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Autore: HermaMora    28/08/2022    3 recensioni
Anno scolastico 1998-1999. Hogwarts è stata teatro degli orrori della Secondo Guerra Magica. Prima posta sotto il controllo dei Mangiamorte, poi teatro dell'ultima grande battaglia tra il Signore Oscuro e l'Ordine della Fenice, la scuola di magia e stregoneria inglese porta le cicatrici di anno più che tetro. I protagonisti delle avventure che ci hanno accompagnato fino alla dipartita di Voldemort hanno preso le loro strade: Ron ed Harry hanno iniziato il loro apprendistato come Auror, mentre Hermione sta per cominciare il suo settimo anno ad Hogwarts. Con lei, pochi studenti inglesi si presenteranno alle porte della storica scuola e la nuova Preside, seguendo la politica del predecessore Albus Silente, sceglie di chiedere aiuto ai maghi di tutta Europa, per dare nuova vita alla sua scuola.
(Aggiornamento settimanale)
Genere: Erotico, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio, Serpeverde | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Pansy/Theodore
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 1 “Capesante gratinate”

Imperio è per l'inglese che cucina troppo la pasta,

Crucio lo merita quello che l'umore ti guasta,

l'Avada Kedavra per freddare i razzisti dai denti gialli

in pasto al Basilisco quelli che fan troppo i galli.

 

Valentino stava ripetendo questa filastrocca da una mezz'ora buona. L'avevano inventata in cinque minuti lui e sua sorella, che lo aveva salutato di fronte alla barriera del treno Nove e Tre Quarti.

Per essere una quattordicenne, Agata ci sapeva fare. Al suo posto avrebbe maledetto la loro adorata madre fino a farle cambiare idea, fino a farle uscire dalla testa questo intento assurdo.

Uno studente dell'Accademia Profonda, un italiano, mezzosangue per giunta, obbligato a passare il suo ultimo anno in Inghilterra, insieme a dei veri inglesi!

In un paese retrogrado come quello, in cui le Arti Oscure non solo erano mal viste, ma anche illegali.

Valentino frugò fra le tasche piene di pacchetti di caramelle gommose, fino a trovare finalmente un fazzoletto. Ci vollero due minuti prima di essersi asciugato tutto il sudore che si ostinava a colare dalla sua fronte.

Aveva sempre odiato sudare.

Probabilmente a questi idioti non insegnavano nemmeno il latino, Cristo Santo!

Sarebbe stato costretto ad agitare la bacchetta come uno zotico, pronunciando formule senza studiarle davvero, sperando in una scintilla o due. Nella lettera che aveva ricevuto dalla preside di Hogwarts, tale Minerva (che razza di genitori devi aver avuto per farti chiamare come la dea della saggezza e delle arti militari?) McGonagall, che nella sua testa era già diventata la “Mcgera”, gli aveva esplicitamente vietato di usare anche un solo incantesimo oscuro in terra inglese e ancor più fra le mura scolastiche.

Gli aveva consigliato di seguire Antiche Rune, che dal programma sembrava ricordare Filologia Magica, corso obbligatorio fino al settimo anno all'Accademia Profonda di Venezia, Difesa contro le Arti Oscure, come se non ci fosse un modo più efficace delle stesse Arti Oscure per contrastarle, Trasfigurazione, che sembrava uguale alla quella che aveva seguito fin'ora, Pozioni, Incantesimi e Artimanzia, una simpatica ladrat... trovata inglese che prevedeva della basi di lingua magica per eseguire alcuni piccoli incantesimi per prevedere il corso degli eventi.

Tanto valeva rivolgersi ad un centauro, maledizione!

L'italiano si lasciò affondare sul sedile fin troppo morbido del treno e osservò la stazione fuori dal finestrino opaco.

Ma guarda un po', pioveva.

Che paese del cazzo.

La sua annoiata contemplazione venne interrotta da un rumore alle sue spalle.

“Non ci posso credere! Marchetti, anche tu su questo macinino?”.

Valentino Marchetti si girò, attirato dalla domanda posta in un italiano madrelingua.

“Angela Doragon!”.

L'italiano ringrazio la dea bendata: non era il solo costretto ad affrontare quel calvario.

Angela era una ragazza abbastanza alta, almeno un metro e settantacinque, dai ricci capelli castano scuro, un ghigno perenne stampato sul viso e grandi occhi marroni.

Valentino ed Angela avevano frequentato insieme sei anni di Accademia e il loro rapporto era più che amichevole.

Angela era la persona più brillante che Valentino avesse mai incontrato, sempre prima dei corsi, meno quello di Arti Oscure, energetica, spiritosa e pronta alla burla. Saperla in viaggio con lui riempì di felicità il cuore dell'italiano.

“Ange, che ci fai qui?”. chiese, ancora stupito, il ragazzo.

“Lo stesso che ci fai tu, temo”.

Angela chiuse la porta dello scompartimento e lasciò il suo baule a terra, prima di stravaccarsi su un sedile.

“Mio padre ha letto quello stupido annuncio e mi ha iscritta”.

Valentino digrignò i denti. Quello stupido annuncio, Angela aveva detto bene.

Dopo la morte di questo Lord Voldemort, una specie di esaltato della purezza del sangue, e dopo la battaglia servita a sconfiggere lui e i pazzi che lo seguivano, le fila degli studenti di Hogwarts sembravano essersi ridotte parecchio, sopratutto quelle dell'ultimo anno di studi: il settimo.

La Mcgera quindi aveva pensato bene di far pubblicare su diversi quotidiani magici esteri un invito ad ogni studente con una buona padronanza della lingua inglese ad eseguire un cambio d'Istituto.

“Un'esperienza che formerà i vostri figli”.

Ad Elena Marchetti, la Madre di Valentino, non era servito altro. In due giorni scarsi, poco prima dell'inizio delle lezioni a Venezia, Valentino si era trovato catapultato in un aereo verso Londra.

“Beh, dato che qui non potremo nemmeno dire “Imperio” senza essere schiantati, sarai in assoluto la prima della scuola”. La incoraggiò Valentino.

“Non ne sarei troppo sicura. Ho appena sentito una ragazza dai capelli rossi scommettere con un tipo dall'aria poco attenta che una certa Granger prenderà il massimo a tutti i MAGO a fine anno. Io francamente non mi ammazzerei di studio fino a questo punto”. Rispose Angela, con aria vagamente annoiata.

Valentino scosse la testa, sconsolato. Un'altra studentessa più in gamba di lui.

“Poi non buttarti giù, Val. Solo perché non hai trasfigurato quell'armadio in un orso l'anno scorso...”.

“Non fammene parlare, Doragon. Ci ho messo un mese ad arrivare al tuo livello con Trasfigurazione, quest'estate”. Ribatté Valentino.

“Hai davvero passato del tempo sui libri quest'astate?”. Chiese divertita Angela, ottenendo un gestaccio come risposta.

“Non sono un genio come te, Ange. Noi persone normali studiamo, se vogliamo essere promossi”.

“Non posso saperlo, Marchetti”. Angela gli fece l'occhiolino.

Lui sbuffò di rimando.

“C'è altra gente dalla terraferma la fuori?”. Chiese l'italiano dopo qualche secondo.

Angela si posò la mano sulla fronte, con aria sconfortata.

“Ecco, non ti piacerà”.

“Sansone Mari? Quello non sa nemmeno come si chiama, figurati l'inglese!”.

Angela scosse la testa.

“Erica? No, aspetta... Andrea? La Maria Maregnolo?”.

“Entrambi”. Confermò l'amica “Ma manca ancora qualcuno”.

“Ma che diavolo è preso a tutti? Si è trasferito mezzo anno di Accademia!”. Valentino si fissò nella memoria di scriverlo a sua madre. Magari con questa consapevolezza lo avrebbe lasciato tornare a casa.

“Ci sono anche l'altra Maria...”. “Non è possibile!”. “..e Leonardo”.

Era calato un silenzio assordante nella cabina. La situazione tra Valentino e Maria era problematica, ma tutto sommato era felice che ci fosse un'amica in più con lui.

Leonardo Peravelli era un'altra questione.

“Sei... Sei sicura, Ange?”. Chiese Valentino, con una voce vagamente tremante.

“Al cento per cento. L'ho visto attaccare boccone con un ragazza dai capelli biondo sporco e l'espressione svampita. L'avrà puntata”.

Il ragazzo scosse la testa. Sarebbe stato un disastro, un'autentica catastrofe.

C'erano anche entrambe le Maria, Repardi e Maregnolo. Ne avrebbero viste delle belle.

Fu in quel momento che le porte dello scompartimento si aprirono di scatto, mentre il rumore che emetteva il treno faceva presagire la loro partenza.

“Possiamo sederci?”.

Tre ragazzi e due ragazze erano comparsi davanti al duo di italiani.

Il ragazzo che aveva aperto la porta era alto, di colore, muscoloso, dai capelli corti, con un paio di occhi nerissimi.

Il secondo invece era secco e basso. Portava dei capelli lunghi e scuri, molto disordinati e aveva degli occhi verde smeraldo.

Il terzo era di gran lunga il più interessante: alto come il primo, ma magro come il secondo, pelle di un bianco perlaceo, lineamenti estremamente spigolosi e capelli tanto biondi da sembrare bianchi. I suoi occhi erano grigi e sembravano fatti di pietra.

Le ragazze, come il loro compagni, erano estremamente differenti.

Una era l'incarnazione del canone di bellezza nordico: fisico slanciato, forme delicate ma non per questo meno accattivanti, due occhi azzurri come il più sereno dei cieli e una chioma liscia e biondissima.

Lo stesso non si poteva dire della sua amica: alta, molto più della bionda, dai lineamenti forti. Nonostante la ragazza avesse le curve al punto giusto, il naso all'insù e gli occhi piccoli e scuri la facevano somigliare ad un anatroccolo. Aveva dei capelli castani, davvero molto lunghi. A colpire Valentino furono le sue labbra carnose e la bizzarra macchia di lentiggini che circondava il suo naso.

Di una bellezza bizzarra, tutt'altro che banale.

Il ragazzo pallido squadrava la coppia di italiani con diffidenza, come se temesse un'improvvisa aggressione.

Valentino scoccò un'occhiata sospettosa verso Angela, trovando subito conferma dei suoi sospetti.

La sua amica storica stava fissando ad occhi sbarrati il ragazzo di colore. Angela aveva un debole per ragazzi ben formati e dallo sguardo profondo.

L'italiano le pesto il piede, scoccandole un'occhiataccia.

Angela si riscosse.

“Certo, sedetevi pure”. La ragazza si spostò affianco a Valentino, per permettere ai nuovi arrivati di sedersi.

La risposta sembrò stupire gli intrusi.

“Siete stranieri?”. Chiese la ragazza dalle labbra carnose, indicando i loro vestiti babbani.

Valentino vestiva con un completo di uno stilista che gli stava particolarmente a cuore, tra camicia, gilet e pantalone a cinque tasche, con ogni capo con una sfumatura di blu diversa. Angela invece indossava una gonna lunga verde scuro e una camicia molto larga, di taglio coreano, di un azzurro scuro.

I cinque inglesi erano già in uniforme. Indossavano delle tuniche nere, mantelli neri e scarpe lucide, rigorosamente nere. Gli unici accenni di colore erano le camicie bianche e le cravatte, a strisce verdi e argentee.

Angela imbarazzata, annuì e ridacchiò, facendo ripartire quella serie di sguardi sospettosi e preoccupati.

“Ho un così brutto accento?”. Chiese poi la ragazza.

“No, affatto”. Rispose la bionda e si sedette vicino a lei assieme alla sua amica, mentre i tre ragazzi si disposero di fronte a loro.

Valentino aveva di fronte il ragazzo pallido, che non smetteva di fissarlo, cercando un'inesistente trappola nella loro disponibilità.

“ Piacere,” Osò Valentino “io sono Valentino Marchetti, italiano”.

Tese la mano al ragazzo pallido, che dopo un attimo di titubanza, la strinse.

“Draco Malfoy” Gli rispose quello, seguito subito dal moro e dal ragazzo smilzo.

“Blaise Zabini”.

“Theodore Nott”.

“Io sono Daphne, Daphne Greengrass e lei è...”. Stava annunciando la bionda.

“Sono Pancy Parkinson. So parlare, grazie Daphne”.

La risposta fu talmente acida e rapida che Vantino ed Angela si irrigidirono.

Questi ragazzi sembravano usciti da un catalogo di bellezza, ma in quanto a stabilità emotiva la strada era ancora lunga.

“Vi hanno già detto come vi smisteranno?”. Chiese Zabini, per spezzare l'evidente tensione.

Angela e Valentino si guardarono smarriti.

“Smistati?”. Chiesero insieme.

Finalmente il biondo si concesse un sorriso, seppur sarcastico.

“La McGonagall non ve l'ha scritto. Ad Hogwarts ci si divide in case: Slytherin, astuti e ambiziosi, GryffIndor, coraggiosi e davvero, davvero stupidi, Ravenclaw secchioni e con la testa tra le nuvole e Hufflepuff, gente leale e parecchio noiosa”.

Angela e Valentino sorrisero.

“Quindi voi siete Slytherin”. Concluse l'italiano, ammiccando a Malfoy.

“Precisamente”. Sogghignò quello.

“Draco è un'idiota, ma sì, siamo tutti Slytherin qui”. Confermò Theodore.

“Hai capito Angela. Probabilmente tu finirai con loro, o a Ravenclaw”. Scherzò Valentino.

“Perché, tu pensi di finire a Gryffindor?”. Chiese Pancy, con una nota ostile nella voce.

“Mi hai frainteso.” Scosse la testa Valentino “Io non so fare nulla in particolare, almeno non qui. Finirò di sicuro ad Hufflepuff”.

La battuta di Valentino provocò un attacco di ilarità generale, che spinse gli Slytherin a ridere, Malfoy compreso.

“Che puttanata, Marchetti.” Lo bacchettò Angela”Conosco poche persone più furbe ed ambiziose di te. Sei l'opportunista più modesto che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare”.

“Certo, dopo l'opportunista super ambiziosa che vedi allo specchio tutte le mattine, io sono il secondo di diritto. Te lo concedo”. Le rispose l'amico.

La chimica tra i due fece sciogliere un po' gli Slytherin, che iniziarono finalmente a pesare meno le parole.

“Sembrate conoscervi bene, voi due”. Intuì Zabini.

“Già”. Risposerò insieme.

“Siamo compagni di classe da sei anni”. Aggiunse l'italiana.

“E siete... state insieme? Fate il viaggio di studio come coppia?”. Chiese Pancy, che lanciava ad entrambi sguardi curiosi.

Sta volta toccò ai due italiani ridere.

“Gli piacerebbe”. Cercò di dire Angela, tra un singhiozzo e l'altro.

“Verissimo”. Confermò Valentino “Quante volte l'ho detto, Angela? Io e te siamo fatti per stare insieme!”.

La sua espressione faceva trasparire tutto meno che serietà.

“Siamo amici, dei buoni amici”. Chiarì Angela.

“Voi invece?”. Chiese Valentino, curioso di conoscere meglio quei cinque.

Fu Nott a rispondere, fissando Malfoy con un forte sentimento, forse... orgoglio?

“Io sto con Pancy, mentre Draco, Daphne e Blaise sono liberi”.

Pancy annuì, con aria un po' stufa, come se questo teatrino si fosse già ripetuto molte volte.

Angela posò di nuovo il suo sguardo interessato su Blaise, attirando un altro pestone di Valentino.

“Crist... Mah, magari riuscirete a trovare una ragazza a questo rovina famiglie!”. Sibilò, irritata.

“Scusa?”. Chiese Daphne, incuriosita, mentre Valentino si faceva piccolo piccolo nel suo sedile e il finestrino.

“Ah, Daphne, quest'uomo è perseguitato dalla sfortuna. Ogni ragazza con cui ha un interesse amoroso risulta in seguito essere occupata con un ragazzo molto più grosso e muscoloso di lui”.

Di nuovo, tutti risero, meno Nott, che gonfiò il petto, cercando di apparire più imponente.

Valentino si mise le mani tra i capelli, occhi puntati a terra.

“Non è colpa mia, ve lo giuro”.

Il suo tono sembrava davvero disperato.

“Io sono quasi sempre l'ultimo a saperlo”.

“Ma il primo a prenderle”. Aggiunse Angela, come colpo di grazia.

Valentino mimò la sua uccisione, facendo finta d'impugnare un pugnale e “trafiggendosi” il petto.

Altre risate. Gli inglesi si guardarono tra loro. Questi italiani sembravano persone a posto.

Una musica metallica ed ovattata interruppe le chiacchiere.

Angela si affrettò a cercare tra i bagagli qualcosa..

“Ange, ma la McGonagall ci ha scritto che i dispositivi elettronici non funzionano ad Hogwarts!” Protestò Valentino, di fronte al Nokia 9000 che l'amica stava estraendo dal suo baule.

Gli Slytherin alzarono lo sguardo, come di fronte ad un oggetto terribilmente misterioso.

Angela alzò le spalle e rispose alla chiamata.

“Pronto?”. Chiese.

“Oh, sì Maria. Sono con Val e altri cinque ragazzi. Tutti simpatici, sì”.

Draco stava guardando Angela come se avesse di fronte un Ungaro Spinato.

“Certo, c'è un sedile libero”.

“Cabina numero ventuno”.

Con un sospiro chiuse la chiamata e ripose il cellulare dentro al bagaglio. Solo allora si accorse dello sguardo estremamente stupito degli Slytherin.

“Tutto bene?”. Chiese, intimidita.

“Quello...”. Pancy indicò con mano tremante il cellulare “...Quello cos'è?”.

Valentino e Angela si guardarono, sbigottiti.

“Non sai cos'è un telefono?”. Chiese gentilmente Angela.

“Temo che nessuno di loro sia pratico con la tecnologia babbana”. Sibilò Malfoy.

Valentino si rivolse subito a lui con tono curioso.

“Ma tu sì, invece?”.

Draco annuì, infastidito.

“Quest'estate... un'amica mi ha dato qualche lezione, ecco. Io, Blaise, Theo, Daphne e Pancy siamo purosangue. Non abbiamo mai avuto la possibilità, né la volontà, di interessarci a queste cose”.

“Bizzarro” Constatò Valentino.

L'italiano iniziava ad avere un tetro sospetto. Sapeva che la maggior parte delle famiglie purosangue si erano schierate con quell'esaltato, quel Voldemort. Che questi cinque fossero in qualche modo convinti delle stesse idee che avevano ridotto in macerie Hogwarts e mezzo mondo magico inglese l'anno precedente?

Cercò di osservare meglio gli Slytherin, ma questi non sembravano mostrare segni di evidente disprezzo verso il dispositivo babbano. Sembravano piuttosto imbarazzati, in verità.

“Beh”. Cercò di spiegare Angela “I babbani usano questi affari per contattarsi a larghe distanze. Ogni cellulare può contattarne un altro, anche a enorme distanza, almeno se il suo possessore conosce il codice del altro dispositivo, quello che vuole contattare. Quando ti ci abitui è davvero comodo”.

Gli Slytherin annuirono, poco convinti.

Calò di nuovo il silenzio.

“Chi ti ha chiamato?”. Chiese Valentino all'amica.

“La Repardi. Sta girando tra i vagoni a vuoto, cercando di evitare Leo. Le ho detto che può venire qui. Spero non ci siano problemi”.

Valentino borbottò, scocciato, mentre gli altri scuotevano il capo.

Prima che Valentino potesse aggiungere qualcosa, la porta si aprì di nuovo.

Una ragazza alta, con un sorriso stanco sul volto, entrò nella stanza trascinando il suo baule.

“Valentino, Ange, vedo che vi siete già dati alla socializzazione!” Esclamò Maria.

Maria Repardi era una ragazza alta e magra, dai lunghi capelli castano chiaro, due fossette particolarmente evidenti e due enormi occhi color nocciola. Labbra sottili e un nasino all'insù che la faceva sembrare un cerbiatto.

Era davvero una bella ragazza, anche se non poteva essere paragonata alle bellezze inglesi già presenti nella cabina: due belle gambe che si univano ad una vita stretta, delle curve sode, spalle strette e braccia magrissime. Condivideva il pallore cadaverico di Malfoy.

“Piacere” Disse, dopo aver fatto un cenno di saluto ad Angela e Valentino “Maria Repardi, una compagna di questi due disagiati”.

Avanzò dritta verso Angela e senza chiedere il permesso si sedette sulle sue gambe.

Quella sbuffò, divertita.

Valentino, invece, scosse la testa.

Maria Repardi, il suo incubo dal primo anno in poi. La ragazza era stata la sua prima cotta, la prima in assoluto. Ricordava ancora quando, il primo giorno del primo anno, nella Sala Comune del Dormitorio Est, lo aveva salutato subito con entusiasmo dopo le lezioni e gli aveva spettinato i capelli con affetto, così, senza un vero motivo.

Era bastato questo. Un brivido lo aveva fatto tremare dalla testa ai piedi. Non sapeva perché o come, ma era già innamorato perso.

L'ennesima delusione di fronte a sé. Sapeva di non avere speranze: non era abbastanza bello, brillante o spiritoso per fare colpo su una ragazza del genere. Valentino era sempre stato un ragazzo razionale, un lato di lui che non era mai svanito.

Ignorò questi sentimenti per cinque anni. Lui e Maria fecero amicizia, un'amicizia superficiale, che in fondo al ragazzo bastava.

In quegli anni la ragazza non aveva fatto che diventare più bella, più entusiasta della vita. Aveva sviluppato una lingua tagliente ed un orgoglio di ferro. Non sapeva nemmeno quante volte la Professoressa Gioia avesse dibattuto, litigato e perso le staffe con Maria e l'avesse punita di conseguenza. Per sfortuna sua, e del corpo insegnanti, Maria era anche talentuosa. Certo, non spiccava in Arti Oscure come faceva lui, né nelle altre materie, come Angela, ma si manteneva sulla fascia alta della media scolastica, studiando poco o niente.

Venne il quinto anno e con lui Beatrice.

La ragazza era più grande di un anno rispetto a Valentino. L'aveva conosciuta frequentando alcuni ragazzi del sesto anno, in cerca di nuove conoscenze.

Un tale Giacomo lo aveva preso in simpatia e gli aveva presentato la sua ragazza, appunto, Beatrice.

Bassa, persino più di Nott, capelli castano scuro, a caschetto, occhi verde acqua e delle labbra sottili. La natura era stata generosa con lei, regalandole degli attributi che nessun ragazzo avrebbe potuto ignorare.

La ragazza era stata amichevole fin dal primo momento. Lo aveva letteralmente riempito di domande: chi erano i suoi genitori, come si trovasse all'Accademia, quale fosse il suo corso preferito...

Scoperta l'attrazione e il naturale talento che il ragazzo aveva per la branca più sinistra della magia, l'interesse della maga era aumentato a dismisura.

Per Valentino era stata una folgorazione. Nessuno si era mai curato di fargli tutte queste domande, ad interessarsi così tanto ai suoi gusti, alle sue esperienze.

Ne fu abbagliato.

L'italiano passo due settimane, durante le pause tra una lezione e l'altra, a parlare insieme di tutto.

Valentino si confidò completamente: i suoi problemi di autostima, il disagio che provava nell'essere così portato per la magia nera, la sua inesperienza in campo sentimentale e sessuale ed altri pensieri, più oscuri e privati.

Beatrice sembrava capirlo completamente. Gli raccontò di quanto Giacomo fosse un ragazzo abbastanza noioso, comodo per tenere lontano i disturbatori, privo di personalità e buono giusto per scaldare le coperte.

Una persona più accorta e ligia alla morale comune si sarebbe insospettita, quantomeno si sarebbe messa in guardia.

Valentino invece era completamente perso.

Da lì ci misero poco tempo a finire a letto insieme. Il ragazzo si sentiva bene come mai lo era stato: era desiderato, per la prima volta in vita sua.

I mesi successivi però, sarebbero stati un inferno.

Beatrice insisteva nel voler mettere alla prova l'abilità del ragazzo nelle Arti Oscure, senza le precauzioni delle aule scolastiche. Le conseguenze furono dolorose per entrambi.

I risultati più pratici erano le contusioni, ustioni e i tagli che aumentavano di giorno in giorno.

Valentino, ancora una volta, si riteneva entusiasta. Nonostante il dolore, pensava di non poter meritare di meglio.

Ad aiutarlo, però, fu proprio Maria Repardi.

Si accorse, durante una lezione di Volo, il corso meno amato da Valentino, di una serie di cicatrici a malapena rimarginate sui suoi avambracci.

La ragazza lo affrontò, senza mezzi termini. Lo obbligò a farsi dire tutto.

Maria sembrava capirlo, in modo diverso da Beatrice. Capiva l'insoddisfazione, il desiderio di abbandonarsi al dolore, l'accontentarsi di un palliativo invece che sperare nella felicità.

Non lo giudicò, ma insistette nel ricevere resoconti precisi di tutti gli incontri con Beatrice.

Valentino iniziò a sentirsi in colpa quando la ragazza, ascoltando un sunto piuttosto violento di un suo incontro con Beatrice, dove entrambi avevano fatto uso sull'altro della Maledizione Imperius, aveva tentato di abbracciarlo, in un eccesso di compassione. I tagli che nascondeva sotto la camicia bruciarono e l'italiano, per istinto, l'aveva allontanata.

La comprensione negli occhi di Maria, seguita dal dolore e dal senso di colpa, gli avevano aperto una ferita nel cuore.

I sentimenti che aveva cercato di soffocare riaffiorarono, turbinosi e confusi.

Dopo un mese da quel giorno, Valentino interruppe la sua frequentazione con Beatrice, a onor del vero, non solo a causa del suo affetto per Maria, ma anche perché il risultato di uno dei loro esperimenti aveva lasciato un'ustione particolarmente odiosa sul suo braccio destro, che nemmeno le cure della Signoria Grazia erano riuscite a rimuovere. Beatrice accettò controvoglia la sua decisione.

I mesi seguenti non furono migliori.

Valentino aveva sottovalutato l'influenza di Beatrice, il potere sadico che aveva il dolore, il fascino delle Arti Oscure praticate senza limiti, senza alcuna precauzione.

Iniziò ad esercitarsi con le Imperdonabili da solo Prima Imperio, per disciplinarsi, per obbligarsi a studiare per delle materie che non lo entusiasmavano.

Poi fu il turno della Maledizione Cruciatus. Diventò talmente bravo nel subire in silenzio quel dolore da riuscire a non gemere.

Maria lo scoprì comunque e minacciò Valentino. Si sarebbe maledetta ogni volta che lui avesse provato a torturarsi di nuovo.

Valentino tentò di sfruttare questo ricatto per smetterla, ma dopo poco ci ricascò.

Maria non lo fece assistere, ma le camminate un tempo decise della ragazza si fecero tremolanti e anche lei, sempre affettuosa, iniziò ad evitare gli abbracci.

Successe altre tre volte. Alla fine, Valentino era dilaniato così tanto dal senso di colpa che esercitò un Imperio su sé stesso così forte, da imporsi di smettere nella maniera più assoluta.

Il 24 Aprile 1997 è ricordato da Valentino come il giorno più bello della sua vita. Il Professor Giordano, insediato da anni alla cattedra di Arti Oscure, organizzò una dimostrazione di fronte alla scuola di alcuni studenti selezionati, tra cui Valentino e Maria.

Avrebbero evocato insieme l'Ardemonio.

Erano tutti tesi, Maria e Valentino compresi, ma fu un successone.

Erano tutti talmente entusiasti che si misero a saltare, a ritmo degli strumenti magicamente animati dal professor Giordano, che sprizzava orgoglio da tutti i pori.

Anche Valentnio si lasciò prendere dall'euforia e si mise, forse scioccamente, data la sua debolezza dovuta alle maledizioni che si infliggeva fino a poco tempo prima, a saltare, cantando con i suoi compagni.

Fece un movimento sbagliato mentre piegava la gamba sinistra e con un schiocco la sua rotula si dislocò.

Maria, dimentica dei medimaghi della scuola, si lanciò in soccorso dell'amico e presa dal panico, dopo le ore di tensione precedenti, le loro vicissitudini dei mesi scorsi, e la preoccupazione del momento, lo baciò.

Ne se ne accorse nessuno, presi com'erano dai festeggiamenti, ma Valentino amava ricordare quel momento quando si rimboccava le coperte, prima di andare a letto.

Il resto fu storia: durante l'estate e l'anno scolastico successivo i due si frequentarono, senza mai ufficializzare nulla. Il loro rapporto era di fatto troppo instabile, presi com'erano entrambi da sbalzi d'umore, pesanti differenze d'opinione e di valori.

Ebbero comunque dei momenti molto belli, alcuni indimenticabili, almeno per Valentino, ma l'arrivo di una nuova fiamma, un membro della Classe B, Leone Pauza, un ragazzo oggettivamente più bello, gentile e maturo di quanto Valentino sarebbe mai potuto essere, distrusse le ceneri di un rapporto che stava già andando verso una fine inevitabile. Nel frattempo Valentino era cresciuto e grazie all'esperienza con Beatrice era riuscito ad ottenere qualche successo, almeno in campo sessuale. Iniziò, di fronte all'impossibilità di poter essere ricambiato completamente, a sviluppare un insano disgusto verso le relazioni. Aveva iniziato a trovare davvero stupide ed irrazionali le persone che si affidavano ad un sentimento confuso come l'amore per creare la base di un rapporto teoricamente destinato a perdurare.

I due provarono persino ad impegnarsi nel mantenere un rapporto d'amicizia, ma per Valentino era impossibile passare del tempo con Maria senza pensare ai tempi passati e paragonarli a quelli presenti.

La storia della loro amicizia scorreva nella mente di Valentino, veloce come la luce, mentre la ragazza gli scoccava unno sguardo scherzoso.

“Maria, sei ingrassata”. Constatò Angela con tranquillità.

In tutta risposta Maria fece un piccolo salto, assestando ad Angela un bel colpo di fianco, che la fece sbuffare.

“Ragazzi, Maria. Maria questi sono Theodore, Draco, Blaise, Daphne e Pancy”. Ripeté Valentino con pedanteria.

“Piacere!”. Esclamò Maria, sorridendo come una bambina.

“Il piacere è mio”. Disse Blaise, con voce galante.

“Non solo tuo... Blaise, giusto?”. Rispose quella.

Valentino distolse lo sguardo. Maria poteva fare quello che voleva con i ragazzi, ma flirtare di fronte a lui gli sembrava un po' di cattivo gusto. Era esattamente ciò che avrebbe voluto evitare.

Si concentrò nel suo riflesso, mentre Maria faceva conoscenza dei vari Slytherin nella cabina.

Non era un brutto ragazzo, ma nemmeno bello: i capelli mossi si erano dimostrati immuni al potere di qualsiasi pettine, e si aggrovigliavano in boccoli disordinati ad un lato e l'altro del suo viso. I suoi lineamenti erano molto sottili, come le sue labbra, del resto. Il suo mento invece era anche troppo ampio, almeno rispetto al rombo che si ritrovava al posto della faccia.

Anche lui era pallido, perché passava parecchio tempo sui libri e non usciva spesso, ma non somigliava ad un cadavere come Maria o Malfoy.

Gli occhi erano l'ennesima nota stonata: era strabico, non in modo esagerato, ma abbastanza da doversi sorbire prese in giro e osservazione fastidiose. Almeno il colore si salvava; aveva degli occhi celesti, sporcati di grigio e verde.

Se almeno funzionassero come si deve, quei dannati occhi, sarebbe davvero stato il massimo.

Quando anche Pansy si presentò alla Repaldi, Valentino si decise a concentrarsi sulla conversazione.

“Comunque...”. Esclamò Maria, rivolgendosi agli ex compagni di scuola “Avete saputo dello smistamento? Io ho sentito Leo dire che sarebbe sicuramente finito a Raven- non so che cosa!”.

“Questo Leo ha pessimi gusti”. Decise Daphne.

“Assolutamente”. Concordarono i tre italiani.

“Come funziona lo Smistamento?”. Chiese la Repaldi alle Serpi.

“Oh”. Blaise si concesse un sorriso maligno.

“Lo scoprirete”. Gli fece eco Malfoy, che imitò il ghigno, tanto bene da far pensare agli italiani che fosse solito ad avere quell'espressione in viso.

“In realtà non è nulla di che”. Si intromise Pancy, smorzando i toni dei compagni.

“Dovrete semplicemente indossare il Cappello Parlante. Al resto penserà lui”. Confidò Daphne.

Draco e Blaise sbuffarono, vedendo il loro scherzo sfumare.

“Il Cappello Parlante?”. Chiese Angela, estremamente incuriosita.

“Oh sì”. rispose Nott “Proprio il Cappello Parlante...”.

   
 
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