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Autore: LorasWeasley    02/08/2022    3 recensioni
future|fic [kuroken|ushiten|iwaoi|shoumika]
Molto spesso crescere un adolescente diventa più difficile di crescere un bambino. Ma soprattutto, riusciranno questi genitori ad accettare le cotte dei loro "bambini"?
Genere: Commedia, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tendo Satori, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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Parte 2
Maggio
Sono Kea, spero di aver salvato correttamente il tuo numero!” Natsu sorrise nel leggere quel nuovo messaggio che gli era arrivato.
Si trovava in cucina e stava aiutando sua madre ad apparecchiare la tavola per il pranzo.
-Chi ti scrive?- domandò curiosa Mika Yamaka nel vedere la sua reazione.
-Nessuno- si affrettò a dire l’adolescente mentre posava il telefono in tasca e correva a prendere i piatti.
La madre continuò a scrutarlo, poi sembrò decidere di cambiare argomento –Com’è andata la festa di ieri sera?
-Bene- le sue guance si fecero rosee –Ho conosciuto delle nuove persone di altre scuole… sono simpatici.
Mika gli sorrise sincera –Sono felice, sei talmente uguale a tuo padre che avevo paura potessi avere problemi a socializzare come lui.
-Io non avevo alcun problema a socializzare!- intervenne l’uomo raggiungendo la famiglia in cucina, fresco di doccia.
Natsu non poté fare a meno di ridere nel vedere come i suoi genitori iniziarono a scherzare prendendosi in giro e un pensiero attraversò la sua mente “anche io voglio questo”.
 
Giugno
Kea, mentre aspettava che il colore di base sulla tela si asciugasse, lasciò il club di arte e corse fuori verso la palestra di pallavolo.
Sapeva grazie ad Haru che, quel pomeriggio, il club di pallavolo del Nohebi avrebbe raggiunto il Nekoma per disputare un’amichevole.
Si affacciò dalla porta cercando di rimanere nascosto e guardò un po' in giro.
Non avevano ancora iniziato la partita, ma si stavano riscaldando. Proprio in quel momento Haru schiacciò dall’altra parte del campo talmente forte che il rumore lo sentirono tutti.
Kea alzò gli occhi al cielo sorridendo e borbottando uno “sbruffone” pianissimo.
Infine individuò Natsu. Il ragazzo dalla divisa verde era seduto a terra mentre scioglieva i muscoli, il colpo di Haru gli aveva fatto alzare lo sguardo e Kea riuscì a vedere la sorpresa nei suoi occhi nell’accorgersi di lui.
Kea lo salutò brevemente con una mano e il ragazzo gli sorrise in cambio.
Era la prima volta che si rivedevano dalla festa del loro primo incontro, ma avevano iniziato a messaggiare quasi ogni giorno.
Kea si ritirò per tornare al proprio club, non prima di aver preso il telefono e avergli scritto “buona partita”.
 
Luglio
-Hai una ciocca di capelli azzurra- fece presente Natsu quando raggiunse Kea.
Il più piccolo si portò subito una mano ai capelli e poté sentire tranquillamente la ciocca dura ricoperta di acrilico.
Rise piano, poi rispose –effetti collaterali del mio club.
Natsu sorrise divertito –Ti sta bene, ti fa sembrare di più un artista.
Kea corrugò la fronte –Dovrebbe essere un insulto?
Natsu non rispose e Kea gli diede una gomitata tra le costole, poi entrambi risero e iniziarono a camminare fuori dalla scuola.
Qualche giorno prima i due ragazzi avevano iniziato a discutere su quale fosse la migliore gelateria di Tokyo ed, essendo che Kea prendeva molto seriamente discussioni del genere, avevano concordato di andare a provare insieme i gelati la prima volta che Natsu fosse tornato al Nekoma per disputare un’amichevole con la sua squadra.
-Comunque tieni- Kea gli passò un sacchettino e Natsu lo guardò confuso e curioso, poi lo afferrò per aprirlo con devozione. All’interno vi era un bracciale verde e rosso di fili intrecciati.
-L’ho fatto io- specificò Kea –ma se non ti piace posso farne un altro con altri colori. So che il trentuno è il tuo compleanno, giusto? Non sono sicuro che riusciremo a vederci, quindi ti do il regalo in anticipo- sorrise –ma non ti faccio gli auguri, tranquillo.
Natsu non riuscì a rispondere in alcun modo.
 
Agosto
-Ti sento ringhiare, Haru- fece presente Kea impassibile, come se non fosse una grande novità.
-La stanno guardando tutti- ringhiò per l’appunto il suo amico.
Kea mise il proprio telo all’ombra dell’ombrellone e, solo dopo essersi sistemato, lanciò un’occhiata al mare.
In effetti c’erano abbastanza sguardi nella direzione di Diane e Ami, le quali stavano giocando a palla con l’acqua che arrivava loro alle ginocchia.
Natsu disse –Insomma, sono straniere e sono una rossa e una bionda, è difficile vedere delle ragazze così in giappone.
Haru si voltò verso di lui ancora più incazzato –Stai dicendo che la mia Diane non è bella?
Natsu spalancò gli occhi spaventato, poi con lo sguardo cercò aiuto in Kea.
Questo sorrise, poi si rivolse all’amico –Sta dicendo che devi correre a marcare il territorio se non vuoi che tutti inizino a darle il loro numero di telefono.
Lo spinse anche verso la direzione della riva con un piede e pochi secondi dopo i due ragazzi rimasero soli.
Natsu si sedette al suo fianco e sospirò afflitto –Non riesco mai a dire qualcosa di giusto davanti a lui.
Kea rise –Non devi preoccuparti, Haru ha preso le qualità peggiori dei suoi genitori, nessuno sa come prenderlo. Io stesso ci ho messo anni a capire come rispondere e comportarmi in ogni situazione, soprattutto quando si tratta di Diane, imparerai anche tu.
Natsu fissò la coppia in acqua che, come previsto, aveva iniziato a dare spettacolo mentre Ami cercava di dire qualcosa, probabilmente lamentandosi che fossero in pubblico. Sospirò e tornò a fissare Kea.
-Con te è così facile parlare.
Kea gli sorride, poi gli si avvicinò parlando piano, come se fosse un segreto -Anche con te è facile stare.
I loro volti erano più vicini di quanto fosse considerato normale, ma non ebbero tempo per rifletterci perché la voce di Naoya interruppe qualsiasi cosa.
-Ehy ehy ehy!- lui e la sua gemella li raggiunsero facendo cadere i loro borsoni lì accanto, Naoya aveva una palla sottobraccio -Partita a calcio?
 
Settembre
Kea vide Natsu seduto in una delle panchine del parco e lo raggiunse da dietro. Spió il gioco che stava facendo nella sua console portatile e sorrise, poi palesó la sua presenza facendo il giro per sedersi accanto e parlando -Ho finito quel gioco qualche settimana fa, carino il finale.
Natsu alzò uno sguardo sconvolto su di lui mentre il suo personaggio sullo schermo moriva, poi sbottò -Ma è uscito oggi!
-Davvero? Mio padre li riceve sempre in anticipo, quindi non lo sapevo.
Natsu arrossì nel rendersi conto della figura di merda che aveva appena fatto -Ah già… avevo dimenticato che tuo padre è uno streamer di videogiochi. Stupido da parte mia invitarti qui a giocare.
Kea si diede dell'idiota nell'avergli fatto pensare quello, poi provó a rimediare affrettandosi a dire -Non mi dispiace! Inoltre non ho ancora provato la versione multiplayer.
Natsu gli lanciò uno sguardo non convinto mentre borbottava -Non giochi con tuo padre?
-Non esiste! Da quando ho fatto dieci anni papà ha smesso di farmi vincere perché "non sei più un bambino, devi conoscere la triste realtà del mondo".
Natsu rise all'imitazione di quella voce, il suo malumore completamente dimenticato, pronti a divertirsi insieme per un intero pomeriggio.
 
Ottobre
-Quindi Gilgamesh III ha iniziato a correre fuori del giardino e io piangevo, allora papà Tetsuro ha iniziato a correre dietro di lui e l'ha salvato dall'essere investito. Certo, lui ha finito per rompersi il braccio ma quel gatto non si è più allontanato da lui- stava raccontando Kea mentre le sue dita modellavano un pezzo di fil di ferro che aveva trovato poco prima -Papà Ken era furioso che fosse finito in ospedale, lo accusava di non essere abbastanza intelligente per aver trovato un modo per salvare il gatto senza farsi male, mentre papà gli urlava in risposta che non siamo tutte persone dei suoi videogiochi. I loro litigi sono sempre divertentissimi perché iniziano a usare citazioni stranissime ai videogiochi o alla chimica o al primo argomento che gli passa per la testa, inoltre finiscono sempre per fare pace la sera stessa, si credono tanto superiori ma poi non riescono a stare separati neanche un'ora senza piagnucolare che gli manca l'altro.
Lui e Natsu si trovavano nel giardino sul retro della festa alla quale stavano partecipando, i due avevano deciso di allontanarsi dalla folla poco prima e avevano iniziato a chiacchierare nella privacy e nel buio del posto che si erano trovati.
Natsu era seduto al suo fianco, lo fissava divertito e alla fine di quel racconto commentó -Non so se mi stupisce di più il fatto che in un'ora tu mi abbia detto più nomi di gatti di quanti riuscirò mai a incontrare nella mia intera vita, o che i tuoi genitori te li abbiano fatti tenere tutti.
Kea rise -I miei genitori sono più gattari di me.
Il fil di ferro tra le sue mani era ormai diventato un portachiavi a forma di gatto, Kea ne fu abbastanza soddisfatto e lo porse all'altro -Per te.
Natsu rimase totalmente sorpreso da quel regalo inaspettato, arrossì talmente forte che poté solo sperare che il buio non lo rendesse troppo evidente e strinse l'oggetto nella sua mano.
Si alzò di scatto e andò a sedersi dietro di lui.
-Che fai?- domandó quindi Kea confuso.
-Posso toccarti i capelli? Voglio fare anche io qualcosa per te.
-Uh?- fu il turno di Kea di rimanere sorpreso -Sì.
Si sciolse la crocchia scomposta che aveva sul capo e l'odore del suo shampoo al gelsomino si diffuse tra di loro.
Natsu infilò le dita tra i suoi lunghi e morbidi capelli neri pettinandoglieli, per poi iniziare a fare una treccia.
Il silenzio era carico d'imbarazzo e, più andava avanti, più il ragazzo del Nohebi voleva solo scappare via chiedendosi cosa diavolo gli fosse preso.
-Dove hai imparato a fare le trecce?- domandó Kea distraendolo.
-Ho imparato da piccolo per mia mamma. Lei fa l'infermiera e molto spesso torna a casa stanca e distrutta, quando ero piccolo lo era ancora di più perché ovviamente doveva occuparsi di me. Vedevo sempre che papà, per farla rilassare, le pettinava i capelli in questo modo, quando gli ho chiesto perché lo facesse mi ha risposto che lei si rilassava un sacco quando le persone le toccavano la testa. Così gli ho chiesto di insegnarmi in modo che avrei potuta aiutarla io a rilassarsi quando lui era a lavoro.
-Devi essere stato un bambino adorabile.
Natsu arrossì di nuovo, poi borbottó -mai quanto te mentre rubi tutti i gatti del vicinato.
Kea rise piano, poi si voltò a guardarlo.
I suoi occhi dorati lo stavano scrutando intensamente e senza alcun tipo di imbarazzo, erano vicinissimi e non fece nulla né per tirarsi indietro né per farsi più avanti.
-Io…- balbettó Natsu.
-Sì?
La magia fu interrotta dalla voce di Maru che urlò il nome di Kea.
I due ragazzi si tirarono indietro l'istante prima che la ragazza con le ciocche di capelli tagliati in diverse misure e la tinta grigia rubata al padre li trovasse.
-Oh! Menomale che sei qui!- esclamò sollevata. Se notó la loro posizione compromettente o il fatto che fossero isolati rispetto agli altri non disse nulla -Hai il numero dei genitori di Haru, vero?
Kea corrugó la fronte -Sì, perché?
-Haru è stato coinvolto in una rissa.
E quelle semplici parole bastarono per fargli capire la situazione e quello che avrebbe dovuto fare.
Ma soprattutto, capì che la serata di lui e Natsu era appena finita.
 
Novembre
Kea non era stupido. Sapeva che quello che lui e Natsu stavano facendo già da diversi mesi era flirtare.
Non avrebbe fatto come i suoi genitori che, come concordavano tutti i loro amici del liceo, si comportavano da fidanzati già anni prima che lo diventassero ufficialmente perché troppo stupidi per rendersene conto.
Kea, inoltre, non si era mai imbarazzato a parlare di preservativi e sesso con i suoi papà, figurarsi chiedere a qualcuno di iniziare a uscire insieme ufficialmente. Cosa che aveva effettivamente fatto con Isak più volte di quante potesse contare su una mano, ma quella era un’altra storia.
Quindi, di norma, Kea non avrebbe avuto problemi a mettere le cose in chiaro con Natsu già diverso tempo prima, se non l'aveva fatto era stato solo nel rispetto della confusione dell'altro ragazzo.
La prima cosa che Natsu gli aveva detto quando si erano incontrati era stata "io non sono gay" che, per quanto fosse stata esclamata in un contesto di quasi forzatura, frenava Kea dal fare quel semplice passo avanti.
Kea avrebbe aspettato, avrebbe aspettato anche diversi anni se era quello che serviva a Natsu per mettere in chiaro le sue idee. Sapeva bene quanto fosse un argomento delicato e non l'avrebbe spinto in alcun modo.
Tuttavia, non dovette aspettare tanto quanto si era immaginato.
Quello era il giorno in cui si sarebbero giocate le semifinali e le finali di pallavolo per decidere i due rappresentanti di Tokyo. Kea era lì insieme ai gemelli Bokuto, a Diane e ad Ami a tifare per il Nekoma e per Haru. Ma buona parte del tifo di Kea era riservata anche al Nohebi dove per la prima volta Natsu stava giocando da titolare.
-Sia messo a verbale che io non volevo venire- commentò Maru mentre entravano nella palestra e cercavano una serie di posti liberi.
-Perché?- chiese Kea.
Fu Naoya a rispondere mentre si abbassava il cappello della felpa di più sulla fronte per nascondersi –Perché c’è nostro padre a commentare la partite. Insieme allo zio Sakusa. Sarà un massacro, speriamo che nessuno si accorga di noi.
Kea rise –Un massacro? Sarà divertentissimo.
Come predetto dai gemelli: fu un massacro. Con una telecronaca che fece chiedere a molte persone perché quei due venissero pagati per lavorare insieme in quel campo da ormai due anni.
“Oh mio dio Omi, hai visto la schiacciata del figlio prodigio di Oikawa!? Si vede che vuole diventare l’asso della sua squadra! Anzi, possiamo già dire che lo è visti i punti che ha fatto oggi! Ma ti ho mai detto che ho giocato contro Oikawa una volta?”
“Due volte” corresse Sakusa con un tono da funerale “Una alle olimpiadi e una per lo special match. E non hai bisogno di dirmelo perché c’ero anche io.”
“Davvero?”
“Abbiamo giocato nella stessa squadra alle olimpiadi. E nello special match ero in squadra con Oikawa. Sei scemo!?”
“Non ricordo proprio.”
“Quindi non ricorderai neanche che quel ragazzino che stai idolatrando una volta ti ha fatto piangere, aveva solo quattro anni.”
Kea si era appuntato mentalmente di chiedere al suo migliore amico come fosse riuscito a far piangere lo zio Bokuto senza essere ucciso da Akaashi.
Scene del genere capitarono fin troppo spesso: dove i due telecronisti si scordavano di commentare la partita e ripercorrevano i ricordi del loro passato, ovviamente furono rimproverati, come fu rimproverato Sakusa nel particolare per una serie di imprecazioni quando Bokuto lo fece arrivare al limite (Kea lo capiva benissimo).
Telecronaca a parte, sia il Nohebi che il Nekoma vinsero le semifinali e, anche se in finale vinse la squadra dei gatti, entrambi erano ormai rappresentanti di Tokyo.
Ci furono urla e festeggiamenti in campo, finché quasi mezz’ora dopo non riuscirono a riunirsi con Haru. Commentarono tutti insieme la partita fino a quando i gemelli non annunciarono che sarebbero andati da loro padre, a quel punto gli occhi di Ami si illuminarono e li seguì affermando –Riuscite a presentarmi Sakusa Kiyoomi? Gli devo chiedere una cosa su una storia che sto scrivendo!
Kea rimase solo con Haru e Diane che, in meno di mezzo secondo, finirono a baciarsi come se fossero soli. Beh, era strano che non l’avessero ancora fatto in realtà.
Decise quindi di prendere il cellulare e scrivere a Natsu se fosse ancora lì, ricevette subito una risposta affermativa e si incontrarono fuori dalla palestra.
Non appena si videro il più grande era ancora così esaltato e felice che lo abbracciò con talmente tanta enfasi da alzarlo da terra.
-Avevo l'adrenalina a mille!- esclamò quando lo rimise a terra ma senza staccarsi da lui -è totalmente diverso dal giocare in allenamento! Andremo ai nazionali! Ancora stento a crederci, sono così felice!
-Sei stato molto bravo- gli sorrise Kea sincero.
Natsu si bloccò a fissarlo, nella sua mente si accavallarono milioni di pensieri uno diverso dall'altro.
Kea avrebbe tanto voluto capire cosa stesse pensando e agire di conseguenza, ma prima che riuscisse a pensare anche solo se fosse stato meglio tirarsi indietro da quell'abbraccio, Natsu si sporse in avanti e lo baciò.
Non era il primo bacio di Kea, ma fu il primo bacio che gli fece provare qualcosa: sentì il suo petto riscaldarsi, il suo cuore saltare un battito e le sue labbra formicolare.
Durò il tempo di un respiro e quando Natsu si tiró indietro il suo sguardo era spaventato.
Kea addolcì il suo, preferì non dire nulla, lasciandogli il tempo di metabolizzare quello che aveva fatto e cercando di esprimergli quello che pensava semplicemente guardandolo.
Va tutto bene, puoi tirarti indietro o puoi tornare a baciarmi, io resto qui.
Natsu sembrò decidere per la seconda opzione, perché lo afferró per le spalle e se lo spinse nuovamente contro, sbattendo le loro labbra insieme in quella che poteva essere definita una collisione, ma che si trasformò presto in un bacio vero e proprio.
Kea non avrebbe saputo dire quanto duró, sapeva solo che era totalmente concentrato su tutti quei nuovi sentimenti che stava provando, così concentrato che quando fu spinto all'indietro con violenza dalle mani di Natsu, fu preso talmente alla sprovvista che non riuscì a reagire.
Inciampó e cadde. Non ebbe il tempo di chiedersi cosa diavolo fosse successo che sbatté la testa e tutto si fece nero.
  
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