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Autore: Robin Stylinson    18/07/2022    0 recensioni
Venerdì 31 gennaio 2020, Rivermountain, Wyoming.
Elisabeth viene assassinata nella sua farmacia e il colpevole sembra aver sistemato malamente la stanza per inscenare una rapina andata male. Il detective Christian Wood si ritrova ad indagare sui segreti di una piccola cittadina sperduta in mezzo alla campagna. Nessuno sembra essere colpevole ma tutti hanno un segreto da nascondere che li collega alla vittima. Si uccide per amore, per soldi e per vendetta, ma Elisabeth per cosa è morta? Forse il passato è tornato a bussare alla porta e la vittima non ha potuto fare altro che aprirgli e pagare il suo debito.
Genere: Mistero, Noir, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wood, negli anni dell'adolescenza, aveva deciso di iscriversi alla facoltà di medicina: non si impegnava anche se le materie scientifiche erano il suo forte. Aveva studiato due anni a Roma per poi lasciare tutto e ricominciare da capo studiando criminologia a Bologna per prendere una laurea magistrale come operatore della sicurezza e del controllo sociale a seguito di esami teorici e di prove con la criminologia applicata. La sua innata passione e predisposizione per gli ambiti fisico, biologico e chimico, lo avevano aiutato ad entrare nella polizia scientifica diventando una figura professionalmente molto formata e preparata che offriva le sue competenze tecniche per permettere analisi scientifiche dei reperti trovati suoi luoghi dei crimini.
Una cosa che lo aveva colpito particolarmente quando studiava nel capoluogo emiliano, era stata la passione di un suo professore verso i crimini efferati dei più famosi serial killer della storia: Wood ricordava bene la lezione sulla Syndrome E - Sindrome Evil - e ne era rimasto molto affascinato: Itzhak Fried, neurochirurgo della University of California, Los Angeles, nel 1997 aveva pubblicato un articolo dove sosteneva che la trasformazione di individui non violenti in serial killer era dettata da diversi fattori e sintomi, suggerendo che tali individui fossero affetti da una malattia, ovvero la Sindrome E, arrivando a caratterizzare i "sette sintomi del male" dopo vari studi sulla corteccia pre frontale.
Violenza ripetitiva compulsiva; credenze ossessive; rapida indifferenza alla violenza; stato emozionale piatto; separazione della violenza dalle attività quotidiane; obbedienza all’autorità; convinzione che chi appartiene al proprio gruppo sia virtuoso, fanno parte della Sindrome E ma i fattori di rischio più evidenti sono il sesso maschile e l'età di mezzo - tra i 15 e i 50 anni - ma questo non andava ad escludere automaticamente le donne. 
Ma oltre a questo, Wood ricordava anche che l'Università di Copenaghen aveva individuato il Fattore D - Dark - che caratterizzava certi tipi di individui rendendo quest'ultimo complementare della sindrome E. Il detective aveva letto l'articolo “The Dark Core of Personality” su una rivista di psicologia e ricordava molto bene gli elementi che caratterizzavano gli individui che mettevano i propri obiettivi e interessi sopra ogni altra cosa: egoismo, machiavellismo, disimpegno morale, narcisismo, psicopatia, sadismo, malignità.
Dopo un volo nei ricordi, Wood si stava chiedendo se per quello che era successo a Rivermountain doveva prepararsi a cercare un individuo del genere: non tutti i killer rispondevano allo specchietto che si creava automaticamente nella mente del detective e non tutti coloro che uccidevano lo premeditavano, capitava spesso che avvenissero in modo colposo e accidentale, ma Wood non escludeva mai nessuna pista. Fino a quel momento avevano avuto solo dei sospettati, nessuna prova e nessun indizio, non avevano ancora avuto risposta dalla scientifica e il detective sapeva che non poteva di certo contare su dei risultati veloci in una cittadina di campagna sperduta in mezzo alle colline. 




Era primo pomeriggio e il sole sembrava giocare a nascondino tra i rami sempreverdi degli alberi e le nuvole scure. L’aria gelata abbracciava tutta la città costringendo chiunque camminasse a stringersi nei giacconi ritraendo il collo nell’incavo delle spalle per sentire meno freddo.
Wood stava perdendo la pazienza, erano due giorni che giravano la città per cercare di capire che cosa fosse successo ad Elisabeth ma tutto sembrava ridursi al gioco del gatto e del topo: gli sembrava di star inseguendo un fantasma che nemmeno esisteva, ma Doe era sicuro di sé e sapeva che prima o poi sarebbe arrivato l’indizio che gli serviva per smascherare il colpevole. Dopotutto, in quella cittadina non succedeva mai niente e l’omicidio della farmacista aveva scombussolato tutti.
I due agenti erano arrivati davanti al cinema quando Wood decise di accendersi una sigaretta prima di entrare a fare l’ennesimo interrogatorio, era la prima che riusciva ad accendersi in santa pace dopo la cena a casa Doe.
«Non dovresti fumare» lo ammonì Doe.
«Lo so» rispose Wood prendendo una lunga boccata dalla stizza. «Abbiamo novità dal laboratorio?»
«Non ancora, purtroppo. Le prove sono arrivate solo l’altro giorno e la forense è sobbarcata di lavoro. Per non parlare del fatto che a nessuno interessa della morte di una farmacista, per loro è una rapina come un’altra, non gli importa se è stata uccisa. Ci vorrà più tempo del previsto.»
Wood annuì e lasciò cadere la sigaretta per terra per poi calpestarla. Ne aveva fumata solo metà e senza un goccio di alcol non riusciva a godersela. 
Doe entrò nella hall del cinema aprendo le porte di vetro facendo strada al detective dietro di lui. In quel luogo regnava il silenzio e non vi era una sola cosa fuori posto. Il pavimento era interamente realizzato con il parquet e le pareti erano colorate di beige, le luci venivano tenute soffuse per cercare di creare la giusta atmosfera e l’odore di pop-corn al burro sembrava essersi impregnato nell’ambiente circostante. 
Wood iniziò a guardarsi attorno per cercare di capire dove potesse essere Camilla ma non riusciva a farsi nessuna idea, non era né alla biglietteria né dietro il bancone degli snack. Wood si stava perdendo nella sua immaginazione quando vide una figura scura arrivare dal corridoio che avevano di fronte. La donna aveva i capelli castani e mossi, i vestiti erano monocromatici e sembrava una persona piuttosto sciatta ma il detective cercò di non giudicare in quanto anche gli altri potevano dire la stessa cosa di lui.
«Buongiorno sceriffo. Immagino che sia qui per Elisabeth.»
La voce che Doe e Wood stavano facendo domande ed interrogatori ai cittadini di Rivermountain si era sparsa a macchia d’olio e ogni cittadino si sarebbe aspettato una loro chiamata o una loro visita.
«Stiamo cercando di verificare gli alibi di più persone in modo da poter depennarle definitivamente dalla nostra lista» disse Doe con cortesia a Camilla.
«Dalla lista dei sospettati?»
«Esattamente» concluse Doe annuendo.
«Si ricorda se la sera dell’omicidio Rachel e Peter sono venuti ad una qualsiasi proiezione?» le chiese Wood senza nemmeno presentarsi. Sapeva già che ormai in città lo conoscevano tutti, almeno di nome, soprattutto perché aiutava lo sceriffo riguardo l’omicidio.
«Sì, erano venuti a vedere un film d’amore. In sala con loro c’erano altre coppie, non ricordo chi fossero però» rispose Camilla con tranquillità. Finalmente Wood poteva eliminare Peter e Beth dai sospettati e la cosa lo sollevava terribilmente, non avrebbe potuto accettare che due ragazzini avessero potuto commettere un omicidio, anche se il detective aveva ancora una domanda che gli martellava in testa. Doveva solo trovare il momento giusto per riuscire a dargli una risposta senza creare ulteriori casini. 
«La stessa sera, lei si è vista con Kelly?» Wood continuò l’interrogatorio, più risposte avrebbe avuto in quel momento dell’indagine e meno domande avrebbe dovuto fare in futuro.
«C-certo» rispose Camilla agitandosi e diventando paonazza. 
«Va tutto bene?» le chiese Doe.
«È tutto okay» rispose prontamente la donna cercando di far sparire ogni turbamento.
«Quindi, conferma che Kelly era qui la sera dell’omicidio?» continuò Wood guardandola di sottecchi.
«Confermo. Siamo state tutta la sera a chiacchierare dentro la cabina di regia. È da dove partono le proiezioni» si giustificò Camilla leggermente più tranquilla, come se si fosse tolta un peso dallo stomaco, ma Wood si ricordò che Kelly aveva detto qualcosa di diverso e non aveva accennato a nessuna chiacchierata e a nessuna sala regia. 
«La sua amica ci ha detto qualcosa di leggermente diverso poco fa. Ha detto che è stata tutta la sera seduta a guardare un film in sala, non a chiacchierare con lei» Wood e Doe si guardarono insospettiti, molto probabilmente una delle due mentiva. Camilla avvampò nuovamente e le gote divennero rosse, color del fuoco, per l’imbarazzo.
«Certo, è vero. Mi sono confusa, siamo molto amiche e ci vediamo spesso. Ieri sera ero in cabina di regia da sola, Kelly mi ha raggiunta quando è finito il film, ci siamo salutate e poi lei è tornata a casa, io invece ho iniziato a sistemare le sale per poi chiudere tutto.»
«Ed è tutto?» chiese poco convinto Wood.
«Sì» concluse Camilla che stava tornando di un colorito normale.
«Va bene. Se avremo altre domande, torneremo» disse poi Doe cercando di affrettare i saluti. Wood sapeva perfettamente che cosa stava facendo: stava cercando di liquidare Camilla come se non fosse successo niente perché lui aveva un disperato bisogno di parlare in privato con il collega. 
Wood stette al gioco, salutò la donna e la ringraziò per la disponibilità. Camilla sorrise quasi forzatamente e si congedò immediatamente sparendo nuovamente da dove era arrivata.
Doe e Wood uscirono prontamente dal cinema e, prima di proferire anche una singola parola, si. guardarono alle spalle per accertarsi che la sospettata non li stesse spiando per origliare la loro conversazione. 
«Chi delle due mente?» chiese subito lo sceriffo a bassa voce.
«Non ne ho idea, ma secondo me nascondono qualcosa tutte e due.»
«Cosa facciamo adesso?»
«Proviamo a vedere se il marito di Kelly sa qualcosa di questa storia» concluse poi Wood. «Hai il suo numero di telefono?»
«Certo. Dammi un minuto.» Doe estrasse il cellulare dalla tasca e cercò il numero di Robert, schiacciò il tasto “chiama” e passò il telefono a Wood che lo appoggiò stretto contro l’orecchio destro. 
Pochi secondi dopo, il pompiere prese la linea. 
«Sono Wood, mi scusi se la disturbo nuovamente.»
«Mi dica, agente.»
«Volevo parlarle di sua moglie. Sa se per caso lei o la sua amica Camilla avevano qualche motivo per fare del male ad Elisabeth?»
«Sta scherzando? Certo che no!»
«Sapeva che sua moglie la sera dell’omicidio si è incontrata con Camilla al cinema?»
«Detective Wood, è tutto okay. Mia moglie si vede spesso con la sua amica, non è di certo una novità che fossero insieme anche quella sera, sono amiche da una vita.»
«Va bene. Mi scuso ancora per il disturbo.»
Robert riappese il telefono senza nemmeno salutare. 
  
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