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Autore: crazyfred    05/08/2022    1 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 16

 

 

“Va beh…ce lo faremo bastare…venerdì invece? Idee per l’home page?”
Il venerdì era il giorno di maggior traffico per riviste online come la loro. Tutta Roma e dintorni si riversava sul loro sito per organizzare il weekend e bisognava essere il più possibile sul pezzo. Dare ciò che il pubblico vuole, facendolo coincidere con quello che vogliono vendere gli sponsor. Era per questo che nella riunione programmatica della settimana successiva, ognuna delle teste si lanciava nella difesa della propria sezione, presentando il proprio cavallo di battaglia.
“C’è il pezzo sulla chirurgia plastica che ti avevo fatto vedere” si fece avanti un uomo sulla quarantina, non molto alto e nemmeno particolarmente bello ma che credeva profondamente di esserlo, con il suo look trasandato da bello e dannato.
“No, argomento superinflazionato … e poi di venerdì? Giacomo, dai! Come se non lavorassi qui da 8 anni … tutt’al più come taglio basso, ma rivoltatelo come un calzino perché è anonimo, piatto. Altro?”

“Possiamo proseguire con la serie sul Giappone a Roma” si fece avanti la caposervizi della sezione Turismo “Dopo l’Hanami all’Orto Botanico c’è il Giardino dell’Istituto di Cultura Giapponese.”
“Già usato per un photoshoot di moda dell’anno scorso. Forza ragazzi, idee … idee!”

“La prima del Rigoletto a Villa Borghese?” azzardò Elena, sezione Cultura “c’è Grigolo nel cast”.
Bruna, taglio Pixie spettinato e leggeri colpi di rasoio ai lati, Elena voleva assolutamente essere presa sul serio e la sua bellezza – perché davvero era molto bella – per lei rappresentava un problema. E così finiva per costringersi in completi di taglio maschile. Un vestito non ha genere, ripeteva sempre alle colleghe che le suggerivano un cambio di look.
“Oooh, questo è il
glam” disse Alessandro, mimando le virgolette su glam “che ci porta click. Lo vedete che se vi spremete le meningi ce la fate?! Avete già parlato con l’entourage del cantante?”
“Sì ma preferiscono lavorare con noi questa estate perché ora …”
“Assolutamente no, devono iniziare a capire che si lavora con noi quando lo vogliamo noi. I tempi in cui eravamo accomodanti sono finiti … chi vuoi che legga dei progetti di un cantante lirico il 10 di luglio in spiaggia a Ostia o Fregene?! E noi promuoviamo l’Opera di Roma, mica l’Arena di Verona. Ah … adesso che mi viene in mente, Stefano” disse Alessandro, cambiando argomento “quel pezzo sulle parlamentari … buonissimo, nulla da ridire, ma lasciamocelo in caldo per il prossimo autunno visto che ci saranno delle elezioni suppletive…siamo a ridosso dell’estate, datemi pezzi leggeri, che la gente abbia voglia di leggere da un tablet o dal telefono”
“Ci sarà una serata a porte chiuse per l’inaugurazione della mostra di Lachapelle al Galleria d’Arte Contemporanea” subentrò Elena “solo che c’è un problema.”
“Sarebbe?”
“Arturo è in malattia, operato d’appendicite. Ne avrà per una decina di giorni”
“Non hai nessuno da mandare al posto suo?”
“Non in redazione, Marina è appena rientrata dalla maternità, non posso mandarla ad un evento serale … e poi comunque si occupa di libri, Mattia è un topo di internet, dove vuoi che vada ad un evento per gente della Roma bene?! Non sono neanche sicura abbia una giacca elegante, ma un freelance si trova”
“Un freelance per un articolo del genere? In bocca al lupo se ne trovi uno che accetti di essere pagato quanto vogliamo noi”
“La mia compagna insegna all’Università Americana, qualche tesista che vuole fare esperienza me lo trova di sicuro”
“Per piacere non facciamo brutte figure. L’ultima volta che abbiamo avuto questa idea geniale alla fine ci mancava solo la mia firma sull’articolo.” Fosse stato per lui, Alessandro avrebbe mandato qualcuno della sezione Eventi, ma quelli della sezione Cultura era particolarmente suscettibili e in competizione con gli altri settori della rivista che è sempre meglio non svegliare can che dorme.
“Senti, io la stessa sera sarei a coprire Villa Borghese e significa che non andiamo …” protestò la donna, contrariata: Alessandro sapeva essere veramente granitico nelle sue convinzioni “e ti faccio solo un nome: Gianmaria Ludovisi. La mostra la organizza lui, tutta la
meglio gioventù di Roma sarà presente”
“Gianmaria Ludovisi hai detto?” 

A quel nome, ad Alex si alzarono le antenne; aveva già sentito quel nome e batteva ritmicamente sul tavolo con la penna che aveva tra le mani per tentare di recuperarlo da qualche cassetto della memoria. Poi, finalmente … eureka!
“Giovanni per favore, fai venire qui Maya!” ordinò allo stagista che, in fondo alla stanza, stava seduto in un angolino di fianco al tavolo da buffet.
Da quando era successo il fattaccio, in modo o nell’altro i due comunicavano sempre per interposta persona. Quando Alex era costretto, solo in ufficio, ad interagire con lei direttamente, faceva sempre una fatica immane. Quando la ragazza entrò Alex si sorprese istintivamente ad irrigidirsi, persino ad ergersi sulla sedia, impettito, quasi come fosse un capobranco in procinto di mostrarsi quale maschio alfa alla sua femmina. Il paragone che la sua mente aveva fatto lo raccapricciava, perché si sentiva più un cucciolo indifeso che tentava inutilmente di ruggire ma fuori suonava più o meno come un miagolio.
Patetico!

“Dimmi Alex” disse Maya entrando, con grande nonchalance.
Tutto il suo tormento interiore, lei non sembrava averlo. Alessandro invidiava come, dopo la sfuriata in ufficio, fosse riuscita ad andare avanti come se nulla fosse; e se invece era tutta finzione, la invidiava doppiamente.
“Maya tu conosci Gianmaria Ludovisi?” le domandò, mentre la giovane restava in piedi di fianco a lui, impassibile.
“Dai Alex chi non lo conosce qui Roma” lo interruppe Elena “già solo il suo cognome …”
“Riformulo la domanda: conosci personalmente Gianmaria Ludovisi?”
“Abbastanza”
Ma lui la verità la sapeva bene: gliel’aveva raccontata una sera, a cena, quando seduti a tavola Alex le aveva domandato che fine avessero fatto i suoi quadri;
abbastanza era soltanto un modo modesto per dire che erano stati compagni di scuola ed era lui il responsabile della sua piccola collezione d’arte privata quando viveva ai Parioli.
“Abbiamo la nostra inviata”
“Come prego? Cosa significa inviata?” “COSA? SE STAI SCHERZANDO ALESSANDRO NON È DIVERTENTE” le due donne lo sovrastarono all’unisono con le loro domande.
“C’è una mostra in centro, Maya, ma il nostro esperto d’arte è in malattia e vorrei che lo sostituissi tu”
“Con tutto il rispetto Alex, ma dai un pezzo in mano ad una totale inesperta”
“Disse quella che voleva assegnare l’articolo ad uno studente a caso … e comunque Maya non è inesperta” “Che significa?” 
Alex sentì lo sguardo di Maya puntato su di sé e si sentì raggelare: gli occhi di Maya, anche se non osò incrociarli, erano di sicuro neri come la pece. Se avesse parlato degli articoli che aveva scritto, esponendola davanti a tutti senza il suo permesso, non gliel’avrebbe perdonato mai. Non doveva più fare un passo falso con lei.

“Che è in questa redazione da 5 anni, lavorando al fianco di tutti noi in maniera attenta e discreta e imparando molto più di quanto gliene diamo merito, e mi ci metto anche io. Mi sembra giusto offrirle questa opportunità. In più conosce il curatore della mostra e probabilmente anche tutti gli invitati, il che è un bel vantaggio”
“Si va beh”
Elena raccolse le sue cose dal tavolo indignata e fece per andare via. Era evidente che la sua stizza non era dovuta alla ragazza in sé ma ai due conti che la sua testa aveva elaborato in fretta.
“Maya farà l’articolo e tu le darai tutti le dritte del caso…se esci da quella porta prima della fine della riunione scordati l’homepage”

Alex sapeva tirare le corde come un burattinaio esperto. Si contavano sulle dita di una mano le volte in cui, in un anno, la sezione cultura otteneva la sezione principale della pagina iniziale del sito. Peggio capitava solo la sezione food di Lisa. E, tra le due, la competizione era serrata. Sempre e solo cinema, tv e jet set. Toglierle il suo piccolo momento di rivalsa, Alex lo sapeva bene, era un ricatto migliore delle minacce di licenziamento. La donna, con la coda tra le gambe, tornò a sedere, ma dentro ribolliva.
Maya, in tutto questo, stette in silenzio, come se la conversazione tra Elena e Alessandro non la riguardasse in prima persona. Era stata presa totalmente in contropiede: spalle al muro, non sapeva come uscirne. In primis, non si aspettava una notizia del genere: più e più volte Alex l’aveva spronata a scrivere e c’era persino riuscito con il reportage che avevano scritto insieme, ma pensava ormai che fosse un capitolo chiuso, specialmente dopo la loro rottura e con le dimissioni sulla sua scrivania; in secundis, non poteva credere che le avesse fatto una piazzata simile, davanti a mezza redazione, con tutti i pettegolezzi che avrebbe generato rendendole quegli ultimi giorni in ufficio un inferno.

Se ne andò dall’ufficio quando ormai la decisione era presa e lei non aveva avuto la forza di controbattere. Al ritorno di Alex in ufficio, però, a mente fredda e con le idee chiare, si fiondò da lui, chiudendo la porta alle sue spalle.
“Cos’era quella carnevalata?” sbraitò, sporgendosi sulla scrivania dell’uomo facendo forza sulle braccia. Era livida.
“Non è stata affatto una carnevalata”
“Prima non ho detto niente perché l’ultima cosa di cui il giornale ha bisogno è che tu perda credibilità di fronte ai tuoi collaboratori… ma non mi sembra di aver accettato la proposta”
Alex si alzò dalla poltrona e fece il giro della scrivania per portarsi di fronte a lei, la sua espressione comprensiva.
“Sai che l’ultima cosa che voglio è fare il capo cattivo con te Maya, non mi pare di averlo mai fatto e non comincerò di certo adesso, ma non ho mai detto che c’erano alternative. Non è una proposta, è un lavoro che ti è stato assegnato. Fino a prova contraria lavori ancora per me”
Senza rendersene conto, la vicinanza tra di loro si era fatta davvero esigua, ma a nessuno dei due dava fastidio. Purtroppo, pensò Maya.
“Sei un bastardo” sputò, seccata, guardandolo dritto negli occhi.
Fu costretta però a distogliere ben presto lo sguardo, voltandosi: i suoi occhi verdi, in quella mattina di sole, sembravano quasi azzurri. Azzurri come il mare di Santa Marinella la mattina di Pasqua, lucenti come gli occhi che la guardavano mentre le diceva ti amo. E le faceva male sostenerli: ma lui non doveva saperlo.
“Perché?” le chiese.
“Perché c’erano modi e modi. Invece mi hai fatto una piazzata di fronte a tutti… per poco non mi sputtanavi con la storia degli articoli e ora tutti penseranno quello che non devono pensare”
“Non è più un tuo problema: non stiamo più insieme e poi tu tra un po’ te ne vai …”
“È per questo, vero? Cos’è, una specie di vendetta?” domandò, sarcastica. Era uno stronzo egoista, e per il lavoro non guardava in faccia a nessuno, ma non poteva credere che potesse veramente arrivare a tanto.
“Non è come credi” sussurrò, deluso che potesse pensarlo capace di una cosa simile … era però comprensibile, dopo che si era comportato in quel modo con lei “non mi sta bene che te ne vada ma non posso costringerti a restare. È giusto però che tu abbia la possibilità di aprire i tuoi orizzonti ben oltre quello che hai fatto qui. Perché sai che puoi farlo … perché te lo meriti”

Alex azzardò allora una mossa: poggiò le sue mani lievemente sulla vita della giovane, approfittando della vicinanza e che, di spalle, sicuramente aveva la guardia abbassata. Maya, con sua enorme sorpresa, non fece una piega. Quel contatto, sebbene inaspettato, era mancato anche a lei.
“Non così però”
“Non mi avresti mai dato il permesso, e non dirmi di no”
Non poteva dirglielo: aveva ragione, ormai la conosceva fin troppo bene.
“E va bene, lo faccio” dichiarò, finalmente tornando a guardarlo in faccia; in fondo, avere sul curriculum un articolo scritto per Roma Glam, non importava quanto breve o insulso, poteva sempre fare comodo. “Ma perché l’ho deciso io, non perché mi hai obbligato tu”
Alex annuì, sorridendo soddisfatto. Mentre Maya lasciava il suo ufficio, l’uomo si lasciò andare ad una battuta, sottovoce “Te l’ho detto che ti avrei fregato prima o poi …”


Il pomeriggio Maya lo aveva passato con Elena la quale, incazzata per essere stata costretta ad abbozzare alle richieste – o per meglio dire gli ordini – di Alessandro, aveva trattato Maya con scontrosità e disprezzo; la giovane aveva provato in tutti modi a farle capire che era stata vittima di quell’imboscata di Bonelli, proprio come lei, ma invano. Ormai era stata schedata come una raccomandata e nulla avrebbe fatto cambiare idea alla giornalista. Grazie Alex.
A fine giornata, dopo essere passata a fare la spesa, aveva solo voglia di mettersi in tuta e fare HIIT, così da spazzare con la fatica dell’allenamento tutto quello che era successo e sfogare la sua rabbia nello sforzo fisico. Perdere fiato, sudare e farsi una lunga doccia le sembrava un ottimo piano per mandare via gli influssi negativi di quella giornata. Ma quando aveva caricato l’ascensore con la spesa, non avrebbe nemmeno lontanamente potuto immaginare cosa, o forse era meglio dire chi, avrebbe trovato sul pianerottolo di casa sua ad aspettarla.
"Signor Bonelli!" esclamò Maya, stupita di trovarselo di fronte appena uscita dall’ascensore.
Non sapeva come chiamarlo, ora, e di getto le venne più spontaneo tornare alle buone maniere e alla formalità di due estranei. Non gli avrebbe chiesto come aveva fatto ad entrare: se lo conosceva anche solo un po’ aveva sfruttato la sua conoscenza con gli altri inquilini del palazzo - con molta probabilità la Betti – e poteva figurarselo benissimo, appostato alla finestra di uno degli appartamenti, a sbirciare il suo ritorno.
"Signor Bonelli?!” proruppe l’uomo, bonariamente “oh, Maya, so' Cesare, che so' ste formalità?"
"Senta" disse, sbuffando, mentre tentava di aprire la porta di casa, ma più per il peso delle borse della spesa che per la seccatura di dover avere a che fare con il padre di Alex "se è venuto per dirmi che rivuole casa, sappia che non ho intenzione di muovermi da qui, pago regolarmente e il contratto non è scaduto, non mi può cacciare"
"Aridaje co' sto lei … e poi non sono qui per la casa. Che dici se mi fai entrare e parliamo un po'?! Non ti mangio, promesso" disse, mani in alto e sguardo innocente "e non ho microfoni addosso, sono qui di mia spontanea iniziativa"
Cesare aveva intuito perfettamente la ritrosia di Maya e l'unico modo per farla rilassare era presentarsi così com'era senza troppe smancerie o salamelecchi, parlando onestamente. Lui non era suo figlio, per fortuna, e Maya doveva sapere che lui era dalla sua parte; che questo avrebbe aiutato anche quel cretino patentato di Alessandro, era un altro paio di maniche.
Maya non disse niente: si limitò solo ad un cenno del capo e ad un sorrisetto sghembo. Era incredibile come gli uomini di quella famiglia, oltre alle loro entrate ad effetto, riuscissero sempre, in qualche modo, a fregarla. Cesare, grato per la fiducia che le stava accordando, la aiutò con le borse della spesa, mentre a lei lasciava il fusto del detersivo e la confezione dell'acqua.
C'era poco da fare, suo figlio l'aveva adocchiata bene. Era bella come la gioventù è bella, ma anche di più: la pelle bianchissima non aveva neanche una piccola imperfezione, i capelli, cresciuti dall’ultima volta che l’aveva vista, le cadevano morbidi sulle spalle con delle piccole onde naturali e poi c’erano le sue gambe lunghe che facevano il resto; eppure in quel momento la vedeva sfiorita, malinconica. E per quanto poteva avere avuto solo una giornata storta a lavoro, lui sapeva comunque a chi dare la colpa.
"Come stai cocca? Ti vedo un po' sbattuta" notò, entrando in casa e poggiando tutto a terra.
Maya poteva negarlo quanto voleva, ma che la chiamasse cocca era un pugno in pieno sterno la lasciava senza fiato ogni volta: suonava di casa. Era così personale per loro che si conoscevano così superficialmente, eppure non avrebbe voluto che la chiamasse in nessun altro modo.
"Tu che dici?" ribatté, riuscendo finalmente a dargli di nuovo del tu. Effettivamente Cesare non poteva pretendere che sprizzasse gioia da tutti i pori. Ma già solo che non l’avesse mandato via lo rincuorava e gli dava speranza.
Maya gli preparò un caffè, e mentre lui lo sorseggiava, ancora bollente, sistemava in frigo le cose più urgenti, al resto avrebbe pensato dopo.
"Allora, non giriamoci intorno che io non ci so fare co’ ste cose…" disse l'uomo, poggiando la tazzina e battendo la mano sul piano del tavolo dove l'aveva fatto accomodare, come ad invitare la giovane a sedergli accanto; Maya ubbidì, come una ragazzina che stava per ricevere una strigliata dal padre.
Nei modi era troppo uguale ad Alex, non poteva non volergli bene. E poi lui l'aveva accolta letteralmente a braccia aperte quando l'istinto gli avrebbe dovuto dire invece di scappare da quella situazione poco ortodossa.
"Almeno te me lo dici ch’è successo?"
Maya fece spallucce, passando la lingua tra i denti a bocca chiusa, come faceva sempre quando era nervosa.
"Cosa vuoi che ti dica … non ha funzionato, si vede che doveva andare così…"
Non era fatalista, non era niente in particolare, si era semplicemente arresa al corso degli eventi, nonostante certe volte quella vita a due - o meglio, la vita a due con Alex - le mancasse da morire.
"Senti, un po' te conosco e lo vedo che sei come me. Ora fai l'orgogliosa, ma si vede che te vuoi bene a mio figlio. O sbaglio?"
La guardava con gli occhi con cui si guarda una figlia e quello sguardo destabilizzava Maya, che non era più abituata a tanta sincerità e tanto affetto. Si girò verso la finestra, la mano a torturare una ciocca di capelli malcapitata. Abbassò lo sguardo e scosse la testa: no, non sbagliava
"Vedi…e lui vole bene a te" infierì Cesare.
A Maya scappò una risata amara, quasi un singulto.
"Forse lui mi vuole bene...ma non me lo deve solo dire. È questo il punto."
“Ma come fa a dimostrartelo se trova un muro di fronte?!”
Maya prese un grosso respiro, indispettita. Si alzò e tornò a sistemare la spesa in cucina: aveva bisogno di distrarsi per non rischiare di dire a Cesare cose di cui, alla fine, avrebbe potuto pentirsi. Però di una cosa era sicura: non c’era nessun muro da parte sua, solo una porta chiusa con la chiave nascosta da quale parte. Alex doveva solo trovare quella benedetta chiave ed entrare, ma purtroppo non poteva dargli alcun indizio perché in quel momento non sapeva nemmeno lei dove fosse.
“Alessandro m’ha detto che non vuoi più lavorà co’ lui …”
“Come potrei?” domandò la giovane, appoggiandosi al bancone dell’isola “Sono la sua assistente e non comunichiamo più, è diventata una situazione ridicola francamente. Credo che allontanarci a questo punto possa farci solo bene”
Lasciare il lavoro avrebbe permesso loro di ritrovarsi o li avrebbe allontanati per sempre, ma per Maya a quel punto non faceva differenza, pur ammettendo di preferire la prima ipotesi. Quel piccolo assaggio di vita insieme, che all’orizzonte aveva iniziato a mostrarle come avrebbe potuto essere una vita in famiglia, con i figli di lui e persino con un suocero come Cesare, era stato dolce e amaro al tempo stesso. Ma ora le importava molto di più uscire da quella tortura stagnante per entrambi.
“Lo capisco” affermò Cesare, alzandosi per andare via. Maya lo seguì verso l’ingresso. “Io lo so che sono cose vostre e nun me dovrei impiccià, anzi se mio figlio viene a sapere che so’ stato qui m’ammazza”
“Certo non lo verrà a sapere da me, stai tranquillo…” rispose Maya, ammiccante e complice.
Cesare sorrise, placido. Lui ci sperava davvero che le cose potessero risolversi; aveva preso in simpatia quella ragazza in men che non si dica, senza sapersi spiegare il perché, o forse sì.
“Na cosa però te la voglio dì” le confidò l’uomo, “la sera che ci siamo conosciuti m’avete ricordato tanto me e mia moglie … e io e Maria sono quasi 50 anni che se volemo bene”
Quello che lo aveva riportato indietro nel tempo era stata la limpidezza che i due riuscivano a far trasparire. Anna aveva descritto la situazione in cui Alessandro si era cacciato quasi fosse torbida ed illecita, ed invece aveva trovato due ragazzi – ai suoi occhi il suo Alessandro sarebbe rimasto sempre il suo ragazzo – per bene, persino impacciati di fronte a lui, che vivevano il bene che si volevano in maniera spontanea e genuina, che gli aveva ricordato i primi tempi del suo matrimonio, proprio tra quelle mura. Ma del resto, se Maya aveva conquistato la fiducia e la simpatia di Giulia, non poteva essere diversamente.
Sulla porta, mentre l’uomo usciva sul pianerottolo, Maya gli riservò uno sguardo malinconico, nonostante sul suo volto si fosse aperto, a fatica, un sorriso leggero.
“Mi dispiace per come sono andate le cose, Cesare, ma se ti va un caffè, la macchinetta è sempre pronta per te… o un gingerino magari, basta un colpo di telefono” gli disse, facendogli l’occhiolino e accennando, per la prima volta, ad una risatina; ormai, quella del gingerino, era diventata anche una battutina loro. Non se lo sapeva spiegare, ma erano bastate un paio di volte per trovare quasi un padre in quell’uomo e non lo voleva perdere.
“Diciamo allora che di tanto in tanto ci potrebbe essere qualche guasto da sistemare, che dici? Sennò poi pure mia moglie diventa gelosa … ciao bella!”
L’uomo se ne andò, scendendo le scale, lentamente, con fare mesto, come avesse detto addio all’amico di una vita, ma non così scoraggiato come era arrivato: certo la situazione era complessa, ma era più grigia che nera e forse, chissà, col tempo si sarebbe risolto tutto. E, se non fosse successo, almeno aveva guadagnato una inquilina affezionata che non gli avrebbe rifiutato una tazza di caffè ed un saluto.



 



Ciao a tutti! Questo capitolo per me è un'incognita, lascio a voi giudicarlo. A volte mi sembra non succeda un granché quando lo rileggo, altre mi pare una bomba. Una cosa è certa: i Bonelli sanno come fare le imboscate a Maya. Vi mando un saluto grande e vi ringrazio per le recensioni e le visualizzazioni, anche se questo mi sembra un periodo un po' "morto"..è colpa del caldo e dell'estare immagino. A presto, 
Fred ^_^
   
 
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