa che dovevano fare uno sforzo immane per contenersi e non scoppiare a ridere davanti all’ingenuità del loro capitano.
“Wakatoshi…” prese coraggio almeno Tendou, arricciando le labbra per trattenere un sorriso “Layla sapeva benissimo dov’era il bagno, voleva appartarsi con te… per una sveltina…”
“Una sveltina?”
“Per fare sesso! O pomiciare, nel migliore dei casi!”
La realizzazione che avvenne nella mente di Wakatoshi fece bella mostra di sé anche nei suoi begli occhi verdi, i quali si sgranarono all’inverosimile, “Ma io non la conosco nemmeno, perché dovrei volere avere un rapporto sessuale con una persona di cui a stento conosco il nome?” rifletté, allucinato “Mi sembra una cosa davvero molto superf-“
Lo sguardo dell’asso trapassò Hinata da parte a parte con una tale imprevedibilità che per lui fu impossibile sfuggirgli.
Non aveva scampo.
Ushijima aveva appena smascherato il perché del suo comportamento in acqua, aveva ricollegato le sue parole e adesso lo stava fissando in modo indecifrabile, ma con una forza che fece sentire Hinata come se ogni cellula del proprio corpo venisse schiacciata tra due dita.
 
Fu in quell’istante che Hinata capì.
Capì e la consapevolezza lo terrorizzò e lo alleggerì allo stesso tempo.
Aveva appena fatto una scenata di gelosia a Ushijima Wakatoshi, una scenata brutale, infantile e, a quanto pareva, del tutto superflua.
E il motivo per cui era successo, alla fine, era davvero molto semplice.
Aveva una stramaledettissima, stupidissima cotta per lui.
 
 
Perché se siamo disposti ad accettare le cose come sono
e non come le pensiamo,
ci troveremo esattamente dove dobbiamo stare.
- Grey’s Anatomy
 
 
 

NOTE AUTORE
Okay, tutti quelli che desiderano prendere a sberle Ushijima per aver fatto preoccupare Hinata inutilmente, vadano a destra! Tutti quelli che invece vogliono abbracciarlo perché, dopotutto, è un adorabile stoccafisso che non capisce le allusioni, vadano a sinistra!
 
Nel frattempo, buongiorno a tutti amici! :)
Questo capitolo non è stato una passeggiata, lo ammetto, mi ha dato filo da torcere e non sono del tutto soddisfatta del risultato, ma spero davvero di avervi trasmesso qualcosa a livello emotivo.
Si tratta di un punto di svolta fondamentale per la storia: Hinata ammette a se stesso di provare qualcosa di più che una semplice ammirazione sportiva nei confronti di Ushijima.
E voi direte: “Grazie al piffero! Era palese! Ha dato di matto al pensiero che fosse andato a letto con Layla!”
Ci sta!
Ma dovete ricordarvi sempre che Hinata è un adolescente di fronte alla sua prima cotta vera, lontana dal platonismo infantile, per cui dentro di lui è tutta una confusione di emozioni intensissime, sia positive che negative, che dopotutto anche uno estroverso come lui ha qualche difficoltà a incanalare. È per questa ragione, ad esempio, che la gelosia ha una risonanza così forte in Hinata: ho immaginato che fosse la prima volta che provava una simile sensazione negativa, e non è facile tenere a bada cose come i pensieri intrusivi, la delusione, l’insicurezza.
Voi cosa ne pensate?
 
Tengo molto anche alla parte iniziale del capitolo che riguarda Tendou e Hinata. Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, Tendou è un personaggio che ha sofferto molto per i pregiudizi delle altre persone, a causa del suo aspetto fisico vagamente inquietante e l’atteggiamento un po' sopra le righe. Veniva bullizzato, isolato… è una cosa che mi ha sempre colpito tanto e che, vi anticipo, tornerà nel corso della storia!
 
Ma Ushijima? EBBÉ EBBÉ EBBÉ! Nel prossimo capitolo il focus ritornerà su di lui, non vi preoccupate! Così capiremo anche se la sensazione di Hinata in acqua sia stata solo un abbaglio o meno!
Voi che dite?
 
ATTENZIONE! Il prossimo capitolo arriverà tra due settimane esatte e sarà l’ultimo aggiornamento prima della pausa estiva!
 
Alla prossima,
Violet Sparks
 
 
 
 
   
 
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