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Autore: Neamh Moonstar    01/09/2022    2 recensioni
Bene e Male non possono toccarsi, letteralmente. Se angeli e demoni provassero ad avvicinarsi gli uni a gli altri, si ferirebbero a vicenda fino a consumarsi: è un dato di fatto. Per questo i Regni del Bene e del Male - con le loro rispettive armate - vivono e lavorano a distanza di sicurezza, affidando a gli umani il compito di combattersi a vicenda in una serie infinita di battaglie.
In questo mondo nettamente diviso e basato su tali certezze - un guardiano distratto, una bestia casinara e un gruppo di umani poco convinti, scopriranno cosa significa stare giusto nel mezzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quel posto era diverso: odorava di buono, l'aria era più leggera e l'atmosfera generale lo rendeva un universo a parte in cui, in circostanze differenti, Adam avrebbe volentieri voluto vivere. Non era possibile però, e lo sapeva fin troppo bene.

Nonostante lui e Dog si stessero allontanando sempre di più dall'Inferno, l'Arma poteva sentire il filo invisibile che lo legava indissolubilmente a suo Padre che lo strattonava sempre più spesso, intento a farlo tornare sui suoi passi. Non importava in quale angolo di Confine provasse a rifugiarsi, qualcuno lo avrebbe trovato sempre. Perciò aveva le ore contate: presto sarebbe stato richiamato a far iniziare la Guerra e tutto sarebbe andato a rotoli. Così spronò Dog e si avvicinò sempre di più al villaggio che si stagliava all'orizzonte, quello che la prima volta aveva involontariamente mandato nel panico.

Sapeva chi cercare e sperava che la piccola idea che si era formata nella sua testa durante la cavalcata funzionasse. In mezzo alle tante auree che popolavano quel piccolo luogo lontano da tutto il bene e tutto il male, individuò quelle che gli interessavano. Erano tre, frizzanti e guizzanti, sole in uno spiazzo tra gli alberi non troppo lontano.

Smontò e guardò il muso ferito del suo destriero con una leggera punta di sgomento. Per quanto fosse un taglio da niente, si faceva ogni secondo sempre più evidente e largo, colorandosi di un rosso scuro che quasi brillava alla luce del sole.

    «Se vogliamo avvicinarci, dovremo cercare di non spaventarli stavolta» gli disse, accarezzandogli delicatamente il fianco ancora ansimante per via della corsa. «Poi torneremo dall'angelo.»

Osservò i tre della Zona giocare spensierati, come se attorno a loro il mondo non fosse in procinto di crollare. Erano cresciuti stando la maggior parte del loro tempo lì, in quell'angolo remoto di Confine, e si vedeva dal loro animo così variopinto ed equilibrato, né troppo bianco né troppo nero. Erano perfetti per ciò a cui Adam stava aspirando, così decise che avrebbe dato inizio alla prima fase del suo operato.

Con delicatezza, raccolse da terra un bastardino bianco e marrone che - senza contare gli occhietti dalle sfumature cremisi - sarebbe potuto sembrare un normalissimo cucciolotto. Per quanto già volesse bene al suo ormai inseparabile compagno di viaggio e avventure, si disse che così era molto meglio e decisamente molto meno spaventoso.

Dog, ancora un po' spaesato da quel cambio repentino, si accoccolò scodinzolante tra le braccia del suo padrone e si mise a guardare il mondo da quella nuova prospettiva. Non sapeva cosa l'Arma avesse in mente; sapeva solo che l'avrebbe seguita in lungo e in largo e che avrebbe fatto tutto ciò che gli veniva chiesto.


~•°•~


Sul lato destro della carta c'era il Confine: uno spazio grigiastro che persino in scala sembrava grande.

Crowley se lo ricordava bene: i primi scontri erano avvenuti per cercare di decidere chi se lo sarebbe accaparrato, ma sembrava esserci una sorta di maledizione su quell'area. Alla fine si erano tutti arresi e lo avevano convertito in campo di battaglia.

Incredibile che nessuno avesse mai pensato che qualcuno avrebbe potuto approfittare di quella zona franca per fuggire al pugno di ferro dei due Regni. Ora come ora, la Zona Mediatrice sembrava ovvia e normale: una giusta ed inevitabile conseguenza. Ciò faceva scaturire tante domande nella testa del demone, ma decise di non stare a pensarci più di tanto o sarebbe impazzito - anche perché adesso avevano altri problemi.

A detta del fidanzatino di Anathema, l'Inferno aveva fatto finire la guerriglia. Ora che Adam era a casa, sarebbe bastata una parola del Re e la Guerra sarebbe iniziata. Ciò che era peggio, però, era che loro ancora non sapevano che cosa fare.


Erano di nuovo tutti riuniti in cucina: Newton appena tornato, Anathema accanto a lui che non sapeva cosa dire - esattamente come Shadwell che almeno aveva smesso di brontolare possibili piani tra sé e sé e si era messo a fissare la carta come se si aspettasse una risposta da quella versione in scala dell'Inferno. Era tornata persino Tracy dopo aver lasciato i ragazzini sulla strada verso il centro della Zona, ma anche lei si era limitata a sedersi accanto al compagno senza dire una parola.

Presto, nelle orecchie del demone, quel silenzio si trasformò in un ronzio fastidioso e insopportabile. Provò a guardare Aziraphale ma si vedeva che l'angelo era ancora troppo occupato a pensare a tutto ciò che non voleva fare per ricambiare il gesto. Ovviamente non voleva combattere, ovviamente non voleva vedere Raphael mentre si fregava da solo, ovviamente non potevano certo buttarsi in mezzo alle Armate e fermare il tutto grazie al potere della non proprio inimicizia.

Con un sospiro, Crowley scivolò così tanto lungo la sedia da finire quasi sotto al tavolo. Gli sarebbe piaciuto strisciare là sotto e sparire per un po' a quell'aria di dubbio e incertezza. Quasi pregò che la loro, chiamiamola, riunione venisse interrotta come sempre era accaduto finora.

Se davvero Dio già sapeva tutto, allora quello era il momento buono di mandare un'altra comoda sfiga.


Era già con la nuca contro lo schienale quando percepì qualcosa di strano, e per poco non gli venne un ipotetico infarto. Avrebbe riconosciuto l'aura di quel mastino dovunque: era come un piccolo buco nero sbavante che- Aspetta, si disse, piccolo?

Al rumore della cigolante porta d'ingresso che si apriva, seguì quello di quattro zampette affrettate che percorrevano traballando il piccolo corridoio. Sull'uscio apparve una bestiola che da sola fece balzare Crowley, portandolo ad aggrapparsi alla sedia come se qualcuno fosse pronto a sfilargliela da dietro.

Il cagnetto iniziò a correre per tutta la stanza, la lingua di fuori e la coda che scodinzolava così veloce da essere a malapena visibile: era come se volesse salutare tutti ma non sapesse da dove iniziare. Alla fine, dopo aver girato attorno al tavolo a velocità razzo e aver fatto alzare praticamente tutti gli umani, si appostò proprio tra Aziraphale e Crowley, affannato ma felice.

Per quanto innocuo potesse sembrare, il rosso poteva vedere quell'unica pecca negli occhi del cucciolotto: una punta di cremisi che tanto bene si mescolava nel nero di un bastardino innocente.

    «È ferito» notò Aziraphale, accennando ad un taglio oblungo che si estendeva sul musetto del nuovo arrivato. Quest ultimo doveva esserne consapevole, dato che continuava a passarsi una zampa davanti al naso.

    Quando l'angelo fece per allungare una mano verso la bestiola, Crowley saltó in piedi a sua volta: «Fermo. Non toccarlo» ordinò, tenendo sempre d'occhio quella creatura infernale sotto mentite spoglie.

    Qualsivoglia rimbecco fu spazzato via da una voce proveniente dalla porta della cucina. «Faresti meglio a dar retta al tuo amico. Non vorrai farti male di nuovo, no?»

Un sussulto generale piombò sul ragazzino e Crowley sentì tutta la sua aurea raggelarsi. Adam sembrava placido e tranquillo come la prima volta che lo aveva visto e pareva la perfetta incarnazione dell'innocenza: un guscetto dai capelli dorati contenente un potere arcano e decisamente troppo grande per quella figurina.

    «Devo parlarvi» affermò l'Arma, fissando le altre due creature della stanza oltre a lui (cane escluso).

Tutti gli sguardi, per primo quello di Crowley, caddero su Aziraphale - troppo impegnato a studiare Adam con accortezza per accorgersene. Se c'era qualcuno capace veramente di captare la verità, quello era lui.

Difatti, al primo accenno dell'angelo, il colloquio cominciò.


Dog - sì, il figlio di Satana aveva dato un nome al suo coccoloso mastino infernale - venne affidato alle sapienti mani di Anathema, intanto che l'Arma andava a sedersi a capotavola laddove poteva osservare tutto il suo ristretto pubblico. Crowley notò il suo sguardo pulito fissarsi prima sulla giovane con il cagnetto - come ad assicurarsi che la sua ora piccola bestiola fosse effettivamente al sicuro. Poi scivolò su Newton, si fissò un attimo in più su Shadwell - ovviamente duro come un muro e con le sopracciglia aggrottate in ben poco convincimento - e infine Tracy, la quale rivolse al ragazzino un sorriso leggero che venne prontamente ricambiato. Poi, quando quegli stessi occhietti da bambino si posarono su lui e Aziraphale, Crowley sentì come se tutto il mondo si fosse fermato per concentrarsi esclusivamente su di loro. Era chiaro che Adam avesse intenzione di chiarire i punti con loro due e loro due soltanto: gli umani presenti erano ora ridotti a meri spettatori.

    «Non ho molto tempo» affermò l'Arma. «Mio Padre potrebbe richiamarmi da un momento all'altro e potrebbe finire come l'ultima volta, se non peggio.»

    «Esattamente, chi ci garantisce che non passerai da docile creaturina ad Anticristo proprio mentre parliamo?» Chiese subito il rosso, pronto a balzare in piedi e trascinare lui e l'angelo fuori da lì - sì, la sua mente lo aveva automaticamente aggiunto al piano di fuga, ma al momento non se ne rese nemmeno conto.

    Adam fece spallucce: «Nessuno. Per questo è meglio se ci sbrighiamo a mettere le cose in chiaro.»

Su quel punto non ci fu più nulla da ridire, ma Crowley non accennò ad abbassare la guardia. Se c'è una cosa che i serpenti sono davvero bravi a fare è fuggire veloci via dal pericolo, e il rosso era ben intenzionato a non voler mollare quell'istinto di fronte ad Adam. Aziraphale poteva pensare quello che voleva, ma il ragazzino era in tutto e per tutto un candelotto di dinamite che attendeva solo la scintilla che lo avrebbe fatto esplodere - e la scintilla in questione, in questo caso, era il Re dell'Inferno.

    «Abbiamo incontrato un angelo mentre venivamo qui» continuò l'Arma, indicando il cagnetto con un dito. «Sembrava arrabbiato e amareggiato. È stato lui a ferire Dog.»

Quasi nello stesso momento, Crowley si passò esasperato una mano sulla faccia e Aziraphale si irrigidì - nonostante fosse sempre rimasto abbastanza calmo alla presenza del ragazzino, o almeno: non aveva preso a stropicciarsi le mani, il che era un buon segno.

    «Fammi indovinare» azzardò il demone «alto, ali dorate e finto fare da tipo calmo e affabile?»

    Adam annuì e Aziraphale sospirò. «Raphael. Che sta cercando di fare?»

    Per quanto ormai sapessero che l'arcangelo era destinato a fare la fine peggiore che una creatura di Dio potesse fare, Crowley iniziava a pensare che non fosse abbastanza. «Cos'è? Vuole fermare la Guerra da solo? Pensava di eliminare l'Arma semplicemente sbarrandogli la strada?» Chiese, nervoso e incredulo. Poi si rivolse all'angelo: «Sei sicuro che sia effettivamente così intelligente come credi?»

L'altro lo fissò duramente, tanto che i suoi occhietti azzurri parvero rabbuiarsi per un attimo.

    Ma tra loro c'era Adam adesso. «Lo è» disse, «ed è anche molto furbo» affermò, portando Aziraphale ad annuire soddisfatto e Crowley a ringhiare appena. «Su di me ha perfettamente ragione: io sono l'unica cosa che rende l'Inferno più forte del Paradiso in questo momento. Perciò ha chiaramente cercato di eliminarmi prima della Guerra e mentre ero lontano dal quartier generale.»

    Crowley - che di dibattiti ci viveva - avrebbe voluto replicare, ma Aziraphale lo fermò. «Quindi è davvero così? Dovremo ucciderti per far finire tutto questo?» Chiese, ovviamente sperando di essere smentito.

    Adam sbattè gli occhi una sola volta, ma il suo sguardo imperturbabile e innocente non vacillò un attimo. «Farlo porterebbe semplicemente l'Inferno allo stesso livello del Paradiso» affermò. «Mentre Raphael e Dog combattevano, ho notato una cosa. Più andavano avanti, più i colpi dell'angelo facevano male al mio cane e più i morsi del mio cane destabilizzavano l'angelo... Pensateci: da quant'è che angeli e demoni non hanno scontri diretti?»

    Crowley sbuffò: «Storia vecchia, ragazzino. Ma per rispondere alla tua domanda, beh...»

In effetti di tempo ne era passato. Dopo la Caduta, Crowley aveva visto angeli e demoni cercare di invadere il Confine, ma non erano che brevi liti che si erano spente appena gli umani avevano iniziato a dividersi a loro volta e servire o l'una o l'altra parte. Le Armate del Bene e del Male erano diventate più un'istituzione che altro ed erano stati gli eserciti mortali a fare tutto il lavoro.

    «Eoni» rispose Aziraphale infine. «Ma erano più veloci scontri che non portavano mai a niente se non ali rotte, angeli in gabbia e demoni arsi dalla luce divina. Alla fine, finivano solo tutti per-»

Quando si bloccò, Crowley vide due cose che fecero finalmente rialzare un po' di sano ottimismo. La prima furono quelle ormai familiari pozze celesti farsi più evidenti; la seconda fu la bella luce dalla quale fu costretto ad allontanarsi - perché la cosa dei demoni arsi dallo splendore divino era ancora valida e molto molto vera. Adam, per quanto gli riguardava, non disse nulla e aspettò che l'angelo completasse la frase da sé.

    «Finivano solo tutti per distruggersi l'un l'altro» completò infatti quest'ultimo, quasi sussurrando.

    Alla fine, l'Arma annuì: «Come Raphael e Dog.»

A Crowley gli ci volle qualche secondo in più per capire. Poi si rese conto di quanto tutto ciò fosse effettivamente, beh, vero. Era una cosa così ovvia e scontata da essersi fossilizzata nelle menti di tutti, cementata come il colore del cielo, lo scorrere dei giorni e altre cose naturali come l'acqua che spegne il fuoco o il fuoco che brucia l'erba.

    «Aspetta. Nessuno può vincere?» Chiese poi, dando forma a quel pensiero che suonava tanto assurdo quanto un'ovvia conseguenza. «Niente bene che trionfa sul male o male che sconfigge il bene?»

    Adam scosse la testa: «I vostri regni sono come due piatti della bilancia» spiegò. «Sono perfettamente allineati dal giorno in cui sono nati per dividere in due il mondo. Poi però sono arrivato io e ora rischiamo seriamente che il mondo cada nelle mani del male.»

Angelo e demone, come ormai erano abituati a fare, si guardarono. Il loro pensiero comune, e Crowley ci avrebbe scommesso, era: O forse no.

Misero la profezia nelle mani di Adam e tutti, soprattutto Anathema - la quale aveva ormai sistemato l'ora non troppo brutto taglio sul muso di Dog - iniziarono a fissarlo, aspettandosi qualche altro tipo di rivelazione.

Dopo un minuto scarso, il ragazzino la poggiò sul tavolo. Quando rialzò lo sguardo, nei suoi occhi si era acceso qualcosa - o almeno, così sembrò a Crowley, il quale non si era ancora deciso a rilassarsi e a distogliere l'attenzione da quella piccola catastrofe ambulante.

    «Allora è semplice» disse l'Arma senza aver bisogno di spiegazioni aggiuntive. «Dovete semplicemente andare al Confine ed eliminarmi. Possiamo lavorare su questo. Dovrebbe essere semplice per due che sono andati e tornati dalla fortezza di mio Padre.»

Il modo maturo in cui parlava e la scaltrezza con la quale aveva già afferrato il tutto fece percorrere numerosi tremiti lungo l'aura del rosso. Diede un'occhiata all'angelo e non si stupì molto nel vedere che aveva incrociato le braccia e stava già controbattendo.

    «Nessuno eliminerà nessuno» disse infatti. «Nella profezia c'è scritto "spegnere" non "uccidere". Può semplicemente significare che dovremo farti tornare, beh, come adesso. Strapparti al volere di tuo Padre come stai facendo tu adesso» concluse poi con un leggero sorriso.

Almeno sembrava aver ritrovato un po' della determinazione che lo aveva spinto ad arrivare fino a lì... O comunque, sembrava aver ritrovato qualsiasi cosa lo avesse spinto ad arrivare fino a lì in primis. Per questo Crowley non se la sentì di infierire chiedendo come avrebbero dovuto fermare Adam quando avrebbe deciso di entrare in modalità "distruttore di mondi".

Qualcosa però gli diceva che avrebbero trovato una soluzione, stavolta.

E infatti così fu.


~•°•~


Adam non era solo intelligente ma anche molto molto furbo e cauto. Perciò sapeva di aver bisogno di un piano d'emergenza nel caso ciò che lui, l'angelo e il demone avevano deciso non fosse andato come sperava.

Certo, la profezia era qualcosa che non si sarebbe aspettato, ma alla fine era molto vaga e dava ancora tanto spazio all'immaginazione. Pensò che esistesse solo per fare da guida a tutti coloro che erano coinvolti, ed era certo di essere vicino alla verità con quel pensiero.

Non conosceva Dio per ovvie ragioni, ma gli sembrava proprio il tipo da certi ragionamenti.


Una volta uscito dal cottage, invece di tornare direttamente a casa con Dog come aveva detto, si infilò in mezzo ad un non troppo lontano gruppo di alberi. Lì, come deciso quella mattina prima del colloquio che aveva appena avuto, trovò i tre della Zona.

    Ad avvicinarsi, braccia incrociate e spalle dritte, fu Pepper. «Allora?» Chiese solo.

Dietro di lei c'erano un incuriosito Brian e un decisamente poco convinto Wensley, il quale continuava a dare occhiate furtive a Dog - probabilmente per scappare nel caso si fosse trasformato di nuovo nella bestia che era.

    «Ci incontreremo tra tre giorni al Confine» spiegò Adam. «Non c'è nessun cambiamento: potrete fare la vostra parte come concordato.»

    Pepper annuì decisa e rivolse lo stesso gesto agli altri due, i quali ricambiarono - più o meno con la stessa convinzione. «Lo ammetto, biondino: non pensavo mi avresti convinta ad aiutarti.»

    L'Arma sorrise appena: «Non lo pensavo nemmeno io. Perciò grazie». Rivolse anche uno sguardo a Dog, il quale abbaiò e scodinzolò in segno sia di gioia che di gratitudine.


La Guerra era alle porte e, oltre all'angelo e al demone, c'era un altro gruppetto pronto ad entrare in azione con il suo piccolo piano segreto.

Un piano che vedeva come protagonisti tre umani e un grosso cane.


     «L'hai visto anche tu?» Chiese poi Adam a Dog intanto che cavalcavano verso il lato oscuro della Terra. Sapeva che il suo cane ora a grandezza naturale non gli avrebbe risposto se non con un leggero gorgoglio, così continuò: «C'è qualcosa tra loro. Le loro auree non fanno che cercarsi.»

Era inusuale e bellissimo osservare quelle anime così diverse diminuire le distanze tra loro lentamente ma inesorabilmente. Una era un groviglio nero e rosso, leggermente puntellata di quelle che a occhio e croce gli erano sembrate pallide stelle; mentre l'altra era un sole splendente dai confini multicolori: un'alba mista tramonto, calda e accogliente. Erano così vicine, ad un non nulla dallo sfiorarsi ma impossibilitate a farlo.

Ora che lo aveva visto con i suoi occhi ne era certo: loro erano la chiave di tutta quella storia. 

Era così che voleva vedere il mondo.


~•°•~


Poggiò la pila di libri sulla piccola scrivania nella stanza al piano di sopra e accese un lume, sospirando. Per quanto fosse felice di aver trovato una valida distrazione - frugando come un procione tra tutti gli scaffali del cottage - Aziraphale sapeva benissimo che la conversazione di quella tarda mattinata avrebbe continuato a ronzargli in testa per tutto il tempo.

Andò a sedersi e volse una veloce occhiata a Crowley, prendendo il primo volume tra le mani. Il demone se ne stava buttato su uno dei letti, le braccia aperte e una miriade di ciocche sulla faccia. A giudicare dal suo sguardo, era ovvio che non si sarebbe tenuto occupato facilmente quanto la sua controparte.

    «Sai già come passerai la notte?» Gli chiese, aprendo la prima pagina.

    «Nell'ansia» rispose l'altro. Poi un fruscio suggerì all'angelo che aveva cambiato posizione: «Cos'è tutta quella roba?»

    «Libri sulle stelle» rispose Aziraphale, alzando gli occhi alla parola "roba". Quella era conoscenza, altro che.

Il silenzio di tomba che seguì gli permise di finire qualche paragrafo, situazione che lo fece sentire a suo agio finché non si rese conto di quanto fosse strano. Ovviamente aveva scelto le stelle apposta perché Crowley gli aveva raccontato di averne creata qualcuna eoni addietro - non pensava di doverlo spiegare, insomma. Per evitare di toccare di nuovo l'argomento Caduta, l'angelo aveva deciso di informarsi da sé e colmare i buchi della sua curiosità senza mettere l'altro a disagio; ma si sarebbe aspettato almeno una reazione, un commento, un'alzata di sopracciglio...

Così staccò gli occhi dalla pagina solo per ritrovarli d'innanzi a quelli stralunati del demone - così strabuzzati da spiccare come pepite d'oro in mezzo alla pietra lavica che era la penombra della stanza. Il rosso lo stava fissando con una sorpresa ed un'incredulità esagerate, tanto che iniziò a pensare di aver sbagliato a rivelargli l'argomento dei suoi "studi notturni".

    «Cosa c'è?» Chiese solo, non sapendo bene come gestire la situazione. Si ritrovò ad annodare l'indice attorno alla stoffa rossa del segnalibro, improvvisamente preoccupato di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Ma Crowley non rispose, anzi: si alzò dal letto con un unico, fluido movimento e andò a spalancare la finestra già aperta. Aziraphale lo fissò mentre saliva sul davanzale e - con un po' di fatica e una spinta delle ali corvine - si issava sul tetto, sparendo dalla sua vista.

Sbatté gli occhi, confuso. Lo aveva fatto arrabbiare? Era stato troppo invadente a volerne sapere di più su ciò che aveva contraddistinto l'ormai lontana vita passata del suo collega? Forse avrebbe dovuto essere più delicato, più rispettoso e-

    I suoi pensieri vennero interrotti dalla cascata di capelli rossastri che fece capolino dalla parte superiore della finestra, subito seguita da due seri occhietti da serpente. «Vieni» gli intimò Crowley, tornando da dov'era venuto.

Aziraphale non sapeva se sentirsi sollevato o ancor più confuso da quell'invito. Decise di scoprirlo andando ad issarsi a sua volta sul tetto del cottage, litigando un po' con la gravità, le sue stesse ali e le tegole. 

    Appena arrivato, andò a sedersi accanto all'altro e seguì il suo sguardo già rivolto verso il cielo. «Pensavo che non ti avrebbe fatto piacere parlarne» si giustificò, osservando curiosamente alcuni puntini più luminosi degli altri. C'era qualche nuvoletta scura e sparsa che copriva minuscoli pezzetti di volta celeste, ma erano l'unico piccolo difetto in quell'atmosfera di silenzio, calma e pace generali. Se non fosse stato per l'imminente marasma attorno a loro, sarebbe potuta essere una serata perfetta.

    «Non è che non mi fa piacere» rispose Crowley facendo pesare un po' la prima "n", come se non fosse del tutto certo di ciò che stava per dire. Non approfondì il discorso e si mise semplicemente ad indicare un punto imprecisato davanti a sé: «Vedi quella cosa che sembra un carretto?»

Per quanto davanti a sé non ci fosse che un ammasso apparentemente casuale di stelle sparse nel blu, Aziraphale annuì. Era come avere davanti un mappa precisa e catalogata di quella fetta di notte, ma non avrebbe saputo dire se era una sua impressione o un trucchetto ben congeniato di Crowley.

    «È l'Aratro*. Si vede subito: per questo agli umani piace tanto» spiegò quest'ultimo. «Ci sono punti del mondo in cui non tramonta mai.»

Da lì, l'angelo scopri - anzi, riscoprì - che gli umani avevano davvero una fervida immaginazione. C'erano costellazioni in cui avevano visto cani, corone, altri umani e persino un serpente - e il demone parve davvero fiero di quest'ultima, cosa che suggeriva un suo intervento a riguardo. Rimase persino sorpreso nello scoprire che molti dei puntini che vedeva altro non erano che stelle ormai morte da tempo, la cui luce continuava a viaggiare per le profondità del cosmo fino alla Terra. Più cose la sua controparte gli spiegava su come avesse dipinto spazi bluastri di infinito, o su come avesse predisposto nebulose e galassie, più sentiva un senso di meraviglia crescente che andava a scaldargli l'aura in un modo in cui la luce del Paradiso non aveva mai fatto.

    «Quando abbiamo creato i corpi celesti, non abbiamo mai pensato di dar loro dei nomi» disse Crowley dopo un po', poggiandosi la testa su una mano. «Tutto merito dei mortali e delle loro testoline creative. Hanno dato nomi a tutte le stelle, costellazioni e galassie che hanno scoperto - non sono nemmeno a metà, comunque. Se gli dicessi quanti altri astri non conoscono, smetterebbero di studiarli.»

    Osservando gli ora più familiari gruppetti luminosi, Aziraphale chiese: «E tu li ricordi tutti?»

    «Nah, solo quelli che mi piacciono di più - oltre quelli che ho fatto io, ovvio.»

    «E hai, non so, una stella preferita?»

A quella domanda, l'angelo scostò lo sguardo dal cielo per vedere dove si sarebbero posati gli occhi dell'altro. Non si stupì nel vedere che il rosso sapeva già bene dove puntare il dito.

    «Quella lì» disse quest'ultimo, indicando una sferetta candida e particolarmente luminosa che Aziraphale vide subito. «La chiamano Stella Polare o Stella del Nord. Indica sempre la stessa direzione, utile se ti perdi.»

L'angelo non poté fare a meno di chiedersi il motivo di tale preferenza. Forse c'entrava proprio l'idea del perdersi, ma decise di lasciare certi argomenti delicati ad un periodo più tranquillo. Piuttosto, rimase ad ascoltare il demone mentre gli descriveva la sua nebulosa preferita come un tripudio di sfumature arancioni e rossastre che Aziraphale associò subito alle ondulate ciocche del compagno.

    «Mi piacerebbe vederla» commentò. «Sembra alquanto maestosa.»

    L'altro fece spallucce: «Potremmo» disse solo. Poi tacque, sospirò e si rimise a fissare più punti nel cielo, come se stesse valutando qualcosa.

Aziraphale si era già figurato come sarebbe potuto essere Crowley ai tempi prima della Caduta, ma adesso la sua mente si ritrovò a valutare quell'idea. Dimenticò le costellazioni per fissare il demone e immaginarlo un po' più felice, indaffarato a decidere di quali colori tingere una galassia, magari con le stesse caratteristiche fisiche di adesso - solo un po' più addolcite e luminose. Davvero era bastato così poco per distruggere una creatura così bella? Perché era bella, si ripeté, ma stavolta sapeva che non era una facciata: aveva dentro di sé ancora tanta della luce che aveva creato.

C'era decisamente qualcosa che non capiva. Dio non sbagliava mai: aveva un modo di fare e pensare semplicemente troppo alto e grande da comprendere, troppo ineffabile persino per i Suoi stessi angeli. Perciò forse era giusto che Crowley fosse lì, no?

Era così immerso nei suoi pensieri che il ritrovarsi quelle iridi dorate piantate nelle sue lo fece sobbalzare appena.

    «In effetti potremmo andarcene» disse Crowley, evidentemente poco stupito dal fatto che Aziraphale lo stesse fissando già da tre minuti buoni.

    «Cioè?» Balbettò quest'ultimo, giocherellando con il primo bottone a sua disposizione.

    «Pensaci: e se tutto andasse a rotoli e finisse in una palla di fuoco?» Chiese l'altro, stringendo un po' le ginocchia a sé. «Cosa dovremmo fare, allora?»

Aziraphale non rispose, mettendosi a pensare e facendo cadere lo sguardo tra le tegole. Doveva ammetterlo: era una proposta allettante. Non avrebbe dovuto mettersi contro nessuno, non avrebbe dovuto combattere contro nessuno nel caso il loro piano non avesse funzionato, non avrebbe dovuto vedere Raphael cadere in disgrazia ... Ma non poteva. Quella profezia era diventata il suo nuovo compito: lo aveva già deciso da un po'. Inoltre, era certo del fatto che doveva funzionare - un pensiero che tornava ogni qualvolta sentiva il dubbio coglierlo alla sprovvista.

    «Sai, c'è un posto» riprese Crowley, la voce un po' più bassa, «che sarebbe perfetto.»

L'angelo sospirò debolmente, ma lo lasciò continuare. O meglio, l'avrebbe lasciato continuare se solo l'altro avesse deciso di farlo.

    «Lascia stare» disse infatti il rosso. «Dalla tua faccia capisco già che non sei d'accordo.»

Al buio era difficile da dire, ma Aziraphale era sicuro di aver visto una punta di rossore su quelle guance sottili.

    Con una leggera risata, gli venne incontro: «No, capisco. Beh, facciamo così: se davvero vediamo che le cose vanno male, ce ne andiamo.»

    «Non lo pensi davvero.»

    «Perché so che andrà bene.»

    «Bugiardo.»

    Aziraphale alzò gli occhi al cielo: «Voglio credere che sia così se facciamo la nostra parte» affermò sicuro, seppur avrebbe tanto voluto andare da Dio e farLe due domande - ma aveva imparato che "chiedere" e Dio non andavano d'accordo... Ma forse parlare sì.

Crowley alzò un sopracciglio e scosse la testa.

    «Detto ciò, ora dovresti dirmelo» riprese l'angelo. «Dove andiamo, dico. L'ultima volta che mi hai trascinato da qualche parte senza dirmi niente è stato terribile.»

    Il demone si fece scappare una mezza risata, sicuramente aggravata dall'espressione poco divertita del suo compare. Poi, distogliendo di nuovo lo sguardo, disse: «Si chiama Alpha Centauri. Sono una coppia di stelle così simili e vicine fra loro da sembrare un'unica stella.»

     «E come mai vorresti andare proprio li?»

    «Non te lo devo spiegare davvero.»

È vero, non doveva. All'angelo scappò un sorriso quando vide Crowley evitare volutamente il suo sguardo, eppure... È vero, non doveva.

In qualche modo infatti Aziraphale lo aveva capito subito: due stelle, due lati di Terra, due Armate, due eserciti, loro due. Tutto era sempre, perennemente, scisso. Eppure Alpha Centauri da lontano sembrava una cosa sola. Chissà se anche la Terra da lontano sembrava unita, si chiese, e chissà se anche loro adesso avrebbero potuto considerarsi ancora separati e lontani.

Si ritrovò a scuotere la testa. No, non lo erano. O meglio: fisicamente lo erano ancora, ma moralmente no. La distanza tra loro si faceva ogni sguardo più sottile: poteva sentirlo chiaro e tondo. Ed era strano, ma non era una cosa sbagliata.

    «In ogni caso» disse poi, rompendo il silenzio che era calato e dando uno sguardo alle costellazioni che, si disse, voleva imparare a conoscere meglio, «hai fatto un ottimo lavoro. Non avevo mai visto bene il cielo di notte ed è, beh, direi che "bellissimo" non rende molto l'idea.»

Ci stava ancora lavorando sulle parole. Ce n'erano alcune legate a concetti troppo umani per essere comprese da qualcuno che la bellezza vera l'aveva vista in faccia; perciò aveva scoperto di non avere sempre i termini giusti per descrivere cose che andavano oltre le mura dell'Eden.

Però era stato sincero: gli piaceva ogni singolo punto lontano, gli piaceva immaginare come sarebbero state le galassie viste da lontano, gli piaceva cercare di capire come gli umani avessero ritrovato cose a loro familiari in mezzo alla notte. Ma soprattutto gli piaceva stare lì, sotto a quel cielo dove il tempo pareva essersi fermato e dove erano solo lui, l'aria della notte e il suo improbabile compagno d'avventura.

Compagno che, si rese conto, non gli aveva ancora risposto. Era particolarmente silenzioso quella notte: si vedeva che i pensieri se lo stavano mangiando - e come biasimarlo.

Quando tornò a guardarlo, però, lo vide alzarsi così velocemente che per un attimo pensò che sarebbe caduto dal tetto: nient'altro che una macchia nera e rossa che gli sfrecciava davanti.

    «Va bene, buonanotte, divertiti a leggere» salutò Crowley tutto d'un fiato, andando ad eclissarsi nuovamente ad altezza finestra.


Quando Aziraphale tornò dentro a sua volta, confuso e ancora un po' scosso da quella reazione, vide che il demone si era già raggomitolato sul letto - il volto coperto dalle ali corvine.

Con un sospiro, decise di seguire il suo consiglio e tornare a perdersi tra le pagine stampate. Forse avevano ancora bisogno di tempo, si disse. Tempo che però non avevano.

Tre giorni, si ripeté. Tre giorni e l'equilibrio del mondo sarebbe dipeso da loro e da un giovane umano che tanto umano non era. Anzi, si disse l'angelo, magari non lo era nella sostanza ma lo era molto nella morale.

    «Perché fai tutto questo?» Aveva chiesto Crowley una volta finito di appuntare il loro "azzardatissimo ma abbastanza fuori di testa da funzionare" - parole di Anathema - piano.

    E allora Adam aveva messo su uno sguardo che emanava la stessa genuinità che Aziraphale aveva già visto qualche giorno prima. «Non voglio distruggere questo mondo» aveva detto, riprendendosi il suo ora ridotto destriero. «È molto bello ma molto costretto e deve solo migliorare un po'. È proprio questo quello che voglio fare: voglio renderlo migliore.»

E allora Aziraphale si era chiesto come fosse possibile che l'Arma nata dal fuoco stesso dell'Inferno provasse così tanto amore nei confronti di un mondo che conosceva appena. Avrebbe dovuto avere solo l'aspetto di un bambino, e invece era lì che si comportava anche come tale.

Poi si era detto che se l'Anticristo poteva essere tutto il contrario di quel che si pensava, allora forse lui e Crowley non erano il caso più assurdo del mondo, no? In fondo aveva a che fare con un demone capace di ritagliarsi un attimo di tempo per tirarlo su, o un attimo di tempo per descrivergli il cielo... E tutto perché credeva che potesse averne bisogno.

E poi c'era stato il suo atteggiamento durante tutto il colloquio con Adam. Aziraphale lo aveva notato subito nonostante la situazione: aveva visto con la coda nell'occhio quell'aurea scura farsi sempre più tesa e pronta al peggio, ma soprattutto pronta a portarlo al sicuro con sé.

Crowley non se n'era accorto ma era solo colpa dell'arrivo improvviso di Adam - altrimenti avrebbe probabilmente smesso di fare qualsiasi cosa stesse facendo e sarebbe tornato il solito demone di sempre. Quella sera, però, qualcosa era capitombolato e forse il rosso si era accorto di aver esposto troppo un lato di sé che faticava a mostrare.


Con uno sbuffo, Aziraphale voltò pagina.

O forse sei stato tu a farlo andare via di colpo con quel complimento. È un demone, che ti aspettavi che facesse? Disse la parte di lui ancora un po' restia a credere che un rapporto genuino tra loro fosse possibile.

Tu pensi troppo, disse poi la parte di lui che cercava sempre di soffocare la prima.

In ogni caso, passare la notte a rimuginare non avrebbe fatto bene a nessuno. Così l'angelo riprese a perdersi in tutte quelle informazioni che, si rese conto, Crowley sarebbe stato capace di spiegare meglio.

E in modo più piacevole, per giunta.













*Nota: ho scoperto che la costellazione dell'Orsa Maggiore in inglese si chiama Aratro. Non ne avevo sinceramente idea, perciò ho deciso di inserire questo nome invece di quello nostrano per far fede all'area geografica (per quanto irrilevante sia in questo caso😂).

   
 
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