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Autore: EleAB98    31/07/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo XIX – Una Possibile Rinascenza



Gilberto si tuffò nell'acqua senza pensare. Aveva bisogno di una scossa, di concedersi un po' di relax. Di tanto in tanto, non disdegnava farsi una bella nuotata, così aveva raggiunto la piscina del paese per cercare di spegnere il cervello almeno per un paio d'ore. Mentre affrontava con perfetta disinvoltura lo stile libero – ai tempi del liceo era stato un nuotatore provetto e aveva pure vinto qualche gara regionale –, qualche pensiero sgradevole gli si annidò proprio lì, al centro del petto. Sarebbe stata una buona idea partire per chissà dove? Sarebbe stata una buona idea abbandonare la nave senza neanche avvisare Megan? Non che a lei sarebbe importata più di tanto la sua dipartita, ma forse doveva almeno avvertirla. O forse no?

Arrivò a fine vasca e riemerse dall'acqua, gli occhialini sul volto e una cuffia nera a coprirgli la testa. Cos'avrebbe comportato darle un semplice saluto? O meglio, guardarla negli occhi mentre le diceva addio per sempre? Perché di fatto, non si trattava altro che di un addio. Certo, avevano già avviato le pratiche per il divorzio ormai da qualche tempo e tra poche settimane sarebbe tornato libero, ma non escludeva che, al suo ritorno, avrebbe comunque potuto incrociare Megan per le strade di Firenze. D'altronde, non intendeva abbandonare Alex, il suo più grande amico.
Sorrise appena. Soltanto in quegli ultimi mesi si era davvero reso conto di quanto lui si fosse comportato da vero amico. Mentre gli altri colleghi, pur nascondendosi dietro a un perbenismo che Gilberto aveva giudicato falso e innaturale, non avevano esitato nel deriderlo avvalendosi di un'ironia tagliente e cattiva, Alex gli era stato accanto sopportando ogni suo sfogo, anche il più miserrimo. E un semplice ringraziamento non poteva esprimere appieno tutta la gratitudine che Gilberto provava nei suoi riguardi.

Si immerse di nuovo nell'acqua e si lasciò cullare dalla sensazione di freschezza e di pace che la stessa gli suscitava.

Spense la mente, conscio che, nel silenzio, potevano giungergli risposte specifiche. Quelle del cuore.

«È davvero un portento, Dottor Monti. I miei complimenti.»

Gilberto strabuzzò gli occhi. Quella voce. Si rimise in piedi e si voltò alla sua sinistra. Scosse la testa, ancora incredulo. Fino a pochi secondi prima, se ne stava semplicemente a galla in quelle acque tranquille con il solo scopo di riprendere fiato dopo una sessione di nuoto a farfalla. E ora... quella voce gli aveva quasi fatto prendere un colpo, l'aveva riconosciuta all'istante malgrado gli anni trascorsi e nonostante le sue orecchie fossero del tutto immerse e la cuffia ne attutisse qualsiasi suono.

«Non volevo spaventarti, scusami», proseguì l'uomo, che si trovava nell'altra corsia con accanto un bambino. Suo figlio, pensò Gilberto, cercando di mantenere il controllo. Le gambe stavano tremando. Aveva sempre nutrito una profonda stima per quell'uomo, malgrado ne fosse rimasto tanto deluso dal comportamento.
In quel momento, però, si era accorto che niente era cambiato. Perché tremare, altrimenti? Si tolse con garbo gli occhialetti e lo squadrò meglio. I segni dell'età erano più che visibili sul suo volto allungato, gli occhi – di un colore tendente al grigio –, tradivano molta stanchezza, ma guardandoli meglio vi si poteva scorgere un guizzo di entusiasmo, quell'entusiasmo che era sempre stato parte di lui. La fronte ampia solcata da qualche rughetta di espressione, come le labbra sottili incurvate leggermente all'insù, lo rendevano comunque un uomo affascinante. Il leggero accenno di barba che gli contornava le guance, tra l'altro, gli conferiva un'aria ancora più vissuta. Anche lui indossava una cuffia blu con il logo dell'Arena.

«La ringrazio, professor Ramondo», rispose Gilberto, senza sorridergli.

L'uomo sostenne il suo sguardo per qualche secondo, poi si rivolse al bambino che, secondo Gilberto, non doveva avere più di sette-otto anni: «Paolo, ti dispiace lasciarci un attimo da soli? Tu comincia pure a nuotare, ti raggiungo tra poco.» Lui annuì felice e si allontanò, la tavoletta tra le mani per aiutarsi a battere le gambe a ritmo.

«È suo figlio, vero? Suo e di Clizia, immagino.»

Il professore annuì e lo guardò con aria colpevole. «Non ho mai avuto il coraggio di scusarmi con te, Gilberto. Mi dispiace enormemente.»

«Lei è una donna felice?» chiese l'altro, senza palesare ostilità. In fin dei conti, erano ormai passati anni.

Lui sorrise appena. «Penso di sì.»

«Allora questo è l'importante, non crede? Il passato è passato. Non rivanghiamolo.»

Ramondo sospirò. «Non sono mai stato innamorato di una donna così giovane in vita mia. Tantomeno di una studentessa. Non ci pensavo proprio a "rubare la gioventù" alle ragazze che si apprestavano a cominciare un percorso di studi impegnativo. Con Clizia, invece, ho scoperto il vero amore. Dopo tante storie finite male, con donne più o meno della mia età, avevo rinunciato alla prospettiva di crearmi una famiglia. Poi...» I suoi occhi si illuminarono. «È arrivata Clizia e... ho cominciato a provare delle sensazioni talmente forti, talmente intense, che controllarle mi è stato del tutto impossibile. Io... l'avevo già vista alcune volte con te, è vero. Ho immaginato che steste insieme. Io e lei ci siamo incontrati spesse volte in biblioteca e alla chiusura ci scambiavamo qualche parola, anche se tra noi percepivo sempre più complicità. Ti giuro che ho cercato di resistere, ma... quando poi mi ha baciato...»

«Ha preso lei l'iniziativa?» domandò l'altro con fare neutrale.

«L'abbiamo presa insieme.» Ramondo scrollò le spalle. «Era un momento delicato per entrambi, ci siamo lasciati andare quasi senza accorgercene.» Si morse le labbra, a disagio.

«Non si può resistere al richiamo dei sentimenti. Lei non deve giustificarsi, sono uomo anch'io, adesso», intervenne Gilberto, cercando di non fargli pesare troppo quell'ammissione. «E solo adesso ho capito che, per quanto mi abbia deluso il suo atteggiamento, non si possono controllare certi impulsi. Più ci si ingegna per scacciarli, più questi si ripresentano con rinnovata forza dentro di noi.»

Ramondo sostenne a malapena il suo sguardo. «Non so davvero come possa essere successo, so solo che mi sono ritrovato abbracciato a lei e... tra le sue braccia mi sono sentito subito a casa. Avevo trovato il mio posto nel mondo. È stato allora che le ho chiesto di prendere una decisione. O te o... me.» Tornò a guardarlo. «Non ci siamo mai concessi del tutto l'uno all'altra prima di un anno... io per primo volevo essere sicuro di nutrire per lei un attaccamento profondo, tantomeno volevo essere oggetto di una futile attrazione. All'inizio, temevo che la sua fosse soltanto infatuazione. Devi credermi, Gilberto. Non sono partito in quarta. Avevo molta paura di donare tutto me stesso a una donna tanto giovane come Clizia, e pensavo di rimanerne scottato. Solo lei sa quanto ci sono andato cauto; tant'è che, a un certo punto, data la quasi totale mancanza di effusioni più intime, voleva persino mettere fine alla nostra relazione.»

Gilberto annuì, comprensivo. Un qualsiasi rapporto, senza la giusta dose di passione fisica, era destinato a non durare troppo a lungo. Aveva appurato a sue spese quanto fosse importante quella componente, ovviamente accompagnata alla forte complicità mentale e al reciproco desiderio di stare insieme.

«Alla fine, dopo un fidanzamento di ben otto anni, abbiamo deciso di sposarci. Ma non ho mai smesso di sentirmi in colpa per aver perso uno dei miei migliori allievi. Anzi, il migliore.»

Gilberto scostò lo sguardo per un momento. Il professore sembrava sinceramente pentito del suo comportamento. «Non ha mai...» Si schiarì la voce. «Non ha mai pensato di parlarmi a quattrocchi anni fa, proprio come sta facendo adesso?»

Lui sorrise, amaro. «Se l'ho pensato? Moltissime volte, in realtà. Più di quanto tu creda. Ma avevo troppa paura di vedere nei tuoi occhi un cieco disprezzo. Un disprezzo e una ripugnanza che di certo meritavo.»

«Quando è successo il fatto, non ero ancora innamorato di Clizia. Ero sulla buona strada, però. I suoi timori erano fondati. Non posso dire di non essere stato ferito, per certi versi. E proprio da lei, il mio mentore. Una persona che comunque... ammiro tuttora.»

Gli occhi del docente ripresero colore. E in essi Gilberto vi lesse un'infinita commozione. E forse un sottotesto del tipo: Grazie di cuore per avermi perdonato, anche se non lo meriterei. «Sei un ragazzo d'oro, tu. L'ho sempre pensato. E spero davvero che tu abbia una vita felice, adesso, con accanto la persona che più ami.»

Gilberto scosse la testa. «Purtroppo sto divorziando», gli disse, d'un fiato. «Ma la prego, preferisco non parlarne.»

L'altro annuì, di nuovo addolorato. «Mi dispiace davvero. Ti auguro di trovare presto una compagna più degna di te.»

L'uomo rimase di stucco. Aveva già dato per scontato che il problema della separazione fosse scaturito dalle mancanze della moglie. «Diciamo soltanto che la colpa è di entrambi», esalò, da quell'ammissione logorante seguì un pesante sospiro. Si voltò verso il bambino di Ramondo e, con un mezzo sorriso, gli chiese: «Quanti anni ha?»

«Sette anni», rispose prontamente l'altro. «È il mio orgoglio.»

«Posso immaginarlo.»

«Non è stato semplice avere Paolo. Io e Clizia ci stavamo già provando da fidanzati. Per la precisione, a partire dal terzo anno di relazione. Anni e anni di tentativi, visite ginecologiche dove tutto sembrava nella norma, eppure... il bambino non arrivava mai. I mesi sono diventati anni e, malgrado fossimo tremendamente felici di stare insieme, ci mancava proprio quel tassello per costruire quella famiglia che avevo sognato da sempre. Prima di Clizia, non ho avuto altri figli, non ho mai trovato la stabilità che cercavo e non mi sono azzardato ad accogliere le richieste di un paio di donne che ne avrebbero tanto voluti. Per qualche oscuro motivo, non mi sentivo sicuro. E il tempo mi ha dato ragione. Una di loro se la faceva con un mio caro collega, quindi, come vedi, ho avuto anch'io la mia giusta punizione, seppur molto tempo prima. Certo, sono cose che capitano, ma io e Luca eravamo legati da un'amicizia ventennale. Non pensavo che potesse tradirmi con così poco riguardo, e invece...» Alzò le spalle. «Con l'altra donna, invece, sono stato proprio io a mettere un freno. Sentivo di non amarla veramente, così alla fine l'ho lasciata.
Con Clizia, non ho avuto nessun dubbio. Ho accarezzato l'idea di un figlio insieme immediatamente, nonostante l'avessi tenuta sulla corda per parecchio tempo.» Sorrise, lo sguardo rivolto a Paolo. «Pensavamo di non essere destinati a diventare genitori. Lui è stata una benedizione. Io per primo, avevo smesso di sperare in un miracolo. Ma adesso, questo miracolo è proprio davanti a me.»

L'altro sorrise. «Sono contento per voi. Davvero.»

«Grazie, Gilberto. Sai, ti sto confidando tutte queste cose perché per te ho sempre provato grande stima. Mi sono sempre informato sui tuoi progressi, so che hai fatto carriera e ne sono contento. Hai il giornalismo nel sangue, l'ho sempre saputo.»

Gilberto colse nello sguardo del docente una fierezza che lo riempì di orgoglio. Lui non era mai stato prodigo di complimenti, ma quando voleva sapeva farti sentire come un uomo valido e importante. L'aveva sempre spronato, questo non poteva negarlo.
E molto spesso, più che dalle parole, era proprio dai suoi sguardi che coglieva quanto fosse fiero di lui. «La ringrazio, spero tanto di continuare a migliorare», si limitò a rispondergli, accennando un sorriso.

«Sicuramente. La professione giornalistica, come poche altre, regala infiniti stimoli.»

«Insegna ancora, vero?» domandò lui, curioso di sapere se l'università che aveva frequentato poteva ancora godere di un ottimo insegnante come lui.

«Sì, sono passato di livello qualche anno fa. Ma credo che mi piacesse più essere professore associato, che non ordinario. Troppe responsabilità.» Accennò un sorrisetto. «Sono sempre stato un uomo ambizioso, ma avere Paolo mi ha cambiato. Le mie esigenze si sono adattate alle sue, e non ti nascondo che a volte mi piacerebbe mollare tutto per passare molto più tempo con lui. Ma dovrò pur mantenere la mia famiglia, no?»

«Ci sono persone che farebbero carte false per avere una vita come la sua», commentò Gilberto, sorpreso da quel discorso che non sembrava proprio da lui. Aveva sempre puntato in alto, cercando di raggiungere traguardi che, almeno ai più, parevano impossibili.

«Hai ragione. Ma è soltanto a un certo punto della vita che si capisce il valore delle cose importanti. Però, a proposito di ambizioni accademiche... posso dirti già da ora che a breve riapriranno i bandi per i dottorati.» Inarcò un sopracciglio, e Gilberto capì nell'immediato. «Ti ho sempre detto o no che avresti potuto intraprendere una carriera in ambito universitario? Nessuno più di te ne sarebbe all'altezza.»

«Non so, tornare all'università non è mai stata una necessità, per quanto mi piacesse quell'ambiente. Ma potrei anche pensarci, perché no? In fin dei conti, potrei comunque portare avanti l'attività giornalistica, parallelamente a studi superiori.»

Ramondo annuì, entusiasta. «Certo che sì. Potrai andare anche in un'altra università, purché tu sia convinto di volerlo fare.» Tornò del tutto serio e abbassò lo sguardo.

Gilberto lo scrutò a fondo e fiutò quasi all'istante la ragione per cui il professore gli stesse proponendo, nel caso, di intraprendere quel percorso anche in altre università d'Italia. «Ammetto che lavorare con lei mi è mancato molto», soffiò, d'un tratto. «Quindi potrei anche considerare l'idea di tornare dove tutto è cominciato. Sempre se lei lo vuole.»

«Mi stavo giusto chiedendo la stessa cosa. Quello che ho fatto è imperdonabile e... non potrei biasimarti se scegliessi un'altra strada.»

«Sarebbe stato imperdonabile se lei e Clizia vi foste presi il gioco di me alle mie spalle. Ma non è stato così. Clizia mi ha detto subito la verità, che si era innamorata perdutamente di un altro. Certo, non mi aveva detto di chi, scoprire di voi due così all'improvviso è stato un gran brutto colpo. Ma d'altronde, al cuore non si comanda, tutto accade inaspettatamente, e adesso che ho anch'io sperimentato la forza di un amore travolgente, non me la sento di condannarvi. Con il tempo mi sono reso conto di non aver sofferto tanto il distacco da Clizia, quanto piuttosto le modalità con cui questo è avvenuto. Ma come ho già detto, è acqua passata. E poi, a dirla tutta, le cose tra me e Clizia non sono mai state così idilliache. Litigavamo spesso e non passava giorno senza che discutessimo.»

«Oh, sapessi quante volte al giorno litighiamo io e lei da qualche anno a questa parte! Quando c'è di mezzo nostro figlio, ognuno ha le sue idee», ridacchiò il professore, finalmente rilassato. «A parte tutto, mi è spiaciuto davvero non aver avuto il coraggio di parlarti anni prima, avrei dovuto dirti subito di noi. Capisco bene che ti sia sentito tradito e ferito. E... mi piacerebbe tanto rimediare, per quanto possibile. Per me sarebbe un onore tornare a lavorare con te. Essere il tuo supervisore nel caso ti decida a fare un dottorato qui. A una condizione, però.»

«Quale?» domandò Gilberto, la bocca semiaperta e le ciglia aggrottate a dipingergli sul volto un'espressione di assoluta confusione.

«Che tu smetta finalmente di darmi del lei.»

Gilberto rise. «D'accordo, affare fatto.» Allungò il palmo verso il suo e glielo strinse. Aveva appena siglato un patto che, forse, celava in sé una prospettiva di rinascita.

   
 
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