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Autore: Swan_Time_Traveller    22/07/2022    0 recensioni
[Prequel su Eddie Munson, il primo di una trilogia, che presenta la famiglia di origine del personaggio e le vicende che hanno portato alla sua nascita.]
"Andarsene, in un posto lontano. Ovunque, purché i giudizi affilati della gente di Hawkins non la raggiungessero: nella mente di Liz però, quelle parole sarebbero risuonate ugualmente, a prescindere dal suo nuovo inizio. E davvero si parlava di questo, di un capitolo da aprire ex novo? Era tutto nelle sue mani, e tutto dipendeva da lei, inclusa la vita che nove mesi dopo avrebbe cambiato la sua esistenza per sempre: forse era proprio quello il punto, settembre. Il momento in cui quella nascita sarebbe stata concreta, l'attimo in cui sarebbe diventata una madre.
Le incognite erano però troppe, così come la vergogna, le lacrime versate mentre suo padre, Christopher Munson, le ripeteva di non tornare a casa mai più.
Tutto quel di cui Liz era sicura era scappare. Fuggire, allontanarsi per sempre da una cittadina che le aveva voltato le spalle, assieme alla sua intera famiglia."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eddie Munson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Elizabeth the Banished

 
“Non mi sorprende che papà ti abbia creduto. Del resto, di noi, lui non ha mai saputo niente.” Commentò con un velo di amarezza Liz, che era riuscita a contattare il fratello per organizzare un incontro, seppur notturno, prima di cambiare la sua vita radicalmente.
I due erano riusciti, anche attraverso i mezzi di Wayne (che da lavoratore di un’officina sapeva a chi appellarsi, in caso di necessità e spostamenti) a trovarsi in una stazione di servizio a poche decine di chilometri da Hawkins, che disponeva anche di un piccolo bar e qualche camera: una di queste era provvisoriamente occupata da Liz, la quale si apprestava a dormire l’ultima notte nello stato dell’Indiana, dove aveva sempre vissuto.
Wayne sospirò, appoggiando entrambi i gomiti sul bancone, in attesa di quanto aveva appena ordinato alla cameriera in servizio. Si voltò verso la sorella e, abbozzando un sorriso nel modo più impacciato che potesse conoscere, andò dritto al punto: “Avrei dovuto fare qualcosa quella sera. Reagire. Fermare nostro padre. Qualsiasi cosa.” Liz scosse la testa, e replicò: “Non avresti avuto alcun successo, sai di che pasta è fatta l’avvocato Munson: quando pensa che una scelta sia legittima, nessuno può fargli cambiare idea. E lui non ha mai avuto dubbi su cosa ci fosse da fare con me. Sbaglio? Si è per caso pentito?” Le domande che la ragazza stava rivolgendo al fratello maggiore erano, ovviamente, retoriche: non nutriva alcun briciolo di speranza per un eventuale ripensamento del padre, e tollerava a malapena che in quella famiglia ci fosse ancora qualcuno che potesse anche solo pensare ad un ipotetico scenario nel quale Christopher Munson avesse speranza di redenzione. In realtà Wayne non era tra queste persone: il suo dubbio ruotava esclusivamente su se stesso, e sulle sue azioni.
La cameriera lasciò davanti ai due fratelli quanto chiesto nella comanda: Wayne afferrò immediatamente il bicchierino di whisky appena piazzato, mentre Liz iniziò a scartare la cannuccia che aveva chiesto per la sua Coca-Cola.

“Gli farà bene?” Borbottò Wayne indicando la bevanda che Liz aveva scelto, ignorando tuttavia quanto quest’ultima gli aveva appena chiesto, quasi con aria di sfida. Lo sguardo interrogativo della sorella lo fece divertire, ma Wayne non sorrise, almeno non esternamente: la faccenda era seria, e Liz non aveva nemmeno ancora compiuto diciassette anni.
“A chi?” Replicò confusa Elizabeth che, dopo aver notato il fratello posare gli occhi proprio sulla sua pancia, fece un sospiro e, con un timido sorriso, aggiunse: “Ah, chiaro. Beh non so, penso che una Coca-Cola non faccia male a nessuno. E poi gli? Chi ti dice che sia un maschio?” Wayne ridacchiò sotto i baffi che aveva iniziato a farsi crescere quasi per fare un dispetto al padre, che aveva già manifestato avversione nei confronti di quella moda. Fece spallucce e rispose: “Non può essere che un Munson. Qualcuno dovrà pure riscattare il genere maschile di questa famiglia, o no?” Anche Liz iniziò a ridere, ma la spensieratezza e l’allegria sembravano fare difetto in tutta quella vicenda, e in quel determinato momento. Ritornò immediatamente seria e, dopo aver risucchiato dalla cannuccia un po’ di Coca-Cola, rivolse uno sguardo grato al fratello e commentò: “Tu hai già riscattato i Munson, Wayne. Solo che non te ne sei ancora reso conto. Quanto a chi metterò al mondo a settembre …  Beh, chissà. Magari davvero avrà un futuro più brillante del mio.” Abbassò lo sguardo, e Wayne in quel momento lo distolse, per evitare di incrociare gli occhi lucidi della sorella, che tuttavia non  sembrava voler cedere. Tornò infatti a fissare suo fratello, con un sorriso amaro sul viso.

Dopo aver svuotato in un colpo il bicchiere di whisky, Wayne tornò sulla conversazione: “Settembre, quindi? Hai già trovato un medico?” Liz annuì, e rispose: “Sì, in realtà me lo hanno consigliato i Sinclair. Hai presente i genitori di Davina? Ecco. Sono andata da loro quella sera. Non c’è stato bisogno di spiegazioni o alcunché. La signora Sinclair mi ha subito messa in contatto con il dottor Edward Halliwell, che ha lasciato l’Indiana al momento e ha uno studio medico a Dallas.” Wayne strabuzzò gli occhi non appena sentì parlare del Texas: era lontano da lì, e pur essendo grato alla famiglia Sinclair per essere riuscita ad aiutare la sorella, non riusciva davvero a comprendere come Liz, nonostante fosse brillante per la sua età, potesse pensare a trasferirsi in un altro Stato.
“Scusa, te ne chiedo un altro.” Disse Wayne alla cameriera, indicando il bicchiere di whisky vuoto: probabilmente tutte quelle notizie, sommate alla principale, quella dello scandalo, non lo avrebbero aiutato a tornare a casa sobrio.
“So a cosa stai pensando.” Borbottò Liz, cercando di intercettare lo sguardo del fratello, e quegli occhi così simili ai suoi, che tuttavia in quel momento sembravano ancor più profondi del solito, dispersi in un groviglio di pensieri che sembrava avere sempre più le fattezze di una trappola senza via di uscita. Wayne sospirò e, con una smorfia sul viso, ribatté: “Cosa vuoi che dica? In Texas, sul serio Liz? Come pensi di fare? Hai mai … Considerato quanto sia difficile la vita adulta, e per di più in uno Stato lontano da casa?”

La giovane Munson spalancò gli occhi, quasi sorpresa dal tono incalzante del fratello, che comunque continuava a non guardarla negli occhi. “No Wayne, fino ad oggi non ho mai pensato a tutto questo. Ma adesso è giunto per me il momento di fare i conti con tutta questa storia, e andarmene. Cosa pensavi? Che sarei rimasta ad Hawkins, dopo tutto quel che è accaduto? Sotto gli occhi della gente, dei compagni di scuola che non hanno fatto altro che ridere, schernirmi, parlottare a bassa voce di quanto fossi una vergogna? Una disadattata?” Wayne interruppe la sorella e, guardandola finalmente negli occhi, puntò il dito e sbottò: “Non dico Hawkins, ma almeno rimanere nell’Indiana, merda! Così per me sarà sempre più difficile raggiungerti e aiutarti. Scappare non è sempre la soluzione Liz. Men che meno quando hai qualcuno che prima o poi nascerà e dipenderà da te.” La ragazza, con le mani visibilmente tremanti, si sciolse i capelli, iniziando a giocherellare con l’elastico che li aveva tenuti legati fino a quel momento.
Dopo un breve istante di silenzio, alzò le spalle e mormorò: “Quando vieni esiliata da chi ti ha dato la vita, non hai molte altre scelte se non scappare. Questo è quanto. E per ciò che riguarda Dallas … I Sinclair mi hanno fatto parlare col dottor Halliwell, ed è davvero una persona che sa aiutare. Ha detto che ha una vecchia zia che vive da sola proprio in città, e ha davvero una casa troppo grande, dove una persona in più farebbe comodo. Posso rimanere lì finché non nasce, dopodiché si vedrà. Tra l’altro ci sarebbe anche un lavoro temporaneo che mi aiuterebbe con le spese e … Insomma, il resto.” Wayne ascoltò la sorella e annuì, con un’espressione che certamente non esprimeva altro che dubbiosità. Alzò poi lo sguardo al cielo e, deglutendo, guardò Liz e replicò: “Pare che sia quindi tutto deciso, no?” Attese che la cameriera lasciasse il nuovo bicchiere di whisky sul bancone e poi lo portò al cielo e, rivolgendo un’occhiata malinconica alla sorella, esclamò: “Alla tua, Elizabeth Munson. Sperando che un giorno Hawkins sia di nuovo casa tua.”
 
Quando i due fratelli uscirono dal locale, l’aria si era fatta più pungente, ma le stelle in cielo sembravano brillare ancora di più rispetto a poche ore prima. Liz si infilò immediatamente nel maglione extra-large che i Sinclair le avevano lasciato, assieme ad altri vestiti che senz’altro l’avrebbero aiutata ad attraversare quelle giornate fredde, in attesa di avere le risorse per creare un guardaroba modesto. Wayne, dal canto suo, chiese a Liz di seguirlo fino all’auto, che aveva preso in prestito, con il benestare del suo capo, dall’officina: quando aprì il baule, Elizabeth non poté credere ai suoi occhi. Davanti a lei c’erano due sacchi dai quali sporgevano dei tessuti che conosceva molto bene: quelli erano i suoi vestiti! Era tutto ciò che aveva lasciato negli armadi della sua ormai vecchia casa, perché Christopher non le aveva dato nemmeno la possibilità di rimediarne alcuni, prima di uscire per sempre.

“Wayne! Io non so cosa dire …” Esclamò Liz, visibilmente commossa: guardò il fratello che, nascondendo un sorriso compiaciuto, alzò le spalle. Lei dal canto suo non riuscì a trattenersi e lo afferrò in un abbraccio che Wayne non poté far altro che ricambiare, seppur in modo impacciato. “Non devi dire nulla. Quel poco che mi è concesso fare per mia sorella … Lo farò, sempre.” Si sciolsero dall’abbraccio, mentre lui continuò a raccomandarsi con la sorella di essere prudente e di tornare ad Hawkins, qualora le cose si fossero messe male.

“Non preoccuparti Wayne. Starò bene. Sopravvivrò da esiliata. Inoltre non sarò mai sola, giusto?” E con quella frase, srotolata con apparente leggerezza e al contempo estrema sicurezza nel proprio futuro, Liz salutò il fratello, trascinando i sacchi ricolmi di vestiti verso la camera che aveva affittato, e che il giorno dopo avrebbe lasciato, alla volta di Dallas.
Wayne Munson salì in macchina e, prima di partire, guardò dal finestrino quella figura apparentemente fragile, nascosta in quel maglione enorme, che da un momento all’altro si sarebbe trovata a prendersi cura di una famiglia tutta sua, nemmeno un anno dopo dall’essere stata cacciata da quella d’origine. E un filo di magone, ricacciato faticosamente nel profondo, segnò la notte di Wayne Munson, che per la prima volta nella sua vita aveva davvero paura di non rivedere il volto di sua sorella.  Ma era una scommessa che il destino lo aveva costretto ad accettare.
   
 
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