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Autore: Ghost_Angel_    22/08/2022    0 recensioni
Hogwarts, anno scolastico 1995-1996. Dolores Umbridge imperversa per i corridoi della scuola di magia e stregoneria più famosa del mondo, con un sadico piacere nel fare del male agli studenti che è molto più chiaro ed esplicito di qualunque segno la professoressa di divinazione dica di vedere nelle tazze di thè.
E mentre tutti erano concentrati sulle vicende di Harry Potter, cosa è successo nel mondo magico? Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è stato l'unica minaccia ad incombere sui maghi? O c'è stato altro, nascosto dietro lo sfavillante mondo del Bambino Che È Sopravvissuto?
Un gruppo di studenti di Hogwarts, un libro, Blaise Zabini.
Il mondo dietro.
Genere: Angst, Dark, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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«Un attimo!»

Freia si rilassò: quella che aveva urlato, dall'interno della camera di Draco Malfoy, era la voce inconfondibile di sua sorella Athis.

«Il ragazzino dor- Fre?» la serpeverde si bloccò a metà frase, non appena gli occhi si posarono sulla sorella. «Tutto apposto?» domandò, sentendo un germoglio di preoccupazione che affiorava all'istante.

«Penso che i tuoi amici serpeverde si stiano ammazzando a vicenda, Ata» ribatté la minore, a bruciapelo.

Ci fu un momento di silenzio.

«Eh?»

Freia la guardò con urgenza. «Idrial Vanimar, le hanno fatto qualcosa. L'hanno colpita con un incantesimo davanti ai miei occhi» spiegò, impaziente. Si guardò intorno nel corridoio, mordendosi il labbro, e Athis sbatté le palpebre un paio di volte.

«L'hanno colpita... chi?» chiese, il tono di voce all'improvviso lento, come se stesse misurando ogni parola.

Freia tornò a guardarla. «La prefetto e quella tipa silenziosa, Blodwen, mi pare.»

Athis diede un'occhiata a Malfoy, steso nel suo letto senza sensi, e fece un passo fuori dalla stanza prima di chiudere la porta dietro di sé.

«Dove? Possibile che nessuno li abbia visti?» continuò a domandare, dando per scontato che fosse avvenuto nella sala comune.

Non c'erano molti posti in cui si poteva girare, a quell'ora della notte.

Freia scosse la testa. «Erano nell'aula di pozioni. Cioè, fuori, ma dentro. Nel senso...» cercò di spiegarsi, gesticolando con le mani.

Athis alzò un sopracciglio.

«Ata, vieni a vedere e basta» si arrese la tassofrasso, facendo qualche passo indietro prima di girarsi e ripercorrere i propri passi all'inverso, riavvicinandosi alle scale che portavano nella sala comune.

Athis la raggiunse in fretta, non senza dare un'ultima occhiata preoccupata alla porta della camera di Malfoy. Aveva paura che il ragazzo si sentisse male e si trovasse senza nessuno ad aiutarlo, ma non poteva neanche ignorare la sorella che parlava di omicidi nel castello.

E neanche portare il suddetto Malfoy a investigare.

«Fre', io non ho ancora capito cos'hai visto» le fece notare, poi, mentre cercava di starle dietro giù per le scale.

Freia si voltò all'indietro per un attimo e Athis strinse gli occhi, cercando di capire cosa stesse dicendo anche se la musica si era fatta di nuovo assordante.

Non capì nulla.

Spinse la lingua contro la guancia, nervosa, ma decise di seguirla e basta: era inutile tentare di parlare, avrebbe fatto prima a capire per via diretta cosa stesse accadendo.

Rischiò di perderla tra la folla di persone, e quasi cadde nel tentativo di non calpestare un corpo steso a terra nel bel mezzo dell'improvvisata pista da ballo.

«Hai detto l'aula di Piton, giusto?» le domandò, subito, non appena furono fuori la sala comune, la musica sigillata dietro di loro da un incantesimo.

Freia si guardò intorno allarmata. «Abbassa la voce, c'è sempre Gazza in giro» le ricordò, sibilando, e Athis dovette contare fino a tre per non sbottare un insulto contro il guardiano.

«Comunque sì» continuò Freia sottovoce, avvicinandosi a lei per farsi sentire meglio. «Le hanno lanciato contro qualche incantesimo e poi l'hanno trascinata dentro» spiegò, mentre raggiungevano l'aula di pozioni.

Athis prese un respiro.

Sua sorella la stava facendo tragica, ne era sicura. Con molta probabilità quei marmocchi stavano solo facendo casino, e sarebbe toccato a lei fargli una lavata di capo.

Come se fare da babysitter a Malfoy non fosse già abbastanza.

«Min Athis, la tata di Hogwarts» borbottò con ironia, fra sé e sé, prima di spalancare la porta.

Gli occhi delle due ragazze vennero subito attirati dall'unica fonte di luce della stanza, e di conseguenza sul gruppetto di persone che si era voltato per intero verso di loro.

«Per la grazia di Merlino, che state facendo?» domandò Athis, gli occhi sgranati incollati su di loro.

Idrial Vanimar e Blodwen Lynch erano in ginocchio l'una di fronte all'altra, le mani destre unite fra di loro, e Xavier BlackBurn era in piedi, con la bacchetta in aria come se fosse stato interrotto nel bel mezzo di un incantesimo.

Arline Hunt invece era in disparte, appoggiata a una parete, e fu lei a rispondere ad Athis, velenosa. «Min. Ti impicci sempre degli affari altrui, non è vero?»

Freia si portò una mano al petto, sentendo un peso che veniva sollevato di scatto. Idrial stava più che bene. Non aveva contribuito a farla uccidere.

All'improvviso, tutta l'adrenalina che aveva provato calò a picco.

Dovette appoggiarsi allo stipite della porta, stringendo la maglia che indossava in un pugno, il respiro spezzato.

Arline Hunt le diede un'occhiata. «Dovresti pensare ai tuoi problemi, Min. Per esempio a tua sorella, che sembra sul punto di svenire.»

Athis si voltò di scatto verso la sorella. «Fre'? Che hai?»

La prese per le braccia, mantendola: nella sua testa la vedeva già spiaccicata a terra, con quella faccia bianca cadaverica che le era appena venuta.

«Facciamola stendere» intervenne Xavier, avvicinandosi alle due.

«Sto bene» protestò la tassofrasso, che aveva iniziato a vedere tanti puntini neri davanti agli occhi.

Le venne da vomitare quando il ragazzo la sollevò, e registrò a malapena il rumore della porta che veniva chiusa, sigillando fuori la luce che veniva dal corridoio e facendo piombare la stanza in un buio più profondo, mitigato solo dal Lumos di una bacchetta.

La fecero stendere su due banchi vicino alla parete, facendole alzare le gambe contro il muro.

«Pensi che un incantesimo "Innerva" potrebbe aiutarla?» borbottò Xavier ad Athis, mentre la ragazza spostava i capelli dal viso della sorella.

La coreana alzò gli occhi su di lui. «Non l'hanno mica schiantata. E quando chiedevo che stavate combinando parlavo anche con te, cigno» ribatté, dandogli una gomitata.

Xavier fece spallucce. «Ho deliberatamente scelto di ignorarti, non prenderla sul personale.»

«È viva?» chiese Arline, riportando la conversazione sulla tassofrasso stesa sui banchi.

Freia respirava piano, ma aveva ripreso un po' di colore. Blodwen le si avvicinò in silenzio, e le sfiorò la fronte. «Non sta sudando freddo» bisbigliò, richiamando gli sguardi di tutti su di lei.

Athis sospirò. «Sempre gli infarti deve farmi venire.»

Freia la guardò dal basso. «Scusa, eh...» ribatté. Aveva la voce lieve, ma abbastanza forze da gettarle un'occhiata storta.

Per qualche altro minuto, Athis si concentrò sulla sorella, lasciando da parte l'elefante nella stanza. Idrial Vanimar, che di solito era impossibile da non notare, se ne stava quieta in un angolo, assorta, gli occhi persi nel vuoto.

«Mi sento osservata, amici» esclamò Freia, rompendo il silenzio. Puntò il palmo di una mano sul banco, facendosi leva per sollevarsi, e la testa le girò per qualche attimo.

Si stabilizzò.

«Avrei seguito la vostra conversazione anche da fantasma, non mi perdo i gossip» aggiunse, mentre si metteva seduta piano. Gettò le gambe oltre il banco, lasciandole dondolare nel vuoto, e si appoggiò con la spalla alla parete, rimanendo seduta. «Allora?»

Si scambiarono tutti varie occhiate.

Athis Min controllava l'elfa con la coda dell'occhio, cercando qualche ferita evidente sul suo corpo. Eppure Idrial sembrava stare bene, se non si contava il fatto che fosse stralunata.

«Non sono cose che vi riguardino. Essere ficcanaso è una cosa di famiglia?» sibilò Arline, facendo un passo indietro per allontanarsi un po' dal semi-cerchio che avevano creato intorno a Freia.

«Amica, calmati» ribatté la tassofrasso, piccata.

Xavier alzò le mani. «Non litigate. Perché voi due non tornate a fare le vostre cose e fate finta di non aver visto nulla?»

Blodwen alzò gli occhi al cielo alla proposta, in silenzio.

Non conosceva bene nessuna delle due ragazze, ma solo a vederle avrebbe potuto dire che non avrebbero mai accettato di... di fare finta di nulla, andarsene fischiettando come se non li avessero beccati a fare qualcosa di quantomeno strano, a prima vista.

«Xavier, ti hanno mai trasformato in un tavolo per zittirti?» rispose Athis, alzando le sopracciglia in direzione del ragazzo.

Xavier chiuse le labbra, e poi le rivolse un sorrisetto. «Non sei in grado di farlo.»

«Vogliamo provare?»

«Orsù» intervenì Idrial, parlando per la prima volta da quando le due sorelle erano entrate. «Non c'è alcun bisogno di dare inizio a una lite. E nessuno trasfigurerà nessuno in un tavolo» mormorò, interrompendo Athis prima che potesse ribattere.

«Perché siete venute qui?» domandò una voce bassa, quasi difficile da udire in mezzo a quei bisticci. Tutti si voltarono a guardare Blodwen, come accadeva ogni volta che la serpeverde parlava.

«Onestamente» disse Freia, scendendo dal tavolo. Controllò che le gambe la reggessero, e poi riprese a parlare. «Ero in corridoio prima, quando ti hanno lanciato un incantesimo contro. Mi sono preoccupata per la tua incolumità, amica.»

Idrial piegò le orecchie. «Tu...», scosse la testa, sfiorandosi un orecchio con la punta della dita. «Ah, siete proprio tenere» borbottò, alla fine, con fare drammatico.

Arline guardò in alto, seccata dalla scenetta. «Fantastico, avete visto che sta bene. Potete andare a fare le curatrici d'emergenza da un'altra parte» esclamò, invitandole con un gesto abbastanza chiaro ad andare via.

Blodwen resistette all'impulso di coprirsi il viso con una mano, esasperata. Xavier era esaltato, Arline era nevrotica, Idrial era sul punto di diventare una gelatina magica.

E loro quattro, insieme all'egocentrico Zabini, volevano cambiare il mondo magico quello babbano.

«Arline, ti hanno mai detto che rompi proprio il-»

«Fermatevi» sussurrò Blodwen, interrompendo la sfuriata di Athis sul nascere. Tutti si zittirono, e Lynch cercò di non incontrare lo sguardo di nessuno.

Essere al centro dell'attenzione era difficile quanto affrontare un molliccio per la prima volta.

Spiacevole, e a volte imbarazzante.

«Abbiamo schiantato Idrial per sbaglio» iniziò, facendosi coraggio. Parlava piano, ma l'attenzione era tutta su di lei e nel silenzio della stanza riuscivano tutti a sentirla.

«Pensavamo che fosse un professore e ci siamo fatte prendere dal panico. Xavier l'ha innervata, e sta bene...» mormorò, senza sapere che altro dire. Aprì la bocca un paio di volte e l'idea che tutti stessero lì in attesa che dicesse altro la mandò in subbuglio, confondendo i suoi stessi pensieri.

«Scusate» bisbigliò, le guance colorate di un rosso leggero.

«Tranquilla» la incoraggiò Idrial.

Lynch sentì una mano alla base della schiena, che la accarezzava così piano da essere quasi impercettibile, e le venne spontaneo guardare Arline, che però faceva finta di niente.

La voglia di ridere le tolse un po' di nervosismo dalle spalle, e si schiarì la voce.

«Il motivo per cui ci siamo riuniti qui è una cosa privata, ma potremmo rendervi partecipi» continuò, e Xavier le fece un pollice in sù. Blodwen inspirò. «Però di questo possono parlarvi loro» aggiunse, tagliando il proprio discorso da sola.

Xavier prese la palla al balzo. «C'è molto da dire, ma sono sicuro che vi interesserebbe!» esclamò, guardando Athis carico di aspettativa.

Freia era confusa.

Athis era confusa.

Idrial era confusa, e non sapeva neanche perché.

Blodwen rilasciò un respiro tremante, stressata da quel discorso. Arline tolse la mano dalla sua schiena, ma le rivolse uno sguardo in cui la ragazza ci lesse più di quello che l'altra avrebbe mai espresso a parole.

«Parla» tagliò corto Athis Min, rivolta al ragazzo, e così fu.

Xavier spiegò loro tutto nello stesso identico modo in cui aveva fatto con Idrial, con lo stesso entusiasmo contagioso, di un bambino che ti parla dei programmi per la mattina di Natale.

Arline intervenne a tratti, correggendo qualcosa, e Idrial ascoltò tutto con le orecchie drizzate, come se fosse la prima volta.

«Amici, tutto questo è magico» fu la risposta di Freia. La tassofrasso aveva le mani appoggiate al banco dietro di sé, e pareva meno scettica di Athis. «Eppure mi viene naturale chiedermi cosa vogliate fare, nel concreto. Senza offesa» mormorò, guardando Xavier.

Idrial arrossì. Ecco la domanda che non le era proprio venuto in mente di fare, quando sarebbe dovuta essere la prima.

«Queste sono informazioni riservate» rispose Arline, incrociando le braccia. Freia la guardò e fra le due si alzò un filo di tensione, mantenuto dagli sguardi delle due ragazze.

«Che possono essere rivelate solo a chi si unisce al movimento» completò Xavier, che era l'unico che sembrava se non divertito quanto meno non irritato dalla situazione.

Aveva abbandonato la mantella, e le maniche della camicia arrotolate sulle braccia lasciavano liberi alla vista i suoi tatuaggi.

Freia si strinse nelle spalle. «Chiaro» mormorò, annuendo.

Athis scosse la testa. «Noi non vogliamo avere nulla a che fare con tutto questo» precisò, e Freia la guardò di sbieco, prima di distogliere lo sguardo.

«Allora sparite» ribatté Arline, e Xavier le diede una gomitata fra le costole, beccandosi un'occhiata indignata dalla ragazza.

Ma lui non la stava guardando. Guardava Athis. «Non serve che decidiate qualcosa, ora. Ma tu hai sempre voluto fare del bene, Athis, e noi qui vogliamo lo stesso.»

Athis fece schioccare la lingua sotto al palato. «Ci sono tanti modi di fare del bene, Xavier.»

Athis aveva già un'idea abbastanza chiara di cosa volesse fare dopo i suoi M.A.G.O.: ricerca magica, guarigione, studio e pratica. Sarebbe diventata una delle migliori pozioniste in ambito medimagico, anche se essere una curatrice in sé per sé non era per lei.

E difatti il suo obiettivo non erano le corsie di un ospedale.

«Io sono interessata» interruppe Freia, e Xavier sembrò ricordarsi solo in quel momento che le sorelle Min fossero due. La tassofrasso lo guardava dritta negli occhi, inchiodandolo sul posto. «Ma ho le mie cose da fare, oltre al fatto che quest'anno ho anch'io i G.U.F.O.» aggiunse, guardando per attimo le altre ragazze del quinto anno.

All'improvviso, Freia si rese conto di essere in mezzo a un gruppo di serpeverde. Il suo sguardo si fece più cupo, ma la sua postura rimase dritta.

Doveva farsi spazio fra le serpi, altrimenti l'avrebbero lasciata sotto terra.

E Freia Min non era una persona che si sarebbe lasciata seppellire.

«Le nostre attività non interferiranno con lo studio» mormorò Blodwen, prendendo di nuovo parola. «E non hai un contratto di lavoro, se un pomeriggio devi studiare di più e non puoi incontrarci basta farlo sapere» continuò, inclinando il capo.

La sua voce era calma, scivolava fuori dalle sue labbra liscia. Non aveva l'entusiasmo trascinante di Xavier o il veleno di Arline, ma una comprensione più umana di chi guarda oltre l'ideale che sta perseguendo.

Freia la apprezzo, e si rilassò.

«Così si ragiona, amica» le rispose, ignorando lo sguardo bruciante della sorella su di sé. «Ci penserò, perché sembra che abbiate preso un impegno serio con questa faccenda del... del movimento?» disse, quasi fosse una domanda.

Arline le fece un cenno del capo.

«E se mi prendo un impegno, lo rispetto. Quindi lasciatemi valutare» concluse, e solo a quel punto si voltò verso la sorella.

Athis faceva fuoco e fiamme dagli occhi, ma dall'espressione qualcuno l'avrebbe detta preoccupata più che arrabbiata.

Xavier mise una mano sulla spalla della serpeverde, facendola voltare di scatto. «Anche tu puoi prenderti tempo, Athis. Se ti vengono delle domande possiamo parlarne a lezione di Rune Antiche in questi giorni, ti dirò tutto quello che posso» le sussurrò, e ricevette un sospiro dalla ragazza.

«In ogni caso» disse quella, soffermando il proprio sguardo sugli altri presenti. «Posso sapere cosa stavate combinando quando siamo entrate?»

Blodwen e Idrial si scambiarono un'occhiata, e Arline Hunt si sistemò qualche ciocca del caschetto bianco, senza dire una parola.

Xavier guardò il soffitto.

«Siete così pessimi a dissimulare» si lamentò Athis. «È qualcosa che non si può sapere?» chiese, per dare loro un suggerimento.

«Era solo il rito di passaggio per entrare ufficialmente nel movimento» bisbigliò Blodwen, giocando con un filo della mantella che aveva ancora indosso sopra ai vestiti della festa.

Freia li guardò con sorpresa.

«Quindi voi due ancora non siete entrate?» chiese, rivolgendosi a Blodwen e all'elfa.

Elfa che scosse subito la testa. «Io no, ma la qui presente Blodwen sì» rispose, piegando un orecchio per indicare la ragazza al proprio fianco, che fece cenno di sì col capo.

Freia annuì.

Ne seguì un silenzio imbarazzato.

La tassofrasso si battè le mani sulle gambe, allontanandosi dal banco su cui era appoggiata. «Allora per quanto mi riguarda direi che posso andare, amici. C'è ancora tempo per qualche affare per me, di là.»

«Io devo controllare che Draco non soffochi nel suo stesso vomito» mormorò la sorella, e Idrial piegò un orecchio.

«Sta male?» domandò, accennando un passo verso di lei.

Athis fece spallucce. «Ha bevuto un bel po', ma l'ho lasciato che era ancora vivo. Non so come rientrare in camera sua per controllarlo, però.»

«Io so come entrarci» ribatté l'elfa, d'istinto. «Ti potrei accompagnare, ma...» lasciò la frase in sospeso, guardando Arline.

«È tardi» intervenne Xavier. «Forse è meglio se con te completiamo domani, dormici su. Noi abbiamo da fare.»

«Hai la lingua lunga, Blackburn» sibilò Arline, le braccia ancora incrociate strette al petto.

Athis diede loro una lunga occhiata, prima che la sorella lasciasse un saluto generale e abbandonasse la stanza. La seguirono lei e l'elfa, alla svelta.

La maghelfa era tesa.

«Loro... non ti stavano costringendo a fare nulla, vero?» domandò la serpeverde più grande.

Un lampo di sorpresa attraversò il viso di Idrial. «No» fu la risposta, semplice e concisa.

Athis annuì.

Quei ragazzini avevano fin troppa energia.

═════════

La mattina dopo fu un trauma. Per la grande maggioranza dei serpeverde, ma non solo.

«Oh, Merlino mio...»

Furono queste le parole che Athis Min si svegliò sentendo, quel giorno. Si portò un braccio sul viso con un lamentò, gli occhi che bruciavano per il sonno arretrato.

«MERLINO.»

L'urlo del ragazzo affianco a lei la fece saltare in aria, urlando. La mano sul bordo del materasso scivolò e gridò di nuovo, precipitando giù dal letto mentre il ragazzo dall'altra sfonda gridava di nuovo.

«Malfoy, sembri una cazzo di mandragora!» gridò la ragazza, rialzandosi da terra. Il fianco le pulsava per la botta, ma passò quasi in secondo piano quando gli occhi si posarono sull'espressione sconvolta di Malfoy.

«Abbiamo fatto sesso?!» domandò il ragazzo, che era del tutto nudo.

Athis lo guardò confusa. «Eh?»

Malfoy parve calmarsi. Si schiarì la voce, le guance rosse. «Io e te. Abbiamo fatto sesso?» chiese, raddrizzando la schiena.

Athis si alzò con lentezza dal pavimento. «Sì» rispose, divertita, ma si voltò per dare privacy al ragazzo.

Ragazzo che non ci teneva a vedere nudo, fra le altre cose. Eppure la vita sembrava trovare divertente prendersi gioco di lei.

«Woah» mormorò il ragazzo dietro di lei. Si passò una mano fra i capelli biondi, scompigliati, e andò all'armadio a prendere un paio di pantaloni di tuta cercando di dissimulare l'imbarazzo, anche se l'altra non lo stava guardando.

Aveva fatto sesso.

Con una più grande, tra l'altro.

Mise i pantaloni e si guardò allo specchio, rendendosi conto che stava sorridendo come uno scemo. Cancellò all'istante quell'espressione dal proprio viso, e si morse il labbro.

«Non mi ricordo nulla» mormorò, con un sospiro.

«Sei vestito?» chiese Athis, ignorando le sue parole.

Il ragazzo fece un verso per darle conferma, e si voltò a guardarla a sua volta, lasciando perdere il proprio riflesso. Era ancora a petto nudo, la pelle lattea nonostante l'estate appena finita, ma quello non era un problema.

«Mettere una maglia era difficile?» domandò la ragazza più grande, che indossava ancora i vestiti della sera prima.

Draco arrossì di botto.

«Abbiamo fatto sesso, puoi vedermi senza maglia» ribatté, alzando il mento.

Athis gli rivolse un'occhiata divertita. «Dove l'hai tirata fuori questa spavalderia?» domandò, avvicinandosi.

Draco pensò che stesse andando da lui e si tese per l'anticipazione, lasciando che la mente volasse. La ragazza serpeverde però gli passò di fianco, andando diretta allo specchio con la bacchetta in mano.

«Devo farmi una doccia» mormorò a sé stessa, mentre si sistemava i capelli come poteva con un piccolo incantesimo, che però non faceva nulla di più che sciogliere i nodi.

Draco era rimasto fermo, impettito sul posto.

«Non mi ricordo niente» ripeté, voltandosi verso di lei. Si guardarono negli occhi attraverso il riflesso nello specchio, e l'espressione di Athis si ammorbidì.

Si girò anche lei verso di lui.

«Non abbiamo davvero scopato, Malfoy. Eri ubriaco fradicio, non avrei mai potuto» bisbigliò, chinandosi a recuperare una maglia da terra.

Gliela lanciò e Draco la prese quasi senza pensarci, la testa tutta un'altra parte.

Non aveva fatto sesso.

Era ancora vergine.

Il rossore delle sue guance ormai avrebbe potuto fare concorrenza al rosso di grinfondoro.

«Ora non sono ubriaco» mormorò lui, alzando di nuovo gli occhi in quelli della ragazza.

Athis aprì le labbra, ma poi le richiuse. Malfoy si avvicinò a lei, sembrando più determinato che mai, e le afferrò i fianchi, spingendola contro l'armadio di legno.

La serpeverde si accorse di aver smesso di respirare. Pur essendo un anno più piccolo, Draco era già più alto di lei, che in ogni caso bassa non era.

«E tu neanche» continuò il ragazzo, chinandosi contro di lei. Erano così vicini che Athis poteva sentire il respiro dell'altro contro la guancia, dove le sue labbra la stavano sfiorando.

«Il tuo alito sa di morte» esclamò la serpeverde, posandogli una mano sul petto per allontanarlo. Inspirò, perché la sua pelle era calda e una parte di lei era stata presa del tutto alla sprovvista da quel piccolo dettaglio.

Draco rise, sottovoce. «Credo di aver bevuto anche l'acqua del bagno, ieri sera» le rispose, lasciandola andare.

Il rossore era del tutto sparito dalle sue guance, e sembrava aver ripreso coscienza di sé.

«Il chè, per inciso, è il motivo per cui la prossima volta berrai solo idromele» ribatté la più grande, alzando le sopracciglia.

Draco rise più forte. «Idromele corretto come la burrobirra di ieri?» domandò, facendola ridere.

«Idromele e basta, ragazzino» fu la risposta.

Draco si inumidì le labbra, e si strofinò una tempia: iniziava a sentire un principio di mal di testa che gliela faceva pulsare.

Athis si stiracchiò. «Visto che sei vivo, ti lascio. Devo farmi una doccia, e anche tu» mormorò, facendo annuire l'altro serpeverde.

La coreana lasciò la stanza dopo avergli rivolto un ultimo sorriso, ma una volta fuori quell'espressione cadde. In cosa si era trasformato Malfoy, per qualche istante? Premette le labbra insieme, cercando di non mostrare lo sconcerto mentre scendeva le scale.

L'aveva scombussolata.

E vedere la sala comune del tutto pulita e ordinata, come se nulla fosse stato, la stupì se possibile ancora di più. Chi aveva pulito? Quando? Gli elfi?

Non aveva un orologio con sé, ma a giudicare dalla quantità di persone che c'erano o era orario di colazione o ancora più presto, perché c'erano solo un paio di persone nonostante fosse una domenica mattina.

Vicino al camino, che parlava con Blaise Zabini, c'era Xavier Blackburn. Athis e il ragazzo si scambiarono uno sguardo, e poi lei sparì su per le scale delle camerate femminili.

Xavier non era tranquillo.

Aveva dormito sì e no un'ora, perché avevano finito tardi con quello che avevano da fare.

E Zabini lo faceva infuriare come poche cose.

«Tu sei solo un idiota» mormorò Xavier, tornando a guardare il ragazzo dopo il passaggio di Athis.

Zabini si massaggiò la nuca.

«Volevo solo bere qualcosa e mi è sfuggita la situazione di mano» si giustificò il ragazzo, inspirando.

Xavier non si ammorbidì. «È una cosa seria, Blaise. Se non vuoi avere impe-»

«No» lo interruppe Zabini, serio. «Sono stato a coinvolgere te in questa cosa, credi davvero che voglia tirarmene fuori?»

Xavier sbuffò una risata secca. «Allora non comportarti come se non te fregasse nulla.»

«Ho capito. Ti ho detto che è stato un errore» ripeté l'altro, irritato. Inspirò di nuovo, in maniera profonda, e Xavier alzò un sopracciglio nella sua direzione. «In ogni caso, mi stavi parlando delle ragazze che potrebbero aderire. Athis, Idrial e una tassorosso?»

«La sorella di Athis» precisò il serpeverde più grande. «È determinata. Athis non mi sembrava molto convinta» ammise, perdendosi a guardare il camino spento.

«Mh» Zabini seguì il suo sguardo. «La conosci meglio di me. Se venisse beccata a fare qualcosa ne potrebbe risentire tutta la sua carriera.»

Xavier fece un cenno del capo.

«In ogni caso» mormorò Blackburn, posando una mano sulla spalla dell'altro. «Vedi di rigare dritto, da oggi in poi» aggiunse, stringendo la presa fino a fargli male.

Zabini non fece una piega. Spostò la sua mano con un gesto secco, ma annuì. «Lo farò. Ho a cuore tutto questo più di te.»

Xavier sembrò esitare. «Questo sarebbe da vedere» sussurrò, alla fine, così piano che non fu sicuro che l'altro ragazzo lo avesse sentito.

«Ah, Zabini!» qualcuno urlò dall'altra parte della sala, ed entrambi si voltarono per vedere Athis Min alla base delle scale delle camerate femminili. «C'era una certa grinfondoro che ti cercava ieri sera, credo che tu l'abbia fatta incazzare. Prego!» gridò, prima di ritornare su per la scalinata.

Xavier rise.

«Cazzo» fece invece Zabini, premendosi il ponte del naso fra due dita. «Devo andare, se ho fortuna la becco in Sala Grande» aggiunse, con urgenza, iniziando a camminare.

Si bloccò, voltandosi verso Xavier. «Non si ripeterà» gli disse, prima di sbrigarsi ad uscire dalla sala comune di serpeverde.

I sotterranei erano bui, come se il giorno non li avesse raggiunti. Di Domenica mattina non c'era traccia di Piton, che era ben noto a tutti preferisse stare nel suo ufficio, dove aveva tutto il necessario per le sue pozioni.

Zabini sospirò di sollievo.

Da quando tutta la storia del movimento era iniziata, gli sembrava di essere osservato in modo costante dal professore.

Era come se sapesse.

Come se glielo leggesse in faccia.

Fece le scale in fretta, evitando una ragazza che le scendeva, e non appena uscì dai sotterranei l'atmosfera cambiò del tutto. I corridoi erano brulicanti di ragazzi e ragazze di tutte le case, che creavano un vociare rumoroso.

Zabini rallentò, non volendo attirare l'attenzione, ma si ritrovò ad accelerare di nuovo il passo quando prese ancora le scale per arrivare in Sala Grande.

Passò le armature che prevedevano la porta d'ingresso, e si infilò dentro passando in un gruppo di ragazzi. La sala era del tutto illuminata dal sole, grazie al soffitto che - incantato - replicava lo stesso tempo che c'era all'esterno.

Una bella giornata, nonostante ottobre fosse alle porte.

Il Serpeverde rivolse subito il proprio sguardo al tavolo di grinfondoro, alla ricerca di una specifica ragazza.

Si bloccò a metà strada per il tavolo.

Sembrava un idiota.

Non sapeva neanche perché stesse correndo per andare a giustificarsi. Aveva solo seguito l'istinto, che gridava a gran voce che la serata prima aveva fatto una cazzata dopo l'altra.

Inspirò, per calmarsi.

Conosceva la famiglia di Nüwa Melgar, perché erano dei purosangue e lui e sua madre frequentavano - ovviamente - l'ambiente. Eppure, non si erano mai parlati prima di scontrarsi quel giorno in Sala Grande.

Quel giorno in cui Zabini aveva già programmato che le avrebbe parlato.

Più calmo, riprese ad avvicinarsi al tavolo, cercando con lo sguardo dove fosse la ragazza. La trovò seduta di fianco ad Hermione Granger, che mangiavano senza parlare.

O almeno, così pensò a una prima occhiata.

«Nüwa?» la chiamò, fermandosi qualche passo più in là. La ragazza si voltò con lentezza, e Blaise non avrebbe potuto biasimarla per lo sguardo che gli rivolse.

Non era un'occhiata arrabbiata.

Era delusa.

«Possiamo parlare?» le domandò, e lei si scambiò uno sguardo con Hermione. La grinfondoro le fece un cenno positivo del capo, ma dalla sua espressione Zabini avrebbe potuto giurare che si stesse mordendo la lingua per trattenersi dal dire a Nüwa di non seguirlo.

«Una cosa veloce» fu la risposta della ragazza, mentre si alzava.

Zabini le fece cenno di seguirlo, e diede lui stesso uno sguardo a Hermione prima di condurre Nüwa lontano dal tavolo. Uscirono dalla Sala Grande e il ragazzo si accostò a una delle armature fuori l'ingresso.

«Mi dispiace per ieri» iniziò, guardandola negli occhi.

La grinfondoro, i capelli neri sciolti ma con le due ciocche blu tirate all'indietro, aveva un'espressione stoica.

«Ho alzato un po' il gomito e un amico mi ha portato in camera» le spiegò, con calma. La ragazza si limitò ad annuire. «Pensavo che non saresti venuta» aggiunse, e non mentiva.

Erano passate ore prima che Xavier lo portasse a dormire.

Melgar si strinse nelle spalle. «Non avrei dovuto.»

Zabini si innervosì, ma si sforzò di non darlo a vedere. «Sei venuta tardi, no? Come avrei dovuto sapere che alla fine saresti passata?» le chiese, guardandola dritta negli occhi.

Nüwa vacillò per un attimo, ma poi la sua espressione tornò a non dire nulla.

«Hai ragione. Abbiamo finito qui?» chiese, mostrando impazienza.

Blaise le prese una mano, ma la ragazza la tirò indietro. «Nüwa, mi dispiace. So come farmi perdonare, però» aggiunse, sicuro.

Una scintilla di interesse sbocciò negli gli occhi della ragazza. «E come?»

«Vieni ad un appuntamento con me.»

Nüwa lo guardò sorpresa.

«Questa è la tua soluzione?» chiese, scettica.

Zabini le sorrise. «Io e te. Al prossimo permesso per Hogsmeade.»

La grinfondoro distolse lo sguardo, combattuta. «Non ti farai trovare neanche allora?» chiese, per provocarlo.

Zabini si morse le labbra, divertito. «Ti sarà impossibile non notarmi» ribatté, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa.

Nüwa alzò le spalle, e fece un passo indietro.

«Vedremo» sussurrò, gli occhi nei suoi. Sembrò quasi che volesse sorridere al ragazzo, ma se anche quella sarebbe potuta l'intenzione, non lo fece.

Si voltò e tornò in Sala Grande, lasciando Zabini nel corridoio.

Il serpeverde sospirò.

Era incredibile quanti danni si potessero creare in una sola sera.

 

   
 
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