The
Dark Carnival
Capitolo
1 - Indietro
La
vita è
come una bolla: effimera.
Essa scoppia
grazie ad un nonnulla.
La mia se ne
andò grazie
ad un uomo, bellissimo,
affascinante, misterioso.
Non avrei
dovuto accettare il suo invito quella sera.
«Si»non capivo da dove fosse venuto questo ragazzo stupendo che mi stava porgendo la mano, con fare galante.
«Mi concederebbe questo valzer?» chiese, facendo un piccolo inchino.
Non so come, iniziammo a danzare.
Si avvicinò al mio viso. Mi irrigidii, non era il modo.
«Mi dite perché non portate una maschera che possa nascondervi, mia cara?»
Abbassai lo sguardo dai suoi occhi dorati, magnetici «Non sapevo
Rise «Allora, che ne dite» mi sussurrò all’orecchio «di andare un po’ fuori, mia cara?»
Annuii,
ma qualcosa mi diceva che stavo per
commettere il più grande errore della mia vita.
Mi condusse sul grande balcone «Qual è il
vostro nome?»chiesi.
«Sono solo di passaggio, signorina» sorrise,
mentre mi faceva accomodare su una panca il pietra.
Lo guardai negli occhi, ma distolsi lo
sguardo.
Si avvicinò a me con un movimento fulmineo.
«Perdonami, Isabella»disse, prima di
avventarsi sul mio collo.
Urlai, ma lui mi tappò la bocca, bloccandomi
le vie respiratorie.
Sentivo la vita scivolare via, l’oscurità
ottenebrarmi la mente.
In lontananza sentii un grido «Edward,
smettila, la stai uccidendo!!!»
Edward. Ecco il nome del mio assassino.
E da allora fu buio.
Buio.
Fuoco.
Probabilmente
questo era l’Inferno.
Una
strada, nera.
Continuavo
a percorrerla.
Sentivo
solo il crepitare del fuoco invisibile dell’Inferno.
Dopo non
so quanto, finalmente, alzai lo sguardo.
C’era una
luce alla fine della strada, che mi chiamava.
«Isabella».
Iniziai a
correre verso la voce, non tenendo più conto del dolore
insopportabile.
«Isabella»Ormai
avevo il fiatone, ma per quanto corressi, non riuscivo a raggiungere la
luce.
«Svegliati»
Ero morta
non potevo svegliarmi.
«Non è
arrivato il tuo momento»
Caddi
sulle ginocchia, esausta, mentre le fiamme mi avvolgevano.
Sentii
solo un sussurro, mentre arrivavano le tenebre.
«Ora»
Annaspai,
mentre aprivo gli occhi, ritrovandomi completamente al buio.
Ero viva.
Impossibile,
io non dovevo essere qui.
Mi portai
una mano al cuore, che batteva forte nel petto.
Ansimai,
scioccata.
Cercai di
analizzare la situazione: benché fossi in una posizione
innaturale, mi sentivo
comoda, con le braccia rigide lungo il corpo, senza un cuscino.
Ero al buio.
Cercai di
alzarmi, ma sbattei la testa contro qualcosa.
Ma cosa..?
Alzai le
braccia, fini a quando non incontrai una superficie dura, ricoperta di
raso
morbido.
Le spostai
ai lati, e anche lì incontrai resistenza.
Mossi i
pied,e anch’essi si scontrarono con barre di legno foderate
di raso.
Mi mancava
l’aria, benché non sentissi il bisogno impellente
di respirare.
Allora un
orribile pensiero mi passò per la mente.
Era l’unica
soluzione possibile.
Ero in una bara.
Perché mi
avevano rinchiuso qui se ero ancora viva?
Dovevo
uscire.
Spinsi in
avanti le mani, chiuse a pugno, finche non ruppi il legno, facendo
sanguinare
le mie braccia.
La terra
invase lo spazio dove mi trovavo.
Annaspai,
cercando di alzarmi, scavano e scalciando.
Tirai fuori un braccio, mentre un
tuono rimbombava nell’area circostante.
Pioveva.
Era notte.
Riuscii a
spingermi avanti col busto e l’altro braccio.
Mi tirai
completamente fuori, e mi bagnai.
Ero viva.
Alzai lo sguardo verso il cielo, chiudendo gli occhi.
La pioggia.
Aprii la bocca, per farla entrare.
Ma non
riusciva a spegnere il fuoco che avevo i gola.
Misi la mano
a coppa sulla gola, facendo colare il sangue dalle mani.
Sangue.
Non era il
rosso a cui ero abituata, ma era più scuro del cremisi
naturale, quasi nero.
Il sangue
colò sul petto, sporcando la scollatura del vestito.
Il vestito.
Era quello
blu cobalto che avevo alla festa. La festa in cui ero morta.
Mi avevano
sepolto con quello.
Altro tuono.
Mi toccai la
giugulare, e sobbalzai, quando sentii il pulsare del sangue nella
cicatrice
procuratami da.. non ricordavo il nome di chi mi aveva ucciso.
Mi girai,
verso la bara. Non era stata messa nemmeno a cinque metri sotto terra.
Doveva
essere stata una sepoltura d’emergenza.
La lapide
era storta, ricoperta di muschio, come se fossero passati cento anni da
quando
era stata messa.
Mi
inginocchiai accanto ad essa, cercando di decifrare le incisioni.
Sbattei le
palpebre.
Non vedevo
a causa della pioggia.
Sicuramente
la lapide era stata messa dopo, perché era fatta bene.
Anche se
molto rovinata.
“Qui giace Isabella Marie Swan.
Devota ragazza, cara amica, amorevole figlia.
Rimpianta ed amata, non verrà mai
dimenticata.
13 Settembre, Anno Domini 1918”
Sussultai.
Avevo
dimenticato che giorno era, quello della festa.
Il giorno
del mio compleanno.
Ero morta il
giorno del mio compleanno.
Altro rombo,
accompagnato da un fulmine che illuminò il cielo buio.
Ricordai
tutto.
Il ballo.
L’uomo con
la maschera.
La
passeggiata.
Il morso.
La mia
morte.
L’urlo.
Edward..
Mi strinsi
le ginocchia al petto, rannicchiandomi
contro la mia lapide funeraria.
Ero ormai
zuppa, ma non mi importava.
Ma se non
ero morta, cosa mi era successo?
Rimasi
immobile per molto tempo.
Sicuramente
il mio assalitore non aveva controllato bene il polso e, avendo pensato
che
fossi morta, mi aveva lasciato lì.
Dovevo
essere svenuta o qualcosa del genere.
Mi avevano
trovato e mi avevano seppellito in fretta e furia.
Si, doveva
essere andata così.
L’acquazzone
era diventato una pioggerellina sottile.
Mi alzai e
controllai se ero presentabile.
Il corpetto
del vestito era ridotto a brandelli davanti, ma potevo arrangiarmi.
La gonna era
ridotta ad uno straccio, stracciata davanti, lasciava completamente
scoperte le
gambe.
Le scarpe col tacco
erano scomode e sporche.
Avevo i
capelli bagnati, arruffati.
Il collo
sporco di sangue raggrumato.
No, non ero
presentabile. Ma anche se lo fossi stata, come avrei potuto presentarmi
a casa?
Avrei fatto
morire d’infarto mia madre e mio padre.
Cosa dovevo
fare?.
Aveva smesso
di piovere.
All’improvviso,
avvertii dei rumori dietro un cespuglio.
Mi avvicinai
e sbirciai.
C’erano due
persone un uomo e una donna che stavano parlando.
Mi feci
vedere.
Urlarono.
Mi avvicinai
piano per non spaventarli.
Si
tranquillizzarono.
«In che anno
siamo?» sussurrai.
La mia voce
era spaventosa, un sussurro roco che di rassicurante non aveva niente.
Si agitarono
ed udii il battito dei o cuori accelerare.
Strano.
Ma il
ragazzo volle fare lo spavaldo per compiacere lei.
«Siamo nel
2009, bella addormentata»
Il mio cuore
sobbalzò.
Impossibile.
Li scrutai,
e notai che vestivano in modo strano.
Lei
indossava i pantaloni.
Che
sconcezza.
«E adesso
levati dai piedi»
«Prego?»
dissi fredda. Ero una signorina, diamine, un po’ di rispetto.
«Hai capito
bene» disse lei, beffarda «E vai a
cambiarti»
Allora non
ci vidi più.
Mi incupii
parecchio,e loro lo notarono.
Sentivo la
loro paura nell’aria.
«Mettiamo in
chiaro una cosa» dissi, cercando di contenermi «Non
mi abbasserò al livello
della feccia come voi. Solo le passeggiatrici come lei» dissi
alla ragazza
«potrebbero vestirsi in maniera ‘sì
volgare. E io sono una donna, Portate
rispetto» feci per andarmene.
La donna
rise «Mi sembri più tu una passeggiatrice,
sai?»
Non risposi
più delle mie azioni.
Mi avventai
su di lei.
Sui miei
occhi scese un velo rosso.
Le tirai i
capelli, mettendo in vista il suo collo candido che mi attirava come il
miele
attira gli insetti.
Mi avventai
sulla giugulare, tagliando la carne e i tendini, sentendo il dolce
fluido
venire in me.
Dolce,
caldo, dissetante.
Lui urlò, ma
io non avevo più sete, quindi gli spezzai il collo.
Guardai
quello che avevo fatto.
Il prato
verde era diventato cremisi.
Li avevo
uccisi.
Mi guardai
le mani, rosse.
Urlai.
La pioggia
ricominciò a scendere, mentre un tuono mi fece sobbalzare.
Essa lavò
via il sangue, ma non riuscì
a lavare il
peccato di cui mi ero macchiata.
Avevo ucciso
due innocenti.
Mi
inginocchiai accanto a loro, le mani sulle loro tempie.
Sentii
qualcosa, una specie di pizzicore sui polpastrelli.
Appena la
scarica finii, guardai le mie mani.
Luccicavano.
Me le portai
alle tempie, in un gesto automatico.
Vedevo una
vita che non era mia passarmi davanti.
Vedevo degli
oggetti, che non conoscevo, una bicicletta, un televisore, cellulare,
palla,
una macchina, una motocicletta..
Tutto quello
che aveva fatto parte della loro vita.
La mia mente
era invasa dai ricordi dei due ragazzi.
Luisa e
John.
Si amavano
davvero tanto.
E io avevo
tolto loro la vita, l’amore, tutto.
Perché ero
un mostro.
I miei occhi
divennero rossi, e mi ritrovai a piangere, ma non lacrime.
Sangue.
Stavo
piangendo sangue.
Ora però il
problema era un altro: cosa ero io?
Lasciai vagare lo sguardo sul cimitero.
Ero nella
parte più vecchia della struttura.
Ricordai le
parole del ragazzo.
Nel 2009.
Erano davvero passati 91 anni da quando ero vissuta?
Sarei dovuta
diventare polvere, non risvegliarmi in una bara ed uccidere due poveri
ragazzi.
Sistemai il
loro corpi ordinatamente.
Mi alzai,
sussurrando, sperando che potessero sentirmi «Mi
dispiace»
Dovevo
sfogarmi.
Dovevo
sfogare la rabbia, la frustrazione.
Iniziai a
correre.
Fu un gesto
automatico.
Mi inoltrai nel bosco.
Il cimitero più grande di Forks si trovava nel bosco.
Lo sapevo perché ci ero stata al funerale di mio nonno, circa 93 anni fa.
Mi fermai in una gigantesca radura circolare.
Un ragazzo stava per attaccare un .. puma!?
Dilatai le narici, e percepii un odore, che avevo già sentito..
Edward.
Era il suo odore.
Dolce, pungente, unico.
Lanciai un ringhio.
Il puma scappò.
Edward ringhiò, frustrato «Era la mia cena»
«Edward» sorrisi, falsa
Non riuscivo a vedere bene il suo volto, per colpa dell’oscurità.
La sua espressione feroce scomparve, lasciando posto ad uno sguardo adorante.
«Isabella» sussurrò, accennando un inchino.
«Si ricorda di me, vero, “mio caro”?» dissi sarcastica, avvicinandomi lentamente
Si irrigidii «Mi deve perdonare, ho perso il controllo delle mie azioni, quella sera»
Avanzai sino a mettermi dinanzi a lui.
«Perché?» dissi, con la voce roca, di nuovo il sussurro di prima.
Non rispose, ed abbassò lo sguardo sulla mia gonna, e la cosa mi diede non poco fastidio.
«Rispondere alla domanda di una signora, Edward. E’ una della prima regola del galateo» dissi, fredda.
Vedendo che non spostava lo sguardo, gli diedi un sonoro schiaffo sulla guancia.
«Non potevate uccidermi soltanto, vero?» sibilai, la mano ancora alzata.
Le sue parole mi ferirono più del dovuto «L’intenzione era quella» disse, guardandomi cupo, afferrandomi bruscamente il polso.
«Si è degnato di darmi una risposta» replicai «Sta facendo progressi»
Ringhiò, ma non ci badai «Cosa sono?» chiesi.
«Non lo so» sussurrò, addolorato «Non è una cosa normale. Nemmeno per noi. Io dovevo solo trasformarla, ma l’avevo uccisa. Lei non dovrebbe essere qui»
«Non ha risposto alla mia domanda» dissi, iniziando a perdere la pazienza «Cosa sono?» dissi, scandendo bene le parole.
«Un vampiro» altro lampo, che mi permise di vedere il suo viso.
Mai espressione fu più seria e sincera.
Allora ero un vampiro.
Ecco perché avevo bevuto da quella ragazza.
Ecco perché ero ritornata in vita.
«Perché mi ha fatto diventare così, Edward?» chiesi, abbassando lo sguardo.
«Perché volevo vedervi come me, mentre bevevo il suo sangue. Mentre sentivo il suo dolce sapore» portò il mio polso al suo viso, premendolo contro il suo naso, inspirando forte.
Mi cinse la vita con un braccio, attirandomi a se «Perdonami» sussurrò al mio orecchio.
Mi scostai da lui «No» dissi, fredda «Mi dispiace, ma non credo di poter perdonare»
Si ricompose «Le ho già esternato il mio profondo dolore»
«Ma non credo che il mio rancore possa mai svanire, dopo un solo, stupido mi dispiace» dissi, la voce rotta, roca.
Ringhiò frustrato «Cosa potete volere da me? Sono un mostro, non posso rinnegare la mia natura. Passeranno gli anni, ma io e lei saremo solo questo, non posso farci niente se lei non vuole accettare la sua essenza» disse, quasi urlando.
Non mi trattenni. La mia vista assunse una colorazione rossastra.
Ringhiai, avventandomi sul suo collo.
Cademmo entrambi a terra, io sopra di lui, che cercò di spingermi via, con delicatezza.
Ma io gli bloccai bruscamente i polsi per terra, gli tirai indietro i capelli, mostrando il suo bellissimo collo.
Lui si dimenava, impotente.
«Non si disturbi» ghignai, e morsi la sua giugulare.
Sentivo quello che lui provava, l’umiliazione e l’impotenza della preda.
Io ero la predatrice.
Tagliai la carne molto più dura di quella della ragazza poco prima, ma il liquido era delizioso.
Dolcissimo, caldo. Davvero sublime.
Sicuramente migliore di quello della ragazza.
Ma era un nettare divino, come miele.
Gemette per il dolore, quando affondai di più i denti nel suo collo.
Mi staccai da lui.
Mi sentivo diversa, strana, sentivo emozioni che non erano le mie.
Mi alzai, si scatto, e lui con me.
I suoi occhi erano più scuri. Era furioso.
«Mi perdoni, vi scongiuro» dissi, candendo in ginocchio, scossa da singhiozzi.
Il ghiaccio dei suoi occhi sembrò sciogliersi, lasciando spazio ad un tenero sorriso rassicurante.
Ricominciai a piangere, sporcandomi di sangue.
Lui si inginocchiò accanto a me, mi guidò le braccia a cingergli il collo, e mi afferrò le ginocchia, per allacciarsele alla vita.
Si alzò ed iniziò a correre.
«Non mi fate del male» sussurrai, la voce roca.
«No, mai più, Isabella» disse, dolcemente.
Annuii, e chiusi gli occhi, mentre i sensi si attutivano, risucchiando tutto in un vortice scuro.
«Isabella?» mi chiamò, continuando a correre.
«Mi dia del tu, per favore»
Sorrisi, mentre scivolavo nelle tenebre.
In quel preciso istante,
dall’altro
capo dell’ Universo
Una
figura
incappucciata stava guardando dentro uno
specchio, dove un vampiro prendeva in braccio una personcina dai
boccoli
castani e dagli occhi marroni, singhiozzante.
«Mi è
sfuggita» sibilò.
Non era possibile,
nessuno ci era mai riuscito.
Cosa
intendi fare?» chiese Gabriele, accanto a lui «Non
puoi cambiare il corso degli eventi»
«Nessuno
finora mi è sfuggito»disse l’altro
freddo «Lei non sarà la prima»
Aprì le sue
grandi ali nere.
Lei non sarebbe
fuggita ancora..
Ragazzuoli, mi
deludete. Siete così tanti lì fuori.
Tante persone che vorrebbero
solamente cliccare su Inserisci
una recensione, mentre
me ne ritrovo solo due!?
A questo punto sono andata
meglio con la One-Shot XD.
Ecco il
primo capitolo, vi è piaciuto? Fatemi sapere,
grazie.
Lorelaine86:
Grazie a te sono riuscita a superare quel momento e quella crisi da
pagina
bianca, dovuta a TU-SAI-COSA, grazie anche per il titolo regalatomi XD.
Bacioni
SaraR98: Ma
te sei bravissima, non hai bisogno del mio aiuto XD. Bacioni