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Autore: Swan_Time_Traveller    21/07/2022    0 recensioni
[Prequel su Eddie Munson, il primo di una trilogia, che presenta la famiglia di origine del personaggio e le vicende che hanno portato alla sua nascita.]
"Andarsene, in un posto lontano. Ovunque, purché i giudizi affilati della gente di Hawkins non la raggiungessero: nella mente di Liz però, quelle parole sarebbero risuonate ugualmente, a prescindere dal suo nuovo inizio. E davvero si parlava di questo, di un capitolo da aprire ex novo? Era tutto nelle sue mani, e tutto dipendeva da lei, inclusa la vita che nove mesi dopo avrebbe cambiato la sua esistenza per sempre: forse era proprio quello il punto, settembre. Il momento in cui quella nascita sarebbe stata concreta, l'attimo in cui sarebbe diventata una madre.
Le incognite erano però troppe, così come la vergogna, le lacrime versate mentre suo padre, Christopher Munson, le ripeteva di non tornare a casa mai più.
Tutto quel di cui Liz era sicura era scappare. Fuggire, allontanarsi per sempre da una cittadina che le aveva voltato le spalle, assieme alla sua intera famiglia."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eddie Munson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Meeting the Munson family 

 

L'orologio a pendolo segnava le cinque in punto quando Christopher Munson varcò la soglia, con la valigetta da lavoro blu che finiva sempre per essere parcheggiata a fianco all'entrata, vicino al portaombrelli: sin da bambini, i suoi figli avevano sempre insistito affinché lui svelasse il contenuto di quella borsa ma Christopher, da avvocato puntiglioso e devoto al lavoro che era, non aveva mai ceduto alle suppliche.

Qualche volta però, Elizabeth, la figlia minore dei Munson, era riuscita a osservare di nascosto il padre nel suo piccolo studio, e aveva notato nella valigetta una serie di fogli e cartelline tutte ben ordinate. Una sezione della valigia era dedicata alle penne, che Christopher Munson custodiva meglio della sua prole: erano tutti regali dei clienti che aveva difeso in plurime cause dal 1945, quando era tornato dal fronte dopo la vittoria americana nella Seconda guerra mondiale.

Si era arruolato nell'esercito da giovanissimo, Christopher Munson: aveva a malapena diciotto anni, e un grande senso del dovere e della patria. Aveva poi conseguito la laurea in legge a pieni voti, diventando immediatamente un avvocato brillante, conosciuto dai colleghi e nell'ambiente per essere un uomo intransigente: così era anche in famiglia.

 

“Ella? Dov'è il ragazzo?” Esclamò ancora prima di togliere le scarpe il capofamiglia, cercando con gli occhi marroni, grandi e tondeggianti, la moglie. Quest'ultima fece capolino dalla cucina e, sporgendosi distrattamente, rispose con un tono squillante: “Sta portando in rimessa il resto della legna che ha tagliato oggi, Chris. Non dovrebbe tardare.”

Christopher sbuffò, togliendosi controvoglia le scarpe e a malapena rivolgendo uno sguardo alla moglie, che era rientrata senza alcuna esitazione in cucina.

“Com'è andata in ufficio?” Chiesa Ella Munson al marito, mentre era intenta a tagliare le prime verdure per la cena di quella sera. Aveva sposato l'uomo col quale avrebbe avuto due figli nel 1945, poco dopo il suo rientro dalla guerra, ma Ella volendo avrebbe potuto ambire a qualcuno di meglio, o almeno così le avevano ripetuto per mesi e mesi le sue sorelle. Lei era sempre stata una ragazza ambita al liceo, brava nella ginnastica e in tutte le materie, dotata di una bellezza rara: aveva sempre deciso di tenere i suoi capelli neri lunghi, oltre le spalle, fregandosene delle mode che il momento imponeva. Con gli anni si erano leggermente arricciati, ma gli occhi verdi avevano mantenuto invece la brillantezza e quel fascino che molti ragazzi a scuola avevano notato sin dal suo arrivo ad Hawkins.

Ella non era originaria dell'Indiana, ma del Texas: i suoi genitori avevano deciso di trasferirsi lì sia per lavoro, sia perché quella cittadina americana, sebbene poco conosciuta, era considerata un vero e proprio paradiso, più per la popolazione tranquilla e i ritmi pacati che per altro.

Nonostante l'ampia gamma di giovani studenti che alla Hawkins High School aveva invitato Ella almeno ad un ballo di fine anno, lei era stata attirata da un ragazzo più o meno suo coetaneo, Christopher Munson, che però a scuola veniva a stento considerato. Era sempre stato un tipo solitario, dedito alla scuola e profondamente fedele alla religione cattolica, il che lo aveva reso ancora meno popolare: Ella se n'era invaghita proprio perché, tutto sommato, a lei la gente popolare faceva difetto, pur essendo parte in un certo senso di questa.

Christopher non era mai stato né un ragazzo affabile, né di piacevole aspetto: alto e magro come un'acciuga, persino ricurvo su se stesso, aveva sempre indossato degli occhiali da vista molto spessi, più per precauzione e per volere di una mamma troppo apprensiva, anziché per reale necessità. Non parlava tanto nemmeno coi pochi amici che si era ritagliato a scuola, e quasi nessuno era mai andato a casa sua.

La verità è che, anche dopo il matrimonio tra Ella e Christopher, nella famiglia della ragazza nessuno capì mai che cosa ci avesse visto lei di così interessante in quell'uomo.

In ogni caso la professione di Christopher e la sua dedizione lo avevano portato ad essere uno degli uomini più rispettati ad Hawkins: se prima pure i suoi vicini mostravano riserve nei suoi confronti, per via della sua fede cattolica, quando Kennedy venne eletto primo presidente cattolico degli States, nessuno aveva più nulla da dire su Christopher Munson. E lui, dalla sua parte, democratico convinto, sentiva di avere un debito col signor John F. Kennedy, per il quale nutriva profondo rispetto.

 

“Solito andirivieni di cause, fogli e colloqui con altri avvocati che non ti sto manco a menzionare.” Borbottò di rimando Christopher, mentre si avviava verso il corridoio. Nel mentre, dalla porta sul retro in cucina rientrò Wayne, il figlio più grande dei Munson: era nato nemmeno un anno dopo il matrimonio tra i due, ma Chris non aveva mai sfiorato Ella prima dell'unione sacra, per sicurezza. Non avevano comunque perso tempo, perché entrambi avevano desiderato una famiglia numerosa, ma anche dignitosamente benestante: il lavoro di Christopher dava abbastanza profitto per permettere ad Ella di badare esclusivamente alla casa e alla crescita della prole, e poi di mandare a scuola i figli, in vista di un futuro brillante per tutti i piccoli Munson.

Ma Wayne non era mai stato dello stesso avviso del padre: estremamente talentuoso nei lavori manuali, amante della natura e spirito libero, il ragazzo aveva a malapena accettato di finire gli studi base, per poi raggiungere un accordo col padre, il quale aveva accettato che suo figlio iniziasse a lavorare come tuttofare in un'officina di Hawkins.

Era però sempre stato un bambino genuino, sebbene avesse in comune col padre la difficoltà nel relazionarsi con i compagni di classe, e con la gente in generale: l'arrivo di una sorella minore, nel 1949, gli aveva permesso di dedicarsi totalmente ad almeno una persona che aveva in comune con lui una famiglia e alcuni tratti genetici.

Elizabeth, chiamata altrimenti Liz in famiglia, non c'entrava nulla con suo padre: non era molto alta e, dalla sua nascita, aveva mantenuto una chioma di capelli neri che ricordavano quelli della madre da giovane. Come Wayne, anche Liz aveva gli occhi scuri e profondi, ma di una forma allungata, vicina a quella dello sguardo della madre. A livello caratteriale, era sempre stata una bambina piuttosto spigliata, abituata a fare amicizia con tutti e ad avere ben pochi peli sulla lingua: per questo destava l'ammirazione del fratello maggiore, che a stento riusciva a farsi un cerchio di amici, e l'insofferenza del padre, che aveva sempre cercato di inculcarle modestia, sobrietà e, soprattutto, una fede cattolica che in Liz era rimasta pura apparenza (così come in Wayne).

“Ciao papà.” Salutò il più grande dei fratelli, buttando a terra gli scarponi infangati che aveva usato per la raccolta della legna di quel giorno. Ella sorrise, senza badare nemmeno alle tracce che il figlio stava lasciando in cucina: in fin dei conti, la donna si sentiva fortunata di avere almeno ancora un figlio sotto il suo stesso tetto. Paradossalmente, era quello più grande, mentre la figlia sedicenne era sparita dalla circolazione.

“Spero che tu abbia concluso con la legna, altrimenti si prospettano altri due mesi difficili qui a casa. Ma vi rendete conto del freddo che fa? Sembra ogni anno più rigido l'inverno ad Hawkins.” Replicò Christopher, senza nemmeno guardare i propri interlocutori e infilandosi in camera, per prendere il pigiama pulito e buttarsi subito in doccia.

“Ho quasi terminato, a occhio e croce direi che domani potremmo riuscire ad avere una riserva di legna che ci durerà anche il prossimo autunno.” Spiegò Wayne, con tono pacato ma anche piuttosto stanco. Suo padre sbuffò e, poco prima di chiudersi alle spalle la porta del bagno, concluse: “Sarà meglio per te! Non sei in ferie natalizie da lavoro per non combinare niente. In questa casa non posso essere l'unico uomo. Lo sono stato per anni, e guarda che risultati.”

Non attese repliche Christopher, perché mai ne aveva accettate e perché nessuno, nella sua famiglia costruita da zero con tanto impegno ma poco affetto, aveva mai osato contraddirlo: si chiuse la porta alle spalle e aprì l'acqua della vasca.

Wayne sospirò, sedendosi al tavolo e dando un'occhiata piuttosto attenta a sua madre: Ella aveva assunto un'espressione preoccupata, tesa, ma che cercava di mascherare concentrandosi sulla preparazione della cena.

Il silenzio in quella casa era diventato assordante, e a tratti insopportabile pure per Wayne che non era mai stato un tipo ciarliero: il 31 dicembre dell'anno appena trascorso, sua sorella minore Liz aveva chiuso la porta di casa e non aveva mai fatto rientro.

Ma era lei che in famiglia, da quando aveva imparato a parlare, insegnava agli altri quanto fosse bello ridere, parlare e mostrare le proprie emozioni: era un merito che a stento Ella aveva riconosciuto in sua figlia, perché troppo influenzata dal parere severo di Christopher, che già da anni rimproverava a Liz di essere troppo ribelle, amica di quelli che lui definiva negri

“La tua ingenuità sarà la tua rovina Elizabeth! Guarda che fine ha fatto Kennedy, l'unico cattolico in grado di piacere a questo Paese tanto da diventare presidente, che improvvisamente ha deciso di essere supporter dei negri. Assieme a quell'altro disadattato di suo fratello Robert. Come pensi che finirà, pure lui? Male. Perché è così che si finisce quando si passa dall'altra parte. E te cara mia devi ridimensionarti.” 

Era da almeno un anno e mezzo che Christopher Munson ripeteva queste parole a sua figlia, la quale però non aveva mai capito cos'avesse fatto di così spiacevole per guadagnarsi i rimproveri costanti del padre: era sempre stata piuttosto brava a scuola, nella media perlomeno, ed era riuscita a farsi una serie di amici, tra cui vi erano anche dei ragazzi di colore che, seppure frequentavano scuole differenti, si ritrovavano insieme a lei a studiare e a preparare i compiti di fine anno. 

 

“Una tragedia annunciata. E tu Ella manco te n'eri accorta! Io continuavo a parlare, e voi non mi avete mai ascoltato. Mai! E questi sono i risultati.” Christopher urlava a tavola almeno una volta ogni sera, da quando Liz se n'era andata dopo aver confessato di essere rimasta incinta a seguito di una festa durante la quale aveva incontrato un ragazzo poco più grande, con qualche amico in comune. 

E ripeteva sempre le stesse cose: non si fermava nemmeno quando la moglie Ella, talvolta presa dai sensi di colpa, singhiozzava rumorosamente sul piatto che dal 31 dicembre non era più riuscita a svuotare. 

Wayne invece aveva molta rabbia repressa: ogni giorno, lavorando o tagliando la legna vicino casa, rifletteva sulle parole terribili che il padre sciorinava a cena, sulle accuse che questo formulava verso la figlia, cacciata di casa e mai più cercata. E proprio in quei momenti Wayne Munson sognava di prendere a pugni suo padre, di infamarlo, se necessario. Di mostrargli quanto il suo spirito cattolico avesse rovinato la famiglia e allontanato per sempre Liz, un'anima rara, una ragazza talmente buona che in quella casa avrebbe solo portato respiro, e luce. 

Wayne si rifugiava in quegli scenari, immaginando ad occhi aperti come sarebbe stato se, per una volta, ad andarsene di casa fosse stato suo padre, con tutta la famiglia contro, persino la fedelissima Ella, che mai si era espressa contraria al marito, nemmeno quando questo aveva buttato fuori la figlia incinta. 

Ma poi, ogni sera e ad ogni cena, Wayne Munson inghiottiva i bocconi e con loro i magoni generati dall'ascolto di quelle parole terribili, ma non replicava mai al padre: e così continuò a fare per tutto l'inverno del 1965, nonostante a lui sua sorella mancasse da morire. 

 

Christopher Munson non nutriva sensi di colpa: aveva dormito bellamente anche la notte di Capodanno, pur avendo lasciato in mezzo al vento gelido in una Hawkins deserta, senza un soldo e senza un tetto, la figlia minore. Aveva continuato a lavorare come se nulla fosse, tornando a casa spesso seccato dalle occhiate dei colleghi che avevano subito saputo di sua figlia: a lui lo scandalo familiare non calzava, e non lo tollerava. Nonostante ciò però, aver mandato via la vergogna dei Munson, poteva essere un nuovo inizio per tutti. 

Ella, dal canto suo, viveva una lotta interiore costante: da una parte c'era il suo essere madre, e quindi il desiderio di aiutare i propri figli ad avere una vita felice e serena; dall'altra c'era il suo dovere di moglie, che era diventato sempre più forte e prepotente a contatto con Christopher, personalità così forte e totalizzante, che aveva lasciato poco spazio di espressione a chiunque in quella casa. Prevaleva sempre e comunque l'Ella coniugata Munson, per questo il pensiero rivolto a Liz rimaneva tale, radicato nella sua coscienza: la differenza che correva tra lei e il marito però, stava proprio nel sonno notturno. Se lui mai una sera aveva avuto difficoltà ad addormentarsi, lei da quel 31 dicembre non aveva più chiuso occhio e, segretamente, aveva già consultato il medico di famiglia affinché le prescrivesse dei sonniferi. 

Ma in un certo senso, almeno in apparenza, la famiglia Munson resisteva, e Christopher ne era ben felice, sicuro del fatto che, nel giro di qualche mese, tutta Hawkins si sarebbe dimenticata di Elizabeth Munson e dello scandalo che aveva portato in città. 

 

“Stasera mi vedo con i colleghi.” Disse Wayne al termine della cena, stimolando un sorriso genuino nella madre, e un bofonchio nel padre, che replicò: “Va bene, ma come sempre cerca di non fare casino quando rientri. Che io domani devo essere in ufficio presto, e tu sulla legna altrettanto.” . 

Wayne non aspettò un ripensamento del padre, e si dileguò dalla tavola una volta terminato il pasto, per infilarsi un maglione pulito e delle scarpe decenti che non richiamassero il costante fango nel quale lavorava, ferie o non ferie. 

Chiudendo la porta di casa, con lo sguardo rivolto al cielo di Hawkins che sembrava essere eccezionalmente sereno, con qualche stella brillante sullo sfondo, Wayne sospirò, come se si stesse scrollando, almeno temporaneamente, di un peso troppo grande da sopportare. 

Della fede cattolica lui ne aveva sempre fatto a meno, anche quando accompagnava da bambino suo padre in chiesa, fingendo di interessarsi all'omelia del sacerdote: per tale motivo quella sera, consapevole di aver mentito al padre, non si sentì nemmeno lontanamente in colpa. 

Del resto, i colleghi di Wayne Munson erano tutti signori di una certa età con famiglia a seguito, che lo avevano sempre considerato uno strano: suo padre lo poteva sapere, se avesse mai chiesto qualcosa al figlio, circa la sua vita o il suo lavoro. E di conseguenza, avrebbe capito subito dopo quella cena, che Wayne non stava certamente uscendo per andare a bere qualcosa coi suoi colleghi. 

 

Ma meglio così, in fin dei conti. Perché Wayne Munson stava per ricongiungersi alla sorellina Liz, e quella sera non poteva essere più serena di così.

   
 
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