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Autore: drisinil    13/08/2022    1 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4- Cinque punti
 

6 Ottobre 2012

Camminano fianco a fianco, a passo svelto verso il quartiere commerciale. Kei si è rifiutato anche solo di avvicinarsi alla moto.

«Ma è chibi-chan!» esclama Kuroo, indicando un manifesto attaccato a una vetrina. E' una foto di Hinata preso di spalle, all'apice dell'elevazione, subito prima di schiacciare. Un'idea di Yachi per la raccolta fondi trasferte del Karasuno. «Quando salta fa paura. Salta più di te?»

«No!» risponde Kei piccato. Che la differenza è di un solo centimetro, non lo dice.

Kuroo sorride. E' divertito, rilassato, sembra che niente al mondo possa toccarlo in profondità. Kei pagherebbe per sapere cosa gli passa per la testa. Pensa che debba essere rilassante vivere così, guardando alle cose senza sovrastrutture e senza neanche debolezze. Lanciandosi senza paura del vuoto.

«Entriamo qui» dice Kei, fermandosi davanti all'ingresso di una specie di caffetteria e aprendo la porta. E' il tipo di posto un po' fuori mano, di cui probabilmente il resto della squadra ignora l'esistenza. Yama lo conosce bene, a dire il vero, ma non ci viene mai da solo. E' il posto preferito di Kei.

«E' carino» commenta Kuroo. «Ti si addice.»

«E' un posto a caso» mente Kei, mentre si siede al suo solito tavolo, nell'angolo. «Dove è improbabile che incontriamo qualcuno che conosci.»

«Sarebbe un così gran problema?»

«Fanculo.»

«E' un sì?»

Per tutta risposta, Kei mette su le cuffie e sposta il viso di lato. Kuroo sorride di più, scorrendo col dito la lista del menù. Ordinano in fretta.

«Senti un po', Nekoma, non vorrai tornare indietro fino a Tokyo stasera?» chiede Kei, abbassando le cuffie intorno al collo.

«Non lo so ancora.»

«Sei più scemo di quanto pensassi.»

«Vuoi invitarmi da te? La tua stanza è enorme.»

«Crepa!»

La cameriera, che arriva in quel momento, sobbalza con il vassoio in mano. Kuroo ride.

«Non voglio infastidirti per davvero, Tsukk..ishima. Ho la moto apposta per tornare quando voglio.»

Kei alza le spalle, fingendo che non gliene importi. «Vedi di non schiantarti. Tokyo è troppo lontana per un funerale.»

«Significa che sei preoccupato per me?»

«Significa che guidare una moto otto ore nello stesso giorno è troppo stupido anche per la tua testa da carciofo.»

«Ho diciott'anni, ho il diritto di essere stupido.»

«Diciassette. Ancora per qualche settimana.»

Kuroo solleva lo sguardo dalla tazza. «Sono colpito» dice. E sembra lo sia veramente.

«Non ti esaltare. La tua data di nascita era su Monthly Volleyball e io ho un'ottima memoria. Scorso maggio: "Giovani promesse: I nuovi capitani" »

«E ti ricordi quella di Sawamura?»

«Impossibile dimenticarla: 31 dicembre.»

«E Bokuto?»

«20 settembre, me l'ha ripetuta settecento volte.»

E' proprio una cosa da lui. «Oikawa?»

Kei sospira. «Qualcosa verso fine luglio.»

«Daishou?»

«Chi è?»

«Nohebi.»

«Non ne ho idea.»

«Neanche io. Ushijima?»

«Era in copertina. Agosto?»

«Può essere, ma non ce lo vedo a soffiare sulle candeline. Noto con piacere che ti ricordi solo quelli veramente fighi» osserva Kuroo, passandosi la mano fra i capelli e ammiccando.

«Coglione.»

Kuroo ride. Ha ordinato un caffé nero e lo trangugia allegramente. Anche la sua posa è distesa: le gambe allungate, la schiena rilassata, il braccio sinistro poggiato sulla spalliera della sedia a fianco.

Kei è composto, ginocchia unite, gomiti sotto il bordo del tavolo, chiuso nel suo spazio personale che nessuno, nessuno deve invadere. Ha ordinato un tè nero, come sempre.

«Che altro prendi, di solito?»

«In che senso?»

«La cameriera. Ti ha chiesto "prendi il solito?" e tu hai risposto "solo il tè". Quindi che altro prendi di solito?»

«Un dolce alle fragole.»

«In ottobre?»

«Non l'ho preso, infatti. E comunque, a Tokyo non avete serre?»

«La roba coltivata in serra non sa di un cazzo, Tsukki. Ricordami di portarti a mangiare qualche fragola vera, quando vieni a Tokyo a trovarmi.»

«Tokyo, la patria dell'agricoltura tradizionale. Cosa ti fa supporre che verrò a Tokyo a trovarti, comunque?»

«Tokyo è piena di cose interessanti: il torneo nazionale, la Todai, il sottoscritto» Tetsurou conta rapido sulla dita. «Non c'è verso che tu possa evitare la capitale nel prossimo futuro.»

Kei scuote la testa e beve ancora un sorso. La Todai è fuori portata. Al momento anche il torneo nazionale. Il resto è da escludere.

«E tu cosa ordini di solito?»

Kuroo sorride. «Dopo cena? Questo. Caffé nero e sandwich con le uova. Ne vuoi un po'?»

Kei rifiuta con tanta convinzione che Kuroo tira il piatto verso di sé. Nel suo volto non c'è il minimo moto di delusione. E' allegro e sfacciato, come sempre.

«Perché non ti piace che ti chiamino Tsukki? E' carino.»

«Carino vallo a dire al tuo alzatore.»

Kuroo sorride: «Di' la verità, dai. Yama-coso è geloso? Gli hai concesso l'esclusiva?»

Kei alza gli occhi al cielo. «Tadashi mi chiama così da quando aveva sei anni. Non posso certo farlo smettere adesso.»

«Non mi piace chiamarti Tsukishima. Sembra il nome di un vecchio zio.»

«Non deve piacerti. Devi usarlo con parsimonia.»

«Parsimonia un corno. Posso chiamarti Kei?»

Certo. Fallo. Adesso. «Non se ne parla. Non so davvero perché me ne sto qui a farmi importunare da te.»

«Perché non vuoi che riprenda la moto subito.»

«Crepa.»

«E tre. A dieci vinco un premio?»

«Un calcio in culo.»

«A cento?»

«Non ti allargare.»

«Mi sto allargando?»

Si sta allargando. E a Kei piace che lo faccia. Anche a Kuroo piace allargarsi, piano piano, stiracchiando i confini della loro distanza.

«Come va il tuo muro?» chiede Kuroo, mordendo il sandwich con voluttà. «Buono» bofonchia masticando.

«E' spionaggio?» Kei si toglie dal collo la cuffia. Lo fa inconsapevolmente, se ne accorge solo quando vede la propria mano poggiarla sul tavolo.

«E' amicizia.»

Questa volta neanche Kei riesce a trattenere un sorrisetto. «Va meglio. Vorrei essere più veloce.»

«Di gambe o di cervello?»

«Entrambi.»

Kuroo ci riflette, con la tazza in mano. Mentre la solleva, Kei nota che la maglietta nera, che porta sotto la felpa slacciata, ha una luna crescente gialla disegnata sul fianco e la scritta Tsuki no Hikari, Moonlight.

«Bella, vero? Ti piace?» chiede Kuroo compiaciuto, contorcendosi per guardarsi il fianco.

Gli piace molto. E in fondo vorrebbe che non fosse una scelta casuale. «Fa differenza se mi piace o no?»

«Certo. Altrimenti non te l'avrei chiesto»

«Mi piace.»

Kuroo liscia il disegno con la mano e poi si appoggia con i gomiti sul tavolo, sporgendosi verso Kei. «Dimmi ancora del muro.»

«A volte sono troppo lento a reagire, per un muro in lettura. Però ultimamente sto cercando di lavorare sulla posizione a terra, per scattare. E sto anche cercando di guardare le cose da una prospettiva più ampia.»

Kuroo annuisce, Kei si aggiusta gli occhiali sul naso e prosegue: «Non serve bloccarle tutte, non è nemmeno possibile. In qualche caso, ti si ritorce contro. Ho preso non so quanti mani-e-fuori da quel mostro di Kageyama.»

«Sinceramente, non so se puoi riuscirci già adesso, ma dall'atteggiamento dello schiacciatore, dovresti poter intuire se sta cercando di portarti a un mani-e-fuori.»

«E se lo intuisco?»

«Allarghi le mani ed eviti il tocco. Nove su dieci andrà fuori comunque.»

Kei si spinge gli occhiali sull'arco nasale. Sta tentando di proiettare le parole di Kuroo sulla posizione di Kageyama, nel momento in cui carica il colpo. Gli sembra che il tempo a disposizione sia troppo poco per una valutazione e una reazione.

«Contro chi è la prossima partita?» domanda Kuroo, distogliendolo dalle sue proiezioni.

«Johzenji»

Kuroo storce le labbra, si gratta un lato del naso e poi scuote la testa «Non me li ricordo. Magari nei prossimi giorni mi informo e se mi viene in mente qualcosa ti chiamo. Però ascolta, in generale, cerca di tenere le braccia più in avanti e ben distese. E prova a rilassare un po' le spalle. Hai preso la brutta abitudine di saltare con i dorsali completamente contratti. Secondo me il più delle volte il problema non è tanto che sei in ritardo, quanto che non riesci a ruotare le braccia quel tanto che basterebbe per allargare il tuo raggio d'azione.»

Kuroo mima la posizione del muro, slittando indietro con la sedia. E poi ruota leggermente la spalla destra, aprendo di lato. «Capito?»

Kei annuisce con la testa, concentrato.

«E poi... » prosegue Kuroo, con il suo migliore sorrisetto sghembo, «col fisico che hai, puoi saltare molto, molto più di così, almeno dieci centimetri... devi farti un po' di gambe.»

Kei non gli offre la minima soddisfazione, ma ovviamente Kuroo ha ragione.

«Invece come tempismo e come lettura sei migliorato molto, sono sicuro che il tuo cervello non ha bisogno di andare più veloce. Mi è anche sembrato di intravedere delle tattiche a lungo termine, costruite durante tutta la partita. Una cosa interessante, che ti si addice molto» conclude Kuroo soddisfatto, come se fosse tutto merito suo.

Kei sente insinuarsi sottopelle il piacere per quella lode e lo nasconde sotto l'ennesimo sguardo sarcastico. «Che sbruffone. Praticamente non mi conosci. E non mi vedi giocare da due mesi.»

Kuroo risponde scuotendo il capo, con una serie di piccoli schiocchi delle labbra, dinieghi ripetuti. «Ho visto le partite di agosto. Tutte e due.»

Le sopracciglia di Kei schizzano così in alto che paiono voler superare la fronte. Lui era lì? A Sendai a vedere le partite del Karasuno?

«No, non c'ero. Le ho viste in video.» spiega Kuroo, con un'aria di malizia che gli fa brillare gli occhi. Evidentemente legge nel pensiero.

«Riprese da chi?»

«Lo vuoi sapere?»

«No, in effetti non me ne frega niente» mente Kei, spudoratamente.

Kuroo sorride. E' un intenditore di menzogne.

«C'è anche un'altra cosa che si vede benissimo da quei video. Una cosa che non ti piacerà per niente. Vuoi saperla?»

«Sei tu che vuoi dirmela.»

«Esatto. Perché è molto divertente guardare le falle che si aprono nella tua bella corazza.»

«Di che parli?» risponde Kei, che sta fingendo tutta la noncuranza e il disinteresse che non prova.

«Del fatto che non sei più così bravo a fingere di essere lì controvoglia, di sentirti superiore.»

«Dici un sacco di cazzate, Kuroo-senpai.»

«Inizia a bruciare parecchio la panchina sotto le chiappe, eh?»

«Crepa!» sibila Kei, mentre, in contemporanea, Kuroo segna con la mano il numero quattro.

Poi aggiunge il quinto dito: «E' solo un club...» recita con voce strascicata, facendo il verso al tono tagliente e irritante di Kei.

«Crepa!»

Il calore della risata di Kuroo riempie il silenzio. Anche quello dentro Kei.

 
   
 
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