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Autore: Dorabella27    25/07/2022    18 recensioni
Qualche tempo fa vi avevo accennato a una breve long - perdonate l'ossimoro - in cui sarebbe ricomparso un personaggio romanzesco e filmico che ha già fatto capolino un paio di volte nei miei racconti, inserito in un contesto diverso da quello di Versailles e di Parigi. Ecco qui: una ff un po' gotica, e scoprirete presto perché, un po' rosa, con qualche tocco di mistero, e qualche brivido: e noi sappiamo bene che si può rabbrividire per tanti motivi, vero?
Immaginate un risveglio imbarazzato, in una locanda, poco lontana da una città del Nord della Francia: come sono finiti lì Oscar e André, e perché si sono messi in viaggio?
La premessa è piuttosto breve, ma i capitoli successivi saranno più corposi.
Ciao a tutti e buona lettura!
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4 - Giù al Nord?
“Quindi, Oscar, grazie al capriccio di una vegliarda e alle ubbie di una vecchia signora inglese, ci ritroviamo a fare una vacanza imprevista", sorrise André, cercando di suscitare un'analoga espressione sul volto di Oscar.
Avevano viaggiato per tre giorni, cambiando i cavalli alle stazioni di posta, per non affaticare troppo César e Alexandre, e arrivare prima possibile a Lille; per le prime notti, avevano soggiornato presso conoscenze della famiglia Jarjayes, le cui dimore sorgevano lungo il percorso, e che si erano dette onorate e felici di poter ospitare il Colonnello de Jarjayes con il suo attendente, immaginando che il Comandante delle Guardie Reali stesse svolgendo qualche delicato incarico per conto di sua Maestà.
        La quarta sera, però, trovandosi Oscar e André nei pressi di Lille, scesero a una locanda che sembrava promettere buon cibo e ambiente confortevole, "Le coq vert". Scendeva una pioggia leggera, ma fitta, simile ad aghi ghiacciati, e i mantelli di Oscar e André erano zuppi: la città era poco lontana, e certo Oscar avrebbe voluto proseguire sino al centro dell'abitato, ma André, preoccupato per quel freddo glaciale che si insinuava fin dentro le ossa - ché le dicerie e i luoghi comuni che, con un po' di enfasi, avevano per oggetto il clima perfido e inclemente della regione di Lille e Calais non erano certo del tutto infondati - aveva preso l'iniziativa di proporre una sosta per la notte.
"Oscar, fa molto freddo e comincio a essere davvero intirizzito. Che dici se ci fermassimo in una locanda lungo la via e percorressimo domani mattina, con il favore del giorno e, speriamo, del sole, le poche miglia che ci separano da Lille? In fondo, anche se arrivassimo oggi, entreremmo in città dopo il tramonto, e non sarebbe buona cosa chiedere alla servitù di trasferirsi nella dimora dove dobbiamo passare una settimana con il buio".
"Hai ragione, André", convenne Oscar, che aveva colto la discrezione con cui egli aveva mascherato quella che era una delicatezza nei suoi confronti con una propria esigenza, e, insieme, con un'attenzione verso il personale di servizio.
In un villaggio poco distante da Lille, trovarono una locanda dall'aria vecchiotta e rispettabile. Il locandiere, un uomo con folte sopracciglia cespugliose e un grembiale con pettorina a fasciargli il petto e il ventre prominente, li accolse con affabilità.
"Cerchiamo due stanze per la notte, una per me e una per il mio attendente", disse Oscar, "e prima vorremmo cenare, se è ancora possibile".
"Certo", rispose l'oste, indicando la sala, dove molti tavoli vuoti, fosse l'ora ormai tarda per mangiare, o fosse il tempo inclemente che aveva dissuaso chi poteva dal mettere il naso fuori di casa, facevano bella mostra di sé, "Accomodatevi pure: questa sera abbiamo dell'ottimo stufato ed eccezionalmente delle bottiglie di vino del Reno", continuò, magnificando la sua cucina, avendo, con il suo occhio esercitato, colto dagli abiti di Oscar, che pure non vestiva l'uniforme da colonnello, la certa solvibilità dei due clienti appena arrivati, "e abbiamo ancora un coq-au -vin, giusto due porzioni: posso servirvi subito, se volete, oppure preferite asciugarvi e rassettarvi un po' prima di scendere nella sala da pranzo?".
"In effetti", accondiscese Oscar, che aveva, come André, appena abbassato il cappuccio del mantello, mostrando i capelli incollati alla testa e al volto, comunque infradiciati dall'acqua che aveva attraversato il tessuto, "sarebbe forse meglio provare ad asciugarci e riscaldarci un poco, prima", e allungò la mano verso l'oste, che le porgeva una chiave.
Una sola.
Al suo sguardo interrogativo, il buon uomo, certo di avere ormai in pugno i due potenziali clienti, che di sicuro, in quella nottata buia e gelida e piovosa, dopo aver quasi sentito sulla bocca il sapore dello stufato e del coq-au-vin, non si sentivano invogliati a rimettersi in viaggio per cercare un'altra locanda, spiegò, quasi mortificato, che "purtroppo è rimasta una sola stanza, ma con un letto abbastanza ampio per Voi e per il Vostro attendente".
In fondo, pensava l'oste, quanti viaggiatori, anche sconosciuti, dopo aver passato insieme scomode ore sballottati sulle carrozze di posta, si ritrovavano per la notte nella stessa stanza; e un attendente, quasi sempre, trascorreva la notte in una stanza comunicante, o, talvolta, nella medesima camera del suo padrone; e quando anche avessero diviso il letto, beh, che cosa c'era di strano? I militari, si sa, sono abituati a certi piccoli disagi, anche se quell'ufficiale biondo, che aveva dichiarato nientemeno di essere un Colonnello delle Guardie Reali, firmando il registro delle presenze ed esibendo preventivamente le sue regie patenti, gli dava l'aria, con la sua corporatura esile, con i suoi lineamenti fini e delicati e con quei capelli biondi che la pioggia aveva pressato sulla testa e attorno al volto, ma che dovevano essere spettacolari da asciutti, di uno di quei tipetti che indulgono nell'amore all'italiana, la deprecabile abitudine della Corte di cui tanto gli aveva parlato suo fratello Marcel, che a Versailles faceva il cocchiere per una famiglia di baroni che abitava alla reggia, e ne aveva viste – gli assicurava – di tutti i colori; senza contare che l'attendente, quel brunaccione alto e muscoloso, su cui le due ragazze di servizio in sala - una delle quali, maledizione! era Marianne, proprio la figlia dell'oste - avevano lasciato subito gli occhi, secondo il modesto parere del taverniere, che un pochino il mondo l'aveva conosciuto e sapeva come vanno certe cose, il biondino non doveva proprio esserselo lasciato scappare.
E sicuramente dopo qualche manfrina, giusto per distogliere i sospetti e non far pensare male gli ingenui, i due chi sa come dovevano passare le loro notti!
Eh, lo sapeva bene, lui!
In fondo, anche lui era uomo di mondo, che cosa credevano?
Che non sapesse come funzionano le cose, perché da anni gestiva quella locanda solo apparentemente isolata, ma dove, alla fin fine, aveva soggiornato, almeno una volta, tutta la buona società di Lille nelle sue soste verso i luoghi di villeggiatura?
E poi, mercanti, nobili di passaggio, forse anche qualche spia!
 E quindi, tirò silenziosamente le somme l'oste, chiudendo quella ideale discussione interiore fra sé e sé, che quei due non credessero di dargliela a bere, perché, fra l'altro, lo vedeva benissimo come quell'attendente bruno e straordinariamente virile, sebbene esteriormente fosse molto corretto, senza risultare però cerimonioso o stucchevole, si dimostrasse molto protettivo nei confronti del suo padroncino, e non le vedesse nemmeno le occhiate di sospiroso desiderio che la cameriera - e accidenti, anche sua figlia Marianne! - gli lanciavano, cercando di intercettare il suo sguardo, ma inutilmente, visto che quello là non aveva occhi che per il biondo colonnello. 
Una volta che ebbero salito le scale, l'ufficiale sempre mezzo passo davanti all'attendente, e percorso il corridoio, Oscar girò la chiave nella serratura, ed entrò, seguita da André. Nella stanza, ampia e ordinata, troneggiava un grande letto con le lenzuola che dovevano essere state cambiate da poco e odoravano di spigo.
"Oscar, non vedo perché non abbiamo percorso ancora qualche miglio per trovare una locanda con due camere....in fondo, siamo poco distanti da Lille e avremmo comunque trovato una sistemazione ..." L’obiezione, questa volta, veniva da André, che aveva intercettato un dardeggiare di disagio, minimo, ma inequivocabile, nell’azzurro delle iridi di Oscar, al vedersi finalmente troneggiare davanti agli occhi quel morbido lettone, morbido, accogliente, invitante, sicuramente caldo, in quella notte gelida, ma, dannazione, uno, solo e unico!
"André, ti prego", aveva però risposto Oscar, il tono pacato, mentre, ancora con addosso il mantello fradicio, guardava ora fuori dalla finestra la pioggia battente che cadeva sulla campagna buia, "Non è poi una tragedia se per una notte condividiamo la stessa stanza. In fondo, abbiamo dormito insieme nello stesso letto tante volte, da bambini. E poi, sei stato tu a farmi notare come sarebbe stato meglio fare una sosta questa notte, prima di entrare in città. Non c'è bisogno di cercare un'altra sistemazione, davvero. Questa stanza andrà benissimo; senza contare che non vedo il motivo per spendere per due camere quando possiamo accomodarci senza problemi in questa. In questa bella poltrona così ampia, per esempio, potrò riposare egregiamente, se la metto davanti al caminetto, con questo bel parascintille e con addosso una coperta calda e un buon libro..:"
"Ah, certo, Oscar", la canzonò André, nella sua solita maniera leggera e affettuosa, "dimenticavo la leggendaria sobrietà del Comandante de Jarjayes! No, no, ma che dici, Oscar? Ho insistito io per fermarmi qui, e io ne pagherò il fio", rise André, mentre fra sé e sé lo pungeva una spina dolorosa, al pensiero di quali fossero le letture cui Oscar avrebbe probabilmente inteso passare il dopocena.
"E ora"; tagliò corto André, senza darle la possibilità di controbattere, "Asciughiamoci e rimettiamoci in sesto per la cena: ho una fame da lupi!", esclamò nel tono più ilare e leggero che poté assumere, e, aperte le borse da viaggio che aveva depositato, quella di Oscar sul ripiano del cassettone, (fingendo di ignorare bellamente il libro che occhieggiava da sotto quel lino e quella batista) - e la suabsu una sedia che aveva visto tempi migliori -, ne aveva tratto due camicie pulite e asciutte, una per sé e una per Oscar; quindi, dopo aver lasciato sul letto quest'ultima, aveva preso una delle serviettes calde che il sollecito taverniere aveva fatto loro trovare in camera, ed era sparito dietro il paravento.
Oscar si era morsa il labbro, e si era spogliata, asciugata, rivestita, frizionata i capelli con una seconda serviette, e infine, una volta pronta, si era seduta, anzi, si era accasciata nella poltrona, guardando le fiamme, con le loro lingue rosse nervosamente danzanti.
"Ti aspetto qui in poltrona, André. Fa' con comodo. Io ... non credo di avere molto appetito", comunicò debolmente.
 Il malessere sottile che da molti, molti, troppi mesi la assaliva nei pochi momenti di inattività che si concedeva, quando la mente era libera di vagare senza costrizioni di turni di sorveglianza da organizzare, ed esercitazioni delle reclute cui assistere, e duelli di allenamento in cui misurare e potenziare la sua perizia e agilità, anche quella sera si era presentato, e il pensiero aveva attraversato l'Oceano, con un sospiro, sino a quelle lande favolose e terribili, irte di rischi e coperte di foreste antiche quanto il mondo su cui cui cercava disperatamente informazioni su ogni libro che parlasse di esplorazioni nell'America del Nord, come quello che si era portata appresso, sepolto sotto un monte di biancheria, quando aveva con orgoglio rivendicato la sua capacità di farsi da sé la propria borsa da viaggio, senza l'aiuto sempre solertemente offertole da André.
Sospirò.
 E, come era naturale, quando il pensiero volava oltre la distesa di acque insidiose dell'Atlantico, lo faceva solo per seguire lui, lui, la cui unica lettera, in cui la informava della perigliosità e della lunghezza del viaggio, e dello stupore con cui aveva riscontrato quanto le grandi foreste del Nuovo Mondo somigliassero a quelle della Svezia, e le chiedeva di perdonarlo per essere fuggito così senza preavviso dalla Francia, e di vegliare sulla Regina, per non compromettere ulteriormente la sua reputazione, era sempre custodita alla maniera di un tesoro prezioso, nella tasca interna del suo farsetto, letta e riletta sino a conoscerla a memoria, sino ad avere stampata nella mente ogni voluta, ogni svolazzo della grafia, ogni asperità della carta ... sino a immaginare, la notte, quando la rileggeva sotto le coperte, le sue mani che maneggiavano la penna d'oca, che si posavano sulla carta, che ripiegavano la lettera una volta asciutta e la infilavano nella busta, i gesti precisi ed eleganti con cui aveva scritto il suo nome, con quella grafia insieme aerea e disciplinata, come era tutto in Fersen ...
"Sono pronto anch'io, Oscar". La voce di André, che, con una camicia asciutta, riemergeva da dietro il paravento, le fece volgere il capo nella sua direzione, con un debole sorriso, che, pensava Oscar, anche se l'amico di una vita non lo sapeva, era di gratitudine per aver interrotto il giro dei suoi pensieri che, come falene intorno alla fiamma, giravano e giravano a vuoto, sino a cadere rovinosamente.
"Un giorno mi spiegherai come è possibile che tu sia sempre pronta prima di me!", rise lui, e subito si bloccò, rimproverandosi per la sua stessa audacia, quasi che avesse voluto evocare il luogo comune secondo il quale le donne sono lente e perennemente in ritardo quando devono vestirsi e scendere a cena.
"Che cosa intendi dire, André?", lo gelò Oscar, con uno sguardo rivoltogli da sotto in su, di un azzurro glaciale, mentre chiudeva la porta della camera per scendere a piano terra nella sala dove sarebbe stata servita la cena, quasi che le parole di lui sottintendessero il gustoso paradosso per cui, per una volta, una donna, quantunque educata come un uomo, e avvezza a vestire panni maschili, non indulgesse in quelle vanità che portavano i membri del gentil sesso a protrarre i preparativi per uscire sino a renderli della lungheza di una Bibbia.
"Oh, nulla, nulla", se la cavò lui. "Dimenticavo che il Colonnello Jarjayes è un uomo in tutto e per tutto".
Scesero quindi le scale silenziosamente e altrettanto silenziosamente sedettero a tavola.
Le poche parole che scambiarono con la cameriera, una ragazzina castana dagli occhi di un azzurro slavato, furono per chiedere una porzione di stufato e una di coq-au-vin, e una bottiglia di vino del Reno, oltre a del pane.
Oscar piluccava quanto aveva nel piatto, senza entusiasmo, consapevole dello sguardo di André su di lei.
"Se non ti piace lo stufato, possiamo fare cambio, sempre se non ti formalizzi", propose sorridendo lui, ingollando un bicchiedere di vino, "e sempre se hai voglia di  assaggiare le coq-au-vin, che, devo dirti, è molto saporito e ben cotto".
"Grazie, André. Sei molto caro, ma credo di non avere molto appetito" (E quando mai ce l'hai, Oscar?, si chiese mentalmente André, intenerito e un filo preoccupato).
"Anzi", continuò sorridendo lievemente e spingendo con garbo il piatto verso di lui, con un movimento appena accennato, "Se vuoi, puoi prendere anche la mia parte di stufato".

"Oscar: ma non hai mangiato quasi nulla!".
"André, per favore: adesso, quando siamo lontani da casa, fai anche le veci di nanny? Semplicemente, questa sera sono troppo stanca e infreddolita per mangiare. Preferisco riscaldarmi con un buon bicchiedere di vino del Reno e poi salire in camera: per una volta, non deperirò di sicuro", aveva spiegato, paziente e pacata (Per una volta?, pensò André. "Ma a chi credi di darla a bere, Oscar? Io ti osservo, ti osservo sempre, anche quando non lo sai. Soprattutto quando non lo sai).
Avevano continuato, André a mangiare, Oscar a bere, in silenzio.
Oscar teneva gli occhi bassi, André, ogni tanto, levava lo lo sguardo dal piatto e lo rivolgeva in direzione del fuoco del grande camino nella sala comune, che illuminava di riflessi rossastri le chiome di lei, e, nel frattempo, vedeva le occhiate incuriosite e cupide che le cameriere e alcuni degli uomini seduti ai tavoli accanto lanciavano a Oscar, senza che lei se ne rendesse conto
Giunti in camera, ci aveva provato, André, a esercitare il suo ufficio di servo e insieme di amico magnanimo, proponendo di dormire vestito nell’ampia poltrona davanti al fuoco. Ma Oscar non aveva sentito ragioni: “André, ti prego, non essere ridicolo: il freddo è così pungente qui al Nord che ti prenderesti di sicuro un malanno, e non me lo perdonerei mai. Senza contare che siamo qui con una missione ben precisa, e non vorrei certo sottrarre forze e tempo all’incarico che ci è stato affidato da Sua Maestà per curarti!”: l’effetto di quelle sorrise parolette lievi era stato, come sempre, immediato su di lui, che non aveva saputo opporsi.,
“E poi, André”, aveva chiosato lei, riprendendo l’argomento di poco prima, “quante volte abbiamo dormito insieme, da bambini? Direi che non è davvero il caso di formalizzarci”, aggiunse, quasi per dare forza alla sua affermazione, andando ad affondare nei ricordi di un tempo felice in cui lei era ancora semplicemente “Oscar” (la sua Oscar, anche se non si era mai preso la briga di dirglielo), non ancora Madamigella Oscar, o Monsieur le Comte, o il Colonnello de Jarjayes, comandante delle Guardie Reali, uno strano ibrido guardato con interesse e curiosità, concupito da uomini, per i motivi più disparati, e donne, costretta a distogliere sempre lo sguardo e a imparare a non badare a quegli occhi che la scrutavano, la percorrevano, la frugavano, quando percorreva i corridoi di Versailles o montava a cavallo.
“Certo, Oscar: hai ragione”, rispose André, debolmente, ma fingendo entusiasmo e convinzione. “Allora”, propose, dando prova del consueto senso pratico, “mentre me ne sto qui davanti al fuoco in poltrona, potresti cominciare a prepararti tu per la notte; poi, farò anch’io lo stesso e ti raggiungerò a letto”.
“Va bene”, rispose, asciutta, lei, e in due passi andò alla sua borsa da viaggio aperta sul letto, e ne trasse brevemente camicia da notte, vestaglia, un paio di morbide calzature da casa in velluto blu, ritirandosi dietro il paravento, dove la figlia del locandiere aveva sollecitamente provveduto a far portare un catino e una brocca di acqua calda per consentire almeno una veloce abluzione prima del sonno notturno a quei viaggiatori così insoliti.
André, sprofondato in poltrona, seguiva con l’orecchio teso i rumori che provenivano da dietro il paravento: fruscii di stoffe che scorrevano sulla pelle, un lieve scalpiccio, il tonfo di uno stivale che cade a terra, seguito subito dopo da un secondo tonfo, il suono di acqua che viene versata, il rumore di una brocca di ceramica posata su un mobile di legno, e un lieve rabbrividire soffocato; e intanto, pensava a quel libro, a quel volume che Oscar aveva portato con sé, e che era nascosto sul fondo della sua borsa da viaggio di cuoio, sobria e dalla rigorosa eleganza: Pierre Gaultier de la Vérendrye, “Relation authetique des voyages et des explorations dans les grandes forêts de l’Amerique du Nord”, chez l’Imprimerie Royale de Paris, 1774. André non si era certo stupito di trovarlo fra le nuove acquisizioni della biblioteca di palazzo Jarjayes: da quando il conte di Fersen si era arruolato per la guerra che le truppe francesi stavano combattendo insieme ai coloni che reclamavano la libertà dalla madrepatria inglese, improvvisamente nel Colonnello Jarjayes era esploso l’insopprimibile desiderio di conoscere tutto sulla vita che i coloni conducevano oltreoceano, in quelle città che replicavano in tutto e per tutto le finezze europee, ma a poche miglia alle spalle delle quali si aprivano lande selvagge e foreste antiche quanto il mondo, misteriose e per largo tratto inesplorate, e sulle usanze e le tradizioni dei primi abitatori di quel continente per largo tratto ancora vergine. E, come tutte le passioni di Oscar, anch’essa aveva le stimmate della silenziosa metodicità, del muto accanimento, che, senza darlo da vedere agli osservatori distratti, dentro consuma e logora. Un giorno, preso da uno scaffale, per puro ozioso interesse, aveva scoperto sottolineature ripetute, che non potevano essere state opera di altri che non di Oscar –lei, che per abitudine non segnava mai nemmeno con un sottile tratto di lapis copiativo i suoi libri! – a proposito della pratica di “prendere gli scalpi”, e gli si era stretto il cuore.
 
 
 
 
 
   
 
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