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Autore: lolloshima    25/08/2022    1 recensioni
Questa raccolta partecipa alla challenge bimensile #thetimoofourlife indetta dal gruppo facebook Non solo Sherlock.
Parla delle cinque fasi della vita (INFANZIA, ADOLESCENZA, GIOVENTU' ETA' ADULTA, VECCHIAIA) di Akihiko Kaji, il violinista e batterista del manga / anime Given.
Dalla sua infanzia difficile, al successo, passando per gli amori della sua vita.
I personaggi principali appartengono all'autore del manga, Natsuki Kizu, così come la storia di fondo. Le ambientazioni della storia e i personaggi secondari sono di mia invenzione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akihiko Kaji, Haruki Nakayama, Ugetsu Murata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PROMPT CANZONI: Vent’anni - Maneskin

*

L’aula di violino era affollata.

Lo era sempre, quando a provare era Akihiko Kaji.

Alto, capelli corti biondi ossigenati, lunghe gambe fasciate dai pantaloni neri della divisa scolastica, braccia muscolose a stento trattenute dalla stoffa della camicia bianca aderente, cravatta ben annodata sul collo teso.

Teneva gli occhi chiusi, Kaji, quando suonava. Il volto piegato sulla sinistra, il mento appoggiato al ponticello del violino. Con le dita della mano destra teneva l’archetto, e lo muoveva come fosse una bacchetta magica, con un tocco delicatissimo, quasi etereo, ma allo stesso tempo un controllo pressochè totale.

Gli occhi dei presenti, maschi e femmine, erano tutti puntati su di lui, incantati da quel corpo elegante e tonico che sembrava vibrare insieme alle note, e stregati dalla meravigliosa melodia che lui era in grado di far scaturire da 4 corde e un archetto.

Akihiko terminò l’esibizione con un gesto ampio del braccio destro, che si bloccò di colpo quando l’archetto fu sopra la sua testa.

Per un attimo nella stanza calò il silenzio più totale.

Kaji si girò verso il Maestro.

“Mbeh? Com’era?”

Anche il professor Konosuke dovette sforzarsi per ridestarsi dall’estasi in cui era stato risucchiato. Sbattè gli occhi e deglutì.

“Ehm… Molto bene, Kaji-kun. Sì. Direi che ci siamo”. Si avvicinò a lui, poggiandogli una mano sul gomito piegato del braccio sinistro che reggeva il violino, e tirandolo un po’ più su.

“Mi raccomando la postura. E poi... Quante volte ti ho detto che non suoni solo per te? Cerca di voltarti verso il pubblico e non…”

“...e non stare girato verso il muro. Sì, Sensei, me lo ripete da quando ero alle elementari. Va bene, cercherò di fare attenzione.”

“Molto bene, allora. Puoi andare, Kaji. A chi tocca adesso?”

Akihiko sistemò il violino nella custodia e uscì dall’aula, seguito da quasi tutte le ragazze.

“Aki-san, sei stato bravissimo!”

“Akihiko-san, mi potresti dare un consiglio per interpretare meglio la mia parte?”

“Kaji-san, facciamo un duetto?”

Kaji non aveva problemi a trovare una compagnia femminile. Ogni giorno avrebbe potuto scegliere una ragazza diversa con cui passare il pomeriggio, o la sera. E spesso lo faceva.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di non tornare a casa. Da sua madre. Anche se era cresciuto, lei continuava a rimproverarlo e a dipendere totalmente lui.

“Avrei bisogno di un posto per dormire, stanotte” buttò lì, senza tanti preamboli.

“Puoi venire da me Akihiko-san” squittì Yuki, una ragazza minuta e sorridente, con i capelli lunghi e corvini, trattenuti sopra la fronte da un cerchietto colorato.

Akihiko accettò volentieri l’opportunità di trascorrere un’altra notte fuori di casa. “Sei molto gentile, Yuki-chan, grazie. Ci vediamo più tardi a casa tua. E intanto ringrazia molto tua madre”.

“Lo sai, mia mamma è sempre felice di ospitarti.”

Certo, lo sapeva bene Akihiko quanto la bellissima, viziatissima e disponibilissima, madre di Yuki-chan lo ospitasse volentieri. Aveva già avuto modo di visitare la sua camera da letto in più di un’occasione, mentre la figlioletta dormiva serena nella sua stanza principesca.

Era stata lei, a proporglielo, una sera che Yuki lo aveva invitato a cena.

Separata da tempo, ricca ed annoiata, aveva messo gli occhi su quel bel ragazzino tutto muscoli. D’altronde, lei era ancora un donna giovane, e lui dimostrava molti più anni di quelli che realmente aveva. Avrebbe fatto di tutto per togliersi lo sfizio di averlo tra le sue lenzuola.

Anche presentarsi nuda, distesa a letto, con solo un violino a coprirle le parti intime.

Ovviamente, quel violino era destinato a lui, se avesse avuto voglia di andarselo a prendere.

Da tempo la madre di Yuki procurava ad Akihiko le corde di ricambio, gli spartiti, gli olii per la manutenzione dello strumento, e tutte le altre cose che potessero servirgli per suonare.

Purchè “quelle cose”, lui fosse disposto ad andarle a recuperare… addosso a lei.

Quanto al resto, ci pensavano le ricche amiche della signora, a cui era arrivata la voce di questo bellissimo ragazzo così abile a muovere le dita delle mani. E a toccare le corde giuste per far vibrare ciò che sfiorava. Il suo violino, principalmente. Ma non solo quello.

E così, si ritrovava spesso in letti sconosciuti, con addosso le braccia, le mani o le bocche di donne sempre diverse. Lui era sempre gentile e galante con tutte, ricordava i loro nomi e le piccole abitudini di ciascuna di loro, le faceva sentire al centro della sua attenzione e, a loro modo, uniche. Per la durata di quei fugaci incontri.

Ogni appuntamento gli garantiva vestiti nuovi, jeans griffati, cellulari, generi alimentari. A volte, si era ritrovato in mano anche qualche banconota.

Aveva ottenuto anche lezioni private di violino, quando a volerlo conoscere era stato il giovane maestro personale di Yuki-chan.

Grazie a questa esperienza, e alle sessioni di approfondimento che si concludevano in camera da letto, Akihiko non solo aveva affinato le tecniche del violino, ma aveva anche scoperto quanto appagante, coinvolgente e liberatorio fosse il sesso tra uomini.

Ma purtroppo, alla fine, l’insegnante si era perdutamente innamorato di lui, e Kaji aveva preferito interrompere le lezioni e ogni altro tipo di rapporto intimo.

Di lui, gli era rimasta solo una cavigliera di cuoio rosso, che il maestro gli aveva annodato al piede un pomeriggio, dopo aver fatto l’amore. Non se la sarebbe più tolta. Era il simbolo della sua natura, della scoperta del suo orientamento sessuale, e del suo prezzo: un violino, qualche abito, una manciata di banconote, un po’ di musica.

A lui non dava fastidio, essere mantenuto. Non ne andava fiero, certo, ma non se ne vergognava.

Alla sua età quello che voleva era solamente emergere, dare sfogo alla propria passione, lasciare un segno nel mondo. E soprattutto essere libero dalla schiavitù di una madre che lo teneva legato a una catena fatta di accuse e sensi di colpa.

Non provava alcuna invidia per le persone che, di fatto, gli procuravano da vivere. Anzi, quasi gli facevano pena, impegnati com’erano a rincorrere il denaro e abituati a dare un prezzo a tutto. Anche all’amore.

A lui, invece, l’amore non interessava. E neppure il denaro.

Lui l’amore non lo provava mai, e non chiedeva più di quello che gli serviva per poter sopravvivere, aiutare sua madre e coltivare la sua musica.

*

Akihiko salutò Yuki e le altre ragazze e si voltò verso l’uscita della scuola. Quando alzò lo sguardo notò, in fondo al corridoio, un ragazzo alto e magrissimo che si stava avvicinando. Era slanciato, con una massa di capelli corvini arruffati che ricadevano su un volto affilato, ma dai tratti delicati.

Mentre camminava verso di lui, la camicia bianca si muoveva morbida su un busto esile, e le maniche fluttuavano attorno a braccia sottilissime. In una mano, teneva la custodia di un violino, che sembrava quasi galleggiare in aria, senza peso.

Il suo cuore si fermò.

Rimase impietrito a guardarlo, mentre il nuovo arrivato gli passava oltre e si infilava nella stanza di musica che lui aveva appena lasciato.

Come attratto da una calamita, Akihiko tornò sui suoi passi, e si fermò sulla porta dell’aula.

Il professore salutò il ragazzo, dandogli il benvenuto e presentandolo agli altri come Ugetsu Murata, un nuovo studente appena arrivato.

Il giovane appoggiò la custodia sulla cattedra del professore, ne estrasse un violino di legno scuro, controllò corde ed archetto, ed inforcò lo strumento tra il mento e la spalla.

Già nel momento in cui il professore gli diede la nota per l’intonazione, Kaji capì di essere di fronte a qualcosa di speciale.

Ma quando Ugetsu iniziò a produrre le prime note di un brano difficilissimo, e la melodia si diffuse tra le mura della stanza, per Akihiko fu come essere investito da uno tsunami.

L’amore è violento.

Come un vento impetuoso.

Come un uragano.

Un terremoto dell’anima.

Non gli era mai capitato di incontrarlo, ma non ebbe alcuna difficoltà a riconoscerlo al primo istante: talento puro.

Un talento irruento, travolgente, che non lascia possibilità di scampo, che non consente paragoni.

Violento.

Come l’amore.

Che arriva inaspettato e ti travolge, anche se non vuoi, anche se lo rifiuti.

Un amore che fa male.

Finita la piccola esibizione, Ugetsu si voltò nella sua direzione e, vedendolo, sorrise. Sorrise con il suo modo dolce e crudele, socchiudendo gli occhi e piagando un pochino di lato la testa.

Per Kaji non ci fu più niente da fare.

Quella sera non andò a cena da Yuki-chan. Si scusò con sua madre, dicendo che aveva un impegno scolastico, perché doveva occuparsi di un nuovo studente appena arrivato.

In un certo senso era proprio così.

*

“Sul serio abiti qui?” disse Akihiko scendendo le scale dello scantinato.

“Hai qualcosa contro i piani interrati?” lo schernì Ugetsu sorridendo.

“No no, anzi. Solo che non avevo mai visto una casa senza finestre”.

“Il bello è che si può suonare finché si vuole. Le pareti sono insonorizzate. Tanto perché tu lo sappia.”

Alla fine delle scale, si era ritrovato un un ampio stanzone dalle pareti altissime, tinteggiate di grigio. L’unica luce soffusa proveniva dalle vetrate poste in corrispondenza dell’entrata dell’edificio, al piano superiore.

Nell’angolo destro era posizionato un letto matrimoniale, con accanto un tavolino basso.

Dall’altro lato, in fondo alla stanza, un angolo cottura, separato dal resto dell’ambiente da un’ampia isola, che fungeva anche da tavolo.

“Se vuoi un caffè, accomodati, la cucina è di là. Trovi l’occorrente sugli scaffali.”

Kaji si avviò verso la cucina. Dentro al lavello giacevano alcuni piatti da lavare, e il piano cottura non era stato pulito.

Aprì qualche sportello e preparò il caffè, mentre Ugetsu sfogliava alcuni spartiti disteso a pancia in giù sul letto, sopra un copriletto nero. Quando fu pronto, Akihiko prese da uno scaffale due tazze, versò il caffè per entrambi e si avvicinò al letto. Allungò un braccio, e offrì una tazza al padrone di casa.

“Ehi, ma che ti prende? Non ti ho mica chiesto di portarmi un caffè! Non serve che interpreti il ruolo della mogliettina premurosa.”

Kaji rimase bloccato, ma non replicò. Appoggiò la seconda tazza sul tavolino e iniziò a sorseggiare la bevanda bollente.

“Vieni qui, vicino a me” lo invitò Ugetsu spostandosi leggermente di lato sul materasso. “Ma prima togliti la camicia.”

Akihiko obbedì. Era abituato a soddisfare i desideri dei suoi amanti. Ma questa volta il cuore gli batteva come non gli era mai capitato nella sua vita, e sentiva tutto il corpo fremere di un’emozione sconosciuta.

Rimasto a petto nudo, il corpo percorso da brividi, si distese di fianco a Ugetsu.

Non sapeva bene cosa fare, non era certo di poter interpretare quell’invito come un segnale ad andare oltre.

Chi era quel nuovo ragazzo, che lo aveva stregato fin dal primo istante in cui l’aveva visto, e lo aveva indissolubilmente legato con la sua musica angelica?

No, un angelo non poteva essere. Gli angeli non possono fare così male. Non ti avvolgono in spire mortificanti per impedirti di emergere, non affondano in un attimo tutte le tue speranze e le tue aspirazioni. Non ti fanno cadere in ginocchio, impotente, di fronte a un talento impossibile da eguagliare.

Un demonio, ecco chi era Ugestu. Il demonio più fastidioso ed eccitante che avesse mai incontrato.

Timidamente, allungò un braccio per avvolgere le sue spalle ma, prima che riuscisse a toccarlo, l’altro si voltò nella sua direzione, gli prese il volto tra le mani e lo baciò sulla bocca.

“Ho sentito grandi cose su di te, Akihiko-san. Su quello che sei capace di fare. A scuola e nel privato” gli sussurrò sulle labbra.

“Beh, io… non so…” cercò di ribattere, preso alla sprovvista.

“Gira voce che spesso tu sia alla ricerca di un posto dove stare.”

“No, io...” tentò di dire imbarazzato Kaji, ma fu interrotto da un altro lungo, profondo bacio.

“Non occorre che mi spieghi. A me non dispiacerebbe dividere il mio letto, qualche volta. Con te” continuò Ugetsu guardandolo negli occhi e accarezzandogli la guancia con il dorso delle dita.

“Ma mettiamo le cose in chiaro. A me interessa suonare. Amo la musica sopra ogni cosa. E voglio diventare qualcuno. Non voglio che il mio nome scompaia in mezzo a quello degli altri. Farò di tutto per riuscirci. Non voglio distrazioni, e soprattutto, non mi serve una mogliettina. Che dici, ci stai?”

Prima che Kaji potesse rispondere, Ugetsu gli infilò una mano tra le gambe, fino a incontrare la sua erezione, che premeva potente contro la stoffa dei pantaloni.

“Questo è un sì?” proseguì Ugetsu, mentre gli slacciava i calzoni e glieli sfilava insieme ai boxer.

Akihiko non poteva crederci. Il ragazzo di cui si era innamorato a priva vista, quel meraviglioso, talentuoso, bellissimo ragazzo era tra le sue braccia.

Non poteva commettere altri errori.

Non aveva neppure vent’anni e già ne aveva fatti tanti, di sbagli, nella sua vita. Aveva fatto molte cose di cui, forse, si sarebbe potuto vergognare. Eppure, non rinnegava nulla, tutte le sue scelte lo avevano portato lì, dov’era in quel momento. E adesso, era giunto il momento di scegliere cos’era più importante.

Si rendeva conto che lui non sarebbe mai stato all’altezza di Ugetsu e del suo straordinario talento. Sarebbe sempre stato un passo indietro rispetto a lui, sarebbe stata la sua ombra. Con lui non avrebbe potuto emergere, e alla fine avrebbe sempre sofferto.

Ma Ugetsu significava libertà. Significava vivere finalmente una vita a colori, in un mondo in bianco e nero.

“C… ci penserò… “ cercò di dire Kaji, concentrato sulle mani dell’altro che gli stavano facendo perdere completamente il controllo.

“E adesso basta parlare, Aki-chan… ho voglia di fare l’amore…”

Sopraffatto da un’eccitazione incontenibile, Akihiko lo spogliò completamente e si distese sopra il suo corpo esile, assaporando il suo profumato inebriante.

La testa di Kaji si riempì di lui, il suo cuore di tutte le sensazioni violente e sconvolgenti che non pensava di riuscire a provare.

Dopo, ci furono solo le loro gambe intrecciate, le mani unite, le bocche a cercare angoli nascosti ed inesplorati, i corpi fusi l’uno nell’altro. I sussurri, i gemiti, le suppliche ad avere di più, le urla esplose e custodite tra le pareti insonorizzate di quel nuovo nido.

L’estasi del piacere raggiunto insieme.

Le risate di Ugetsu quando, il giorno dopo, Akihiko si presentò con tutti i suoi bagagli.

Aveva scelto l’amore. Anche se significava avere a che fare con un demone.

E convivere con la paura di non essere all’altezza.

 

   
 
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