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Autore: Swan_Time_Traveller    24/07/2022    0 recensioni
[Prequel su Eddie Munson, il primo di una trilogia, che presenta la famiglia di origine del personaggio e le vicende che hanno portato alla sua nascita.]
"Andarsene, in un posto lontano. Ovunque, purché i giudizi affilati della gente di Hawkins non la raggiungessero: nella mente di Liz però, quelle parole sarebbero risuonate ugualmente, a prescindere dal suo nuovo inizio. E davvero si parlava di questo, di un capitolo da aprire ex novo? Era tutto nelle sue mani, e tutto dipendeva da lei, inclusa la vita che nove mesi dopo avrebbe cambiato la sua esistenza per sempre: forse era proprio quello il punto, settembre. Il momento in cui quella nascita sarebbe stata concreta, l'attimo in cui sarebbe diventata una madre.
Le incognite erano però troppe, così come la vergogna, le lacrime versate mentre suo padre, Christopher Munson, le ripeteva di non tornare a casa mai più.
Tutto quel di cui Liz era sicura era scappare. Fuggire, allontanarsi per sempre da una cittadina che le aveva voltato le spalle, assieme alla sua intera famiglia."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eddie Munson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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All my loving
 
Non c’era pace al deposito di libri in Dealey Plaza: vi era un continuo via vai di impiegati e operai, che viaggiavano su e giù dalle scale freneticamente, a volte facendo sembrare il tutto una marcia scatenata verso non si sa bene dove. Quando era stata assunta alla fine di marzo, Liz era stata affiancata da una signora prossima alla pensione, poco ciarliera ma molto desiderosa di insegnare le sue mansioni ad una giovane leva: sul finire della primavera 1965 la collega era al suo ultimo giorno di lavoro, e aveva deciso di aiutare Elizabeth a trasferire tutta la sua documentazione in una scrivania che sarebbe diventata ben presto sua. Alla giovane Munson tutto ciò sembrava difficile, se non impossibile, da elaborare.
Era chiaramente un lavoro archivistico e nulla più, ma che le permetteva non solo di sbirciare i vari libri e tomi in arrivo e in partenza, bensì anche di guadagnare abbastanza da potersi permettere, in vista della nascita, un corredo degno di essere chiamato tale. Dava anche un contributo agli Halliwell, sebbene né Eleanor, né Edward fossero particolarmente propensi ad accettarlo: la ragazza si dava da fare anche in casa, più che altro cucinando manicaretti sempre diversi e che nel tempo erano migliorati sempre di più. La sera, prima di andare a dormire, leggeva qualche libro preso in prestito, da accordi, al Book Depository, oppure scambiava qualche chiacchiera con la signora Halliwell e con Edward, le volte in cui rimaneva a cena e attendeva un po’ prima di tornare a casa.
Proprio sul finire di maggio, quando Elizabeth rientrò a casa Halliwell comunicando la notizia dell’ottenimento di una scrivania tutta sua, si levò un’ondata di emozione che a stento tratteneva Eleanor: passare del tempo con una persona giovane che le ricordava una nipote, era qualcosa di raro e che mai avrebbe sognato di avere. Per tale motivo, e anche per il buon cuore di Liz, era difficile non affezionarsi alla ragazza. Dopo aver fatto un brindisi con Edward, quest’ultimo ringraziò per la cena e diede a Liz l’appuntamento per la settimana successiva, per un controllo generale della gravidanza: tutto stava procedendo bene, sebbene la più piccola dei Munson iniziava a sentirsi sempre meno adolescente, e sempre più donna. Tutto sommato quel cambiamento, una volta all’interno del processo, sembrava spaventarla molto meno.

La finestra in salotto, anche dopo cena, era d’obbligo tenerla aperta: dall’esterno giungeva una brezza leggera e rinfrescante, che conciliava sia una lettura, sia qualche chiacchiera. E come di consueto, Elizabeth era seduta su una delle poltroncine soffici della casa, di fronte a Eleanor, che era come sempre sulla sdraio a dondolo, intenta a spegnere una delle sue tante sigarette.
“Mio marito ha sempre odiato il mio fumare.” Ammise la vecchia zia, interrompendo un momento di silenzio tra le due. Liz abbozzò un sorriso. “In realtà erano poche le cose che apprezzava di me, ma questa è un’altra storia. Passata, per fortuna.” Proseguì Eleanor, senza alcun tipo di rimpianto o malinconia. Liz annuì e replicò: “Capisco. Mio padre … Diciamo che non ha mai apprezzato nulla né di me, né di mio fratello. E adesso, pensandoci bene, da un’altra prospettiva … Credo che non ammiri nemmeno mia madre.” Non si sentì di esagerare in quel momento, anzi: raccontando qualcosa della sua famiglia, spinta dalla riflessione della zia Halliwell, improvvisamente le sembrò che il suo punto di vista fosse cambiato. Non c’era più nulla in lei che la riconducesse a quella ragazza solita ad alternarsi tra scuola, compiti, amici e festicciole, quindi troppo impegnata per rendersi conto di quel che traspariva nelle quattro mura di casa: al contrario, si sentiva diversa, in crescita. Consapevole dei limiti suoi come quelli di suo padre, che fino a quel momento era stato un fantasma imperante e costante.
“Le cose si scoprono col tempo, cara Elizabeth … Man mano che si cresce, ci si consapevolizza.” Dichiarò Eleanor e, dopo un breve momento di silenzio, guardò negli occhi la ragazza e le chiese: “Ti è capitato di trovare un ragazzo davvero d’oro? Una persona sulla quale potrai contare sempre?” Liz ricambiò lo sguardo e, sorridendo, annuì: “Mio fratello Wayne. E’ un ragazzo molto taciturno, sulle sue … A vederlo così è facile pensare che non sia affettuoso o particolarmente attento ma in realtà lo è. Anche se fa fatica ad abbracciarmi, ma ci penso io a rimediare.” Risero entrambe, mentre Eleanor, annuendo, replicò: “Beh, avere un fratello dà valore aggiunto alla propria vita. Il mio, nonché padre di Edward, era davvero una persona incredibile. Buona come poche, di rara gentilezza: purtroppo anche in questo caso, la guerra lo ha portato via. Mio marito è stato ritrovato, ma di mio fratello … Non si hanno più avuto notizie.” Liz sospirò: “Mi dispiace, signora Halliwell.”
Eleanor sorrise e disse: “E’ passato ormai del tempo, ma a mio fratello vorrò sempre bene. E invece, se non sono troppo inopportuna – ma sono una donna curiosa, lo sono sempre stata! – posso chiederti se hai più avuto modo di contattare quel ragazzo …?”
Liz restò per un attimo impietrita, sorpresa dal fatto che la signora Halliwell le avesse chiesto proprio di lui, quando nessun altro lo aveva fatto fino a quel momento. Anzi, a dirla tutta, proprio considerato che nessuno, nemmeno Wayne, le avesse mai chiesto con chi si fosse ritrovata quella sera – e nei pasticci – l’aveva portata a pensare a lui raramente, e a considerarlo quasi come un vecchio ricordo, più simile ad un sogno avuto in dormiveglia che altro. Iniziò a tormentarsi le dita delle mani e, tossicchiando, rispose: “No, non saprei nemmeno come e dove trovarlo. Era più grande di me, aveva già finito gli studi … Anzi, non li ha mai conclusi ora che ci penso. Era a quella festa, ma io l’ho notato qualche anno fa, quando ero ancora una bambina. Lui non mi aveva mai considerata, fino a quella sera. E per me è stato tutto così facile, così … Inevitabile.” Sospirò, lasciandosi cadere in un silenzio interrotto solo da una risata leggera di Eleanor, che commentò: “E’ sempre così. Anche io a suo tempo ricordo di aver avuto una cotta, un amore platonico forse … Non ho mai avuto il coraggio di avvicinarmi a lui, era figlio di amici di famiglia. Poi mi hanno presentato quello che sarebbe diventato mio marito e … I miei genitori hanno praticamente scelto per me.” Si interruppe anche lei, con una punta di amarezza. “Ma non parliamo delle mie vecchie vicissitudini, che appunto sono passate. Com’è lui?” Non c’era imbarazzo nel raccontare alla signora Halliwell di quel ragazzo che l’aveva lasciata nei guai, inconsapevolmente: forse anche perché la donna non sembrava interrogarla con lo sguardo accusatorio che invece in famiglia aveva incontrato. E poi perché, in fin dei conti, parlarne la faceva sentire più leggera e, paradossalmente, anche più a contatto con la sua vita, e la sua storia.

“Si chiama Robert. E’ un tipo particolare, disadattato se vogliamo usare i termini di alcuni della scuola ma … Io non ci ho mai visto in lui nulla di più straordinario: l’ho conosciuto che suonava in un locale alcuni brani dei Beatles, ma anche dei Rolling Stones … Insomma, un tizio interessante. Mi piaceva il modo che aveva di suonare il suo basso, anche se è uno strumento che molti giudicano stupidamente superfluo. Penso che ora abbia ventidue o ventitré anni, non ricordo … So solo che finalmente a quella festa mi ha notata. Non stava suonando, sebbene fosse invitata tutta la sua band: era il compleanno del fratello maggiore di Davina, la mia amica, che compie gli anni a inizio dicembre. C’era anche della birra buona, e a me piace tanto: proprio lì al banco ho trovato lui, che si stava già scolando la seconda della serata.” Scoppiò a ridere genuinamente, perché era bastato raccontare con parole semplici e fluide, per riportare un ricordo alla realtà concreta. E quella sera, nel narrare di Robert alla signora Halliwell, Liz ebbe la sensazione che del compleanno di William Sinclair non aveva più vergogna: non avrebbe mai più parlato della sera in cui rimase incinta con vergogna, o dispiacere, ma semplicemente con la consapevolezza che quella era parte della sua storia, e del suo bambino.

 

 
Erano quasi le undici e mezza quando, dopo quella chiacchierata cuore a cuore, Liz ed Eleanor decisero di andare a letto. La giovane Munson però era ancora bersagliata di emozioni ed immagini per le quali era difficile prendere sonno. Si sedette perciò sul suo divanetto davanti alla finestra della camera da letto, e continuò a pensare a Robert, ma senza nostalgia.
Il fatto che fosse sempre stato così misterioso, di poche parole persino coi suoi compagni di band, lo aveva reso ai coetanei di Hawkins un estraneo, qualcuno che non c’entrava proprio nulla con la cittadina e con gli equilibri di quel momento. Ma Robert, per ciò che aveva potuto apprendere in quegli anni di “cotta silenziosa” Liz, non era mai stato preoccupato di ciò che la gente raccontava di lui per sentito dire. Lavorava fuori città, nonostante ad Hawkins molti dei ragazzi del liceo lo conoscevano per la vendita illegale di fumo: forse anche quell’aspetto aveva convinto Liz a non lasciarlo perdere, e poi sempre dei sogni si stava parlando. La festa di Sinclair non era stata prevista: Elizabeth, secondo Christopher, nemmeno doveva andarci. Era stato poi Wayne, aiutato dalla madre Ella, a convincere il padre di lasciare andare la figlia minore almeno una volta in quell’inverno ad una festa innocente. E lì, lei aveva ritrovato Robert, che incredibilmente si ricordava di lei.
“Tu sei la piccola dei Munson! Quella che poco tempo fa veniva ai nostri concerti e stava seduta in un angolo fingendo di divertirsi!” Esclamò senza ritengo Robert, quando Liz si avvicinò a lui per prendere una birra. “Con la differenza che io mi divertivo davvero ai vostri concerti Bob. Mi sa che ti stai confondendo con quelle tizie che fingevano di amare quella musica solo per portarsi a letto uno di voi, ma dettagli.” Replicò lei, senza aspettare. E da lì tutto si era generato: il ragazzo era scoppiato a ridere di gusto, l’aveva guardata negli occhi realizzando che anche la piccola Munson era cresciuta, ed era diventata una bellissima ragazza. Certo, forse un po’ particolare, distaccata e diversa dalle altre, ma comunque degna di nota.
Elizabeth sospirò, guardando Dallas dalla finestra e ripensando un attimo a cosa sarebbe potuto succedere se fosse corsa da Robert, anziché dalla famiglia, a confessargli di essere incinta: probabilmente se ne sarebbe fregato o forse, se la sarebbe data a gambe. Avrebbe potuto biasimarlo? La vita non era semplice nemmeno per lui, nonostante si fosse lasciato alle spalle il liceo. La notizia di un figlio in arrivo poteva solo complicare ulteriormente la vita di un ragazzo che, in fin dei conti, lei aveva a stento conosciuto. Liz accantonò il pensiero di Bob e, alzandosi, decise di andare alla sua piccola scrivania: prese un foglio di carta e una busta, e decise di concludere la sua serata elaborando una lettera da inviare il mattino successivo a suo fratello Wayne, in officina, dove le era stato chiesto di mandare sue notizie (per evitare che tutto finisse nelle mani del padre).
 
 
 
“Caro Wayne,
qui a Dallas le cose sembrano andare finalmente nel verso giusto. In realtà, da quando sono qui, tutto appare migliore, e fluido. Certo non è facile alternare il lavoro al Book Depository alle visite di controllo che devo fare … Ma la famiglia del dottor Halliwell è un vero e proprio dono. Eleanor, la zia con la quale abito al momento, è una signora davvero moderna, al passo coi tempi. A papà verrebbe un infarto, sia a sapere di ciò, sia a conoscere il mio lavoro. Ci pensi che sono proprio dove Oswald ha sparato al presidente Kennedy nemmeno due anni fa? Anche per questo c’è un gran andirivieni di gente lì al Book Depository: stanno facendo ancora delle indagini, ma io finalmente ho un ufficio tutto mio, perché la collega è andata in pensione.
La gravidanza procede bene, anche se ancora non so esattamente il sesso del bambino. Sei ancora convinto che sia un maschio? Io non lo so, ma non ho preferenze. L’importante è che stia bene. A tal proposito, vorrei tanto che fossi qui con me, nel momento in cui nascerà. Per me è importante Wayne, perché sei mio fratello e tutto ciò che mi è rimasto nella vita. Mi manchi molto, ma non Hawkins, né papà. Mamma sì, ma il suo silenzio è qualcosa che forse non potrò mai dimenticare o perdonarle. Sono esagerata, secondo te?
Spero invece che tu stia bene, e che le cose in casa siano migliorate con la mia partenza. A proposito, come procede il tuo progetto di rimettere in sesto un caravan – o quel che è, non me ne intendo e lo sai – e andarci ad abitare? Magari riesci ad ultimarlo prima che io partorisca, anche se il pensiero di tornare ad Hawkins mi spaventa e non mi piace. Il lavoro che ho adesso mi garantisce un’entrata fissa mensile, anche dopo la nascita del bambino: vogliono che io rientri assolutamente in ufficio non appena mi sarò ripresa. L’idea di abitare insieme a te mi elettrizza però, quindi chissà? Al momento ciò che mi interessa è che tu sia in salute e che, quando sarà ora, verrai a vedere tuo (o tua?) nipote: ci tengo molto, anche perché assieme a me, tu sarai tutto ciò che è famiglia. E ne avrà bisogno, più che mai.
Ora vado a letto.
Con tutto il mio affetto,
Liz
 
   
 
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