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Autore: Lartisteconfuse    18/08/2022    0 recensioni
Bakugou Katsuki si trasferisce in una cittadina e fa la conoscenza di Midoriya Izuku, Kirishima Eijirou e Todoroki Shouto. All'apparenza sembra tutto normale, ma più il tempo passa vicino ai tre ragazzi e soprattutto accanto a Izuku e più la sua realtà inizierà ad essere stravolta dai fantasmi di un lontano passato.
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Questa storia è una bakudeku e kiritodo
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Shouto Todoroki
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note: Salveee, mi dispiace che non riesco a pubblicare con frequenza, ma sono occupata e non riesco a mettermi a lavorare al pc per questa fic...o alle altre...mi dispice :((
Cooomunque appunto importante per questo capitolo e i prossimi:
Siamo nel passato, l'anno (e gli anni) usati sono a caso, nel senso mi serviva una periodizzazione, fine. Non so scrivere della fine dell'Ottocento, quindi nulla di ciò che ci sta qui è storicamente accurato, facciamo finta che sia un AU anche del nostro mondo va hahahha
Inoltre i genitori dei nostri tre boys preferiti non sono quelli canonici perchè quelli sono nel presente, sono altri, che non avranno nome, uso il cognome e via.
Dopo tutto ciò, buona lettura!



4 Aprile 1893
 
Era una fresca mattinata di inizio aprile e nel giardino di casa Bakugou, Todoroki Shouto stava passeggiando tranquillamente, beandosi di quell’aria piacevole che gli accarezzava il viso. Era arrivato vicino al cancello della proprietà e non si era accorto che dalla parte opposta delle sbarre c’era Kirishima Eijirou, che lo stava osservando con attenzione.
Shouto si sentì osservato, anche perché era impossibile ignorare a lungo lo sguardo con cui Ejirou lo stava fissando. Quando i suoi occhi si posarono sulla figura al di là del cancello, sobbalzò ed Eijirou da parte sua non si scompose.
Shouto guardò attentamente lo sconosciuto per capire chi fosse: sembrava essere un suo coetaneo e lo guardava con un sorrisetto divertito. Gli occhi, nascosti dai capelli scuri troppo lunghi e scompigliati, erano rossi; era vestito con abiti semplici, un po’ rattoppati alla bella e meglio, indossava una casacca bianca con sopra una giacca marrone e i pantaloni sempre marroni arrivavano al ginocchio.
“Chi siete?” domandò il ragazzo con tono insicuro.
“Un principe” fu la risposta divertita dell’altro.
Shouto capì che quello sconosciuto lo stava solo prendendo in giro e ribatté con tono sarcastico: “Un principe nascosto dagli stracci?”
“Un damerino come te è certo che può aggirarsi da solo così lontano da casa?” Aveva cambiato argomento, notò Shouto e sorrise quasi vittorioso. “Ma io sono a casa.”
“Con una casa così, non si può mai sapere chi entra.” Dopo queste parole Eijirou afferrò le sbarre di ferro del cancello e puntò i piedi sulla struttura per tirarsi su. Con agilità scavalcò dalla parte opposta e atterrò sul sentiero davanti a Shouto.
“Cosa fate? Allontanatevi!” esclamò il ragazzo spaventato e facendo qualche passo indietro.
“Io non me ne andrò fin quando voi non avrete fatto qualcosa per me” rispose duro il ragazzo.
“Se non ve ne andate tra cinque secondi chiamerò le guardie.”
“Se voi urlate, poi non avrete nessuno da cui tornare.”
Shouto rimase pietrificato dalle parole di quello sconosciuto. Cosa intendeva dire? Fece ancora qualche passo indietro, mentre l’altro rimaneva fermo ad osservarlo, tranquillo.
“Cosa vuoi?” domandò il ragazzo, sperando di aver mantenuto un tono di voce abbastanza fermo.
“Parlarti.”
Shouto non ribatté subito e lo fissò, sempre guardingo. “Parlarmi?” disse sarcastico, “vuoi parlarmi, però minacci la mia famiglia.”
“Mi chiamo Kirishima Eijirou” disse il ragazzo ignorandolo.
“Kirishima?” mormorò Shouto. Aveva la sensazione di conoscere quel nome. Anche Eijirou notò l’espressione pensierosa del ragazzo e per questo annuì. “Esatto, hai già sentito questo nome vero?”
“Sei…sei il figlio di Kirishima Mei?”
Eijirou annuì, “esattamente.”
“Cosa vuoi?” ripetè a quel punto il giovane.
“Vorrei che tu chiedessi al conte Bakugou di riassumerla.”
“Come? Non lo farà mai!” esclamò Shouto. “Tua madre ha rubato, non possiamo riassumerla.”
Improvvisamente, con uno scatto fulmineo Eijirou si trovò immediatamente davanti al ragazzo, che riuscì a indietreggiare di poco, prima che lui gli afferrasse un braccio attirandolo verso di sé. “Stammi a sentire” mormorò, assottigliando gli occhi, “mia madre non ha fatto niente, quindi tu andrai dal conte e gli dirai che Kirishima Mei è innocente e deve essere riassunta.”
Shouto mosse il braccio per liberarsi dalla presa del giovane, ma Eijirou era più forte di lui e determinato e non lo lasciò andare. “Cosa ti fa pensare che lui accetti?” domandò con sfida. “Tua madre non ha detto nulla per discolparsi e il conte Bakugou non è uno di quelli con cui si può ragionare.”
“Ma tu ci riuscirai” ribatté Eijirou sorridendo serafico. “O vedrai questa casa andare giù mattone dopo mattone, bruciata dalle fiamme.”
Shouto aprì la bocca, sconvolto. “Tu sei pazzo.”
Aveva paura. Shouto non aveva problemi ad ammetterlo. Il solo pensiero che la famiglia che lo aveva accolto e trattato come un figlio da quando era piccolo potesse essere minacciata in quel modo lo spaventava.
“Diamine, sono entrato nel tuo giardino scavalcando un cancello, disarmato e solo, me lo chiedi anche?”
“Cosa…” Shouto provò a replicare, troppo confuso da quello strano tipo che gli aveva chiesto l’impossibile, ma non potè dire altro perché una voce conosciuta li raggiunse. “Ei tu!”. Entrambi si voltarono per trovarsi davanti un ragazzo biondo, dall’espressione minacciosa e pronta allo scontro.

***

Katsuki e Izuku se ne stavano comodamente sdraiati sul letto del primo, nella sua camera, al sicuro da occhi e orecchie indiscrete. Entrambi avevano perso le giacche e le scarpe da qualche parte del pavimento.
Kastuki, sopra Izuku, era intento a baciare il collo del ragazzo sotto di lui, mentre questo affondava le dita nei suoi morbidi capelli biondi. Un sospiro diverso dai soliti di piacere arrivò alle orecchie di Bakugou, che si ritrasse dall’incavo della spalla di Izuku per poterlo guardare negli occhi. Rosso e verde si incontrarono; i primi erano interrogativi, mentre gli altri due malinconici e cercavano di sviare lo sguardo penetrante di Katsuki.
Izuku fece per girare il volto dall’altra parte, ma Katsuki lo afferrò con delicatezza per il mento e lo riportò a incrociare il suo sguardo. “Cosa c’è?” sussurrò.
“Niente” mormorò l’altro in risposta, provando poi a liberarsi dalla stretta del ragazzo sopra di lui. Katsuki lo lasciò fare e si allontanò, cadendo a sedere al lato di Izuku. “Se sospiri come hai fatto prima qualcosa c’è” disse.
Izuku si tirò su a sedere per stare allo stesso livello del ragazzo e sospirò nuovamente. “Ecco, questo intendevo” disse Katsuki con un lieve sorriso per tentare di smorzare la situazione. Anche Izuku non riuscì a trattenere un piccolo sorriso e guardò con dolcezza quel ragazzo che gli aveva rubato il cuore.
“Allora, mi dici cosa turba quella tua testolina?” Katsuki dette una piccola botta sulla testa di Izuku infilando la mano in quei riccioli verdi con cui adorava giocare.
Izuku prese un grande respiro e poi lasciò l’aria uscire completamente dai suoi polmoni, dando voce ai pensieri che lo attanagliavano. “Mi chiedo per quanto ancora durerà tutto questo.”
“Izu…”
“Io…io non so se sono capace di continuare così…nascondermi da tutto e tutti. Avere costantemente la paura di essere scoperti dalle nostre famiglie. Ho paura di quello che potrebbe accaderci se i nostri genitori ci scoprissero.”
Katsuki avvertì la solita fitta allo stomaco che sentiva ogni volta che pensava alla possibilità che il padre, un giorno, entrasse nella sua stanza e lo scoprisse in gesti poco consoni con Izuku, un ragazzo, il figlio del suo migliore amico.
Erano passati già alcuni anni da quando i due si erano accorti di provare qualcosa l’uno per l’altro, ma erano ancora troppo piccoli per potersene rendere conto davvero. Katsuki aveva appena compiuto quindici anni e Izuku ne aveva ancora quattordici. Erano cresciuti praticamente insieme, dovuto al fatto che le famiglie erano vicine di casa e molto amici, soprattutto i due capofamiglia. Izuku ammirava Katsuki, che lo iniziava a tutti i nuovi giochi e lo aiutava con lo studio e questa ammirazione poi si era trasformata in affetto e infine amore. Quando Katsuki si era reso conto di provare qualcosa per l’altro, per lui fu come un fulmine a ciel sereno. Sapeva che non doveva provare quei sentimenti per Izuku, un maschio, nonché suo migliore amico e non sapeva da chi andare per chiedere spiegazione o consigli. Shouto, che considerava come un fratello, non era il tipo adatto, era un tipo sbadato e fin troppo sincero e non volendo avrebbe potuto rivelare tutto a qualcuno, soprattutto a suo padre, per cui Shouto provava un grande rispetto. Così, per almeno per due anni, Katsuki e Izuku avevano continuato la loro amicizia con i forti sentimenti che si tenevano dentro, ignari che l’altro provasse lo stesso. Alla fine, il primo passo lo aveva fatto Izuku. Il timido ragazzino di sedici anni, durante una giornata di studio in biblioteca, approfittò del fatto che il precettore si fosse allontanato per avvicinarsi all’amico e senza indugiare troppo gli aveva stampato un bacio sulle labbra.
Katsuki se lo era guardato come se fosse una creatura mai vista prima e infine, mentre Izuku si stava corrodendo dall’interno per l’ansia, Bakugou aveva esalato solo: “Anche tu?” e poi erano scoppiati entrambi a ridere sollevati di quella scoperta.
Da quel giorno avevano cominciato a vedersi in segreto, si nascondevano da qualche parte per potersi toccare, baciare, come nessuno avrebbe mai potuto permettere ai due giovani, ma il dubbio e la paura erano sempre con loro, dentro di loro e spesso li sommergevano. Anche quel giorno i dubbi non erano da meno e Izuku li aveva appena messi allo scoperto, rompendo la pace che i due stavano vivendo.
“Izu ho paura anche io” concluse Katsuki, “ma io non voglio lasciarti solo per poi sposare una ragazza qualunque che non mi renderebbe mai felice. Tu mi rendi felice. Tu, solo tu.” Gli prese le mani e se le portò alle labbra, baciando le nocche con delicatezza. Izuku si morse il labbro inferiore per non far cadere le lacrime che gli stavano riempiendo gli occhi.
“E tu sei la mia felicità, ma…prima o poi…” si interruppe, per prendere un respiro e riuscire a parlare, “prima o poi tuo padre ti chiederà di trovarti una moglie. L’ho sentito dire a mio padre che stava già vedendo qualche ragazza di buona famiglia per Shouto. Tu sei il suo erede, pensi che non ti farà una richiesta del genere tra poco? Hai diciassette anni ormai.”
La situazione di Izuku, nonostante avesse la stessa età di Katsuki era leggermente diversa. Suo padre gli aveva promesso che aveva tempo di poter fare come voleva fino ai vent’anni, ma il suo amico non era dello stesso avviso con il figlio.
Katsuki sorrise sornione e Izuku lo guardò confuso. “Lo so, papà me ne ha già parlato.”
“Cosa?!” esclamò Midoriya liberandosi dalla stretta dell’altro e allontanandosi da lui. “E tu che gli hai detto?”
Katsuki fece spallucce. “Gli ho detto che avrei iniziato a vedere.”
“Ma…” Katsuki raggiunse Izuku e gli poggiò le mani sulle spalle. “Ei, gli ho detto solo quello che voleva sentirsi dire” Gli dette un bacio sulla guancia e poi continuò: “E sto già pensando a un piano per scappare.”
“Scappare?”
Katsuki annuì. “Andremo via, scapperemo e potremo vivere la nostra vita come più ci piace.”
“Kacchan c’è un piccolo problema…” Il biondo lo guardò interrogativo. “I soldi,” proseguì Izuku, “come vuoi vivere sennò?”
“Tranquillo, ho già iniziato a provvedere.” Katsuki si chinò nuovamente verso Izuku e questa volta lo baciò sulle labbra, lentamente. Quando si staccarono, Katsuki si spostò leggermente e permise a Izuku di vedere il giardino fuori dalla finestra. Dalla camera di Bakugou si aveva una perfetta visuale dell’ingresso della proprietà e se si aguzzava bene la vista si potevano vedere due figure. Una era sicuramente Shouto ma l’altra, che si trovava dalla parte opposta del cancello aveva solo un’aria familiare.
“Ehm, Kacchan?” chiamò Izuku.
“Sì?”
“Chi è quello?” domandò il ragazzo indicando lo sconosciuto. Katsuki si voltò e assottigliò gli occhi per vedere meglio. Dal modo in cui si muoveva e gesticolava lo riconobbe immediatamente. “Cosa cavolo ci fa Kirishima EIjirou lì? E quello è Shouto?” Si avvicinò alla finestra e vide che il fratello stava chiaramente discutendo con Kirishima.
“Andiamo” e fece cenno a Izuku di seguirlo.

***

“Kirishima, che ci fai qui?” domandò Katsuki non appena si fu messo accanto al fratello che lo guardò interrogativo. “T-tu, tu lo conosci?”
Shouto era confuso. Suo fratello conosceva quel tizio?
“Certo. Kirishima Eijirou.”
“Grazie, questo lo so anche io…”
Eijirou, dalla sua postazione vicino al cancello, guardò Bakugou con sguardo imperturbabile, ma quando vide uscire anche Midoriya Izuku le sue labbra si aprirono in un ghigno.
“Salute a voi cari Izuku e Katsuki, interrotto qualcosa?” domandò il ragazzo con tono leggero, tranquillo.
Si godè le facce dei tre davanti a lui. Shouto era confuso all’inverosimile e si voltò verso il fratello chiedendo con un movimento delle sopracciglia spiegazioni, ma Katsuki era girato verso Izuku che aveva le guance completamente rosse dall’imbarazzo.
Katsuki dal canto suo strinse le mani a pugno e riportò l’attenzione su Eijirou. “Kirishima perché sei qui? Voglio una spiegazione o chiamerò le guardie.”
Eijirou aveva già un piede sul cancello. “Te lo racconterà il tuo fratellino, io ora devo andare, non posso sprecare altro tempo qui” finì con tono sprezzante. E in poche mosse riuscì a scavalcare il cancello e ad atterrare dall’altra parte con facilità. “Ci si vede Shouto e ricorda, saprò se hai fallito.”
Shouto gli lanciò un’occhiata che se avesse potuto avrebbe sparato fuoco, ma il ragazzo era già andato via.
“Shouto, potrei avere una spiegazione?”
“Vuole che chieda a tuo padre di riassumere Kirishima Mei. In caso contrario ha minacciato di incendiare la casa.” Il fratello sbatté le palpebre e aprì varie volte la bocca non sapendo cosa dire. “Aspetta, aspetta, aspetta” esclamò, iniziando a gesticolare.
Izuku era rimasto più indietro rispetto ai due fratelli, ma vedendo come il ragazzo si stava agitando gli si mise al fianco e senza farsi vedere da Shouto, gli posò una mano sulla schiena. A quel tocco, Katsuki prese un profondo respiro e poi riprese con più calma. “Quando Kirishima Mei è stata licenziata?”
Shouto lo guardò stranito. “Katsuki, ma esisti dentro questa casa? Sono giorni che i tuoi genitori ne stanno parlando.”
Katsuki aprì la bocca, ma anche stavolta non gli venne in mente nulla di sensato da dire e la richiuse con uno sbuffo. “Davvero non sai nulla?” riprese Shouto. “O mio dio!” esclamò la ragazzo.
“Qualche mese fa, mese chiariamoci, tua madre ha scoperto che le mancavano dei gioielli. Mi pare fosse la collana di diamanti della nonna e gli orecchini di perla.” Mentre Shouto era impegnato a ricordarsi con esattezza i gioielli rubati, Izuku sentì che Katsuki si irrigidiva e aveva iniziato a perdere colore, ma il ragazzo non fiatò e Izuku rimase in silenzio.
“La signora Kirishima si occupa della camera dei nostri genitori e così le accuse sono andate facilmente su di lei, poi tu lo sai come è fatta tua madre: arriva alle sue conclusioni e non accetta cambi di opinione. Fatto sta che tuo padre l’ha licenziata, la signora Kirishima non ha detto nulla per discolparsi e se ne è andata in silenzio. Ora suo figlio è venuto qui e vuole che tuo padre la riassuma! Io dico, è pazzo!”
“M-ma, i gioielli…sono stati ritrovati?”
Shouto scosse la testa. “Per questo penso che sia ancora più impossibile che venga ascoltata. Non cambieranno idea e non so proprio che fare. Quello ci butta giù la casa!” Shouto si stava agitando, aveva preso a parlare veloce e a gesticolare e continuava ad indicare la casa con una mano, mentre l’altra era tra i capelli.
“Non capisco perché abbia voluto parlare con te” mormorò in risposta Katsuki. Con quelle parole Bakugou ottenne due paia di occhi che lo guardavano confusi.
“Insomma, perché non con me” disse poi, “sono io l’erede…”
“Non ne ho idea, avrà delle idee tutte sue.”
Katsuki e Izuku non lo stavano ascoltando ormai. Il primo era troppo preso dai suoi pensieri, mentre l’altro era occupato a capire cosa preoccupasse il primo. Insomma ognuno stava nel suo piccolo mondo.
Mentre i tre ragazzi discutevano del problema che Eijirou aveva scatenato, il ragazzo se ne stava tornando nella sua zona della cittadina, vicino al porto. Le case da ricche ville si tramutavano sempre di più in basse dimore e catapecchie e i cittadini dai vestiti eleganti furono sostituiti da quelli con indosso stracci, rammendi e bambini scalzi che correvano felici per i vicoli sporchi.
“Ei Eijirou, dove vai di bello?” Una ragazza dai lunghi capelli neri era appena uscita dalla taverna che Eijirou aveva superato giusto in quel momento. Il corpetto le stringeva il seno in maniera esagerata, rendendo la scollatura poco consona a una normale ragazza di vent’anni.
“A casa Yuuna” sospirò Eijirou, infilando le mani nelle tasche. Sperò che la ragazza capisse, ma questa non accennava a muoversi. Yuuna si appoggiò al muro del vicolo e allungò le braccia per afferrare la giacca di Eijirou, tirando il ragazzo verso di sé. “Ti vedo preoccupato, forse hai bisogno di uno svago…” mormorò all’orecchio del giovane, mentre la mano destra aveva abbandonato la giacca per scendere con lentezza verso il cavallo dei pantaloni. A quel tocco, Eijirou si staccò dalla ragazza. “Oggi no, un’altra volta magari” le disse prima di riprendere il cammino.
“È quello che mi hai detto negli ultimi mesi Eiji! Il mio letto sente la tua mancanza!” Eijirou scosse la testa mentre dietro sentiva la risata di Yuuna e poi la sua voce provocante riservata a un altro uomo di passaggio.
“Eiji sei a casa!” esclamò una vocina da dietro la porta, non appena il ragazzo fu entrato dentro la piccola casetta in cui viveva con la famiglia.
Una bambina di cinque anni gli corse incontro e lui la prese al volo, facendola ruotare e beandosi della risata felice. “Ecco la mia principessa!” esclamò, “come si sta oggi?”
“Mamma ha fatto il pane e Kali si è alzata dal letto!”
“Ma questo è fantastico! E Hiiro?”
“Hiiro è uscito.” Eijirou annuì e mise giù la bambina. Insieme si diressero verso la piccola cucina dove la madre stava tagliando qualche verdura per la solita zuppa della sera. Mei alzò la testa e sorrise vedendo entrare il figlio.
“Mamma io vado da Kali” esclamò la piccola ed uscì in fretta senza aspettare che Mei rispondesse. “Oggi Akio era così felice che Kali si fosse alzata dal letto. Non le smette di girarle intorno.”
“Spero che questo non la stanchi” mormorò Eijirou per non farsi sentire.
Mei sospirò. “Già, questa febbre non ci voleva.”
“Mamma…”
Mei poggiò il coltello sul tavolo e dette le spalle al figlio. “Per favore Ei, non ricominciare.”
“Perché non hai detto nulla ai Bakugou?” ribatté lo stesso il ragazzo. “Non sei stata tu a rubare quei gioielli, anche perché sennò a quest’ora non staremmo con una dodicenne malata e sempre la solita zuppa per cena. Cavolo, magari non vivremmo nemmeno in questa topaia,” commentò acido.
“Eijirou!” esclamò la madre. “Non vedere mai il furto come una via di fuga.”
“Non lo vedo mamma,” ribatté esasperato il figlio, “ma almeno se dobbiamo esserne accusati, preferirei che fosse vero e ne avessimo un beneficio.”
Mei non rispose ed Eijirou la scrutò con attenzione. La donna aveva l’aria stanca, ma sfidava chiunque a ritrovarsi senza lavoro con tre figli piccoli a cui badare e uno soltanto che riesce a portare qualche soldo a casa.
“Voglio solo la verità…” mormorò Eijioru alla fine.
“Ho promesso di non dirla” rispose Mei.
“Nemmeno a me? Sono tuo figlio!”
“Sì, un figlio dalla testa calda e impulsivo.”
“Ma cosa c’entra?”
“C’entra e adesso vai a salutare Kali.” Detto questo Mei aveva chiuso la discussione e il suono del coltello che riprendeva a tagliare il cavolo con forza sbattendo sul legno fece capire al ragazzo che non doveva insistere, ma non si sarebbe arreso.
La risata di Akio arrivava dalla stanzetta che tutti loro condividevano e sul letto matrimoniale trovò le due sorelle che ridevano e giocavano con le bambole di pezza. A quella visione Ejirou sorrise, ricordandosi di quanto erano state felici le due bambine nel ricevere quelle bambole dal padre. Furono il suo ultimo regalo prima di morire.
Il signor Kirishima era un uomo rispettabile, buono e un padre magnifico per i suoi figli. La sua vita era stata stroncata una notte di due anni prima e da quel momento la vita della famiglia non era stata più la stessa. Mei aveva subito dovuto cercarsi un lavoro e fortunatamente lo trovò dai Bakugou, guadagnando una bella paga per mantenere i figli. Ma i soldi non bastavano ed Eijirou, il figlio più grande, allora quindicenne, si mise a cercare lavoro, trovandolo in una panetteria dove ancora lavorava.
Kali a soli dieci anni doveva occuparsi dei fratelli più piccoli, non avendo nessun altro che potesse badare a loro mentre la madre e il fratello maggiore lavoravano. Akio era ancora molto piccola, ma fortunatamente in soccorso di Kali c’era Hiiro, il fratellino di allora sei anni che fin da piccolo aveva mostrato un animo calmo e sveglio. Tutti nella famiglia cercavano di aiutarsi per andare avanti, ma quando Mei aveva perso il lavoro, le cose non erano più andate avanti così facilmente. Mei non riusciva a trovare un impiego ed Eijioru aveva cercato un posto per Kali, che si era offerta di mettersi a lavorare, ma riuscì a trovare lavoro dopo un mese in una sartoria, ma quello dopo ancora si era ammalata e così la paga andò perduta.
Eijirou era ossessionato dal motivo per cui Mei si rifiutava di confessare la verità e fin da subito aveva iniziato a pensare a un modo per convincere Todoroki Shouto ad ascoltarlo. Aveva scartato l’erede dei Bakugou perché aveva paura che fosse come il padre, essendo lui il suo erede, mentre Shouto gli aveva sempre trasmesso una sorta di fiducia
Ma l’impresa era stata ardua e non sempre aveva avuto modo di seguire i Bakugou e cogliere l’occasione per avvicinarsi, con il lavoro e i fratelli a casa.
Ma quel giorno ci era riuscito e ora toccava al ragazzo e alle sue doti di persuasione a convincere il signor Bakugou.
   
 
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