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Autore: 18Ginny18    31/07/2022    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 27 – Il prezzo della verità

Quella mattina Ginevra era determinata ad agire. Non ci sarebbero state lezioni per tutto il giorno quindi era lei l’unica nel suo dormitorio ad essersi alzata presto. Le sue compagne avevano deciso di poltrire almeno fino alle dieci del mattino e niente e nessuno lo avrebbe impedito.
Prima di attuare il suo piano, però, andò dritta verso le cucine e “rubacchiò” qualche dolcetto per la colazione. Dobby e gli altri elfi domestici l’accolsero con gioia, dandole tutto ciò che desiderava. Rimase a chiacchierare con loro per un po’, godendosi la loro compagnia e gustandosi un buonissimo muffin al cioccolato, dopodiché tornò nella sala comune di Grifondoro con un sacchetto pieno di dolci per George.
Quando il ritratto della Signora Grassa si richiuse alle sue spalle notò che la sala comune era immersa nel silenzio. Così come i dormitori.
Nonostante fossero quasi le 8:00 del mattino, non volava nemmeno una mosca. Niente confusione. Niente chiacchiericci. Gli altri studenti erano già scesi nella Sala Grande per la colazione.
Gli studenti del settimo anno, invece, si godevano il loro giorno libero in completo relax con l’intenzione di oziare nei loro letti per tutta la mattina.
Possibile che fosse l’unica del suo anno ad essere sveglia?
Per Ginevra era una situazione inusuale. Di solito lei era l’ultima a svegliarsi. Era un’abitudine che aveva fin da quando era bambina e che cercava di togliersi da anni, senza alcun successo però. Perfino Fred e George si erano abituati alla cosa. Infatti, il più delle volte, rimanevano in sala comune in attesa che lei scendesse per la colazione.
Tutto in torno a lei sembrava strano, quasi surreale, così come sentire l’assoluto silenzio dalla stanza dei gemelli Weasley.
Bussò alla porta e George l’aprì qualche minuto dopo. La guardava battendo le palpebre, come se si fosse svegliato da poco e i suoi occhi si stavano ancora abituando alla luce. Poi le sorrise. - Ehi! Buongiorno, principessa. Che bella sorpresa! - sussurrò con voce calda e profonda.
Ginevra iniziò a mordersi il labbro. - Buongiorno a te, bel fusto.
In quel momento, l’istinto di saltargli addosso stava cominciando ad emergere. Con quell’aria arruffata era incredibilmente attraente.
Le diede un rapido bacio a fior di labbra, un solo leggero bacio, ma che era sempre in grado di farle girare la testa e risvegliare sempre i suoi ormoni.
“Forse è il suo profumo a farmi questo effetto”, pensò tenendo a freno i suoi istinti.
Poi, tutto si assopì non appena notò qualcosa che la fece sentire tremendamente incolpa: gli occhi di lui erano ancora impastati dal sonno e stava provando a rimanere vigile. - Ti ho svegliato. Scusa.
Lanciò un’occhiata alle spalle di lui e si diede della stupida per non aver notato prima che l’interno della camera era completamente al buio. Qualcuno stava anche russando!
George si stropicciò gli occhi e, reprimendo uno sbadiglio, ripose: - No, tranquilla. Ero già sveglio.
Stava mentendo, lei lo sapeva, ma non riuscì a tenergli il broncio tanto a lungo. Quando lui le sorrise e non poté che ricambiare, facendosi contagiare come sempre. Era talmente bello quando sorrideva...
- Ti ho portato la colazione – disse Ginevra mostrandogli il sacchetto di carta con tutte le leccornie. - Almeno in questo modo sarò sicura di meritare il tuo perdono.
A quel punto lui sembrò svegliarsi del tutto. Il suo sorriso si ampliò, illuminandogli il viso. - Mmmm – mormorò. - Donna, tu mi vizi.
Tuffò la mano all’interno del sacchetto e agguantò un dolcetto alla crema con le fragoline di bosco sopra. Gli diede un solo morso e non poté fare a meno di emettere un suono gutturale di piacere.
Dopo il secondo morso il dolcetto sparì.
- Ti è piaciuto, eh?
- No. È solo una tua impressione – borbottò George, leccandosi le labbra con gusto. Si scambiarono un sorriso. - Se mi dai cinque minuti per vestirmi possiamo fare una passeggiata e stare un po’ insieme. Ti va? – propose ma, prima che lei potesse rispondere, Fred apparve alle spalle del gemello.
Per un breve istante Ginevra abbassò lo sguardo, ma alla fine l’istinto di guardarlo ebbe la meglio, e se ne pentì immediatamente. Nonostante si fosse appena svegliato Fred era bello, molto bello, doveva ammetterlo, un concentrato di sensualità, ma mai quanto George. Erano gemelli, certo, ma George era, se possibile, ancora più bello di lui; anche mezzo addormentato o un po’ sporco di crema agli angoli della bocca e con i capelli spettinati, lui era bellissimo e a volte era quasi difficile tenergli gli occhi addosso senza avere un mancamento o sentire il corpo percorso dai brividi di piacere.
La mente di Ginevra andò inevitabilmente alla deriva, immaginandosi tra le braccia di George a fare l’amore.
Sospirò, cercando di frenare i bollenti spiriti, e concentrò la sua attenzione su i due fratelli.
George aveva preso un secondo dolcetto e offrì il sacchetto a Fred, che in quel momento si stava grattando la testa, scompigliando ancora di più i folti capelli rossi.
- Oggi non puoi uscire, Georgie – disse con la voce ancora impastata dal sonno. - Ti ricordo che dobbiamo ultimare le nostre ultime invenzioni anti-Gazza e Umbridge. Se vogliamo togliere quei ficcanaso lontani dal ES, dobbiamo sbrigarci - Sbadigliò sonoramente, infilò una mano nel sacchetto e prese un muffin. Poi guardò la ragazza che stava di fronte a loro. - Ciao. Grazie per la colazione – disse con un sorriso piuttosto strano, poi si ficcò il muffin in bocca e tornò all’interno della camera, spalancando le tende così che la luce potesse invadere la stanza e svegliare Lee. Quest’ultimo emise un mugolio infastidito e esclamò: - Sono sveglio! Sono sveglio! Ehi, anch’io voglio un muffin. Dove l’hai preso?– lo sentì protestare Ginevra.
- Oh, Godric – sospirò George, affranto. - Perdonami, amore mio. Avevo dimenticato che dovevo fare questa cosa con Fred.
Lei sorrise. - Tranquillo. In realtà avrei un impegno anch’io. Ero venuta a dirti che rimarrò qualche ora in biblioteca a studiare. Voglio dare il massimo nei prossimi test a sorpresa di Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure.
Bugiarda, bugiarda, bugiarda, cantilenò l’entità oscura. Ginevra la ignorò.
Aveva inventato una scusa banale, certo, ma almeno era plausibile.
- Sei sempre la solita. Mancano ancora sei mesi agli esami e tu ti butti già sui libri – protestò George. - Non voglio che ti strapazzi già da ora.
Ginevra allungò la mano verso il suo viso e lo accarezzò. - Se inizierò a dar di matto ti prometto che mi fermerò e tornerò subito da te.
Un sorriso sfiorò le labbra di lui. - E va bene. Tanto lo so che faresti di testa tua in ogni caso.
- Ah, sì? - esclamò lei fingendosi offesa.
George sogghignò divertito. Chinò il capo e la baciò dolcemente mentre l’avvolgeva fra le sue braccia. Una parte di lui non voleva lasciarla andare. - Ti amo – sussurrò, sfiorandole il naso con il suo.
Lei sorrise, mordendosi il labbro inferiore. - Ti amo anch’io.
A malincuore sciolsero l’abbraccio e si separarono, con la promessa che avrebbero passato l’intero pomeriggio insieme.
Una volta fuori dalla sala comune di Grifondoro, andò dritta verso le scale, determinata a portare a termine il suo piano.
E vai! Così ti voglio”, esclamò la voce nella sua testa. “Decisa!”.
Ginevra scosse la testa, lasciandosi sfuggire un sorrisetto divertito. L’entità oscura non si frenò. Continuò a incoraggiarla con frasi come: “Fagli vedere i sorci verdi a quello svitato!”, “Sta volta non avrà vie di fuga!” e così via.
Il motivo di tanto incitamento era che anche lei voleva sapere. Purtroppo anche l’entità oscura ignorava la sua natura; il suo nome, la sua nascita, come fosse finita nel corpo di Ginevra e tanto altro ancora per lei erano un vero mistero. La sera prima aveva confidato alla ragazza che l’unica cosa che ricordava era il momento in cui si era risvegliata nel suo corpo senza saperne il motivo. Era spaventata e l’istinto l’aveva consigliato di prendere il possesso del corpo. Ovviamente non era abbastanza forte per farlo e, pian piano, scoprì che l’unica cosa in grado di darle forza a sufficienza erano le emozioni della sua ospite. Ma, nonostante accumulasse tanta energia, non riusciva a prendere il controllo. Alla fine ci aveva rinunciato, anche perché, come le aveva già detto, iniziava a stare bene in compagnia di Ginevra.
Mi raccomando: se ha delle risposte dobbiamo averle”, disse la voce. “Non facciamoci fregare dai suoi paroloni. Attacchiamo senza pietà”. Poi il suo tono si affievolì. Sembrava ansiosa. “Ti prego. Non dirgli niente di me. Non dirgli che non ricordo nulla… Non voglio che mi cancelli dalla tua testa”.
“Stai tranquilla. Non dirò nulla”, la rassicurò Ginevra.
In breve tempo raggiunse l’ufficio del Preside. Bussò alla porta con decisione e quando la voce dall’interno la invitò ad entrare non esitò un solo istante.
Silente era in piedi, d’avanti al trespolo della sua fenice, Fanny.
Il maestoso volatile guardava il vecchio mago con sguardo curioso. Inclinava la testa da un lato all’altro senza che lui proferisse parola, come se la loro fosse una conversazione mentale. Poi, la fenice guardò alle spalle del mago e, quando vide chi era la nuova ospite, saltellò sul posto tutta contenta.
Il volatile provava una certa simpatia per la ragazza. Una simpatia che, con gli anni, andava ad aumentare sempre più. In un altro momento anche Ginevra sarebbe stata felice di vederla, ma non quella volta. Aveva ben altro a cui pensare. Cose molto più importanti.
- A cosa devo la visita, Ginevra?
La ragazza non si chiese nemmeno come Silente facesse a sapere che lei era lì dato che non aveva ancora proferito parola e lui non si era nemmeno voltato a guardarla. Non le importava di nulla. Non se ne sarebbe andata finché non avesse avuto le risposte che voleva.
- Voglio delle risposte – disse. La sua voce era ferma. - Basta con i giochetti, sono stanca. Cos’altro mi sta nascondendo?
Vai così, sorella!”, esclamò ancora una volta l’entità. In quel momento sembrava molto esaltata.
Silente non rispose.
Accarezzò la dolce fenice passando le dita dalla testa al petto, con tocco leggero. Senza alcuna fretta. Dopo, si voltò verso Ginevra con un sorriso. - Sapevo che un giorno saresti venuta qui in cerca di risposte. Spero solo di essere in grado di aiutarti a trovarle – disse il vecchio mago invitandola ad accomodarsi.
Per quanto fosse riluttante all’idea di sedersi lì, a pochi passi da lui, acconsentì. Aveva bisogno di spiegazioni.
Quando anche Silente prese posto al lato opposto della scrivania, iniziò a guardarla negli occhi con espressione gentile. Questo iniziò a mandarla in bestia.
Perché sorrideva? Non aveva ancora capito quanto quella situazione la rendesse furiosa?
- So quello che provi, Ginevra – disse pacato Silente.
Un sorriso beffardo si fece strada sulle labbra di lei. - Oh, davvero? - domandò in un sussurro, poi alzò la voce quel tanto che bastava perché il vecchio capisse le sue parole. - Anche lei vede le persone che ama morire? Ancora... ancora e ancora? Pensavo di essere l’unica! - sbottò ironica. Il sorriso si affievolì, mentre la collera tornò ad invaderla; Silente non sapeva nulla di quello che provava. - Si rende conto di quanto sia frustrante? Ha la più pallida idea di quanto sia snervante non sapere qualcosa di così importante?
- Di cosa vuoi parlare?
- Di cosa voglio parlare? - ripeté lei. - Be’, per cominciare vorrei parlare di tutte le bugie che ha creato per nascondere i suoi sotterfugi. Voglio sapere quanti altri segreti sta nascondendo. Voglio la verità.
- Hai ragione. Meriti una spiegazione – riprese Silente.
- Direi proprio di sì. Ma sono più che sicura che lei cercherà comunque di aggirare le mie domande. Spero solo di sbagliarmi. - Con un’aria di sfida, Ginevra si mise a braccia conserte. - Sono tutta orecchi.
Non le importava di essere scortese. Non le importava più nulla. Era stanca. Voleva solo le risposte che le erano dovute e capire se ci fosse un modo per aggirare le sue “profezie”.
Silente sospirò.
- Sedici anni fa – proseguì, - Voldemort era al culmine del suo potere, ma bramava qualcosa che lo fortificasse ancora di più. Lui avvertiva un potere al di sopra del suo e, nonostante non riuscisse a trovarlo, lui non si dava per vinto. Vuole ancora quel potere, ne è completamente ossessionato. Così com’è ancora ossessionato dalla Profezia che...
- Questo lo so già – ribatté Ginevra interrompendolo bruscamente. - Mi dica quello che non so.
- Hai ragione a lamentarti – ammise Silente in tono di scusa. - Questo povero vecchio ripete sempre le stesse cose, ma è necessario cominciare dall’inizio. Abbi solo un po’ di pazienza. Il tuo caso è unico nel suo genere.
Avere pazienza? Ma dove ha il cervello questo?”, urlò l’entità Oscura. Ginevra si trovò a concordare con lei. Iniziava decisamente a perdere la calma.
Sbuffò, infastidita, e Silente riprese a parlare.
- Tu eri in grado di fare magie fuori dal comune. Ma ho dovuto bloccare questi tuoi poteri perché non riuscivi a trattenerti e, come già sai, Voldemort stava per arrivare a te. Ora un potere ancora più forte ha preso il sopravvento sulla tua mente oltre che su i tuoi poteri. Sei in grado di prevedere la morte delle persone a te care, è vero, ma….
- Non fa altro che ripetere cose che già so! - La voce di Ginevra esplose nella stanza, facendo trasalire la povera Fanny. - Cosa devo fare per sapere qualcosa della mia vita?
Gli occhi azzurri del vecchio mago brillarono aldilà delle lenti a mezza luna. Uno strano luccichio che non sfuggì alla ragazza.
- Lo vedo nei tuoi occhi… Il demone ci osserva, ci ascolta. Probabilmente è per merito suo che hai acquisito questo potere fin da piccola. La tua rabbia nei miei confronti alimenta la sua forza. Ti avevo già avvertita in passato… eppure tu continui a non fare attenzione. Quel demone potrebbe prendere il sopravvento da un momento all’altro e...
- Perlomeno, questo “demone”, non mi ha mai mentito. È stato onesto fin da subito – sbottò Ginevra interrompendolo. - Lei, invece, mi ha nascosto l’identità di mia madre per ben tredici anni, mi ha somministrato ogni giorno una pozione anti-crescita con l’inganno, ha ordinato a chiunque sapesse la verità sul mio conto di tacere e non mi ha neanche detto che Harry era mio fratello finché non ha deciso che poteva farle comodo… devo continuare? - disse Ginevra acida. - Io non chiedo altro che spiegazioni e non ricevo altro che discorsi vaghi, supposizioni e altre bugie. Adesso basta. Voglio la verità, una volta per tutte.
Silente sorrise alla ragazza, che non accennò a deformare la sua espressione furiosa. - Lo stai difendendo… Ti sei affezionata? Oppure è lui a parlare? -riprese Silente. - Vedi, è proprio di questo che stavo parlando. Sapevo che, prima o poi, il demone avrebbe tentato di prendere il controllo della tua mente per manipolare i tuoi pensieri. Riesco ad intravedere la sua ombra fremere dietro i tuoi occhi.
La collera di Ginevra era in pieno aumento, così come il desiderio di ferire Silente, di punirlo per la sua calma e per le sue parole vuote.
- Negli ultimi tempi – proseguì calmo Silente, - ho cominciato a temere che quel demone potesse prendere il controllo, ma non credevo che fosse già successo.
- No. Non l’ha fatto.
Sicura? Potrebbe essere divertente…”, la stuzzicò l’entità Oscura.
Ginevra l’ammonì, silenziosamente. Poi sentì l’eco di una risata deliziata nella rimbombarle nella testa.
Sto scherzando”, disse, “ma fa’ attenzione, questo vecchio bacucco vuole entrarti nella testa ed è meglio non permetterlo. C’è già abbastanza confusione qui dentro, non credi?”.
Come per dare ragione alle parole dell’entità Oscura, Ginevra notò, ancora una volta, quello strano luccichio bramoso negli occhi di Silente e a quel punto capì.
Tutto era chiaro.
- “Il tuo caso è unico nel suo genere…” - mormorò tra sé e sé.
- Hai detto qualcosa?
Ginevra guardò il vecchio mago. - Sono solo un esperimento, non è così? Qualcosa di singolare da poter studiare da vicino – la sua voce era quasi un sussurro, ma il preside riuscì comunque a sentire le sue parole.
Infatti, preso completamente alla sprovvista, Silente non proferì alcun verbo. Per la prima volta, sul suo viso Ginevra vide un’espressione sorpresa.
Aveva scoperto la verità.
- La verità è che nemmeno lei sa cosa sono o cosa mi sta accadendo. Sta solo cercando di guadagnare tempo dando la colpa al “demone” seguendo solo delle stupide supposizioni perché, dopotutto, è facile dare la colpa a ciò che non si conosce, no?
Hai fatto centro”, sussurrò, l’entità Oscura. Poi sbuffò. “Abbiamo solo perso tempo”.
Silente si limitò a fare un piccolo sorriso soddisfatto, dopodiché riprese la parola: - Puoi farmene una colpa? - domandò. - Eri solo una bambina e ancora oggi il potere dentro di te è incontrollabile… Io sto provando ad aiutarti. A capirti.
Che mi venga un colpo, questo povero idiota ha appena ammesso, che hai ragione…”.
Ginevra era disgustata. - “Provare” non è abbastanza. Le sue sono solo scuse. In effetti sembra quasi che lei voglia continuare a giocare con il mio cervello finché non mi vedrà esplodere.
- È vero. Hai ragione. Ma c’è una cosa che so per certo: tu non ti rendi conto del rischio che corriamo – Silente si piegò in avanti, poggiando i gomiti sul tavolo. Le sue parole erano misurate, il suo tono calmo e paziente lasciava ampio respiro ad ogni singola frase. - Se Voldemort dovesse prenderti e assorbire quel demone… - sospirò. - Anche se non posso aiutarti, le informazioni nella tua mente devono essere salvate.
Ginevra abbassò lo sguardo, scuotendo la testa.
Andiamo via. Troveremo le risposte da sole”, la incoraggiò l’entità Oscura. Lui non ci serve”.
Quando alzò di nuovo gli occhi, sul suo viso vi era un sorriso forzato e un po’ strafottente. - Ho sprecato il mio tempo. - Si alzò di dalla sedia e recuperò la borsa che aveva abbandonato sul pavimento, accanto a lei.
Diede le spalle al Preside e si avvicinò alla porta di quercia lucente, pronta ad abbandonare quella stanza e mettere quanta più distanza possibile tra di loro una volta per tutte. Quando la sua mano toccò il pomello della porta sentì il vecchio mago alle sue spalle. - Ti chiedo scusa, Ginevra. Cercavo solo di temporeggiare in attesa di darti delle vere risposte – disse con il suo solito tono di voce calmo e amorevole.
Ginevra iniziò ad avvertire uno strano bruciore agli occhi; la rabbia accumulata minacciava di esplodere. - Sarebbe stato meglio se si fosse fatto gli affari suoi – sibilò a denti stretti.
Come le era già successo in passato, le sue dita iniziarono a farsi calde e il calore iniziò ad espandersi verso il pomello della porta stretto nella sua mano.
Quando sentì la mano di Silente posarsi sulla sua spalla, gli lanciò uno sguardo furioso, dopodiché divenne tutto confuso. Sentì una forza completamente nuova che le ribolliva dentro che scalpitava per uscire. Lei l’accontentò senza pensarci.
Silente lasciò la spalla di Ginevra e si accasciò a terra, in preda al dolore. Era successo tutto in un’istante, sembrava quasi surreale.
Questa volta, anche se era molto distante dalla ragazza, Regulus si svegliò di soprassalto e, avvertendo quella piccola esplosione di potere, provò a fermarla prima che facesse qualcosa di cui poteva pentirsi.
Quando divenne cosciente di ciò che aveva fatto, Ginevra iniziò a tremare.
Albus Silente era ai suoi piedi, in ginocchio, e teneva una mano sul petto ansante; faticava a respirare.
Ginevra chiuse gli occhi e tutto cessò. Il cuore batteva all’impazzata.
Il vecchio mago riprese a respirare, tossendo. Con una mano alla gola, cercò il suo viso senza vederlo. Per lui c’era solo il buio.
Lei tremava ancora. Era sconvolta. - Mi dispiace – disse e scappò via.
“Cosa mi sta succedendo? Cosa sono?”, fu l’unica domanda che la tormentava mentre delle lacrime le rigavano il viso.
Era talmente spaventata dall’accaduto da non vedere il professore di Pozioni fino a quando non gli andò a sbattere contro.
- Black. Cosa… - iniziò il professore, infastidito. Ma, quando la vide con il volto rigato di lacrime e l’espressione terrorizzata, si incupì. - Che succede?
Ginevra non rispose. Lo abbracciò e basta, senza preavviso, lasciandolo per un attimo interdetto. Severus era immobile come una statua. All’inizio cercò un modo per allontanarla e liberarsi da quella stretta, ma quando la sentì singhiozzare non riuscì a trattenersi dall’avvolgerla con il suo mantello e abbracciarla a sua volta.
Si stupì per la sua stessa reazione.
Era sempre stato protettivo nei suoi confronti e al solo pensiero che qualcuno potesse farle del male provava tanta di quella rabbia da fargli ribollire il sangue nelle vene.
- Va tutto bene – le sussurrò soave. - Va tutto bene.
- No – singhiozzò lei. - Ho fatto una cosa… orribile.
Severus la prese per le spalle e l’allontanò piano da sé, quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi.
Inarcò un sopracciglio, confuso. - Che intendi dire?
Lei provò a rispondere ma le lacrime scendevano sempre più copiose e la sua voce era strozzata dai singhiozzi. Tutto il suo corpo tremava per la paura, che si concretizzò solo in quel momento; il professor Piton la strinse nuovamente al suo petto e la portò lontano da quel luogo.

Una volta rimasto solo nel suo studio, Silente si appoggiò al muro più vicino, cercando di ristabilire il battito cardiaco e il respiro. Perse l’equilibro, barcollò all’indietro e andò a sbattere contro una libreria la quale riversò sul pavimento alcuni libri, ma Silente non riuscì nemmeno a distinguerli. La sua vista stava tornando pian piano ma vedeva comunque delle chiazze scure ovunque posasse lo sguardo.
I ritratti appesi ai muri vicino a lui si allarmarono. Erano rimasti sconvolti da ciò che era accaduto e volevano chiamare aiuto, ma Silente lo impedì.
Non doveva saperlo nessuno.
Abbassò la testa e iniziò a pensare. Aveva visto gli occhi della ragazza diventare sempre più scuri fino a diventare neri.
Fanny, che era scesa dal suo trespolo, si adagiò accanto al suo padrone e provò a curarlo con le sue lacrime. In questo modo Silente riuscì a rimettersi in piedi e cominciò farsi tante di quelle domande che riuscirono solo a confondergli ancora di più la mente. Aveva provato sulla sua stessa pelle ciò il giovane James Potter aveva subito anni prima. Ginevra gli aveva annebbiato la vista e tolto la facoltà di respirare e, per un solo istante, fu completamente terrorizzato da lei.
Sospirò.
Liquidò i ritratti dei vecchi Presidi appesi ai muri con un gesto della mano dopodiché andò al piano di sopra dove, aldilà di una libreria, si nascondeva la sua camera da letto.
Se voleva trovare delle risposte alle sue domande aveva bisogno di riposare.

Severus la portò nell’unico luogo che riteneva sicuro: i suoi alloggi privati.
Dopo aver tolto l’incantesimo di protezione che bloccava la porta la invitò ad entrare. La porta si richiuse alle sue spalle subito dopo, Severus l’aveva accompagnata alla poltrona di pelle nera più vicina e, in pochi istanti, le preparò una tazza di tè caldo che lei accettò con mano tremante. Si portò la tazza alla bocca e bevve un sorso alla volta.
Severus prese posto nella poltrona di fronte alla sua, si piegò in avanti e restò in attesa che la ragazza si calmasse.
Poco prima, durante il tragitto, mentre percorrevano i corridoi del castello, non l’aveva lasciata nemmeno per un’istante. L’aveva tenuta stretta a sé con il timore di farla cadere; l’aveva sentita piangere e tremare terrorizzata, ma si era lasciata guidare dal suo insegnate senza obbiettare.
Quando l’aveva stretta tra le braccia non aveva riflettuto molto sul da farsi, preferì agire d’istinto. L’aveva portata nella sua camera, lontano da occhi indiscreti, in modo tale da poterla aiutare a calmarsi e sfogarsi.
In quel momento Severus vedeva una bambina spaventata e indifesa in cerca di aiuto. Lui si sentiva in dovere di proteggerla.
Maledizione, Severus! Questa ragazza sarà la tua rovina”, lo rimproverò la vocina nella sua testa. Ma lui la ignorò. La sua priorità era assicurarsi che Ginevra stesse bene.
Quando notò che si era calmata decise di parlarle. Voleva capire cosa le fosse successo senza ricorrere alla Legilimanzia.
- Va meglio? - le chiese con voce bassa.
Lei teneva gli occhi bassi. Le dita affusolate che stringevano la tazza tremavano ancora, così come il resto del suo corpo. Sentiva di aver perso il controllo. Provò a parlare con l’entità Oscura, ma non riuscì nemmeno a percepirla. Sembrava dispersa.
Ripensò ancora una volta a ciò che era successo nell’ufficio del Preside provando un gran senso di colpa. In quel momento temeva per l’incolumità del vecchio mago.
- Deve aiutare il Preside – sussurrò con un filo di voce.
Il professore di Pozioni inarcò un sopracciglio, ma non proferì alcun verbo. Rimase semplicemente in attesa di spiegazioni con tutta la calma e compostezza che possedeva.
- Io… Io ho... - mormorò la ragazza, ma le parole le morirono in gola. Chiuse gli occhi e sospirò. - Ho discusso con Silente e... – la sua voce s’incrinò e sentì i suoi occhi gonfi pronti alle lacrime per la seconda volta. - N-non volevo. Io ero arrabbiata… non volevo fargli davvero del male…
Alzò gli occhi su Severus. Era incredulo.
- Mi dispiace – sussurrò iniziando a lacrimare. - Non sono riuscita a controllarmi.
Severus non riusciva a crederci. Come poteva lei aver fatto del male a qualcuno?
- Resta qui – le ordinò a mezza voce. - Torno subito – promise, dopodiché abbandonò la stanza, chiudendo la porta a chiave dietro di sé.
A passo svelto raggiunse l’ufficio del Preside, al suo ingresso i ritratti si lanciarono in un coro spaventato senza che lui capisse ciò che gli stavano dicendo. Li ignorò.
Cercò il vecchio mago per tutta la stanza come un forsennato, ma senza trovarlo. Poi uno dei ritratti, Phineas Black, gli disse che Silente era nella sua camera, al piano di sopra.
Severus non esitò un solo istante. Corse al piano di sopra e aprì il passaggio segreto dietro la libreria e entrò nella camera del Preside. Quando lo vide per poco non gli venne un colpo: era disteso sul letto e un braccio penzolava fuori dal letto. Non muoveva neanche un muscolo. Qualche secondo dopo, quando lo sentì russare, sospirò di sollievo.
Allungò la mano per scuoterlo e cercare di svegliarlo con delicatezza, ma alla fine i suoi modi di fare risultarono bruschi e frettolosi; il vecchio mago si svegliò di soprassalto emettendo un grugnito soffocato. Per un attimo rimase a guardarlo confuso poi gli sorrise. - Severus – disse. - È già ora di pranzo?
- Non è il momento di fare battute! - sbottò acido il professore. - Ho incontrato la signorina Black ed era sconvolta. Dice di averti fatto del male.
Silente si mise a sedere sul letto trattenendo un gemito di dolore, e ampliò il suo sorriso. - Sciocchezze. Sto benissimo, vedi? Dille di stare tranquilla.
Severus lo guardò, interdetto. Poi assottigliò lo sguardo. - Credi che io sia un’idiota? - sputò acido. - Lo vedo che non stai bene!
Infatti il volto di Silente era più magro, pallido e stanco del solito. I contorni dei suoi occhi erano diventati più scuri e incavati. Sembrava fosse invecchiato di dieci anni in una sola volta.
Senza troppe cerimonie Severus scortò il vecchio mago al piano di sotto dove in quattro e quattr’otto gli preparò una pozione Rinvigorente.
Fanny, la dolce fenice, volò vicino a Silente e si appollaiò al suo fianco strofinando la sua testolina piumata contro il suo mento. Egli abbozzò un piccolo sorriso e le accarezzò il mento con tenerezza ma si stancò quasi subito. Era senza forze.
Piton sperava, anzi era convinto, che con l’aiuto della pozione avrebbe ripreso le forze e ogni dolore sarebbe sparito in meno di mezz’ora. Lo obbligò a bere tutto d’un fiato ma le cose non andarono come si aspettava. La pozione riuscì solo in parte nel suo compito; il volto era comunque pallido e stanco, gli occhi avevano ripreso solo un po’ di vitalità ma i suoi contorni erano rimasti immutati.
- Dovrò provare con qualcos’altro – mormorò Piton iniziando ad armeggiare con altre fiale che trovò nel cassetto lì accanto. A quel punto Silente gli poggiò la sua mano scheletrica sul suo braccio, fermandolo.
- Non posso mentirti, Severus – disse con voce stanca e il fiato corto. - Le tue Pozioni non serviranno a molto. Sono vecchio. Ginevra ha prosciugato le mie forze, ha annebbiato la mia vista e la mia mente, togliendomi persino la facoltà di respirare.
Ci fu una breve pausa.
Il professore di Pozioni era sconcertato. Non capiva come fosse possibile che una ragazza di appena diciassette anni avesse messo fuori gioco un mago esperto come Albus Silente e a ridurlo in quello stato.
- L’ho provocata intenzionalmente e questo è quello che mi merito – sospirò.
Severus era confuso e al tempo stesso disgustato. - Tu cosa? Che vorresti dire che l’hai provocata?
- Volevo accertarmi di una mia teoria e adesso che ho le risposte inizio a farmi delle idee su cosa fare – spiegò, massaggiandosi le tempie. - Lei non ha agito con il desiderio di farmi davvero del male, ne sono assolutamente certo. Fin da quando era una bambina, Ginevra ha sempre avuto delle doti fuori dal comune. Un potere molto speciale, se vogliamo dirlo. Vedi, con il passare degli anni, ho avuto modo di studiarla. Dentro di lei vive un demone che cerca in ogni istante di prevalere, di prendere il controllo della sua mente e del suo corpo. Quello che ha fatto a me lo aveva già fatto in passato. Ora, il suo potere è aumentato e il nostro compito è tenerla sotto controllo, al sicuro. Dobbiamo sopprimere quell’essere prima che succeda qualcosa di terribile.
Piton era decisamente perplesso. - Da quanto sai tutto questo?
- Oh, lo so da molto tempo ormai. Ero già a conoscenza di questa sua abilità, ma non l’avevo mai vista all’opera. Ho voluto provare… l’ho fatta arrabbiare e questo è il risultato – disse indicando lo stato in cui si trovava.
- E non hai mai pensato di dirmelo?
- Perché avrei dovuto? - domandò Silente con tono tranquillo.
Il professore di Pozioni stava per ribattere ma preferì tacere.
Silente gli sorrise divertito.
- Smettila di prendermi in giro.
- Ti chiedo scusa– disse Silente cercando di nascondere il suo sorriso. - Ma hai ragione. Avrei dovuto dirtelo prima.
Piton incrociò le braccia al petto e rimase in attesa che Silente continuasse a parlare.
Era impaziente. In quel momento, il suo unico desiderio era tornare da Ginevra e darle tutto l’aiuto possibile.
Calò un lungo silenzio, interrotto solo dal ticchettio dell’orologio a pendolo. Dopo un profondo respiro Silente chiuse gli occhi. - Io mi fido di te, Severus. Ed è per questo che ti chiedo un favore – disse. - Ginevra ha bisogno del nostro aiuto. Lei era solo una bambina quando io e Regulus abbiamo cercato di sopprimere questo parassita. Per anni e anni abbiamo cercato di proteggere lei e Harry, ma a quanto pare non siamo riusciti nel nostro intento. È solo questione di tempo prima che... – sospirò, dopodiché incatenò i suoi occhi azzurri a quelli neri dell’uomo che gli stava davanti. Nonostante i suoi tentativi di mantenerla forte, la sua voce si stava affievolendo sempre più. Era stanco e non vedeva l’ora di tornare a letto e riposare. - Presto o tardi, il demone cercherà una seconda fonte di magia da poter risucchiare… Tempo fa ha utilizzato il piccolo Harry, ed è per questo motivo che li ho tenuti lontani per tutto questo tempo. Ma se facciamo attenzione possiamo usare questo parassita a nostro vantaggio, dobbiamo solo convincere Ginevra a sbarazzarsene.
Severus inarcò un sopracciglio. - L’ho sempre sospettato, ma adesso ne ho la certezza – disse. - Tu non sei altro che un folle! È una ragazzina, per l’amor del cielo! Per tutto questo tempo non hai fatto altro che manovrare la sua vita e, adesso, nonostante lei abbia sofferto così tanto vuoi confonderle la mente per usarla? - urlò, disgustato. - Be’, puoi scordarti il mio aiuto! Non questa volta, Silente. Te lo puoi scordare.
Voltò le spalle al vecchio mago pronto ad abbandonare la stanza, ma il Preside lo richiamò.
- Hai promesso, Severus.
Quelle parole furono in grado di gelarlo sul posto.
- Hai promesso che avresti fatto qualsiasi cosa per me e ora io ti chiedo di aiutarmi a proteggere questa ragazza.
- Proteggere da cosa? - sbottò puntando lo sguardo sul vecchio mago.
- Voldemort è a conoscenza di questo demone e vuole usarlo per i suoi scopi. Lo cerca da anni. Lo brama ardentemente e per un attimo è stato talmente vicino da averla.
- La Fonte – sussurrò Severus, sconvolto.
Silente si limitò ad annuire. - Sai meglio di me che se Lord Voldemort entra in possesso di quel potere per Ginevra sarà la fine.

Quando Severus tornò in camera trovò la ragazza rannicchiata sulla grande poltrona di pelle nera dove l’aveva lasciata poco prima. Aveva le ginocchia strette al petto e il mento appoggiato su di esse. I lunghi capelli neri le ricadevano sul viso e lo coprivano in parte. Sembrava una piccola bambina indifesa.
Era talmente persa nei suoi pensieri da non essersi nemmeno accorta del suo ritorno, malgrado il rumore provocato dalla porta.
Le sfiorò il braccio per attirare la sua attenzione. Un piccolo contatto che gli procurò una reazione inaspettata.
Una volta incrociato il suo sguardo Piton poté vedere la paura. Era completamente terrorizzata.
- Lui sta bene? - domandò, tremante.
Una piccola piega apparve fra gli occhi di Piton. Sospirò piano. Doveva tenere a freno l’irritazione.
Ho voluto provare… l’ho fatta arrabbiare e questo è il risultato”, aveva detto Silente. L’ho provocata intenzionalmente”.
Quanto poteva essere stupido e irresponsabile un uomo pur di raggiungere i suoi scopi? Severus non lo capiva. In effetti non aveva mai capito quello che passava per la testa di quel folle di Silente e non voleva capirlo.
- Sì, lui sta bene – disse e la ragazza ricominciò a respirare serenamente. - Si rimetterà.
La vide passarsi una mano tra i capelli e abbassare lo sguardo sul pavimento.
- So cosa provi – disse il professore con tono delicato. - Silente mi ha parlato di ciò che è successo.
Ginevra batté forte gli occhi e si costrinse a distogliere lo sguardo. - Scommetto che penserà che io sia un mostro, non è vero? - Si sforzò di non piangere, strofinandosi gli occhi con il dorso della mano.
Guardandola, Severus si ritrovò a pensare per l’ennesima volta quanto lei fosse simile a sua madre. In quel momento rivide Lily, che piangeva a causa della sorella. Tunia mi odia. Per lei sono un mostro, Sev”, gli aveva detto con le lacrime agli occhi dopo aver ricevuto l’ennesima lettera piena di rancore della sorella Petunia.
Lily e sua figlia erano talmente simili e diverse allo stesso tempo quasi da confonderlo. Lily era sempre stata il suo punto debole.
Ginevra era bella come Lily, nonostante le differenze fossero evidenti. La carnagione bianchissima, i capelli scuri, gli occhi verdi e le labbra carnose. Nessun uomo poteva resistere a tanta bellezza.
Severus si schiarì la voce. - Posso aiutarti se vuoi. Posso aiutarti a controllare i tuoi poteri.
Ginevra scosse la testa e sospirò, probabilmente, pensò Severus, con l’intenzione di tenere a freno le lacrime. Poi incrociò i suoi occhi. - La ringrazio, professore, ma nessuno può aiutarmi.
Nonostante si trovasse in quella stanza già da un po’, notò solo in quel momento che ogni cosa all’interno di quella camera era rimasta immutata dall’ultima volta che vi era entrata. O almeno così le sembrava: tutta la stanza era ben illuminata e ogni cosa era in perfetto ordine. Nulla era fuori posto e sul caminetto vi era ancora il vaso con solo quel bellissimo e candido giglio. Trovarlo ancora lì lo trovò molto rassicurante.
Sospirò.
All’improvviso si sentì molto stanca.
Si alzò in piedi e mostrò al professore la debole imitazione di un sorriso. - Grazie ancora per l’aiuto e per il tè. Adesso ho solo bisogno di riposare.
Il professore annuì e l’accompagnò alla porta. Il suo sguardo era basso. - Qualunque cosa succeda – disse con tono lento. - Per qualsiasi motivo o se avrai bisogno di aiuto, la mia porta sarà sempre aperta.
Poi Severus alzò lo sguardo incrociando nuovamente quello della ragazza e notò che i suoi occhi tremavano ancora di paura, ma si sforzava di sorridere. - La ringrazio, professore – la sentì sussurrare, poi lasciò la camera sparendo dalla sua vista.
Severus rimase solo, a rimuginare sul da farsi.
Cosa doveva fare? Doveva assecondare il volere di Silente per quella stupida promessa o doveva tenere la ragazza lontana da lui?
Confusione.
Solo confusione.
Si passò una mano tra i capelli, ormai preda dall’indecisione. Poi sospirò.
Lanciò un’occhiata sul tavolino di fronte a lui dove la tazza di tè era stata abbandonata sul tavolino. Poi i suoi occhi andarono sull’orologio lì accanto.
Mancavano ancora dieci minuti alla lezione con gli studenti del terzo anno, ma pensò che era meglio incamminarsi. Almeno avrebbe passato due ore a sfogare la sua frustrazione su quei poveri ragazzi.
Ma, mentre camminava per i corridoi, si ripromise di parlare con Regulus Black. Aveva bisogno di uno scambio di opinioni e chi meglio di lui?





ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti! Perdonate il ritardo ma ho avuto un grande blocco per la scrittura. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e di pubblicare un nuovo capitolo al più presto così da concludere "l'odine della fenice". 
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino qui sotto  :)
Grazie ancora per la pazienza <3
A presto, 
18Ginny18
  
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