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Autore: Guido    01/08/2022    2 recensioni
“Voldemort è morto, ma Harry non ha vinto”.
A sei anni di distanza dalla Battaglia di Hogwarts, Bellatrix Lestrange, padrona della Bacchetta di Sambuco, regna sul mondo magico inglese come "la Regina Nera".
"Resistenza" è un nome anche troppo altisonante per un gruppo di maghi fuggiaschi, per lo più senza bacchetta... però ci provano. E Dean Thomas non si sente adatto a fare né il capo, né il padre dei tre orfani di Dirk Cresswell, soprattutto ora che ha scoperto la verità sul proprio... però ci prova.
In Normandia, due sopravvissuti preparano Pozioni e combattono giorno e notte con i propri fantasmi, perché sanno di dover tornare in campo, più prima che poi.
Finché, una sera, un giornale arriva nelle mani di Dean.
Per qualcuno, forse, è arrivato il tempo della libertà. Per qualcun altro, del dovere. E per due anime tormentate, della vendetta.
Tra rifugi segreti nelle foreste, castelli e saloni da ricevimento, tra politica, onore e sangue, il piano per rovesciare la Regina si mette in moto
Genere: Angst, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Thomas, Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VII libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'La Regina Nera'
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Cap. II – Risvegli in Normandia



«Buongiorno, Mezzosangue» salutò Draco, soffocando uno sbadiglio, mentre entrava in cucina.
«Buongiorno, Mangiamorte» rispose Hermione, con un sorriso sul volto tirato.
Era il loro saluto abituale, ormai, il modo un po' ironico in cui riconoscevano le persistenti divergenze che li portavano a litigare quasi ogni giorno... ma, insieme, anche il rispetto profondo che ormai li teneva uniti, al di là dei litigi.
«Buongiorno, padron Malfoy!» esclamò Shorty, piazzandogli subito davanti succo di zucca, frittelle e marmellata.
Draco borbottò un ringraziamento all'elfo domestico, si sfregò gli occhi e si gettò senz'altro sul cibo, sperando che lo aiutasse a svegliarsi.
Dall'altra parte del tavolo, gli arrivò un «Mi dispiace.»
«Per cosa?» chiese automaticamente, senza neppure alzare lo sguardo.
«È colpa mia se non dormi. Ma non importa: non ci sarà un'altra notte come questa.»
Qualcosa, in quella frase, lo fece preoccupare; abbassò lentamente il calice del succo, sforzandosi di rimettere in funzione il cervello. «Hermione...»
«No, Draco, ti prego.» Si alzò e venne a posargli una mano sulla spalla, guardandolo dritto negli occhi. «Devo farlo, capisci? Devo
Nonostante il proprio stato semicomatoso, non ebbe alcun bisogno di chiederle di cosa stesse parlando: l'argomento, dopotutto, era stato sviscerato in lungo e in largo, negli ultimi due mesi. Turbato, però, dal miscuglio di tristezza e determinazione che leggeva in quegli occhi scuri, prese tempo sorseggiando un altro po' di succo; infine replicò stancamente: «Continua a non sembrarmi una buona idea. E scommetto che Shorty è d'accordo con me.»
L'elfo domestico, intento a sparecchiare il tavolo dal lato di Hermione, assentì con vigore; ma, prima che potesse spiccicar parola, la ragazza scattò: «Non tirare in ballo Shorty, è il tuo schiavo! Direbbe qualunque cosa pur di compiacerti!»
Un lungo sospiro. «Per la centesima volta, Mezzosangue, tu non capisci un accidente di elfi domestici!» La frustrazione, se non altro, stava riuscendo a snebbiargli il cervello. Quella, il succo e le frittelle, si disse. Grande idea lo sciroppo d'acero.
«Ah, davvero? Be', Malfoy, se tu credi che io sia disposta a restarmene chiusa qui dentro mentre là fuori c'è una guerra, allora non hai capito niente di me
«Non c'è nessuna guerra, là fuori» ribatté Draco, quasi suo malgrado: perché si lasciava sempre trascinare in quella discussione eterna?! «C'è solo qualche gruppetto di disperati, che cerca di fermare il vento con le mani.»
«E il vento sarebbe la tua zietta?»
«All'incirca.»
«Quindi, tu saresti... le mani.» Gli sorrise trionfante.
Sospirò di nuovo, scuotendo i capelli biondi, ormai piuttosto lunghi. «Io penso di aver già fatto la mia parte sul campo; comunque, mi va benissimo restare nelle retrovie a preparare Pozioni. Sono molto più bravo come pozionista che come duellante. Inoltre...». Mangiò un altro boccone, mentre cercava il modo migliore di proseguire, e si chiedeva, non per la prima volta, perché mai tenesse tanto a non lasciarla andare.
Ma lo sguardo di lei lo costrinse a fissarla. «Tu non capisci, Draco» gli disse in tono triste. «Eppure... hai visto anche tu, stanotte.»
«Visto cosa?» Stava cominciando ad irritarsi. «Che hai avuto un altro incubo? Che stavolta hai sudato sangue? Sì, l'ho visto, grazie! Ma scusa tanto se, a me, questa sembra un'ottima ragione per non andare!» Le prese la testa tra le mani, gentilmente, e abbassò la voce. «Hermione... tu non stai bene. Non ancora.»
«Lo so, Draco.» La voce le si spezzò. «Proprio per questo... »
La fissò, sbigottito. «...Non ci sto capendo niente, Hermione» confessò, dopo un istante di silenzio.
«Draco... lo vedi. Ho sempre questi incubi, nonostante tutte le Pozioni, e non migliorano. Anche se la mia testa sa che qui dentro siamo al sicuro, ho sempre il terrore che venga a prendermi.»
«Non me l'avevi mai detto» sussurrò a occhi sgranati, meravigliandosi di quanto la cosa lo ferisse.
«Scusami. Hai ragione a restarci male. Però cerca di capire... mi vergognavo di sembrare una bambina che ha paura del buio.»
«Che?! Non avrei mai pensato una cosa del genere! Mia zia farebbe paura perfino a Silente, al punto in cui è arrivata!»
Hermione lo ignorò e proseguì: «Comunque, Draco... tu hai fatto tutto quello che hai potuto e, davvero, non ci sono parole per ringraziarti. Mi hai tirata fuori da quella Torre infernale, curata, vestita, nutrita...»
«Così mi fai arrossire, Mezzosangue.»
«...mi hai procurato una bacchetta nuova... Ah, e non dimentichiamo il libero accesso alla biblioteca!»
«Mi chiedevo quando sarebbe stato menzionato, in effetti.» Le sorrise. «Comunque, per tante cose devi ringraziare Shorty, non me.»
«Certo. Però, anche se non potrò mai ringraziarti abbastanza,... non offenderti, ma nessuno può salvarmi. Non davvero, non del tutto. Non puoi liberarmi dagli incubi, Draco, e tantomeno dalla paura.». Lo fissò di nuovo. «Non è colpa tua,... ma, finché resto qua dentro, io non sono libera!»
Si sforzò valorosamente di non sentirsi né offeso né ferito; ma non ci riuscì.
Hermione, con un sorriso triste, gli fece una carezza. «Dico sul serio, non è colpa tua. Anzi, se non sapessi che c'è un posto sicuro su cui contare, non so se troverei il coraggio. Però devo andare, Draco.» Si scostò, gli occhi improvvisamente duri. «Io non posso vivere, finché la Regina sopravvive.».
Il tono con cui scandì quelle parole gli fece correre un brivido lungo la schiena.
La Hermione Granger di un tempo sarebbe stata coraggiosa, ma sull'orlo delle lacrime; si sarebbe guardata intorno, cercando i suoi due amici (gli unici, ma sempre con lei); non si sarebbe mai lanciata nella lotta da sola, men che meno avrebbe cercato uno scontro all'ultimo sangue.
Questa Hermione, invece, era pronta a uccidere.
Forse aveva addirittura bisogno di uccidere.
Forse – si disse improvvisamente – questo era il vero motivo per cui non gli aveva detto nulla: forse non si vergognava della paura, ma di...
Tacque, perché davvero non aveva idea di cosa dire; il silenzio si dilatò, la tensione crebbe. Ma, un momento prima che diventasse intollerabile, intervenne Shorty: «Il padrone ha finito?»
«Ah...» Il suo piatto era vuoto, in effetti. Lo porse all'elfo, che lo prese e gli disse: «Stanotte è arrivato un giornale nell'albero cavo, padron Malfoy.»
Trasecolò. «Un giornale?! E me lo dici adesso?!»
«Voi doveva mangiare, padrone. Voi due non mangia abbastanza, non dorme abbastanza... Shorty l'ha preso subito, quando l'Incantesimo l'ha avvisato, ma Shorty non voleva disturbare i signori...»
«Va bene, va bene» tagliò corto. «Dov'è questo giornale?» Se Dean era tornato apposta per lasciarlo lì subito, doveva trattarsi di una notizia molto importante.
Le orecchie basse per il rimprovero, l'elfo gli passò una copia della Gazzetta del Profeta di tre giorni prima. Hermione allungò il collo e il titolo di apertura strappò a entrambi la stessa esclamazione di sorpresa.
Draco lesse ad alta voce tutto l'articolo, senza commentare, e Hermione non lo interruppe, anche se ogni tanto la sentiva borbottare qualcosa tra sé e sé.
«Che ne pensi?» le chiese per prendere tempo, mentre ripiegava il giornale e cercava di riportare l'ordine nel tumulto dei propri pensieri.
«Mah, non so... di per sé dovrebbe essere una cosa gravissima... però, visto cos'era già diventato il dominio della Regina, in effetti a che serviva il Wizengamot?»
Scosse il capo con una smorfia. Perlomeno, l'errore di prospettiva appena sentito da lei gli stava chiarendo le idee. «Mezzosangue... la politica del nostro mondo non funziona così.»
«Oh, giusto, Malfoy! Ti prego, illuminami sulla politica dei Mangiamorte!»
Non raccolse. «Prima, vorrei che tu mi promettessi una cosa: aspetta qualche giorno, non partire subito. Una settimana al massimo, non di più. Puoi anche scrivere subito a Thomas che lo raggiungerai... ma aspetta. Per favore.»
La vide sbattere le palpebre, improvvisamente incerta. «Ah... se si tratta solo di qualche giorno... ma perché?!»
«Perché questa notizia cambia tutto.» Si alzò e prese a camminare in su e in giù per la cucina, pensando ad alta voce. «La Regina ha commesso due errori: non lasciare alternative ai propri nemici e fare in modo che nessuno potesse sentirsi al sicuro.»
«E questo che c'entra con...?»
«Non interrompermi, per favore. Comunque c'entra: io per primo non credo che sarei qui, se mi fossi sentito al sicuro nel nuovo mondo che la mia cara zietta stava costruendo.»
«Oh, non è vero, Draco! Tu sei migliore di così!»
La fissò con una smorfia amara. «Per favore, niente commenti irrilevanti. Del resto, si sa, le battaglie sono pane per i Grifondoro... ma la politica, mia cara, è il regno dei Serpeverde!» Continuò ad aggirarsi per la cucina: dietro la supplica di non partire che le aveva rivolto quasi d'istinto stava nascendo un piano, l'analisi seguiva all'intuizione del momento. «Se avesse pensato ad una copertura formale... anche solo un'acclamazione dei membri del Wizengamot al suo decreto sarebbe potuta bastare, come pseudo-ratifica. Invece no. E questo ci offre una possibilità.»
«Draco, ma di che stai parlando?!»
«Vuoi ascoltare e basta, Mezzosangue, per cortesia?! Sto pensando, penso a voce alta.» Si intrecciò le mani dietro la schiena, deciso a non perdere il filo e ad arrivare fino in fondo. «La Regina, finora, si è potuta presentare come detentrice legittima del potere, sia all'interno sia davanti alla Confederazione Internazionale dei Maghi: sulla carta, al di là del titolo di “Regina” che le era saltato il ticchio di usare, era solo un Ministro della Magia ereditario, né di più né di meno. Ma adesso ha fatto qualcosa che nessun Ministro ha mai avuto il potere di fare. Capisci?»
Negli occhi di lei si accese, finalmente, un lampo di interesse. «Vuoi dire che...?» domandò esitante, come se temesse di riprendere a sperare.
«Voglio dire che la Confederazione non vuole una guerra, però sa benissimo che, prima o poi, non avrà alternative, o lo Statuto di Segretezza salterà come un castello di carte a Spara Schiocco. La mia cara zietta lo sa altrettanto bene... e infatti, se ci fai caso, finora ha rafforzato il nostro isolamento dai Babbani. A parte le torture e le morti misteriose, certo; ma il Governo Babbano brancola nel buio, quindi il rischio che il nostro mondo venga scoperto è limitato e la Confederazione se ne può infischiare.»
«Aspetta un momento.» Hermione esitò prima di proseguire, come se avesse paura della risposta. «Mi stai dicendo che la Confederazione si gira dall'altra parte se muoiono i Babbani, o anche i membri della Resistenza, però potrebbe scatenare una guerra perché la Regina ha soppresso il Wizengamot?!»
Draco le rivolse un sorriso a trentadue denti, ogni traccia di stanchezza scomparsa. «Adesso sì che ti riconosco! Venti punti a Grifondoro!



Note:
Chi ha già avuto modo di leggere qualcuna delle mie storie noterà alcune differenze di stile, in particolare la lunghezza dei capitoli notevolmente diminuita; questo, ad es., corrisponde ad una sola scena, mentre in genere ne metterei tre o quattro per capitolo. Ma la fic è nata come
one-shot in vista di un concorso che poi non è mai stato bandito, è rimasta interrotta in fase di gestazione e, riprendendola, mi sono accorto che sarebbe diventata troppo lunga per non essere suddivisa in capitoli, così ho cominciato a dividere il materiale già pronto. Questo dovrebbe permettere a me di ampliarlo con maggiore libertà e, mi auguro, venire incontro a quei lettori che potrebbero sentirsi scoraggiati dai capitoli lunghi.

  
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