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Autore: lolloshima    27/08/2022    0 recensioni
Questa raccolta partecipa alla challenge bimensile #thetimoofourlife indetta dal gruppo facebook Non solo Sherlock.
Parla delle cinque fasi della vita (INFANZIA, ADOLESCENZA, GIOVENTU' ETA' ADULTA, VECCHIAIA) di Akihiko Kaji, il violinista e batterista del manga / anime Given.
Dalla sua infanzia difficile, al successo, passando per gli amori della sua vita.
I personaggi principali appartengono all'autore del manga, Natsuki Kizu, così come la storia di fondo. Le ambientazioni della storia e i personaggi secondari sono di mia invenzione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akihiko Kaji, Haruki Nakayama, Ugetsu Murata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3) GIOVENTU’ – FUGA

PROMPT: Citazioni – Arriverà / stravolgerà ogni cosa / e farà rinascere / la versione migliore di te

*

 

“Sono tornato!”

Ugetsu tolse le scarpe bagnate e le lasciò ai piedi della scala.

Quelle parole, quasi urlate senza il minimo ritegno, svegliarono Akihiko, che aprì svogliatamente gli occhi e guardò l’ora sul telefono che teneva accanto al cuscino: 4.28.

Dormiva a torso nudo, a pancia in giù, un braccio piegato sotto il cuscino.

“Fammi posto.” Ugetsu, ancora completamente vestito, si distese sul letto di fianco a lui, spostandolo con piccoli movimenti del bacino. Sapeva di pioggia, e l’odore della sua pelle era amplificato dall’umidità.

“Ho voglia…” Ugetsu passò un dito sulla schiena nuda di Kaji.

“E io no. Stavo dormendo” bofonchiò l’altro.

“Eddai, non fare il prezioso” continuò il nuovo arrivato, spostando delicatamente la punta delle dita sulla pelle del compagno, che rabbrividì con piccoli spasmi.

“Sei tutto bagnato.”

“Ovvio, fuori piove! Aki-chan, devi pur guadagnarti la mia ospitalità! O credi che sia sufficiente tenere in ordine e fare le pulizie?” lo provocò Ugetsu ritirando la mano.

“Sei più acido del solito. Che c’è, il volo non era di tuo gradimento? Sei di cattivo umore?”

Sì, lo era. In aereo, la musica di sottofondo in prima classe era pessima, il film che avevano proiettato faceva schifo, e il filetto era troppo cotto! Come se non bastasse, pioveva.

“Sì, in effetti sono un po’ nervoso.”

Gli infilò una mano dentro i boxer e la avvolse intorno ad una natica.

“Mmmm…. Sei caldo… Dai, dammi un po’ di te...”

Akihiko si voltò nella sua direzione. Dopo anni di convivenza, Ugetsu sapeva bene come toccarlo, e come fargli salire il desiderio.

Sapeva accenderlo così come sapeva tirare fuori da un pezzo di legno le melodie più raffinate o estreme.

E’ vero, quando Ugetsu muoveva le mani sul suo corpo, con il suo modo delicato e passionale, non c’era neanche una minima traccia dell’amore che trasmetteva quando tra le mani teneva il suo violino. Però quei gesti erano sufficienti a rendere Akihiko pronto a soddisfare le voglie del suo capriccioso coinquilino.

“Senti qui…” Ugetsu spostò la mano, prese quella di Akihiko e la premette contro il proprio membro. Duro e invitante, anche attraverso i pantaloni.

“Questo è decisamente convincente. Come è andato il concerto?” chiese Akihiko in un soffio.

“Che c’è, vuoi fare conversazione adesso? Guarda che me lo fai ammosciare” rispose Ugetsu, indurendo il tono della voce. “E comunque non fare domande stupide” continuò più dolcemente. “E’ andato benissimo. Quasi una perdita di tempo, per me”. Sorrise e lo baciò sulle labbra.

“Almeno togliti i vestiti. Sanno ancora di aeroporto.”

Ugetsu estrasse la mano, che nel frattempo era tornata ad avvinghiarsi sulla natica di Akihiko, e si staccò da lui.

“E va bene” disse, alzandosi dal letto. “Mentre mi spoglio metto su l’acqua per il caffè. Faccio anche una doccia veloce. Tu preparati, nel caso mi andasse ancora di fare sesso, dopo”.

Sbadigliò, iniziando a sbottonarsi la camicia candida, si girò e si allontanò verso il bagno.

Dall’impermeabile alla biancheria, tutto fu abbandonato disordinatamente sul pavimento.

Come sempre, Ugetsu decideva ogni cosa in base alle voglie del momento. Cosa iniziare, e cosa lasciare a metà. O abbandonare definitivamente.

“Ora dovrò raccogliere i vestiti e pulire il bagno” pensò Akihiko, mentre si girava dall’altra parte.

Almeno non avevano litigato.

Ormai quella strana convivenza era diventata uno slalom tra momenti di tenerezza, liti furibonde, sesso sfrenato e stoviglie rotte.

Si erano lasciati e ripresi più volte, tante quanti erano i piercing sul volto di Akihiko. Forse era solo un caso, ma ogni volta che Kaji decideva di farsi un nuovo buco sulle orecchie, sul labbro o sulla faccia, come simbolo della sua nuova vita senza Ugetsu, ecco che lui ritornava tra le sue braccia, con un sorriso, un bacio, una partitura scritta solo per lui.

Lo odiava per questo. Ma non riusciva a smettere di amarlo con tutto se stesso.

Quando Ugetsu uscì dal bagno, con un asciugamano avvolto intorno ai fianchi, stava canticchiando una melodia. Teneva in mano alcuni spartiti e li leggeva distrattamente. Si diresse in cucina, dove trovò una tazza di caffè pronta sul tavolo. Iniziò a sorseggiarlo, continuando a studiare quei fogli.

Non rivolse neppure un’occhiata a Akihiko, che si era girato verso il muro e sembrava essersi riaddormentato.

In realtà, Akihiko non dormiva, eppure sognava. Sognava ad occhi aperti il volto sorridente di Haruki, sentiva sotto le dita i suoi morbidi capelli, aspirava il profumo della sua pelle che sapeva vagamente di fumo e caffè, sentiva la sua risata soffocata. Aveva, davanti a sè, i suoi occhi arrossati e lucidi, che lo guardavano innamorati.

*

Akihiko sistemò la sacca con le bacchette sulla spalla, chiuse l’ombrello ed entrò nel bar.

Haruki era intento a versare il caffè nelle tazze di alcuni clienti. I lunghi capelli raccolti in una morbida treccia, il grembiule allacciato in vita. Akihiko non aveva ancora deciso se lo trovava più attraente in quella versione o mentre era curvo sul suo basso e pizzicava le corde muovendo a ritmo le sue lunghe dita affusolate, con i capelli ribelli che gli ricadevano sul viso.

Aveva sperato di trovarlo solo. Non sapeva perché, ma ogni volta che entrava al bar, sperava che non ci fosse nessuno all’infuori di Haruki.

Adorava vederlo maneggiare con maestria la macchina per preparare il caffè, e gli piaceva godersi ogni gesto, ogni passaggio di quella particolare procedura, come fosse un cerimoniale dedicato solo a lui. Lo aveva osservato bene, e non gli era sfuggito che Haruki, sempre molto professionale e sicuro di sé con tutti gli altri clienti, quando preparava il caffè per lui sembrava quasi impacciato e le sue mani tremavano un po’.

In Haruki, nella loro band, Akihiko aveva trovato un mondo rassicurante. Un senso di calore e familiarità che non provava altrove. Nemmeno a casa sua. Qualunque essa fosse.

Una tana dove potersi rifugiare senza pensare ad un amore ormai finito, di cui erano rimaste solo le ceneri e una convivenza di comodo.

Dove poter fuggire dai problemi e dai deliri di sua madre e dalle critiche di suo padre.

Dove non sentire il vuoto che gli lasciavano le storie occasionali, alle quali si concedeva da quando il suo rapporto con Ugetsu era naufragato.

Soprattutto, dove nessuno poteva accorgersi del suo fallimento in ambito musicale, e del fatto che non era, non sarebbe mai stato bravo come Ugetsu.

Grazie alla band, poteva convincersi di avere fatto bene ad abbandonare il violino, e di avere fatto la scelta giusta nel dedicarsi, tra tutti gli strumenti che era in grado di suonare, alla batteria, così immediata ed istintiva.

Ne aveva parlato con il suo vecchio Maestro Konosuke, l’uomo che tanto tempo prima aveva creduto in lui e aveva cambiato la sua vita, e che lo seguiva fin dalle elementari.

Era tornato al suo vecchio liceo e lo aveva aspettato alla fine delle lezioni. Davanti al distributore automatico delle bibite, tutto d’un fiato, gli aveva confidato di non sentire più la stessa passione per la musica, anzi, di non sentire più nessuna passione, per niente e per nessuno. Di non sentirsi degno di uno strumento nobile a perfetto come il violino. Di non essere all’altezza dei grandi musicisti. Di non poter aspirare a raggiungere il cuore di nessuno, con la sua musica. Nè con nessuna altra parte di sé.

Il professore si era limitato ad ascoltarlo, senza cercare di convincerlo che in realtà il suo talento era intatto, che non doveva sminuire la sua bravura a causa di un insensato paragone con la genialità, che il violino è una passione che ti entra nelle ossa e non ti può lasciare più, che non puoi cercare di fuggire l’amore, quando arriva.

Lo aveva ascoltato pazientemente fino alla fine e poi, poggiandogli una mano ferma sulla spalla, gli aveva solo sussurrato. “Mio caro Aki-chan, quello che stai cercando, arriverà. Stravolgerà ogni cosa, e farà rinascere la versione migliore di te”.

Akihiko non aveva capito bene quelle parole, ma era grato al suo vecchio maestro per non aver cercato di fargli cambiare idea e di fargli riprendere lo studio del violino.

Gli piaceva suonare nella sua band. Insieme ai suoi amici. Insieme ad Haruki.

Akihiko si accomodò al bancone del bar, e Haruki gli mise davanti una tazza di caffè fumante. Poi, si appoggiò sul piano, e lo guardò, in attesa che lo sorseggiasse. Una ciocca di capelli gli scivolò morbida sulla fronte.

Akihiko incrociò i suoi occhi e si sentì avvampare.

Il suo cuore prese a battere all’impazzata e all’improvviso sentì che in quel momento niente al mondo era più importante che allungare la mano e sistemare delicatamente quel delizioso ciuffo di capelli.

Forse si era sbagliato.

Forse l’amore non è solo dolore. Non è solo violenza. Non è frustrazione.

E se l’amore fosse un rifugio sicuro, un abbraccio consolatore, una risata piena di gioia, uno stato di perenne felicità?

Se fosse davvero possibile incontrare il vero amore, quello che è ricambiato?

“Aki-chan! Non devi continuare a venire a prendermi per le prove. E’ troppo scomodo per te. Possiamo vederci direttamente allo studio.”

“Lo sai che preferisco passare, Haru. Ormai dovresti averlo capito, il motivo.”

“…” Haruki sgranò gli occhi, arrossendo vistosamente.

Akihiko lo trovò irresistibile. L’Amore era lì, davanti ai suoi occhi. E aveva la forza di stravolgere ogni cosa, e di far rinascere la versione migliore di sè.

“Non esiste al mondo un caffè più buono del tuo.”

 

 

   
 
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