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Autore: Jean Valjean    31/07/2022    1 recensioni
Ho incontrato Ciro il 20 settembre 2019, in un paesino di cui poi racconterò e quel giorno in quel paesino le nostre vite sono cambiate.
AVVISO AI LETTORI:
Questa è una storia in parte rivisitata in parte vera. Una storia terribile e bellissima, forse perchè l'ho vissuta sulla mia pelle. Ho deciso di pubblicarla in parte a scopo educativo, perchè non accada ad altri e perché altri non si spaventino nel seguire la scelta che io ho fatto, di cui leggerete. Basta! Non rivelo altro. Leggete e ditemi se vi appassionao le avventure di Ciro!
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo svariate settimane la convivenza in casa con gli umani sta diventando un vero incubo.

Al momento il mio problema primario è la pipì. I miei umani si sono dimenticati di mettermi il telo dove posso farla e non vogliono lasciarmi uscire. E' da più di un'ora che gratto alla porta per far loro capire che DEVO assolutamente andare in giardino, ma non mi danno retta. A volte è come se non esistessi.

Oggi ho grattato talmente tanto la porta nella speranza che mi aprissero da lasciare i segni dei miei artigli. Non è stato poi così difficile visto che, non portandomi mai a passeggiare, sono diventati smisuratamente lunghi.

Ad un certo punto sento una delle cucciole urlare disperata. Mi fermo e rimango in ascolto, cercando di capire se è il caso di andare a vedere cos'è successo. L'umana adulta le ha urlato qualcosa dal piano terra e la cucciola ha risposto gridando altrettanto forte dal primo piano. Decido di rimanere dove sono, c'è troppa confusione in casa e in queste situazioni non si sa mai cosa può succedere. Gli umani sono imprevedibili.

Infatti, dopo qualche secondo, sento gridare un suono che, invece, conosco moto bene:

- Chiiiiccooooo!!

E' il mio nome. Il tono di voce non promette nulla di buono. Faccio finta di niente, ma nel dubbio mi siedo e assumo l'aspetto più contrito possibile.

- Chiiiiiiiiccooooooo!!

Urla di nuovo l'umana e la sento avvicinarsi con passo pesante. E' sicuramente arrabbiata. Mi spingo con la schiena contro la porta e non emetto un suono, se potessi smettere perfino di sprigionare odori lo farei, ma lei mi trova lo stesso. Continua ad urlarmi addosso per tutto il tragitto, in queste occasioni ho smesso di cercare di capirci qualcosa. Lei urla, urla e non si capisce niente di quello che vuole, come sempre.

Mi trascina per il collare tirandomi su per le scale fino alla camera da letto delle cucciole. Una volta entrati capisco. Osservo le piccole umane in lacrime con in mano i brandelli del loro tavolino di plastica. L'adulta prende quello che rimane di una tazzina da thè di plastica rosa e me la sventola davanti al naso urlando.

Un paio d'ore prima spinto dalla noia ero andato in camera ad aspettare le cucciole d'umano per giocare, ma loro stavano facendo i compiti. Così, trovandolo proprio davanti ai miei occhi, avevo dedicato una buona mezz'ora nel mordicchiare il loro tavolino da thè. Le due giovani umane dovevano essersi accorte della mia marachella e avvisata loro madre, mi avevano messo in questa brutta situazione.

L'umana adulta sembra arrabbiarsi sempre più man mano che strepita. Poi, perso il controllo a causa dell'ira, la vedo sfilarsi una ciabatta e alzarla al soffitto. Non aveva mai fatto niente del genere e rimango pietrificato per il terrore, finché la calzatura non si abbatte contro la mia coscia. Non è stato poi così doloroso, però quell'azione improvvisa mi terrorizza e scappo.

Corro giù per le scale e vengo immediatamente inseguito da tutte e tre le umane. Nella casa regna il caos. Mi dirigo inizialmente in salotto saltando sul divano e scaraventando per terra tutti i cuscini. Poi torno indietro attraverso il corridoio, nella speranza di trovare la porta aperta, ma vengo stretto all'angolo dall'umana, la quale oramai mi ha raggiunto.

Trovarmi con le spalle al muro mi procura un picco di panico e scatto: abbaio, ringhiando verso le mie inseguitrici, e poi emetto un lungo ululato, seguito da un latrato. Torno in me e mi faccio piccolo piccolo nell'angolo alle mie spalle. In quel momento entra nella stanza anche l'umano maschio. Lo guardo e scodinzolo appena, nella speranza che sia venuto ad aiutarmi.

- Che cosa sta succedendo qui?

Chiede alla sua femmina e lei riprende ad urlare:

- Io non ne posso più di quel cane! E' fuori controllo! Scappa! Sporca dappertutto! Gratta tutte le porte! Mangia tutto quello che trova! E adesso si è messo anche a rovinare i giochi delle bambine! Ti avevo avvertito! Gli hai lasciato prendere il cane e poi tocca sempre a me tenergli dietro!

Non so cosa si stanno dicendo, ma quando l'umano mi guarda capisco immediatamente che non è venuto per aiutarmi. Impera su di me e si unisce alla femmina nello sgridarmi. Ormai sono un tutt'uno con la parete e dal basso vedo tutti e quattro i miei umani sovrastarmi nel pieno del furore. Non ho scampo. Non resisto. Faccio la pipì, quella pipì che chiedevo di fare oramai da qualche ora.

Gli umani si zittiscono, capisco di averli spiazzati e poi il boato: ricominciano ad urlare tutti insieme. Il maschio mi prende per il collare e mi trascina verso la porta, appena si apre uno spiraglio scappo fuori e schivo di poco un calcio nel sedere.

Sono spiazzato, atterrito, desolato, contrito e triste, tanto tanto triste, per aver deluso i miei padroni. Vado a fare il resto della pipì nell'erba e mi tengo alla larga dalla casa fino a quando, di notte inoltrata una delle due cucciole mi richiama all'interno.

***

Nelle ultime settimane gli umani mi hanno tenuto fuori di casa il più possibile. Tra l'altro il maschio ha comprato una bellissima casetta di legno dove posso ripararmi dal sole e l'ha posizionata nell'angolo del giardino. Poi ha piantato una palo e creato un recinto usando una rete di fil di ferro. Inizialmente ero incuriosito dal suo operato, mi piaceva, mi dava la sensazione di avere un luogo mio e solo mio. Tuttavia quando vidi l'umano appendere un lucchetto al cancello del recinto capii che, sì, era un luogo tutto mio, ma una prigione.

Da quel giorno non sono più uscito fuori dal mio piccolo recinto. Non so quanto tempo è passato, ma oramai le giornate si stanno allungando e ho percepito i primi profumi del calore delle femmine nell'aria.

E' un vero disastro! Questi pochi metri mi stanno facendo impazzire. Il mio più grande desiderio ogni giorno, tutto il giorno, è quello di poter andare in giro, correre e annusare. Da quando poi l'odore di sesso aleggia nell'aria vengo preso da un desiderio irrefrenabile e non capisco più niente. Sento che potrei fare qualunque cosa pur di raggiungere la femmina che rilascia questo aroma. A volte per sfogarmi ululo, ululo fino a che la voce non viene a mancarmi o finché uno degli umani non mi grida di smetterla da una finestra.

Ci sono volte però in cui il profumo di femmina è così ammaliante da spingermi a scappare e cerco nel recinto un punto debole da cui passare. Oggi è uno di quei giorni. L'ho sentita: è una meticcia come me, sana, giovane, questo potrebbe essere il suo quinto o sesto calore. Il suo odore mi fa vedere rosso, devo assolutamente corteggiarla.

Inizio a fare avanti e indietro lungo il lato più esterno della rete. C'è un solo punto in cui posso provare a romperla, dove alcune maglie romboidali si sono usurate e poi arrugginite. Mordo quel punto e tiro, scuoto la rete per quel che è possibile, cerco di spezzare il fil di ferro perché è impossibile tagliarlo coi denti. Il metallo mi urta le gengive e fa scricchiolare le zanne, ma non smetto, l'unica cosa a cui penso è che devo andare da quella femmina.

Dopo qualche ora di lavoro sono riuscito a spezzare la rete in più punti. Sento il sangue scorrermi tra i denti e bagnarmi la lingua ricoprendola del suo sapore ferroso. Vado a bere, finisco tutta l'acqua che c'è nella ciotola, ne vorrei ancora, ma non so quando verranno per riempirla. Guardo il buco da me creato con tanto sforzo, scavando un po' al di sotto di esso, in modo da creare un piccolo buco, dovrei riuscire ad allargarlo abbastanza per passare. Mi metto subito all'opera dimenticando la sete.

In pochi minuti raggiungo il mio obbiettivo e, pregustando la libertà, mi accingo a infilarmi nel passaggio appena creato. Alcuni pezzi di fil di ferro sporgono su entrambi i lati del mio passaggio e mentre striscio mi tagliano. Fa male, mi sono grattato via la pelle che ricopre la parte iniziale delle zampe dietro e subito inizia ad uscire il sangue. Ignoro il dolore e varco la rete con tutto il corpo. Una scarica di adrenalina mi fa dimenticare di tutto, sono fuori! Vado correndo verso l'odore che mi chiama a sé in nome della continuazione della specie.

***

Mordo con gli incisivi e i primi canini la corda che da settimane, ormai, mi lega il collo. All'inizio lo facevo nel tentativo di romperla, ora solo per avere qualcosa da fare. L'umano entra nel recinto e subito vado da lui scodinzolando, nella speranza che oggi sia il giorno buono, il giorno in cui andremo a fare una passeggiata, ma no, lui mi da una pacchetta sulla testa, mi riempie la ciotola d'acqua e se ne va.

Ricomincio a mordicchiare nella stessa posizione di prima, ripensando a quanto è stato meraviglioso il giorno in cui mi sono messo in questa situazione.

 

Ero dolorante, ma entusiasta della mia rinnovata libertà e subito cominciai a marcare il territorio nel tragitto verso la fonte di quel aroma tanto inebriante. Quando finalmente raggiunsi il giardino da cui l'odore veniva vidi che la femmina era un meticcio dal pelo fulvo poco più scuro del mio e più alta di me al garrese di quindici centimetri. Tuttavia il dettaglio che percepivo più lampante era il fatto che era pronta ad accoppiarsi. Il suo odore non mentiva e scatenò in me una tale frenesia che la richiamai dalla recinzione. Lei si avvicinò per annusarmi attraverso le inferriate, ma non mi bastava. Sotto la spinta dell'adrenalina e dell'eccitazione saltai la recinzione di slancio e corsi immediatamente ad annusarla. Era perfetta, calda, fertile e giovane, ed io le piacqui.

Avevamo già consumato il rapporto e stavamo giocando in giardino, quando i suoi umani si accorsero di me. Anche loro erano un coppia e la donna invece che cacciarmi corse subito ad avvicinarmi, mi diede da mangiare e mi coccolò. Sembrava molto preoccupata a causa del sangue, il quale uscito dai miei tagli sui fianchi e sulle zampe si era raggrumato sporcandomi tutto il pelo. Mi aveva curato e nutrito, addirittura mi aveva permesso di sedere sul divano in casa insieme alla sua cagnetta. Ero felice di essermi accoppiato con quella femmina e ancora di più di aver incontrato quell'umana. Rimasi a casa loro quella notte.

Il giorno seguente i due umani parlarono a lungo e io li ascoltai senza capire, tuttavia comprendevo la loro gestualità e la prosodia del loro comunicare. Erano calmi, ma si stavano sfidando confrontandosi su qualcosa.

- Potremmo tenerlo se non troviamo i suoi padroni. E' un bel cane, sembra poco più di un cicciolo.

Diceva la femmina.

- No, è meglio di no. Dovremmo sterilizzarli o potremmo ritrovarci con sei o sette cuccioli per casa due volte l'anno. Poi sono impegnativi, già con Lissi a volte ci troviamo in difficoltà e dobbiamo lasciarla sola per più ore chiusa in casa… E' meglio portarlo in canile nel caso non trovassimo i suoi proprietari in due o tre giorni. Ho pubblicato le sue foto sul gruppo facebook del paese, se il suo padrone è iscritto alla pagina lo riconoscerà.

Appoggiai la testa alla zampa. Da come drizzò le spalle e gonfiò il petto sembrava che il maschio avesse vinto lo scontro, mentre la femmina si appoggiò con le mani al tavolo incurvando le spalle e guardando giù, aveva sicuramente perso.

Quel giorno ad un certo punto l'umano mi chiamò con un fischio. Lo raggiunsi, mi accarezzò e mi disse:

- Abbiamo trovato i tuoi proprietari! Stanno venendo a prenderti! Sei contento?

Capii che era molto felice e in un qualche modo mi invitava ad unirmi alla sua contentezza. Scodinzolai e gli leccai la faccia appena per un secondo. Lui rise e presa la pallina della sua cagnetta me la lanciò. Corsi subito a mordicchiarla. Ero felice.

Riportai la pallina in casa e dal corridoio sentii in lontananza il rumore della macchina dei miei padroni. Mi agitai terribilmente. Da un certo punto di vista ero eccitato perché avrei rivisto i miei umani e io li adoravo perché… Bé… Loro sono i miei umani! Dall'altro invece ero consapevole di essere scappato, di aver disobbedito ai loro ordini e di conseguenza ero spaventato da quello che sarebbe successo.

Appoggiai il sedere a terra, pestando con le zampe davanti e guaii. L'umana sentendo il mio rumore venne a vedere e mi chiese:

- Cosa succede piccolo? C'è qualcosa che non va?

Mi accarezzò e io continuai ad agitarmi in quel modo per farle capire quello che provavo. Lei capì che stava succedendo qualcosa. Si accorse che col muso indicavo il cancello di casa e andò alla finestra per guardare il quella direzione. Poi si girò verso di me e disse:

- Oh! Ma ti sei accorto che ci sono i tuoi padroni! Ma che bravo! Sei felice?

Mi accarezzò ancora, continuando ad osservarmi mentre mi tormentavo e poi divenne seria.

- Ohi, piccolo, ma che hai? Stai bene?

Cercò di calmarmi e con le sue carezze un po' ci riuscì. Proprio in quel momento suonò il campanello e la mia coda schizzò impazzita a destra e a sinistra mentre stavo seduto teso come un elastico. Quando i miei umani entrarono dalla porta ricominciai a pestare sul posto per l'agitazione.

Tutti gli umani si presentarono e subito dopo si girarono contemporaneamente a guardarmi. La mia umana si chinò e mi chiamò:

- Chicco! Ma cosa hai combinato?! Ci siamo preoccupati tantissimo!

Allungò le braccia nella mia direzione e io, vedendo che sembrava di buon umore, mi ci fiondai in mezzo. Non accadeva da tantissimo tempo di venire abbracciato dai miei umani e sperai che la punizione temuta questa volta non sarebbe arrivata.

Mi sbagliavo. Appena arrivati a casa il mio umano mi ha trascinato nel mio recinto, mi ha colpito la schiena sgridandomi con ferocia e poi mi ha legato. Non mi ha fatto male, ma la cattiveria con cui mi ha trattato mi ha spaventato. Adesso c'è un palo piantato nel centro del mio quadrato di terra e ovunque mi sposti la corda che mi lega ad esso è di intralcio.

Sono passato dall'essere ilare di felicità alla più cupa tristezza. Non solo sono di nuovo rinchiuso, ma soffro per aver deluso i miei umani. In questo branco io sono il reietto.

 

Così le mie giornate si sono susseguite tutte uguali all'interno del mio recinto. Un lieve miglioramento c'è stato quando gli umani se ne sono andati lasciando nuovamente l'umana anziana a portarmi da mangiare. Lei mi apriva il recito e mi lasciava correre per il giardino. Poi mi richiamava, mi dava qualche biscotto e mi richiudeva nuovamente.

Giorno dopo giorno le giornate calde sono passate e alla sera ricomincio ad appallottolarmi su me stesso per tenermi caldo. Spero che non piova spesso perché la casetta che mi ha dato il mio umano perde e durante l'ultimo acquazzone mi sono completamente bagnato.

Sospiro e cerco di ignorare la sensazione di afflizione che sento dentro. Mi manca il mio branco, mi mancano le passeggiate, mi manca l'affetto che ogni tanto gli umani mi concedevano.

 

  
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