Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: PeterPanForEver    25/07/2022    0 recensioni
Un tempo, prima che gli uomini facessero la loro comparsa e rovinassero il pianeta, c’erano le fate. Non esiste una data precisa per risalire alla loro effettiva prima apparizione, al punto da credere che siano sempre esistite.
Un tempo, prima gli uomini facessero la loro comparsa e rovinassero il pianeta, c’erano le fate… e ci sono anche ora.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2

Si trovarono a volare nel cielo, ormai tinto dei colori del tramonto, in mezzo alle nuvole.
Essere con la testa tra le nuvole era sempre stato un modo di dire umano che la faceva ridere. Viene usato per indicare chiunque sia distratto e fuori dalla realtà, perché essere fra le nuvole è considerato per loro come qualcosa fuori dalla norma.
Per fortuna per le fate non è così. Volare è sempre stata una delle sue cose preferite sin da quando era nata perché è estremamente liberatorio.
Durante tutto il periodo in cui vola riesce a dimenticarsi della noia delle sue giornate e per un momento le sembra che tutto andrà per il meglio e che non si ritroverà a lamentarsi prima di andare a letto del tedio che la affligge.
È un po’ drammatico lamentarsi di quanto sia noiosa la vita quando si può usufruire della magia, però in realtà essendo per loro tutto questo la normalità, è facile cadere nel circolo vizioso in cui tutto ciò che si ha non è abbastanza.
“È proprio una bella giornata” pensò. Ultimamente aveva fatto molto caldo e non si era vista nemmeno una goccia di pioggia scendere dal cielo.
La mancanza dell’acqua nel cielo, essendo una fata d’acqua, le causava molta tristezza, ma da lì in alto riusciva a sentire cambiare l’aria e questo faceva presagire che da lì a pochi giorni si sarebbe verificata una piacevole pioggia estiva.
Stava ammirando, in mezzo alle nuvole, il mare che si vedeva in lontananza e stava già pregustando il momento in cui avremmo potuto mettere le dita dei piedi in mezzo alla sabbia e in cui avrebbe potuto ammirare da lì gli ultimi raggi del sole che svanivano, per poi lasciare il posto al coniglio della luna e alle stelle.
Aveva sentito parlare del coniglio della luna in una leggenda e trovava adorabile l’idea di un minuscolo coniglio che vive un posto immenso come la luna.
Probabilmente anche lui si sente solo lì, spero che abbia un po’ di compagnia. Fossi in lui sarei molto triste a non avere nemmeno un’amica a fargli compagnia.
È una leggenda molto carina che potrebbe benissimo essere la realtà.
Anch’io dovrei essere qualcosa di leggendario e favolistico, eppure sono qui tra le nuvole e mi sembra di essere tanto reale quanto queste nuvole.
Chissà se gli elfi, le streghe, i troll, di cui ho letto nei libri esistono o sono soltanto una leggenda umana.
Non ne mai visti e, a detta delle fate più anziane in età, si trattano di invenzioni umane che gli permettevano di spiegarsi fenomeni che vedevano e non sapevano come spiegarsi.
Morgana, però, non riesce proprio a capire come sia possibile che solo le fate siano state benedette, o maledette forse, data la responsabilità che comporta, con la magia. Prima o poi avrebbe indagato e sarebbe riuscita a darsi una spiegazione, le serve solo del materiale. Fortunatamente la biblioteca della sua città è molto fornita quando si tratta di materiale non bandito dalla loro civiltà, come quello umano.
Diede un’occhiata a Nolava che si trovava tra le sue braccia e notò che si era appisolata. A lei non piace molto volare, lo trova poco sicuro perché preferisce avere le zampe a contatto con la terra per potere avere il controllo della situazione.
Dovrei trovare un incantesimo che permetta di volare anche a lei, magari smetterebbe di essere così tanto seccata quando dobbiamo andare in cerca di avventure.
Accarezzò Nolava sulla testa per svegliarla delicatamente, “Dai Nolava, dovresti svegliarti. Tra circa dieci minuti dovremmo essere arrivate, ma se continui a dormire poi non riuscirai a correre sulla spiaggia”.
La tigre fece uno sbadiglio e strofinò gli occhi con una zampa, nel tentativo di svegliarsi e di prepararsi alla discesa che si sarebbe verificata tra poco.
Nei successivi dieci minuti Morgana si divertì a fare giravolte nell’aria, con grande dispiacere di Nolava, cui stava cominciando a girare la testa e che stava iniziando ad avere la tentazione di lasciare la presa della sua compagna ed abbandonarsi nell’aria in modo da porre fine a questa tortura.
“Sei troppo drammatica, sai? Siamo arrivate, guarda lì.”, disse la fata indicando il mare che era di fronte a loro.
Iniziò a scendere lentamente sulla spiaggia per tranquillizzare l’animale domestico e nel giro di un minuto si ritrovarono finalmente a toccare la terra.
“Che meraviglia Nolava, siamo arrivate! Quanto mi mancava vedere il mare e la spiaggia così da vicino. È tutta un’altra storia rispetto al vederlo dall’alto”.
Nolava annuì, principalmente contenta di non dovere più volare per le prossime ore. Prese la rincorsa e saltò in acqua per andare a nuotare tra le onde.
“Ti stai rinfrescando un po’ finalmente, eh? Te l’avevo detto che ne valeva la pena”, sorrise compiaciuta Morgana.
La tigre fece finta di non averla sentita e continuò allegra la sua nuotata.
Morgana, invece, decise di sedersi sulla riva, tra la spiaggia e il mare ed osservare il mare.
Nuotare le piaceva molto, ma per il momento voleva godersi l’attimo e rilassarsi un po’.
Non che avesse fatto granché oggi, ma il relax in spiaggia batte di gran lunga quello dentro casa nel suo letto.
Guardando il lento movimento delle onde si ritrovò improvvisamente a sbadigliare e i gli occhi cominciarono a chiudersi, fino a quando non si addormentò.
Sognò di non essere una fata e di essere invece una normale ragazza di 24 anni.
Era nel suo letto, in un appartamento estremamente accogliente e caloroso, in una camera piena di oggetti della sua infanzia. Da poster di gruppi musicali fino a foto in famiglia con genitori, fratelli e nonni.
Sorridevano e sembravano tanto felici, e riusciva a percepire l’affetto che vi era tra tutti.
Si alzò e sentì subito il profumo invitante di cornetti e biscotti, sfornati da poco evidentemente, che veniva dalla cucina.
Scese le scale e trovò i suoi genitori seduti a fare colazione e a guardare il telegiornale.
La madre le somigliava molto.
Anche lei era bassa ed aveva i capelli dello stesso colore. Gli occhi, però, erano grandi e castani ed esprimevano dolcezza.
Suo padre, invece, aveva gli occhi rosa, proprio come lei! Era alto e un po’ robusto, forse per tutti i dolci mangiati. Lo sguardo era severo, ma si capiva che non avrebbe mai potuto fare male ad una mosca.
Improvvisamente si voltarono nella sua direzione e fecero un sorriso smagliante.
“Morgana, tesoro, ti sei alzata finalmente. Hai fame? La colazione è pronta” disse sua madre porgendole un cornetto al cioccolato.
“Grazie… mamma. Sembra molto buono”, poi diede un morso al dolce e per la felicità di non essere sola, le pareva di stare mangiando il croissant più buono del mondo.
“Forza, siediti cara e non restare in piedi. È bello averti qui con noi. Da quando sei andata via di casa per andare a lavorare all’estero ci vediamo poco, è una magnifica opportunità stare insieme.”, proseguì suo padre, accennando un sorriso nostalgico.
Andò a sedersi e li osservò ridere e scherzare per alcune notizie strane, e un po’ divertenti, che avevano visto.
Si ritrovò anche lei a ridere con loro per le sciocchezze che dicevano.
Una volta terminata la colazione, i suoi genitori, così come lei, si alzarono e le diedero un abbraccio forte.
Morgana rimase interdetta per un attimo, non capendo perché la stessero abbracciando subito dopo avere terminato di mangiare.
Nonostante lo trovasse strano, ricambiò l’abbraccio e li strinse forti a sé, come se quella fosse l’ultima volta in cui avrebbe potuto abbracciarli.
“Ciao tesoro” sussurrarono all’unisono.
Lei spalancò gli occhi e la vista divenne annebbiata. I suoi genitori e la casa le sembravano allontanarsi da lei e iniziò a mancarle il respiro per la paura.
Poi si svegliò.
Oh, era un sogno. Dovevo aspettarmelo, pensò tra sé e sé.
Si rese conto che Nolava era uscita dall’acqua e che ora stava dormendo accoccolata accanto a lei.
Improvvisamente si rese conto che non erano più sole.
Sulla spiaggia, dall’altro lato, vide due persone che sembravano essere sue coetanee. Una ragazza e un ragazzo. La prima era alta e snella, con i capelli neri a caschetto, gli occhi piccoli e verdi, e il viso appuntito. Il secondo, al contrario, era un po’ più basso della ragazza, con i capelli neri, lunghi e raccolti in una coda; gli occhi erano ugualmente verdi, mentre il viso era tondo.
La fata sorrise divertita pensando a come il colore di questi ragazzi riflettesse il colore dei suoi capelli.
Era la prima volta che vedeva così da vicino degli umani.
Non vedeva grandi differenze tra di loro, ma quello già lo sapeva. L’unica cosa a diversificarli fisicamente era l’assenza delle ali.
Non so cosa fare. Dovrei allontanarmi ed andarmene? Restare invisibile seduta sulla spiaggia?
Oppure… dovrei presentarmi? Non faccio che lamentarmi di quanto la mia vita sia noiosa e senza scopo. Questa è un’opportunità da non perdere per arricchire le mie conoscenze e…beh, semplicemente divertirmi.
Mentre Nolava continuava a dormire, decise di togliere l’incantesimo che era su di sé. Sistemò velocemente i capelli con le mani, tolse l’incantesimo e si incamminò verso di loro.
Girò rapidamente il volto in direzione di Nolava per controllare che fosse tutto e dopo essersene accertata proseguì nel suo cammino.
Si avvicinò ai due e disse un semplice “Ehi!”.
I ragazzi sussultarono, poiché non avevano notato la sua presenza, ma dopo aver notato che era una ragazza normale e non uno strano maniaco, si tranquillizzarono.
“Ehi!” ricambiò allegra la ragazza e diede una gomitata al fratello per farlo salutare.
“Oh, ciao” rispose un po’ timido.
“Non ti abbiamo mai visto da queste parti, vieni da fuori e se qui per le vacanze?” chiese la ragazza incuriosita.
Comprendeva la sua curiosità, dato che i capelli e gli occhi di quel colore erano decisamente atipici e si sarebbero notati in giro per la città.
“Oh no, abito qui, ma mi sono trasferita da poco. Probabilmente per quello non mi avete mai notata”, sorrise incerta ed accennò una risata imbarazzata.
“Capisco, allora benvenuta! Spero che ti trovi bene in Sicilia. Io sono Ginevra e il tappo accanto a me- “, Ginevra fu interrotta da un verso di disappunto da parte del diretto interessato, “è mio fratello Luca. Siamo entrambi molto felici di conoscerti.”
Le porse la mano per stringergliela e lei ricambiò il saluto.
“Felice di conoscervi, io sono Morgana” disse l’appartenente al mondo delle fate, sperando di sembrare abbastanza disinvolta.
È una conversazione normale, non c’è niente di strano. È come se stessi parlando con delle fate, devo solo stare attenta a non dire qualcosa che mi faccia passare per una persona sospetta.
“Spero di non essere inopportuna ma… il tuo colore di capelli è vero? So che è una domanda stupida e che i capelli sono tinti, ovviamente, ma sembrano così realistici.”, Ginevra si passò la mano tra i capelli pensando di avere detto una stupidaggine e poi si rivolse al fratello dicendo “Dai, anche tu lo stavi pensando. Ti conosco bene. Sei mio fratello gemello, non ci assomigliamo molto, però pensiamo le stesse stupidaggini”.
Luca finalmente si decise a parlare e a rispondere alla sorella. “Allora, chiariamoci. Essere gemelli non vuol dire che, ringraziando il cielo, pensiamo le stesse. Non sono un idiota come te, sai? Uso la testa” ed alzò gli occhi al cielo.
“Va bene, come dici tu”, ribatté la sorella.
Morgana notò lo scambio tra i due con fare divertito, pensando che avere un fratello o una sorella sembrava interessante e provò un pizzico di invidia. Poi si rese conto che la stavano fissando e si ricordò che le avevano fatto una domanda.
Si trovo un po’ in difficoltà non sapendo cosa dire.
Ovviamente sono i miei capelli naturali, li ho sempre avuti così. Cosa dovrei rispondere? Pensa, pensa…
Ebbe un’illuminazione.
“Certamente, sono tinti” rispose ridendo. “Mia madre fa la parrucchiera di professione ed ha dei trucchi del mestiere che non vuole insegnare a nessuno, quindi non so nemmeno io come raggiunga questo risultato”.
“Ah, capisco! Lavora ancora da qualche parte? Magari se sono fortunata e vado nella città in cui ha la sua attività, posso farmi fare i capelli di qualche colore particolare!”. La ragazza inclinò la testa in attesa di una risposta.
“Purtroppo no, è ormai in pensione. Sono l’unica fortunata che può usufruire di questo servizio”, Morgana fece spallucce sperando di chiudere il discorso e cambiare argomento.
“Che peccato, credo sia il colore di capelli più bello che abbia mai visto”, continuò Ginevra.
Non mi era mai sembrato particolare come colore, è tipico delle fate d’acqua. Anzi, in realtà è proprio banale. Punti di vista…
“Sì, concordo. L’ho da così tanto tempo che lo considero il mio colore naturale, non ricordo nemmeno come fossero prima”, la fata le diede ragione, continuando a sperare che smettessero di parlarne.
Se avessero continuato a farle domande sul suo particolare aspetto, prima o poi, non avrebbe saputo che dire e avrebbe detto qualcosa di senza senso.
Luca improvvisamente si interessò anche lui a quanto stava succedendo e avvicinò il volto al suo con fare sospetto, per poi dire “Porti le lenti a contatto colorate, per caso? I tuoi occhi sembrano essere rosa.”
Non pensavo che gli essere umani potessero fare così tante domande sull’aspetto fisico di qualcuno. Potrebbero chiedermi dei miei interessi ad esempio. Sta diventando stancante dare spiegazioni su come sono.
“Basta Luca, stai diventando inopportuno! E poi, ti sembra educato avvicinare la faccia in quel modo a qualcuno che non conosci nemmeno?” e detto questa la sorella lo tirò per l’orecchio, come se fosse un bambino.
Resosi conto di essere stato maleducato borbottò velocemente un “scusa” e riprese a stare in silenzio.
“Mi spiace, è un adulto, ma certe volte si comporta come se non avesse nemmeno dodici anni. A proposito, quanti anni hai? Io e Luca ne abbiamo ventidue e sembri avere la nostra stessa età, più o meno”.
“Ho 24 lune, sono un po’ più grande di voi, però si siamo praticamente coetanei!” le rispose Morgana.
“24 lune?” chiese dubbiosa Ginevra.
Sapevo che prima o poi avrei detto qualcosa di sbagliato.
“Anni. 24 anni, volevo dire. Sono bilingue e devo aver fatto un po’ di confusione con le parole” chiarì la fata, sperando che credessero tutti e due a questa menzogna.
“Veramente, bilingue?” chiese stupita l’altra ragazza.
“Sì, parlo italiano e spagnolo fluentemente, padre spagnolo e madre italiana sapete. Ogni tanto capitano errori strani, soprattutto quando è sera e comincio ad avere sonno” e fece un’altra risata.
“Sei una persona interessante, sai. Fai l’università? Oppure già lavori?” le domandò ancora la sua nuova “amica”.
Dovrei dire che non esiste l’università e che sono disoccupata perché non effettivamente bisogno di lavorare?
La società delle fate, infatti, fa in modo che chiunque abbia tutto il necessario per vivere. Gli appartamenti vengono forniti gratuitamente e stessa cosa vale per cibo, acqua e tecnologie di vario tipo. C’è chi lavora, ma non perché ne abbia bisogno, più che altro per evitare di annoiarsi.
Lei, però, non aveva trovato un campo che la appassionasse al punto da volerlo rendere il suo mestiere. Anche perché, come già detto, non c’è un’università e se si vuole svolgere un lavoro particolarmente complicato o che necessita di conoscenze specifiche, bisogna studiare da autodidatta.
La loro istruzione si ferma fino alle scuole superiori.
Meglio inventare l’ennesima bugia. Scusa Iris per quello che sto per dire.
“Sì, sono una linguista. Ho studiato lingue all’università perché amo conoscere gente nuova e lingue nuove. Anche per questo mi sposto di frequente e non sto mai troppo a lungo in un posto; è necessario fare molte ricerche per un lavoro di questo tipo. Voi che cosa fate nella vita? Studiate o lavorate?”.
Scusa ancora, amica mia, per averti rubato la storia.
“Lavoriamo entrambi nel ristorante dei nostri genitori. Luca, però, studia anche all’università. Studia lingue, proprio come hai fatto tu! È una coincidenza incredibile, non è vero fratellino?”, lei gli scompigliò i capelli.
“Abbiamo la stessa identica età, non sono tuo fratello minore o cos’altro” sospirò Luca. “Però sì, è bello incontrare appassionate alle lingue come me”.
È arrivato il momento di andare. Non so niente sulla linguistica, la mia storia rischierebbe di non reggere più.
“Sì, concordo. Veramente meraviglioso ma…”, poi guardò il cielo e finse di notare solo ora che il cielo era ormai diventato scuro “…devo proprio andare, si è fatto tardi”.
“Che peccato. Aspetta, dammi il tuo numero! Così magari possiamo rivederci ed uscire qualche volta insieme. Hai detto che sei nuova, quindi potremmo essere le tue guide” e subito dopo averlo detto, Ginevra estrasse il suo cellulare in attesa di potere scrivere il numero di cellulare.
Non so se sia una buona idea dargli il mio numero di cellulare. Rischierei di mettere a rischio tutte le altre fate e non credo ne valga la pena per delle persone che ho appena conosciuto.
“Oh, ho dimenticato il cellulare a casa e purtroppo ho cambiato il numero da poco e non ricordo ancora quello nuovo” disse dispiaciuta Morgana.
“Non preoccuparti, dammi un secondo” e iniziò a frugare tra le tasche in cerca di qualcosa.
“Certo, aspetto”
Cosa cavolo sta cercando ora?
Poi estrasse vittoriosa dalla tasca uno scontrino e si fece prestare la penna dal fratello, che l’aveva all’interno dello zaino. Scrisse qualcosa e poi glielo porse dicendo “Questo è il mio numero, così se ti va puoi cercarmi tu. Ti sentirai sola non conoscendo nessuno qui in zona”
Non volendo sembrare maleducata, prese riluttante il foglio di carta e annuì. Gli sorrise in modo cordiale e li salutò con la mano “Devo proprio andare, buona serata a tutti e due.”
“Buona serata” risposero in coro.
Morgana andò in direzione della sua tigre che nel frattempo si era svegliata e la stava guardando imbronciata, per essere stata ignorata per tutto questo tempo.
Dopo essersi accertata che non la stessero guardando si rese invisibile, prese tra le braccia Nolava e volò in direzione di casa, facendo attenzione a non perdere il foglietto di carta che le era stato dato poco prima.
Il volo fu molto rapido, in quanto l’animale era molto stanco per la lunga giornata e stava rendendo il volo esasperante. Nel giro di venti minuti arrivarono a casa.
Nolava andò a dormire quasi subito dopo essere arrivate, mentre la fata si sedette sul letto ad osservare il numero.
Non dovrei per niente farlo. Dovrei buttarlo e fare finta che non sia successo. O dovrei, quantomeno, evitare che questa giornata possa ripetersi.
Fissò nuovamente lo scontrino.
Non devo farlo.
Come aveva pensato questa frase, andò verso il suo cellulare, poggiato sulla scrivania e lo sbloccò.
Andando contro la sua logica, segnò il numero e lo salvò in rubrica.
Sono certa che me ne pentirò.

Fine capitolo 2


Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Attendo un feedback per sapere se la storia vi piaccia o meno.
Buona serata :)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: PeterPanForEver