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Autore: oscuro_errante    21/08/2022    4 recensioni
[What If: A Star Trek Series // L'Esplorazione del Quadrante Gamma] Il Tenente Comandante Jadzia Dax è devastata in seguito agli eventi narrati in Riuniti, durante i quali incontra il nuovo ospite del simbionte Kahn, la dottoressa Lenara Kahn, innamorandosi nuovamente di lei, rimanendo però delusa dalla decisione presa dalla donna. Qualche giorno dopo, parlando con un giovane ufficiale della U.S.S. Europa, scopre che la dottoressa Kahn è tornata su Deep Space Nine...
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Benjamin Sisko, Jadzia Dax, Julian Bashir, Kira Nerys
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'What If: A Star Trek Series'
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A bordo dell’Hikawa Maru la situazione sembrava essere drammaticamente peggiorata: il lampo di luce che aveva squarciato momentaneamente il buio pressante della sala mensa aveva depositato a bordo del trasporto un gruppo di Breen mascherati, armi pronte in mano e torce a illuminare l’ambiente.
Il bambino ktariano era sempre stretto al padre, mentre la scienziata Trill era riuscita ad avvicinarsi quel tanto che bastava alla coppia per poter appoggiare una mano sulla schiena del giovane, in un estremo e, probabilmente, vano tentativo di rassicurarlo ulteriormente. Nel momento in cui gli assalitori erano comparsi, armi puntate, l’uomo non aveva esitato ad allontanare il figlio da sé, frapponendosi tra lui e i Breen, chiaramente intendendo proteggerlo a qualsiasi costo: era ovvio che non desiderava in alcun modo che il figlio finisse preso di mira nel caso le cose fossero degenerate.

Cogliendo con la coda dell’occhio il movimento, uno degli assalitori gesticolò con la propria arma e, sempre dietro la maschera caratteristica della Confederazione Breen, ordinò: «Che nessuno si muova!» mentre, al contempo, dava ordine agli altri soldati di sparpagliarsi, con l’obiettivo di trovare la strada più veloce per raggiungere il ponte di comando.
Proprio in quel momento, tutti gli sguardi furono inevitabilmente attratti dal rumore caratteristico di un secondo teletrasporto, questa volta di matrice strettamente federale, che depositò poco lontano dagli assalitori un gruppo di sei individui in uniformi della Flotta Stellare, anch’essi armati e pronti a far fuoco.

Mentre uno dei nuovi arrivati indossava la divisa caratteristica della sezione medico-scientifica, gli altri cinque indossavano il rosso e il giallo relativi ai reparti di comando e operativo-tattico, anche se non ci furono molte altre possibilità di identificare ulteriori dettagli: non appena fu chiara alle due parti la presenza del nemico, il caos eruppe, serpeggiando soprattutto tra i passeggeri, i quali reagirono mossi dalla disperazione, cercando di mettersi fuori portata dall’immediato scontro a fuoco che ne conseguì.
Alcuni colpi impazzirono, raggiungendo la folla e trovando bersagli tra i civili: sotto gli occhi del giovane ktariano, suo padre morì nel disperato tentativo di proteggerlo, senza un gemito o un suono se non per un tonfo sordo sul pavimento, quando il suo corpo cadde a terra in seguito a un colpo vagante.

Nonostante i tentativi di uno dei suoi colleghi di fermarla e di tenerla al sicuro, Lenara non poté fare a meno di avvicinarsi al bambino e di stringerlo a sé, proteggendolo come aveva appena fatto suo padre; gli istanti successivi procedettero a una velocità così elevata che nessuno poté dire cosa fosse successo.

*

Nel buio interrotto dalle torce militari, e nel silenzio che era seguito al breve ma sanguinoso scontro tra Breen e Federazione, tutto pareva innaturalmente immobile. Il Tenente Ferrari, con il fucile phaser tenuto saldamente tra le mani e in posizione di attacco, era ancora tutto un fascio di nervi, pronta a scattare al minimo segnale di pericolo.
Sia la Dottoressa Pulaski che il Capo Cartier si erano messi immediatamente a lavoro non appena gli scontri erano terminati, con i tre addetti alla sicurezza distribuiti attorno a loro per garantire protezione da eventuali problemi non ancora concretizzatisi.
Nell'oscurità, solo le luci poste sulle armi e le torce fissate ai polsi davano un minimo di illuminazione all'ambiente circostante, permettendo alla squadra di muoversi con un po' più di facilità. Ciononostante Ferrari sperava ardentemente che Cartier fosse in grado di ripristinare quanto prima il sistema di illuminazione: oltre ad aiutare fortemente la squadra, avrebbe anche permesso ai civili a bordo di calmarsi una volta per tutte.

Una voce sottile e tesa giunse alle orecchie di Ferrari, proveniente da pochi metri dalla donna. Il Tenente si guardò con molta attenzione attorno, voltandosi su sé stessa, fendendo l’oscurità con la luce fissata al polso, fino a trovare la fonte della voce: un bambino, Ktariano a giudicare dalle creste caratteristiche della specie collocate tra gli occhi, a malapena individuabile, accovacciato com’era sotto una massa informe di corpi, ancora indistinguibili l’uno dall’altro nonostante il fascio di luce puntato su di essi..
Lentamente, spostando qualche tavolo e qualche sedia della mensa, Ferrari gli si avvicinò, cercando di non spaventare anche le altre persone in cui si imbateva..

Poco prima di raggiungere il bambino, le luci della nave si riattivarono quasi all’improvviso, un successo immediatamente seguito dal fischio di soddisfazione proveniente da Cartier, la quale subito dopo concentrò la propria attenzione al feed di rapporto dei danni che la console di fronte a lei stava mostrando. Dopo aver scambiato due parole veloci con Ferrari, l’ingegnere contattò l’Europa per farsi inviare del personale aggiuntivo, che le avrebbe permesso di gestire meglio le riparazioni e di far riprendere al trasporto passeggeri il prima possibile la propria rotta.
Girandosi e riprendendo, questa volta con più agilità, a camminare verso il bambino, Ferrari individuò la Dottoressa Pulaski, assistita da uno degli uomini della sicurezza, impegnata a occuparsi di un paio di alieni che non sembravano aver subito più di qualche graffio e livido, dovuti principalmente all’essere stati urtati, durante l’attacco Breen, da qualche paratia crollata dal soffitto.

Quando finalmente raggiunse lo ktariano, la situazione che le si presentò davanti la colpì in tutta la sua forza e in tutta la sua tragicità, in quanto il bambino si ritrovava tra l’inginocchiato e il rannicchiato vicino a una donna Trill (se le macchie visibili ai lati del volto erano indicative) ferita, pallidissima e quasi sul punto di svenire - solamente i tentativi di un suo connazionale, piuttosto giovane per gli standard Trill e somigliantissimo alla donna, sembravano riuscire a tenerla semi cosciente - e a quello di un altro ktariano, questa volta chiaramente morto, probabilmente a causa di un colpo che lo aveva centrato in pieno petto. Il Trill sanguinava copiosamente da un fianco, segno che anche lui non se la stava passando bene, nonostante stesse cercando in tutti i modi di ignorare la propria condizione in favore della donna.
L’addestramento a cui Ferrari era stata sottoposta prese immediatamente il sopravvento, portando la donna a inginocchiarsi accanto a loro, fucile phaser momentaneamente dimenticato da un lato, tricorder in mano e riconfigurato per avere le funzionalità base da tricorder medico, analizzando i due Trill di fronte a lei. Un istante più tardi, la donna attivò il proprio comunicatore per chiamare la Dottoressa Pulaski: «Ferrari a Pulaski, ho bisogno di lei urgentemente. La situazione qua è piuttosto grave, ho bisogno di lei.»
«Comprendo la sua incapacità di eseguire un qualsivoglia tipologia di operazioni chirurgiche, Tenente...» iniziò a brontolare e a rimbrottare il medico, ma Ferrari non era per niente dell’umore adatto per fare buon viso a cattivo gioco al solito contegno scorbutico del Dottore, motivo per cui la troncò con una risposta secca: «Queste persone non hanno solo qualche livido, Dottoressa, sono in condizioni piuttosto critiche! Ho bisogno di lei qua, ORA!»

Interrotta la comunicazione, la donna si concentrò sullo ktariano al suo fianco, cercando in qualche modo di rassicurarlo, ben cosciente che i modi sbrigativi di poco prima non avevano ovviamente avuto alcun effetto rilassante nei confronti del bambino: «Ehi, giovanotto. Sei stato molto, ma molto coraggioso. Come ti chiami?» Provò a sorridergli, ma dubitava fortemente che i propri sforzi sarebbero andati davvero a buon fine, considerando quanto il giovane aveva appena vissuto. Sicuramente ne sarebbe rimasto influenzato a lungo e solo con l’aiuto di specialisti ne sarebbe venuto fuori.
«Drenkteg,» rispose, chiaramente impaurito, il bambino, ma la conversazione non ebbe modo di svilupparsi ulteriormente in quanto interrotta da una voce maschile proveniente da dietro Ferrari, che si impose all’attenzione della donna: «Pensavamo di essere condannati, perché ci avete messo tanto?»
Le parole, dette con particolare durezza, portarono Ferrari ad alzarsi, dopo aver sorriso in maniera rassicurante allo ktariano e aver ripreso in mano la propria arma, e a voltarsi verso l’individuo che le aveva rivolto così sgarbatamente la parola.
Si trattava di un Trill sulla cinquantina, con un cipiglio severo sul viso, evidentemente abituato a comandare e a essere obbedito senza tentennamenti da coloro con cui collaborava. Non sembrava essere ferito in alcun modo, nonostante portasse chiaramente sul volto lo shock di quanto accaduto, e Ferrari pensò bene di non rifilargli una risposta seccata, nonostante probabilmente se la meritasse tutta: «Siamo arrivati non appena ricevuto la vostra richiesta di soccorso, signor…?»
«Pren. Dottor Hanor Pren, del Ministero delle Scienze di Trill,» le rispose il Trill, conservando quell’arrogante presunzione che stava tanto dando sui nervi alla donna.

Pulaski scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa. Guardò dall’alto in basso Pren e, senza preoccuparsi di utilizzare il tricorder medico, lo apostrofò altrettanto sgarbatamente: «Lei sta benissimo, cosa fa ancora qua? Si tolga di mezzo!» Dopodiché, la sua attenzione si spostò interamente sugli individui ai suoi piedi, dimenticandosi in tempo zero di chi la circondasse, lasciando a Ferrari il compito di prendere in braccio, con qualche difficoltà, il piccolo Drenkteg e di allontanarsi di qualche passo, facendo cenno a Pren di seguirla.
Lo scienziato lasciò spazio a Pulaski, rimanendo però il più vicino possibile alla coppia di connazionali ora sotto le cure della dottoressa, la quale, pochi istanti più tardi, fece cenno a Ferrari di riavvicinarsi: «Tenente. Non posso occuparmi di loro qui, sono entrambi in condizioni critiche, soprattutto la donna. Mi teletrasporterò sull’Europa con entrambi: in Infermeria dovrei avere più probabilità di riuscire a stabilizzarli.»

Ferrari annuì, prima di chiedere: «E gli altri passeggeri? Quali sono le loro condizioni?»
«Invierò una squadra medica per occuparsi dei feriti che ancora sono presenti. Da quello che ho visto, posso dire che nessun altro dovrebbe essere ferito così gravemente da richiedere l'intervento degli apparecchi sofisticati presenti a bordo di un’astronave,» rispose la Pulaski prima di contattare l’Europa per farsi teletrasportare immediatamente in Infermeria, scomparendo qualche istante più tardi, lasciandosi alle spalle Ferrari, il trasporto passeggeri e le varie squadre di ingegneri dedicate alle riparazioni dell’Hikawa Maru.

*

«Lunga vita e prosperità, Capitano,» salutò per l’ultima volta T’Vok, dalla plancia dell’Europa, prima che il collegamento audio/video con il trasporto passeggeri e il suo ufficiale comandante si interrompesse e le due navi prendessero, finalmente, strade differenti.
Sullo schermo principale, il feed dei sensori mostrò l’altro vascello, più piccolo rispetto alla classe Sovereign, entrare in curvatura, in direzione di Trillius Prime. Dalla sua postazione alle operazioni, Leeda disse: «Pronti a riprendere la rotta precedente, Capitano. Dall’Infermeria la Dottoressa Pulaski informa che, almeno per ora, i pazienti sono stabili, ma che sarebbe meglio si arrivasse il prima possibile su Deep Space 9
Ferrari aggiunse: «Rotta stabilita, Capitano. DS9 ha confermato il nostro ultimo rapporto e ci informa che sono pronti per il nostro imminente arrivo con feriti a bordo: avranno una squadra medica pronta non appena saremo sul posto.»
«Attivare,» fu la semplice risposta di T’Vok, e l’Europa saltò a curvatura.
   
 
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