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Autore: Spark of Shadow    12/08/2022    1 recensioni
Dopo la Quarta Grande Guerra Ninja, il mondo è in pace.
Sono finiti i tempi in cui i villaggi si davano battaglia per prevalere l’uno sull’altro.
Ora si può guardare al futuro con più serenità, all’insegna della cooperazione e nel rispetto di ciascuno.
Vero?
Nei Paesi si sta spargendo la notizia.
Bambini stanno scomparendo da tutto il mondo ninja e riappaiono misteriosamente.
Nessuno riesce a trovare una spiegazione, nè un colpevole.
Quando ad essere rapita sarà una piccola Hyuga, saranno gli Shinobi di Konoha a dover intervenire.
Le domande sono queste:
Perché i bambini vengono rapiti?
Perché semplicemente riappaiono?
Chi si cela dietro a questo mistero?
Perchè quando Sasuke Uchiha vede Hinata Hyuga si sente come se il cielo gli sia caduto addosso?
Cosa succederà quando assieme ai loro compagni dovranno indagare sul sequestro di quei bambini?
Sasuke e Hinata.
Shikamaru e Temari.
Spark of Shadow
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke, Shikamaru/Temari
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
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Petrichor
Capitolo 11




 


Hana era una bambina molto tranquilla.
I suoi grandi occhioni bianchissimi continuavano a perlustrare ogni centimetro che potessero vedere e infatti era estremamente semplice trovarla con il Byakugan attivato e il nasino all’insù, mentre le grosse vene sollecitate incorniciavano lo sguardo curioso.

Dopo il rapimento, i genitori della piccola avevano deciso di non lasciarla allontanare per nessun motivo, tenendola sempre d’occhio e cercando sempre di lasciarla con persone fidate nel caso in cui non potessero adempiere loro stessi a questo compito.

Quel giorno però era diverso.
Hana non era stata l’unica bambina Hyuga ad essere rapita, ma era stata quella che era ricomparsa dopo più tempo.

L’Hokage aveva costantemente tenuto informati i genitori riguardo indagini e sviluppi, nei limiti del possibile, ed era riuscito a conquistare la loro fiducia con provvedimenti che aveva preso in merito.
Ed era, in qualche modo, riuscito a rassicurarli.

La bambina non capiva tutta la preoccupazione e tutta quell’ansia che però riusciva a percepire.

All’interno della casa, fortunatamente, l’argomento principale era infine cambiato; da un minuzioso rigore nei turni di guardia si era passati a parlare di un certo festival.
C’era molto interesse e la bambina era sempre più emozionata.

La sua attenzione, in quei giorni, era puntata soprattutto sui colori vivaci delle bandierine appese qua e là che scorgeva dalle finestre della villa quando si alzava in punta di piedi per poter arrivare al vetro. O qualche rara volta che era potuta uscire assieme ai genitori.

Aveva domandato più volte di poterle vedere da vicino, gioiosa e speranzosa.
“Sembrano dei pesciolini che nuotano”, aveva detto con occhi chiusi e un sorriso a denti da latte.
Ma la madre, con delle marcate e violacee occhiaie e gli occhi persi nel vuoto, a causa delle notti in bianco passate a sorvegliare la piccola nel lettino rosa in un ciclo di eterna e sfibrante ansia, era stanca e non aveva forze per accontentare la figlioletta.

La situazione cambiò quando una ragazza sulla ventina andò come suo solito a fare visita alla famigliola.
Hinata, da quando la piccola castana era riapparsa, continuava a visitarla assiduamente.
Non avendo potuto fare niente per aiutarla quando era sparita, era decisa a diventare una presenza serena per la madre, in evidente bisogno di riposo, e diventare per Hana qualcosa di simile ad una sorella maggiore.
Aveva deciso di provare ad essere d’aiuto, a fare qualcosa, qualsiasi cosa… Mettendo anche a tacere quella voce rimbombante nella scatola cranica che non voleva saperne di placarsi, che infilzandola con metaforiche dita sussurrava maliziosa all’orecchio parole affilate. “Non hai fatto abbastanza. Avresti potuto fare di più.”

Così la piccola, che era, tra le altre cose, molto furba per la sua età, prese la palla al balzo.
Hinata era una kunoichi. Hinata poteva proteggerla. Forse lei avrebbe potuto accompagnarla a vedere i pesciolini volanti.

La madre fece un po’ di resistenza. Aveva paura, ansia… come darle torto?
Però la figura dell’ex ereditiera, composta, sorridente e pregna di professionalità nel modo in cui prometteva che si sarebbe presa cura della piccola castana, riuscì ad abbattere le sue difese.
E infine cedette, acconsentendo, ma solo facendosi promettere dalla figlia che non si sarebbe mai e poi mai allontanata dalla donna e che avrebbe fatto tutto quello che le veniva detto.

E così Hana, dopo un potente cenno della testa in segno di assenso, poté finalmente uscire di casa e osservare da vicino tutta quella frenesia che aveva scorto attivando la sua poco allenata abilità oculare.

E mentre passeggiava mano nella mano della corvina si rese conto di quello che stava avvenendo.
Dopo aver visto le bandierine colorate e aver guardato un po’ in giro, Byakugan a volte attivato e a volte disattivato, Hinata notò che non erano le armi a incuriosirla; Hana era ancora troppo piccola per trovarle degne di attenzione.
Quello che voleva vedere era perché la gente sembrava così felice.

Non aveva ancora sei anni, c’erano tante cose che le sfuggivano, ma se qualcosa faceva sorridere così tanto le persone, voleva provarlo anche lei.

Come si poteva non adorare una bimba così?



 



Susumu osservò le strade di Konoha, infastidita da tutte le voci urlanti dei turisti e da tutti quei bambini che giocavano a fare i ninja, finendo per scontrarsi più volte contro le sue gambe, ormai sicuramente piene di ematomi, coperte solo da una leggera gonna color pesca.

Era la prima volta che metteva piede in questo villaggio e la donna ammise senza problemi che i sei volti che troneggiavano sulla pietra della montagna, incutevano un timore reverenziale così potente da scuoterle le membra stanche. Sei volti, tutti puntati su di lei, come se la seguissero, come se la giudicassero, come se le intimassero di tornare sui suoi passi.

Quegli stessi potenti volti vegliavano sul villaggio, felice più che mai.

Proveniva da una cittadina insignificante; non era nemmeno un villaggio ninja e quello spettacolo davanti ai suoi occhi, immenso e glorioso, le ricordò nuovamente quanto fosse fiera di essere scappata di casa, quella notte di tanti anni prima, allontanandosi dall’ombra di un futuro che sembrava già scritto per lei e che lei aveva rifiutato con tutte le sue forze.

Ma non aveva tempo, ora, di pensare al suo passato; il suo capo le aveva dato degli ordini precisi.
Era ora di mettersi al lavoro.



 



Dall’altra parte della scrivania, uno stuolo di uomini sulla cinquantina muniti di penne e di blocchetti per gli appunti aspettavano che l’Hatake parlasse, ruotando di tanto in tanto il polso della mano dominante per tenerla pronta a trascrivere ogni parola utile.

La conferenza stampa per l’inizio del M.i.a.n.t.a.s. aveva radunato giornalisti da tutto il paese. E non solo.

Ma la possibilità di parlare con un Kage in persona era chiaramente un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire parlando solo di eventi e armi.

-Sa, sono state fatte diverse ipotesi su chi possa essere il rapitore…- Un giornalista sistemò gli occhiali lungo il naso dritto.

-Cosa avete pensato?- Kakashi era parecchio annoiato. Era ovvio che si finisse a parlare di questo argomento, anche se avrebbe preferito che le domande vertessero solo sul meeting. Incontro per il quale questa intervista stava avendo luogo in primis.

-Gli anziani dei villaggi hanno pensato che potesse esserci dietro qualche simpatizzante di Madara.-

-Cosa c’entra Madara in tutto questo?- Portò le dita a pizzicare il ponte del naso.

-Sono solo ipotesi…-

E grazie tante. In quei pochi mesi, nessuno avuto altre informazioni. Per un periodo anche i rapimenti sembravano essersi fermati.
Il sospiro di sollievo, però, era stato tirato troppo presto.
I vari paesi stavano tacitamente attaccandosi.
E un altro bambino era scomparso.

A differenza delle altre volte, però, il bambino non era ancora riapparso.
E le ricerche continuavano.
E continuavano anche le preoccupazioni.

-In fondo ci sono voci ben peggiori…- L’uomo riportò il grigio alla realtà.

-Sarebbero?- sollevò un sopracciglio l’Hokage.

-Beh, mi è giunta voce che sia pensiero comune che l’ultimo Uchiha abbia di nuovo perso la ragione. E che abbia voluto continuare nella sua vendetta contro il mondo ninja.- Un brusio di assensi e uno contrastante di dissensi cominciò rapido a diffondersi.

Kakashi sospirò, stanco.

Per quanto tempo ancora quel teatrino sarebbe andato avanti?
Sasuke non era più una minaccia da un pezzo ed era evidente che fosse diventato un conveniente capro espiatorio.
Era facile, infondo, dare un volto e un nome a qualcosa di sconosciuto.
In un certo senso bloccava la paura.

Ma ormai era solo una nenia assordante e malata.
Continuare a indicare Sasuke come la causa di tutti i mali del mondo ninja non avrebbe risolto nulla.
Bisognava mettere un freno a tutto questo. Bisognava farlo in fretta.

-Sasuke Uchiha è in pace.- Si pronunciò fermo, sovrastando tutto il brusio e placandolo, zittendo finalmente tutto quello stupido e inutile parlottare. -Ed è un riconosciuto shinobi della Foglia. Perdonate, ma non posso accettare che vi siano ancora voci diffamatorie di questo genere sul suo conto.- Il tono continuava ad essere perentorio. Non doveva lasciare spazio ad ulteriori argomentazioni.

L’interlocutore rabbrividì.

Una donna un po’ curva e in un abito rosa lo guardò di sottecchi.

-Non sarà che avete paura che l’Uchiha sia di nuovo un pericolo? E che non accettiate che i vostri metodi di reintegrazione abbiano fallito?-

L’Hokage si stava spazientendo.

-Questa è un’accusa che non ho intenzione di tollerare. Sasuke Uchiha è stato sotto stretta sorveglianza per anni, proprio come i capi dei paesi hanno deciso. E dopo vigili e meticolosi controlli, si è riunito alla Foglia e ha combattuto sotto il suo nome e sotto la sua insegna.
Sasuke non è solo parte della Foglia, è parte di tutta l’alleanza ninja.-

Il brusio ricominciò a pervadere la stanza. Placare una voce era quasi sempre impossibile, soprattutto quando era condivisa dai più.
Ma tra tutte, una voce si alzò, con parole più cupe delle altre.

-Gli Uchiha sono pericolosi, nessuno li può fermare. E guarda caso è servito un altro Uchiha per fare quello.-

Grazie a Dio, Sasuke non era lì. Questo rimando a Itachi era un tipo di provocazione che davvero avrebbe potuto alterare ogni equilibrio.

-La questione Clan Uchiha è stata già discussa in passato. E comunque non vedo il nesso con la situazione odierna.-

Mentre qualcuno era già con la bocca aperta per parlare, l’Hatake decise di mettere a tacere una volta e per tutte questo dibattito.

-Siamo qui per parlare del M.i.a.n.t.a.s., se le vostre domande non sono attinenti a tale argomento non vedo il motivo per restare in questa sala.-

In qualche modo riuscì a convincere i giornalisti e finalmente si riuscì ad ottenere un po’ di ordine.



 



Kakashi ribolliva di rabbia.

Sasuke era, in fin dei conti, ingestibile.

L’unico motivo per cui non aveva timore di lui era che il ragazzo non era più interessato alla vendetta.
Ma sapeva benissimo che l’Uchiha era capace di atrocità indicibili. E come lo sapeva lui, lo sapevano tutti.

Quello che il mondo non sapeva era che il moro non avrebbe mai giocato con le abilità oculari degli altri.

Per lui erano un potere assoluto.

Era giusto studiarle. Importante conoscerle. Ma non ammissibile sfruttarle a proprio piacimento.
Come Danzo.
E Danzo aveva pagato per i suoi crimini proprio per mano di Sasuke.

Ma come spiegare una cosa del genere al mondo.
Chi gli avrebbe creduto?
Era semplice. Troppo semplice perché al mondo andasse bene.
Nessuno si sarebbe accontentato di sentirsi dire che Sasuke era estremamente rispettoso di quel tipo di potere.

E forse quell’idea di assolutezza e unicità si era impressa in lui ancora di più dopo Hinata.

Si massaggiò le tempie.

Perché questa cosa non sembrava arrivare da nessuna parte?

C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutta quella situazione.

-A cosa stai pensando?- Una voce roca lo riportò alla realtà.

-Sasuke…- L‘Hatake si rese conto di non averlo sentito entrare e storse la bocca in una smorfia celata dalla maschera.

Quello mugolò in risposta.

-Niente. Le interviste dovevano essere sul M.i.a.n.t.a.s., ma ovviamente si è finiti per parlare d’altro.-

Il moro non disse niente, limitandosi ad avvicinarsi alla finestra per guardare fuori.
Il brulicare della gente poteva risultare quasi rilassante.
Se non fosse che, come sempre, quando guardava una folla, era per vedere se in mezzo ci fosse lei.

-Ci sono delle teorie complottiste davvero assurde là fuori.-

Sasuke rimase immobile a guardare quelle onde di persone che sciabordavano per le strade.
In quel momento gli tornarono in mente le parole di Hinata sulle fantasie di quella bambina che avrebbe visto il fuoco come capelli.

-Fammi indovinare, Madara è risorto e gli Uchiha vogliono conquistare il mondo?- domandò sprezzante, ma senza un vero interesse.

E Kakashi non sapeva come dirgli che ci aveva azzeccato in pieno.

-La paura oscura la ragione, Sasuke. Riuscire a dare un nome e un volto all’ignoto può aiutare ad affrontarlo… anche se non è sempre la cosa giusta da fare…-

Prima che una risposta potesse essere data, bussarono alla porta con un suono cavo.

Shikamaru entrò in silenzio, salutando con un inchino l’Hatake, visibilmente esausto. Molto più che in battaglia.

-Quei giornalisti avevano una strana luce negli occhi dopo essere usciti da qui…- indicò con il pollice la porta alle sue spalle.

Il grigio sospirò, appoggiando la guancia sul palmo della mano.

-Come stavo dicendo a Sasuke, l’intervista doveva essere sull’apertura del meeting, ma come puoi ben immaginare i giornalisti si sono presi delle libertà.-

-Hanno fatto domande sui rapimenti?-

-Ovviamente. Oltre a quelle, però, hanno deciso di renderci partecipi di alcune teorie..-

Il Nara si sentì stanco solo a sentire quelle parole.

-Non ho nemmeno la voglia di immaginare…- Poi però puntò lo sguardo sull’Uchiha, in nero, appoggiato con la schiena alla parete, le braccia conserte e lo sguardo ancora perso oltre il vetro della finestra.

-Aspetti.-

-Già. Stanno circolando voci sul fatto che il colpevole sia Sasuke… tra le altre cose.-.

Il moro non sembró nemmeno sentire quel discorso, preso com’era nell’ammirare il genere umano al di sotto del palazzo.

-La gente non smetterà mai, vero?-

Il fatto che il caso Chuui Henka fosse ancora marchiato a fuoco nell’orgoglio dell’Hokage certo non aiutava a far sembrare Sasuke meno minaccioso.

-Posso fare qualcosa?- domandò il ragazzo, contrariamente alla sua accidiosa natura.

-No, Shikamaru… continua pure a supervisionare.-

Sasuke, fermo e imperturbabile, infine si girò verso il suo vecchio maestro con uno sguardo calmo, ma glaciale.

-Spero non sia necessario accertare se quelle teorie sono vere o false.-

L’Hatake voltò la testa verso di lui, con un’espressione in un certo senso apologetica.

-So bene che non sei stato tu, ma quello che mi hai detto sullo staccarti dalle missioni insieme ad Hinata mi ha lasciato parecchio perplesso.-

-Beh. Lei era lì a sorvegliarmi no?- L'Uchiha sembrava serio dando una risposta del genere.

-Sasuke…-

-Non a lei.- Lo interruppe, mentre le sue orbite si coloravano di rosso. -A lei non avrei mai fatto del male.- Il suo sguardo era diventato una lama affilata a quella velata accusa.
-Non osare mai più.- Mangekyou Sharingan brillante e scarlatto nella cornea del ragazzo.

La parola ingestibile risuonò tonante nella testa dell’uomo.

-Ricordo qualche vostro scontro però.- Sembrò fare mente locale.

-Era lei a chiedermi di allenarci se è questo che intendi.- Un istante di calore gli coprì il cuore.

La dolcezza di quei ricordi era tale da farlo sentire in pace con sè stesso, anche se solo per qualche momento, facendo placare la sorda rabbia che stava riaffiorando da dentro di lui.
Era la sua droga personale. Il ricordare.

-Povera Hinata…-

Il ragazzo lo osservò pacato. Lo Sharingan ormai disattivato nei suoi occhi.

Più informazioni si ottenevano, meno questa storia sembrava chiara.

Sasuke non ricordava Chuui Henka. Ma probabilmente, anche nel caso opposto, non avrebbe detto nulla.
No. Non avrebbe mai rivelato niente di quello che aveva vissuto e passato insieme ad Hinata.

-Non ho intenzione di dirti nulla di quei momenti, quindi non perdere tempo a domandare.-

Shikamaru se ne era rimasto zitto per tutto il tempo, preferendo evitare di entrare in quel discorso.
Ma alle parole dell’Uchiha, quello che Chuui Henka gli aveva rivelato cominciava ad avere un senso compiuto.

-Ad ogni modo.- Si schiarì la voce il grigio.
-Avrei preferito dirlo con anche Naruto presente, ma lo dirò a voi.- Sospirò. -Chiedo a te, Shikamaru, di riferire il tutto a Naruto.-

All’unisono, i due dall’altra parte della scrivania inarcarono un sopracciglio.

-Si tratta di un’informazione top secret. Nemmeno io dovrei esserne a conoscenza.- Strinse le mani intrecciate tra loro.
-Il paese della Terra ha attaccato un villaggio. Una fuga di informazioni ha fatto pensare che i rapitori si trovassero lì. La popolazione è stata decimata.-

-Cosa?- Shikamaru spalancò gli occhi, inorridito.

Sasuke non disse nulla.

-Il mondo è in preda al caos. Sono venuto a conoscenza di questo fatto solo per caso e nessuna notizia ancora si è diffusa.-

-Lo Tsuchikage non aveva alcuna intenzione di confrontarsi con gli altri Kage.- Notò Sasuke.

-Probabilmente non voleva coinvolgere le altre nazioni e scatenare un conflitto su larga scala.- Ragionò il Nara.

-Ma fatto questo attacco non si può più tornare indietro. Se qualcun altro dovesse scoprirlo…-

-Saremmo di nuovo in guerra.- Concluse preoccupato l’Hokage.



 



Per ordine di Kakashi, Shikamaru dovette spiegare la situazione a Naruto, ancora al fianco di Sakura e ancora alle prese con la sorveglianza delle strade.

Il Nara gli chiese di spostarsi e cercare una zona appartata per poter parlare liberamente e lontano da orecchie indiscrete.

L’Uzumaki si guardò intorno, domandandosi se allontanarsi fosse la scelta giusta.
Il fermento delle persone sembrava non placarsi mai.

Ma infondo era stato Shikamaru a chiederglielo.
Probabilmente aveva già calcolato ogni possibile rischio che si poteva correre.

Convinto, si avvicinò velocemente a Sakura, che si stava facendo aria con un depliant.
La avvertì che si sarebbe allontanato per qualche minuto e seguì lo stratega che indicava un angolo deserto poco distante, notando con la coda dell’occhio una donna, avvolta in una leggera gonna color pesca e gambe piene di ematomi, avvicinarsi allo stand dove si trovava la Rosa.









Auguro a tutti un buon SasuHina month!
Spark of Shadow.

 
  
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