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Autore: nydrali    20/07/2022    0 recensioni
Isabel è una ragazza normale ... almeno fino al giorno in cui un magico talismano non la catapulta nell'Antica Roma. Riuscirà a sopravvivere e a tornare a casa?
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Talismano'
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A Nivio per poco non vene un colpo, quando Isabel gli disse che cosa intendeva fare. Protestò per il resto della serata, ma alla fine lei gli gridò di tacere con tono da ufficiale superiore, e lui quasi scattò all’istante sull’attenti gridando: « Sissignora, come volete voi, signora ».
Per la prima volta, Isabel apprezzò la rigidità militare Romana. Con un largo sorriso di soddisfazione, gli ordinò di far pervenire un messaggio a Simone, nel quale gli chiedeva di affrettare la consegna del denaro al mattino seguente, quindi mandò Chrysio  alla ricerca di un sarto: non poteva continuare a sgambettare per l’Antica Roma vestita nike.
Il giovane schiavo non ebbe difficoltà a reperire un buon modellista e a farlo venire alla locanda quella sera stessa. L’uomo prese rapidamente le misure di Isabel e le disse di avere proprio quello che faceva per lei. Iniziò a mostrarle abiti uno più ricco e sontuoso dell’altro, finché la ragazza non perse la pazienza. Soltanto a quel punto le mostrò un paio di comodi calzoni ed una corta tunica con una cintura che la tratteneva in vita. Era un completo semplice ma di buon gusto, adatto ad ogni genere di lavoro all’aperto e soprattutto all’equitazione, le spiegò, ed Isabel per una volta fu d’accordo con lui.
Lasciò che fosse Chrysio  a tirare sul prezzo e corse a cambiarsi. I nuovi abiti le andavano a pennello. Soddisfatta, si occupò di comandare all’oste delle provviste, che voleva trovare alla locanda il mattino seguente, quindi riprese a litigare con Nivio.
L’alba la sorprese dopo poche ore di sonno, ma quanto meno tutti i preparativi erano stati fatti: Simone aveva mandato il denaro, l’oste aveva procurato due bardotti carichi di ogni genere di cibaria e lei indossava degli abiti caldi, comodi e Romani. Infine, miracolo supremo, Nivio era stato convinto. I suoi ordini erano quelli di condurla al sicuro: finché lei non fosse stata fuori pericolo, doveva rimanere al suo fianco a proteggerla. E aggirarsi per la Gallia era per l’appunto quel genere di pericolo dal quale lui doveva preservarla.
Perciò, al povero Romano non restò altro da fare che montare in sella e seguirla. Determinata come poche altre volte nella sua vita, Isabel si avviò verso l’interno.
Superarono colline morbide e vallate lussureggianti, dalla terra così grassa da essere nera e dalle foreste così fitte da dare l’impressione di non avere una fine. Era un mondo enorme, pulito e incontaminato, dove l’uomo non aveva ancora avuto il completo sopravvento sulla natura e dove i boschi avevano ancora il dominio delle terre. Sfilarono accanto a piccoli villaggi rannicchiati attorno a corsi d’acqua e case sparse di coloni coraggiosi, ma senza incontrare alcuna traccia dei barbari che li avevano assaliti.
Sconfortata, Isabel stava quasi per gettare la spugna, quando un mattino Chrysio  esclamò che riconosceva la forma di una montagna. Disse che si erano accampati proprio all’ombra di quell’altura, poco prima che fosse condotto e venduto a Marsiglia. Isabel non si trattenne dall’abbracciarlo con affetto, gridando di gioia: forse li avevano trovati!
 
Tesero loro un agguato.
Nivio aveva mandato un uomo in avanscoperta e quello era tornato dicendo che c’erano circa una trentina di Galli accampati sotto lo stesso sperone rocciose che aveva permesso a Chrysio  di riconoscere quella montagna. Imprecando, Nivio aveva stabilito che erano troppi per loro, a meno di non organizzare una qualche trappola.
Sempre borbottando, il legionario ordinò ad Isabel e al giovane schiavo di restarsene fuori dai piedi, perché – dal momento che non erano addestrati alla battaglia – se avessero cercato di dare una mano avrebbero finito per fare più casino che altro. Non poi così rattristata, Isabel rimontò in sella ad Elisium e si portò con Chrysio  a distanza di sicurezza.
Si acquattarono tra gli alberi, osservando da lontano i movimenti esperti e precisi dei legionari di Nivio.
« Quelli sì che sono Uomini », commentò a mezza voce Isabel, ammirata: non avevano niente a che fare con gli essere umani di sesso maschile che aveva conosciuto fino a quel momento, preoccupati solamente del conto in banca, della pressione nelle gomme dell’auto e di quanto il loro dopobarba attirasse le femmine. Questi qui, si disse Isabel senza riuscire a staccare gli occhi dai Romani, sono veramente uomini. Sono capaci di difendere con la vita una donna che appena conoscono, semplicemente per obbedire a degli ordini, per rendere onore alla loro Patria. Non sanno nemmeno che cos’è un dopobarba, ma stanno per affrontare trenta barbari pesantemente armati e sono calmi come una tazza d’acqua. Isabel scosse il capo: roba da non credere.
« Mi dispiace di non poter dare una mano », mormorò ad un tratto Chrysio  al suo fianco.
Isabel fece spallucce. « Non riusciremmo comunque a combinare niente a parte farci ammazzare ».
« Io so combattere », le ricordò Chrysio. In effetti, rammentò Isabel, era stato lui a salvarla durante l’attacco dei barbari, e si era anche dimostrato un combattente niente male, in quell’occasione.
« Hai ragione, ma Nivio ha detto no. Ti toccherà rimanere qui e difendere questa piccola, indifesa fanciulla! », esclamò con un mezzo sorriso.
Chrysio  ridacchiò. « Non siete affatto indifesa, domina. Anzi, siete molto coraggiosa ».
Isabel scoppiò a ridere. « Coraggiosa io? Andiamo! », la sola idea era da sbellicarsi dalle risate. Coraggiosa! Questa poi! Ma se era rimasta sotto shock per giorni, dopo essersi risvegliata lì, aveva gridato e chiamato la mamma come una bambina, e poi non era nemmeno riuscita a guardare il cadavere di Umbrio. Anzi, ancora si rifiutava di pensare a lui. All’idea di dover affrontare la realtà della sua morte aveva preferito la negazione: si era tirata indietro, aveva distolto il pensiero e rimandato ad un fumoso domani. Era scappata, invece di accettare l’accaduto. No, decisamente, era tutto meno che coraggiosa!
« Be’, domina, questa non mi sembra un’impresa da pusillanimi. Non molte donne rischierebbero la loro vita per salvare due schiavi », le fece notare, apparentemente ammirato, il giovane.
Isabel scosse il capo. « Sono persone! Miei amici! Non potevo lasciarli in mano a questi … questi … barbari! Andiamo: cos’altro potevo fare? Ero con le spalle al muro », protestò lei, « È soltanto allora che tiro fuori le palle: quando non ho altra scelta. E questa non è precisamente la definizione di coraggio ».
Chrysio  scosse il capo e lasciò perdere. Anche perché in quel momento un Gallo sbucò dalla foresta davanti a loro e cadde dritto dritto nella trappola di Nivio e dei suoi uomini.
 
« No, spiegami … mi stai dicendo che Isabel non si trova più … nel ventunesimo secolo? ».
Zia Dag sospirò, rigirando la tazza di cioccolata calda tra le mani. Lei e Jo sedevano nel suo salotto, l’uno di fronte all’altra, e da quasi due ore la donna stava cercando di spiegare al ragazzo quello che era accaduto alla sua migliore amica.
« Non è così semplice ».
« Be’, allora vedi di non tirarla alla lunga! Non ci sto capendo più niente, con tutti questi tuoi giri di parole! », protestò lui, al colmo della frustrazione.
« Se continui ad interrompermi non riuscirò mai a spiegarti un bel niente! », ribatté lei.
« Ooooh.. cazzo! E va bene! Parla, starò zitto! », sbottò infine, esasperato.
Zia Dag inspirò profondamente. « Io non sono nata nel millenovecentoventisette ».
« Ah… e quando sei nata? », le domandò Joseph, per nulla interessato alla questione, ma confuso dal brusco cambiamento di argomento.
« Sono nata nel centotrentadue avanti Cristo ».
Jo per un attimo non afferrò le parole della donna poi, gettando all’indietro il capo, scoppiò in una sonora risata.
« Non è uno scherzo, Jo! Sono nata nel centotrentadue avanti Crsito! », protestò Zia Dag.
« Sì, certo come no, e io sono Napoleone », sbottò il ragazzo, alzandosi, « Senti, se hai deciso di prendermi per il culo, basta così: io me ne vado. Devo cercare Isabel ».
« Non la troverai. Te l’ho detto: non è più qui », gridò Zia Dag, disperata.
« No, tu non mi hai detto un bel niente! Tu hai blaterato di pietre con le stelle e viaggi nel tempo! Ed ora te ne esci con questa storia del duecento prima di Cristo … ».
« Centotrentadue », lo corresse lei, istintivamente, « E non ti sto prendendo per il culo. Ti prego, ti supplico: siediti e lascia che ti spieghi », mormorò la donna, a mani giunte, fissandolo con occhi imploranti.
Joseph sospirò e si guardò attorno. Sembrava terribilmente scocciato dai vaneggiamenti della vecchia. Eppure, alla fine ricadde sul divano, puntando sulla vecchia due occhi freddi ed accusatori. « Sentiamo », sbuffò, con un tono che era tutto meno che amichevole.
« Il mio nome è Tullia Maior. Sono la figlia di Tiberius Tullius Vala, un uomo di nessuna importanza. Quando ho trovato quel ciondolo non avevo che quindici anni. Mi ero appena sposata e stavo iniziando a farmi una vita mia, ma di colpo fui scaraventata in questa specie … di bolgia caleidoscopica e furiosa … era il millenovecentoquarantadue e c’era la guerra… io ho fatto il mio dovere, che altro devo dire? Mi sono affezionata a questo mondo senza senso e non ho più voluto tornare indietro ».
« Intendi … indietro … nel tempo? », azzardò Jo, ancora totalmente incredulo.
« Be’, non proprio », ammise Zia Dag, riluttante.
« Come: non proprio? Vieni dall’Antica Roma o no? ».
« Sì, ma non dalla tua ».
« Eh? ».
Zia Dag prese fiato. « Da quello che ho potuto capire, io vengo da un’altra dimensione ».
   
 
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