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Autore: EleAB98    14/08/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo III – Abbiamo Tutti Un Blues Da Piangere



Solitamente, concentrarsi non era mai stato un grosso problema per Alex. Era sempre stato un ragazzo studioso e attento alla disciplina, sin dalla più tenera età. Aveva sempre dato il massimo nel campo dello studio, riuscendo a raggiungere quegli obiettivi che ormai da vent'anni facevano appello alla sua sacrosanta passione per la scrittura. Diventare responsabile della sezione Cronaca nera e Cultura di Massa non era stato affatto facile, ma con pazienza e, soprattutto, un gran bel pizzico di perseveranza, era riuscito a guadagnarsi stima e rispetto anche da parte dei "grandi" del settore. Malgrado la sua famiglia vantasse un bel numero di giornalisti, Alex aveva sempre cercato di crearsi da solo il proprio spazio e rendersi autonomo, evitando di cercare troppo aiuto dall'esterno. Nello specifico, senza la spinta di suo padre Giacomo, che da sempre vantava numerose conoscenze nel settore. 

Pur avendo lavorato nella sua agenzia come aspirante redattore durante le scuole superiori, al termine dell'università aveva deciso di portare avanti il progetto del genitore altrove, trasformando le sue passioni in un vero e proprio lavoro. Non era stato semplice, la gavetta era stata lunga e, per molti versi, davvero sfiancante. Eppure, non si era mai pentito della scelta. Come non si sarebbe mai pentito di aver sposato Marta, nonostante tutto. Lei, però... se ne sarebbe forse pentita, alla lunga?
Alex si sfilò la fede per un momento, del tutto incapace di rispondere a quella domanda. Rilesse l'incisione interna dell'anello e ne sfiorò i contorni con soave lentezza. Lei era stata la sua prima ragazza, il suo primo bacio, la sua prima volta. Il suo primo tutto.
E ora, non poteva ricompensarla come meritava.
Ripose la fede sull'anulare e tentò, invano, di concentrarsi sulla pagina bianca che aveva davanti da almeno mezz'ora, e che tale restava. Non riusciva proprio a riempirla, nemmeno con una delle tante frasi fatte che utilizzavano gli scrittori di romanzi. 

Alzò il capo. L'orologio da parete segnava le undici e trenta del mattino. Verso mezzogiorno, avrebbe consumato la solita pausa pranzo insieme a Gilberto, e, tra le altre cose, avrebbe dovuto fingere ancora una volta che tutto fosse normale.

Sospirò, toccandosi di sfuggita le guance perfettamente sbarbate. Aveva affrontato tante situazioni complicate nella sua vita, aveva ricevuto le più disparate batoste e cercato sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno. Questa volta, non vedeva né il bicchiere né, tantomeno, quel fatidico lato positivo di cui tanto si decanta l'esistenza quando tutto sembra andare tremendamente storto. Ormai, riusciva soltanto a specchiarsi e a pensare che non fosse un vero uomo. Riusciva soltanto a considerarsi un diverso, per quanto nella vita esistessero situazioni similari alle sue, se non del tutto identiche. Ancora una volta, precisamente la sera prima, la sua Marta aveva cercato un deciso contatto con lui non appena tornato dal lavoro; un contatto che era sfociato nel più triste dei finali. Lui si era trincerato nel silenzio, non assecondando nemmeno per un momento le sue carezze, che in altre circostanze gli avrebbero fatto perdere la testa; semplicemente se ne era discostato senza maturare il coraggio di guardarla o, quantomeno, chiederle scusa per il modo in cui si stava comportando. Sapeva di sbagliare, eppure non riusciva ad agire diversamente. Sapeva che col suo atteggiamento non sarebbe cambiato un bel nulla, eppure si ostinava a una chiusura pressoché totale. A malapena la salutava quando usciva da casa o rientrava dal lavoro, a malapena le rivolgeva uno di quegli sguardi che avevano sempre fatto breccia nel suo cuore. Si stava allontanando sempre più da lei. Inesorabilmente.

La sua mente ritornò seduta stante al momento più triste della sua vita. «Tieni, leggi pure», aveva biascicato rivolgendosi alla moglie, non mancando di fiondare il referto medico sul tavolino del salotto mentre aspirava a tutta forza un sigaro svizzero.

Marta gli aveva gettato un'occhiata contrariata. Di sicuro, vedere il marito fumare dentro casa – non si era mai azzardato a farlo prima di allora, chiaramente – non doveva essere stata grande fonte di piacere per lei. «Che... che cosa significa?» aveva ribattuto, cercando invano il suo sguardo.

Alex aveva spento il mozzicone con rabbia feroce. «C'è scritto proprio lì, a chiare lettere... io non posso...» le parole successive gli erano morte in gola. Avrebbe fatto troppo male pronunciarle.

Marta non aveva nemmeno replicato e si era limitata ad abbracciarlo con tutta la forza che aveva. Trattenersi dal piangere non era stato semplice, per nessuno dei due, ma d'altra parte Alex non si era azzardato a guardare negli occhi la moglie. Temeva che vi avrebbe visto un disprezzo malcelato, magari condito da una qualche carezza, o magari più dolore rispetto a quello che già stava provando lui. Dopo quell'abbraccio, si era allontanato da lei senza dire una parola e si era chiuso in camera da letto lottando contro il copioso flusso di lacrime che, alla fine, lo aveva vinto. E trascinato nella disperazione più profonda.

«Allora? Questo articolo? Dai, che sono troppo impaziente di leggerlo!»

Alex sbatté le palpebre, come se si fosse appena risvegliato da un sogno – o, nel suo caso specifico, un incubo terribile ma purtroppo reale. Spaventosamente vivido. «Oh, Gil! Buongiorno anche a te!» Gli regalò un falso sorriso e si alzò dalla scrivania. Si diedero entrambi una pacca sulla spalla. «Sbaglio o stamattina mi sembri particolarmente contento?»

«Non ti sbagli, in effetti», ribatté l'altro. «Sai, da quando ho avuto modo di riparlare col professor Ramondo, ho ripreso in mano qualche mio vecchio studio e credo che potrebbe essere bello presentarne uno in commissione per tentare l'ammissione al dottorato.»

Alex spalancò gli occhi. «Un dottorato? Caspita, il nostro Gil pensa in grande, eh?»

«Proprio così. Devo cercare di trarre il meglio da ogni situazione, anche da quelle che sembrano senza via di uscita. D'altronde, me l'hai sempre detto tu.»

L'altro si adombrò all'istante, ma fece di tutto per nascondere il fatto che non credesse più a quelle parole. «Certamente. E penso che rigettarti a capofitto nello studio potrebbe darti ulteriori stimoli. Al netto di tutto, il professor Ramondo è sempre stato uno dei capisaldi del giornalismo. Tutti, ma proprio tutti, lo stimavano. Certo, non è stato per niente carino il torto che ti ha fatto, ma sono felice che alla fine stiate ricucendo i rapporti. C'era molta stima tra voi due, la cosa è sempre stata palpabile a noi studenti. Non peraltro, durante le sue lezioni ti portava sempre come esempio. Eri il suo preferito, si vedeva lontano un miglio!»

Gilberto la prese sul ridere. «Ma dai! Ma cosa vai dicendo!»

«La verità, caro mio! Certo, poi ci si è messa in mezzo Clizia e lui chiaramente ha perso la bussola, ma sono felice che, in ogni caso, non abbia tramato completamente alle tue spalle come, invece, avrebbe fatto un qualsiasi altro uomo. Malgrado tutto, credo che si farà perdonare per bene, accompagnandoti passo per passo in questo percorso di dottorato.»

«Lo spero tanto, sì. Hai ragione, l'amore fa perdere la testa un po' a tutti. Io ne so qualcosa. Ho perso me stesso per inseguire una donna che non è mai stata mia. Comunque sia, posso capire che il mio ex professore, almeno in parte, temesse di parlarmi del suo sentimento per Clizia, perché credo che al suo posto, data la stima reciproca, avrei tentennato anch'io. Ma tornando a te... quando uscirà questo benedetto articolo sul caso Mozzi? Lo stiamo aspettando tutti da una vita!»

Alex si grattò la fronte. «Non lo so, in realtà. Di solito non ho problemi nel redigere un maxi-speciale in poche settimane, ma questa volta, be'... temo sia un pelino più complicato.»

Gilberto aggrottò le sopracciglia. Per Alex, scrivere era sempre stato semplice, come respirare. Non era da lui tergiversare in quel modo. «Qualcosa non va?» gli chiese, preoccupato. «C'è forse qualcosa che ti turba? Sai che puoi parlarmi di tutto, no?»

Ci sono una caterva di questioni che mi preoccupano. Il mio matrimonio sta andando in frantumi. Senza contare che non diventerò mai padre. E Marta non sarà mai la madre che ha sempre sognato di essere. Sono un fallito. Un completo fallito. «No, ma cosa vai a pensare... va tutto a meraviglia, Gil. Dico davvero», gli rispose, mettendo a tacere quei lugubri pensieri. «Sono solo un po' stressato, c'è molto lavoro ultimamente e non è sempre facile gestire tutto.»

Gilberto annuì, comprensivo. Non era poi troppo sicuro di credergli, ma per quella volta si sarebbe accontentato di non approfondire oltre. «Ti capisco, Alex. Ma vedrai che riuscirai a far fronte a tutti gli impegni e a uscirne indenne. Come sempre, d'altronde.»

«Già», rispose Alex in tono piatto, il cuore a pezzi. «Come sempre.»

Si avviarono entrambi verso la porta dell'ufficio, pronti a raggiungere il ristorante più vicino. Come sempre, Alex si dimenticò di richiuderla e una folata di vento proveniente dalla finestra sparpagliò ovunque la pila di fogli bianchi disposti ordinatamente sulla scrivania, creando un caotico groviglio che rassomigliava a quello del suo cuore, che però, a differenza di quei fogli, non era più in grado di volare alto anche se solo per un breve, fugace istante, tantomeno rispondere a stimoli esterni.

Dopo qualche istante, il cellulare di Alex squillò. Di sfuggita guardò il display, quindi rifiutò la chiamata.

Anche stavolta, la sua Marta poteva aspettare.

 

*

 

«Allora? Si può sapere perché non mi hai risposto al cellulare? Ti ho chiamato un sacco di volte.» Marta era a braccia incrociate appoggiata allo stipite della porta della camera da letto, mentre Alex si premurava di non spogliarsi davanti a lei come sempre soleva fare. Non appena l'aveva sentita entrare, si era riabbottonato all'istante la camicia bianca e si era voltato verso di lei, lo sguardo basso.

«Avevo molto da fare. Tutto qui.»

«Ti ho chiamato in pausa pranzo e in prossimità della fine del turno», ribatté lei, una cascata di boccoli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle, ricoperte da una camicia da notte leggera come il resto del suo corpo sinuoso e non meno affascinante, gli occhi azzurri che trasudavano rabbia, fastidio e altrettanta delusione. «Quindi dubito fortemente che avessi così tanto da fare.»

Alex sbuffò. «Ti ho già spiegato che non ho intenzione di parlare di quel referto. Adesso che conosci la verità, puoi benissimo prendere una decisione. Di qualunque tipo. Io non ti bloccherò di certo.»

Lei scosse la testa, sempre più scioccata. «Mi stai forse dicendo di trovarmi un altro uomo? Sei impazzito, per caso?»

Alex la guardò e non la guardò, la cravatta gettata alla bell'e meglio sulla sedia di vimini affiancata al comò.

«Tesoro», riprese lei, «lo vuoi capire o no che per me non potrà mai esserci nessun altro?» Ancora una volta, tentò di avvinarsi a lui per abbracciarlo, ma Alex la guardò duramente bloccandole con delicatezza i polsi.

«Questo lo pensi adesso. Ma alla lunga cercherai qualcun altro che possa renderti davvero felice. Una donna completa.»

«Questa è tutta la fiducia che nutri nei miei confronti? Perché ti ostini a non capire che non posso essere felice senza di te? Io sono già completa. E lo sono da quando ti ho conosciuto. Vorrei solo che ci parlassimo a cuore aperto. È chiedere troppo?»

Alex si mise a sedere sul letto, quindi prese a massaggiarsi le tempie. Aveva un cerchio alla testa e gli doleva terribilmente, tant'è che avrebbe solo voluto dormire. «Ti prego, non ho proprio voglia di discutere con te. Sono esausto.»

Lei incurvò le labbra in un sorriso amaro. «Fidati di me», riprese, avvicinandoglisi appena. «Non tenerti tutto dentro. Sono tua moglie. Ti ricordi cosa ci siamo promessi, no?» Si sedette di fianco a lui e gli prese la mano. «Nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia. Io non ti lascio, hai capito?»

Alex si lasciò riscaldare da quel contatto che per settimane aveva rifiutato. La mano di Marta era calda, accogliente. Sapeva di casa. Sapeva d'amore. Per qualche secondo, ricambiò quella carezza e sfiorò la sua fede con le dita. D'istinto, alzò lo sguardo e incontrò quello di Marta. Sorrideva appena.
Gli sfiorò la punta del naso, il suo fiato caldo s'infrangeva contro il suo viso. Alex si sentì in paradiso. Succedeva sempre con lei. Avvertiva sempre una magia speciale. Si avvicinò anche lui, bramando con tutte le sue forze di essere avvinto da lei.
Poi, però, l'oscurità prese di nuovo il sopravvento e si scostò dalla consorte.
No, non poteva lasciarsi andare. Marta meritava di meglio, ne era certo. Ma non aveva fatto i conti con il suo sentimento, che sembrava più forte che mai.

Marta nascose a stento la propria delusione. «Avanti, adesso sdraiati e dormi almeno un po'. Io ti raggiungo più tardi. Parleremo domani, okay?»
Gli diede un bacio veloce sulla guancia e uscì dalla stanza, mentre Alex si accasciò contro il cuscino.
Non appena chiuse gli occhi, una calda scia di lacrime gli rigò le guance.

Come avrebbe fatto ad accettare una simile realtà?

   
 
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