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Autore: Martin Eden    21/08/2022    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo anni di latitanza, mi è venuta voglia di tornare su questo Fandom, che ho tanto amato...e lo faccio con una vecchia storia LOTR che ho ripreso in mano ultimamente, dopo aver rivisto i film della trilogia de Lo Hobbit...mi è venuta voglia!
Scommetto che molti di voi, come me si sono posti questa domanda: ma Legolas e Aragorn dove si saranno conosciuti?! :D
Questa fanfiction cercherà di dare una risposta...allora voi leggete e commentate! :)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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Aragorn

 

Il tempo era diventato, per me, un concetto relativo.

Il sole era salito e tramontato parecchie volte, le stagioni si erano susseguite veloci e incessanti: almeno tre primavere erano passate dall’ultima volta che avevo visto Legolas.

Mi ero avventurato nella Terra-di-Mezzo, riconoscendola passo dopo passo, per quel poco che avevo potuto viverla prima di trasferirmi nel Beleriand. Tutto mi appariva più come un’epifania, nonostante conservassi alcuni ricordi della forma delle montagne e delle piane.

Mi ero messo in cammino animato dalla voglia di ritrovare Gollum, quella fetida creatura. Avevo scandagliato ogni fessura tra le rocce, le radure e le sponde dei fiumi e dei laghi, e ora iniziavo con il bosco.

Dopo che Gandalf mi aveva spiegato tutta la sua storia, avevamo deciso di dividerci, sperando di fare più in fretta. In particolare, Gandalf era rimasto a vagare nel nord, mentre Legolas aveva probabilmente proseguito verso Est, ovvero casa sua. Ma a sud, dove nessun Elfo osava addentrarsi, specialmente dopo che Thranduil aveva perentoriamente proibito a chiunque dei suoi di appropinquarsi a Dol Guldur, mi ero recato solo.

In quella terra senza ormai più un nome non esistevano sentieri, né antichi cippi: tutto era abbandonato a se stesso, coperto di rovi e infangato di tracce, così aggrovigliate tra loro che era difficile distinguerle. Nessuna però corrispondeva all’immagine che io avevo di Gollum; nessuna portava il suo odore.

Mi sentivo un incapace. Quell’essere non era leggiadro come un elfo, né altrettanto intelligente. Come potevo lasciarmelo sfuggire così?

C’era qualcosa che non mi tornava. Qualcosa di incredibilmente fuori dalle mie corde.

Poi, d’improvviso, capii.

Dovevo ragionare con la sua testa.

Una creatura in fuga, spaventata dalla sua stessa ombra, come avrebbe potuto affrontare l’incognita di un paesaggio sconosciuto?

Prima di tutto, si sarebbe mosso di notte, non visto, insalutato ospite. Poi si sarebbe mosso lasciandosi guidare da un insano intuito, verso terre che non avevano mai visto rispecchiata la sua faccia.

Non avevo la più pallida idea di che cosa potesse passargli per la testa, ma se volevo un vantaggio su quella ignobile creatura, avrei dovuto adattarmi a quella condizione, sperando in cambio dello sforzo mi fosse concesso qualche suggerimento.

Così mi misi nei suoi panni. Cominciai a dormire di giorno per stare sveglio al chiaro di luna e gattonare come un bambino che si appresta a conoscere il mondo secondo una diversa prospettiva. La visione delle cose si ribaltava, così come il mio corpo quando era troppo stanco di quella farsa. Ma io insistevo, perché sentivo che era l’unica via per avvicinarsi a lui. Non fu per niente facile, soprattutto doverlo fare per più notti di fila. Non ero più abituato a simili esercitazioni.

Dopo una settimana, mi sembrava di aver mutato pelle: ero diventato una di quelle anime notturne, imparentate con la malvagità di Morgoth, le stesse che tanto veneravano le tenebre. Il sole quasi mi dava fastidio. Non mi piacevano più né il suo calore e i suoi colori: preferivo il crepuscolo e i suoni che con esso si risvegliavano.

Mi immaginai che fosse questa la sensazione che doveva accompagnare Gollum nelle sue scorribande, se tali si potevano definire. Ero sulla buona strada.

Infatti, come se fossero trasudate dal terreno stesso, ecco che finalmente riuscivo a intravedere le sue tracce. Miracolo! Mi buttai a capofitto, cercando di non confonderle. A dire il vero, ora parevano fin troppo riconoscibili, con quella curiosa forma dei piedi, come non ne avevo mai viste prima. Per fortuna Gandalf aveva saputo descrivermele accuratamente.

Erano le orme di qualcosa di innaturale.

Le tracce mi condussero a un piccolo villaggio sul limitare della foresta, dove scovai qualche altra informazione interessante.

I vecchi del paese, raccontandosela davanti a un bicchiere di vino, parlavano di uno strano essere che da un po' di tempo aveva fama di rapire i bambini nel bosco, presso una grotta che da tenero ricetto per amanti, era era ormai definita da tutti come maledetta. Questa leggenda derivava dal fatto che ultimamente a diversi giovani era capitato di scontrarsi con un mostriciattolo (definirlo uomo sarebbe stato troppo), che aveva tentato di derubarli. Qualche bambino era effettivamente sparito, per essere ritrovato morto in fondo a una scarpata o dentro a una trappola per animali selvatici.

Il tutto mi parve decisamente rilevante. Stetti ad ascoltare ora qui ora là, presso l’osteria del paese e tra i banchi di mercato in mezzo alla piazza, senza mai fare domande, ma tendendo l'orecchio. Di solito intercettavo le chiacchiere verso sera, quando mi trovavo pronto per il mio giro di perlustrazione.

La mia presenza non era passata inosservata. Nonostante mi impegnassi notevolmente a mescolarmi tra la gente, una volta tramontato il sole erano pochi gli uomini che rimanevano in piedi. Così la mia figura balzò inevitabilmente all’occhio, soprattutto delle sentinelle.

Strinsi amicizia con un paio di loro, per non destare ulteriori sospetti. Poco alla volta venni a sapere più dettagli riguardo a quella complicata storia e potei fare domande: per esempio, dove si trovava questa grotta alquanto scandalosa.

A quella richiesta, i miei nuovi amici mi guardarono storto, forse perchè la proposi con troppo sprezzo del pericolo, mentre loro nutrivano un autentico timore. Me la indicarono senza storie, ma bisbigliarono alle mie spalle qualcosa che non mi piacque.

Del resto, ero il secondo straniero piombato in quel villaggio in tempi non troppo gai.

Non era molto lontana. Nottetempo mi avvicinai a quel luogo in punta di piedi, confondendomi tra i cespugli, finché trovai un punto di osservazione dignitoso.

Non troppo distante dall’imboccatura della grotta, era perfetto durante le ore di luna piena, come quelle che stavo vivendo, poiché grazie a quella luce ero in grado di vedere un po’ più in là all’interno dell’antro. Ero sicuro che prima o poi qualcosa sarebbe successo, se non quella notte, almeno nelle notti successive.

Poi scorsi un timido agnello passeggiare beato nei pressi della piccola caverna. Brucava l’erba tranquillamente, senza nemmeno guardarsi intorno.

Doveva esser stato perduto da qualche pastore della zona. Trattenni il fiato.

Sulle prime pensai di catturarlo, per riportarlo al villaggio dal legittimo proprietario, e magari farmi qualche altro amico che mi fornisse informazioni per la mia ricerca. Senza un aiuto, era come cercare un ago nel pagliaio, e io non avevo tutto il tempo del mondo per portare a termine quella missione. Già l’ansia mi premeva sulle spalle, schiacciate da obiettivi altissimi.

Per ricevere, avrei dovuto anche dare: una moneta di scambio era necessaria. Così come appariva imprescindibile, in alternativa, avere qualcosa da mettere sotto i denti durante quelle lunghe notti.

Fu solo un particolare, che mi trattenne.

Il mio istinto mi disse che quell'agnello poteva rappresentare anche un'ottima esca per la mia caccia. Qualcun altro, oltre a me, poteva aver fame, in quel momento. Forse era in cerca di cibo.

Forse era vicino. Così lasciai là l’ovino, senza staccargli gli occhi di dosso neanche per un attimo. Avevo solo cambiato postazione, per non permettergli di fiutarmi.

Passò almeno un’ora. L'agnello se ne stava sempre lì, per nulla turbato dalla mia presenza o da quella di chicchessia. Pascolava l’erba beato, belando di tanto in tanto senza allontanarsi.

Restare fermo per così tanto tempo non fu per niente facile per me, abituato a muovermi per non lasciarmi mai scoprire. Più restavo immobile, più il sonno mi assediava da ogni parte, per non dire la noia. Senza qualcosa che mi tenesse attivo, rischiavo di fallire per aver socchiuso le palpebre una volta di troppo.

Si alzò una fredda brezza. Mi strinsi di più nei vestiti e mi sistemai meglio all’interno del mio nascondiglio. Avevo i muscoli tesi, senza che vi fosse tuttavia una vera ragione per cui tenderli.

Ma io sapevo che il vento avrebbe potuto cambiare da un momento all’altro.

D'un tratto, l’agnello alzò la piccola testa, come se avesse sentito un rumore. Io non avevo udito nulla, ma mi fidavo dell’intuizione fatale di quella preda. Infatti, la vidi indietreggiare e cominciare a tremare, come se un’ombra malvagia si fosse allungata improvvisamente su di lui.

Nell’oscuro volto della grotta, notai un fuggevole movimento. Uno scintillio di occhi affamati.

Fu molto veloce. In un lampo, una figura magra e quasi nuda saltò addosso all'agnello, affondando i denti nelle tenere carni del suo collo e spezzandoglielo con un potente schiocco tra le mani arcuate. Una forza malefica si era impadronita di quel lembo di carne e il sangue già macchiava la terra, prima che io potessi realizzare quello che era davvero successo.

Era lui. Lo sapevo senza nemmeno bisogno di vederlo nitidamente. Era la persona che stavo cercando.

La voglia di balzare fuori dai cespugli e piombargli addosso fu grande, ma ebbi la prontezza per frenarmi. Non era mia convenienza. Piuttosto, mi ritirai dalle frasche in silenzio e cominciai a strisciare in direzione della grotta, avvicinandomi ma mantenendo la mia presenza nell'oscurità. I miei occhi ormai abituati alla flebile luce di luna e stelle mi permettevano di indovinare facilmente le sagome dei dintorni.

Dopo pochi, felpati passi, gli fui alle spalle. Gollum stava divorando l'agnello, crudo, come un animale. Come un predatore. Troppo intento nel mestiere, non si curava di guardarsi attorno, anche perchè nessuno avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi a uno spettacolo così agghiacciante, dopo tutte le storie che si erano costruite attorno a lui.

Ero certo, però, che quell’essere tenesse sempre un orecchio teso, e non era escluso avesse già udito qualche mio respiro sbagliato. Eppure banchettava senza requie, non troppo spaventato.

Dovevo approfittare del fatto che non si fosse ancora ritirato nella grotta: ormai ero a pochi passi. Non afferrai il coltello, né tanto meno la spada: mi servivano le mani libere.

Notai un guizzo della sua testa calva, come se avesse annusato qualcosa nell'aria. Forse si era già accorto di me.

Non esitai oltre.

In un attimo, gli balzai addosso. Affondai una mano nella carcassa dell'agnello, sprizzando sangue ovunque, e un'altra mano l’avevo sulla viscida pelle di Gollum, sulla sua nuca.

Lui mollò immediatamente la presa sulla lauta cena e le sue unghie mi morsero i polsi, mentre io lo cingevo con le gambe e gli passavo un braccio intorno alla gola.

Quella piccola creatura si rivelò piuttosto forzuta. Cominciò a dimenarsi come un pesce, sbilanciandomi. Quello che credevo un lavoro alla mia portata, scoprii che non lo era affatto. In quattro e quattr'otto mi ritrovai atterrato, con Gollum che cercava di sfuggirmi a qualsiasi costo, grugnendo, sputando e mordendo.

Ero più grosso e più alto di lui, per non dire più robusto, ma quella creatura mi stava dando non poco filo da torcere, colpendo nei miei punti deboli: gli occhi, il basso ventre, ovunque potesse arrivare.

Fui costretto ad tirarmi indietro, senza mollare la presa attorno al suo collo, sperando di mozzargli il respiro affinchè si calmasse almeno un po'. Tentò di affondare i gomiti nelle mie costole, ma riuscii ad evitarlo per un pelo.

Avevo della corda per legarlo, nella bisaccia, ma non sarei mai riuscito a prenderla se non lo avessi prima reso inoffensivo, almeno temporaneamente.

Non mi accorsi che attraverso quei gesti convulsi ci avvicinavamo sempre di più a una pozza d’acqua poco discosta dall’ingresso della grotta. Un'ultima spinta e mi ritrovai con la testa sotto la superficie – era freddissima – e il repentino cambio di ambiente in fondo mi sorprese. Mollai la presa.

Appena si sentì libero, Gollum fece per scappare. Io lo afferrai per un piede e lo tirai giù, spingendogli la testa sotto l’acqua, rischiando di farlo affogare. La presa sulla sua pelle si fece ancora più scivolosa, ma io mi impegnai a tenerlo stretto. Non dovevo dimenticare, poi, di evitare di farlo morire nello scontro.

Aveva ancora molte cose da dirmi. Mi serviva vivo.

Lottammo per qualche altro minuto, ringhiando e sputando nel fango. Lui tentò di arpionarmi per ributtarmi la testa sott’acqua; io gli sferrai due pugni nello stomaco ed ebbi la meglio, visto che lui era quasi pelle e ossa. Approfittai del suo dolore e della sua distrazione per afferrarlo di nuovo.

Mi girai prono, trascinandomelo dietro. I miei piedi erano ben saldi per terra e finalmente ero riuscito ad emergere dall'acqua, mentre Gollum giaceva sotto di me.

Bloccai le sue gambe tra le mie, gli tirai su la testa per fargli prendere un po’ d’aria e poi lo ricacciai giù:

- Se non vuoi morire, sarà meglio che ti arrendi ora!– gridai, non pensavo così forte.

Poco più in là, gli occhi vitrei dell'agnello morto ci fissavano senza espressione.

Gollum alzò improvvisamente le mani e smise di dimenarsi. Probabilmente lo scontro o la fame l'avevano fiaccato, senza contare che vedevo sempre meno bolle comparire sulla superficie della pozzanghera, segno che il suo respiro si era quasi estinto. Attesi ancora qualche momento, prima di farlo respirare.

Lo sbattei sul terreno, decisamente sconfitto. Prima che potesse anche solo realizzare quello che era successo, avevo tratto la corda dalla bisaccia e gliel’avevo passata attorno ai polsi, poi intorno al collo, in modo che ogni movimento dei suoi arti contribuisse a mozzargli il fiato in gola. Ogni tentativo di fuga, con quel cappio, non sarebbe apparso più un obiettivo appetibile.

Ero bagnato fradicio, ma felice. Tutto sommato, dopo giorni e giorni di inseguimenti, finalmente l’avevo trovato e catturato.

- Ebbene, adesso te la dovrai vedere con me.- lo minacciai – Ho qualche domanda da farti.-

Ancora taceva. Anzi: non diceva parole sensate, ma piangeva. Assolutamente, piangeva come un bambino preso a sculacciate. Sotto i miei occhi per nulla inteneriti, tentava di liberarsi e poi si fermava, tentava e poi si ri-fermava, quando sentiva che la corda rischiava di strozzarlo.

Doveva essere molto provato.

Non mi era concesso riposo per accontentare quella creatura. Lo costrinsi a sollevarsi sulle gambe lunghe e magre, tenendolo per il torace. Quello cercava di buttarsi a terra per ostacolarmi, ma con un calcio diretto negli stinchi gli feci cambiare idea.

- Andiamo – lo spronai – Ci hai già fatto perdere fin troppo tempo.-

Nella notte ancora alta, lo trascinai via.







***N.d.A
Ritorniamo per un po' al fianco del nostro prode Aragorn (non vi eravate dimenticati di lui, vero?!)! Dopo un po' di tempo lo ritroviamo nell'azione: dopo anni di vuote ricerche, finalmente ha scovato Gollum!
Un altro tassello entra quindi nel puzzle dei nostri amici. Tutti loro forse non sanno esattamente cosa stanno facendo, ma nel disegno divino ognuno ha un ruolo, finchè la Storia non vedrà degna conclusione (così come la conosciamo nel Signore degli Anelli ^^). A volte non è facile ragionare al contrario, cioè facendo finta di non conoscere certi dettagli, dopo che li hai ormai imparati a memoria XD Ma il bello della scrittura è anche questo: rimettersi sempre in gioco!
Alla prossima mossa!


 

  
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